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sabato 13 giugno 2009

L'ultimo dandy di Klaas Huizing (Nutrimenti Edizioni). Rec. di Vito Antonio Conte

Siete stanchi del vorticoso inseguirsi, spesso senza alcunché di autentico, degli umani e delle cose terrene? Ne avete abbastanza di strade, specie se mal costruite, di vie smerdate, edifici fatiscenti e intere città che crollano, sbriciolandosi come le vite di chi, per un motivo qualunque (a volte, senza motivo), le abita, aggiungendo vuoto alle vuote teste (ché il danaro -in fine- è segatura) di chi le ha tirate su come se fosse un gioco, quello della torre di quaranta carte (napoletane o piacentine, poco importa), perdendosi in qualche cazzo di paradiso fiscale prima del primo vento? Altra domanda retorica: siete esausti di sentire ripetere le stesse identiche parole a ogni nuovo disastro, evitabile o no? E un'altra domanda inutile: ne avete le palle piene di tutte le speculazioni (e rimarco “TUTTE”) sul sangue e sul dolore e di quelle (speculazioni) che non lasciano neppure che madre Natura cicatrizzi le ferite? A retoriche domande, scontate risposte (auspico!). E allora generiamo un gran bel black-out. Compresa la contraddizione!?! Nessuna retorica qui. Bene, muoviamoci. Vi porto, se volete, nell'altrove che mi sono concesso (dopo aver fatto la mia misera parte!) nello strazio di questi giorni. Immaginate (per un attimo o, se preferite, per il tempo che vi pare) di trovarvi su una spiaggia, col mare davanti agli occhi. È una distesa d'azzurro che, sull'incerta linea d'orizzonte, trapassa un altro infinito dello stesso colore, solo un po' meno liquido, ma non c'è stacco, ché quegli azzurri si congiungono confondendosi. E se così è, avrete capito che l'ora è quella mattutina. D'etereo etereo. Poi, volgete lo sguardo d'intorno: non c'è altro che sabbia: di battigia, d'arenile, di dune. Siete ancora sulla Terra? Ribaltate l'oggetto del vostro guardare con una rotazione completa di 360°. Non ce la fate? La vertigine vi blocca? Vi si tappano le orecchie? Nessun problema: liberate il tutto masticando piano il momento, come se aveste una chevingum (senza ponti da attraversare, né altro). Immaginate che quella spiaggia, quelle dune, quella luce, quel nitore, quel mare siano oltre le nuvole, quelle bianche ovattate nuvole che preludono al meglio. Al cielo. È, senza dubbio lo è, un aldilà e lì c'è l'ultimo dandy, un uomo che -qualche tempo fa- è passato sulla Terra, su quella Terra, la vedete da quassù?, ch'è sempre più prossima a una carogna animale sulla quale volteggiano altri animali pronti al macabro banchetto finché si può, sino alle ultime briciole. Su questa spiaggia, invece, l'ultimo dandy passeggia rammentando quel ch'è stato e i suoi passi sono eleganti e leggeri, come gli abiti che indossa. Il dandy non ha lasciato nulla al caso: ha vissuto intimamente e individualmente ogni respiro, ha dato al mondo la sua parvenza, un gran bell'apparire, tormentato dall'etica esistenziale che covava nel profondo del suo essere sempre mal combaciante con quella comune, ha previsto sinanco l'anno della sua morte, fallendolo, e poi cercando e trovando quella (morte) che soltanto uno stupido poteva attribuire a terzi (quelli l'avevano ucciso già da un pezzo). Ha vissuto negli agi il dandy, amando Regina Olsen, amandola per sempre, amandola senza poterla avere, ché anche quando la possedeva era condannato alla sua assenza, rimpiangendola per via di una maledizione (ereditata dal padre insieme alle rendite) che soltanto nella sofferenza della rinuncia poteva spezzare. In un anelito di sprezzo per le umane diatribe e di ricerca continua dell'assoluto. Da immalinconire. Da paralizzare. Da viaggiare. Da impazzire. Da morirne. L'antidoto lo trovò nella scrittura. Qui, i suoi passi incontrano quelli di Thomas, il quale gli chiede di condividerli, almeno per un po', ché sarebbe un gran bell'andare insieme (oltre che un vero onore), ché ha sempre stimato il suo vestire fuori dalle mode, con ricercatezza e raffinatezza ineguagliabili, ché ha sempre apprezzato il suo pensiero, ben oltre le speculazioni degli esistenzialisti. Soren, che ama l'adulazione, si fa accompagnare e confida a Thomas che, deluso dalle dicerie sul suo conto (che ancora circolano sulla Terra), va meditando di scrivere un'autobiografia. Thomas, raggiante di giubilo per essere stato messo a parte di questo segreto, si offre per raccogliere le confidenze di Soren e lo prega -in segno di grande affetto- di chiamarlo Tommy. Insieme percorrono larghi tratti del Celeste. L'ultimo dandy è Soren Aabye Kierkegaard, nel mentre Tommy è Thomas Mann, come dire: quando la teologia (nelle sue forme più alte) incontra la letteratura (quella da premio Nobel). Su questo sfavillìo di colori, i due si abbandonano a giochi bambini e a riflessioni sui massimi sistemi condite di una buona dose di ironia e con quel pizzico di autoironia che fa di un uomo un grande uomo. Qui, Soren disvela a Tommy le amarezze del pregresso vivere terreno, le tristezze dei salotti e dei circoli chiusi, le prepotenze dei potenti sui più deboli, la pochezza di una Chiesa sempre più secolarizzata e sempre meno depositaria della primigenia spiritualità, le malinconie del suo mai spiegato dolore fisico, l'origine dello stesso, forse rinvenibile (per trasmissione) nella maledizione che gravava su suo padre per aver questi bestemmiato iddio a cagione della sua (iniziale) povertà o per averlo (una volta diventato ricco) offeso seducendo la giovane cameriera (madre di Soren) a pochi mesi dalla morte della moglie, l'unico vero rimpianto e l'eterno pianto per il suo artato comportamento verso Regina Olsen, pronta a sposarlo contro ogni paventata maledizione e nonostante ogni attuata malefatta. Parlano i due. Di questo e d'altro, parlano. Invero, parla soprattutto Soren. E Thomas se ne prende cura, ascoltandolo e stimolandone la loquacità, talvolta anche accennando a sé e alle sue opere, delle quali, però, limita il dire a meri incipit, forse all'unico fine di aprire intimità a intimità, sì che i loro passi siano condivisione estrema. In questo Celeste liquido e gassoso ho incontrato Soren e Tommy. Sullo sfondo abbiamo lasciato Hegel che litigava con Schelling, Freud che rimbrottava Jung e una schiera di altri grandi del passato intanto che da un gazebo (manco a dirlo, di tela bianca) si diffondevano le note di Mozart e tutte le disgrazie del mondo affogavano nelle nostre risate e nella lettura. Nella lettura di questo libro che ha poco di filosofia e molto di vita. Il libro è “L'ultimo dandy” (Nutrimenti Edizioni, 2005, pagg. 200, € 15,00), di Klaas Huizing. Ora me ne torno alle quotidiane occupazioni, mi prendo cura dell'ordinario, ma non posso fare a meno di pensare che finita un'ossessione ne comincia un'altra. “D'altra parte, all'epoca, soffrivo meno di quanto forse credi. Ho curato la mia ossessione per il pensiero con l'ossessione per il lavoro... Mi sono curato da me. Sai qual è la parola chiave? Bagni di scrittura!”. Bagni di scrittura... Adesso, volendo, potete scendere. Con stile, però.
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Il libro del giorno: Vite pulviscolari di Maurizio Cucchi, Mondadori (collana Lo specchio)

Condotta su vari temi, questa raccolta parte da un dialogo con la madre scomparsa e si conclude con la cronaca di un breve viaggio per mare, dove l'autore riflette su una sorta di strana coincidenza tra la teoria astrofisica dei buchi neri e il racconto "Una discesa nel Maelstrom" di Edgar Allan Poe. Nelle parti centrali, meditazioni liriche sugli affetti e sull'amore, sul riaffiorare di immagini dalla memoria, sulla presenza viva eppure mutata degli oggetti nel nostro tempo.

"Parte con un potente capitolo autobiografico Vite pulviscolari, la nuova raccolta di poesie di Maurizio Cucchi: la madre morta, il ricordo, lo struggimento del distacco; ma anche il rintocco cupo del nuovo disgregarsi di un'identità forse appena ricomposta in Per un secondo o un secolo (2003) sotto il segno di un'orgogliosa autoironia. Le vite pulviscolari e ignote, che fanno sentire la propria labile presenza da un passato remotissimo inopinatamente ripropostosi, si riverberano nello smarrimento definitivo di un soggetto ormai sull'orlo del Maelstrom, che dispera di potersi attribuire un valore, appunto, non pulviscolare"

di Stefano Giovanardi tratto da Almanacco dei libri de La Repubblica del 13/06/09, p. 40

casa editrice Mondadori: http://www.librimondadori.it/web/mondadori/home

Vite pulviscolari di Maurizio Cucchi
2009, 105 p., brossura, Mondadori(collana Lo specchio)

venerdì 12 giugno 2009

SONETÀULA di Salvatore Mereu al Fondo Verri di Lecce

Lunedì 15 giugno 2009 presso il Fondo Verri di Lecce (Via Santa Maria del Paradiso) il Cineclub Fiori di Fuoco organizza una serata dedicata alla Sardegna ed al cinema italiano con la proiezione del film “Sonetàula” (2008, 157’), ultima fatica di Salvatore Mereu. Il regista sardo, uno dei maggiori talenti della nuova generazione del cinema italiano, insieme ai più noti Crialese (“Respiro”, “Nuovomondo”), Sorrentino (“Le conseguenze dell’amore”, “Il Divo”) e Garrone (“L’imbalsamatore”, “Gomorra”), si è imposto per un cinema che valorizza le immagini più delle parole, con storie e volti di uomini semplici, paesaggi e costumi dell’Italia di provincia.
Già autore di splendidi cortometraggi, grazie al suo stile personale, Mereu si è aggiudicato nel 2003 il David di Donatello come miglior regista esordiente con “Ballo a tre passi”.
“Sonetàula”, che, nonostante il consenso della critica, non ha goduto di ampia diffusione in sala, sarà ora visibile anche nel Salento grazie all’accordo sulla distribuzione in dvd public tra Lucky Red e Unione Italiana Circoli del Cinema.
La serata costituisce un’anticipazione della quarta edizione del Festival del Cinema Invisibile che in agosto porterà a Lecce il miglior cinema indipendente italiano.
L’inizio della proiezione, previsto per le ore 21.00, sarà preceduto da una degustazione di liquore al mirto tipico della Sardegna.
Ingresso € 3,00 per i soci.
Info: digilander.libero.it/fioridifuoco - fioridifuoco@libero.it - 0832.304522 - 348.7667033

Moana Pozzi: dal film con Violante Placido al libro di Ivan Guerrerio per Agenzia X

Sono davvero curioso di vedere il film su Moana Pozzi di Sky e chi meglio di Violante Placido, vuoi per bellezza, vuoi per un non so che di sguardo che ricorda la pornodiva scomparsa prematuramente a 33 anni, poteva interpretare un ruolo così intrigante ma anche così delicato, dal momento che di banalità potrebbero farsene in abbondanza, soprattutto in questo caso. Cosa ci dovremo allora aspettare? Verrà tolto quel velo di mistero che a tutt’oggi circonda la sua morte? Sembra che l’intenzione della produzione di questo film sia diretta a mostrare Moana dalla sua giovinezza, in un contesto cattolico e borghese, al porno con il mitico Riccardo Schicchi, alla politica, al matrimonio e alle amicizie con potenti personaggi politici. Naturalmente il tutto non potrà prescindere dal considerare il mondo hard che l’attrice viveva con semplicità e senza falsi pudori. Ciò che comunque rimane nell’immaginario collettivo di questa donna senza inibizioni è proprio il suo senso di libertà, una voglia profonda di ribellione, ed una sensualità elegante mista ad una forza sessuale al di là di ogni volgarità. Moana ha rappresentato il sogno erotico di moltissimi uomini ma forse è stata una valida insegnante in spregiudicatezza per tante donne. Chissà allora se Violante Placido, Giorgia Wurth (Ciocciolina) o Elena Bouryka (Baby Pozzi) sono riuscite a calarsi nelle parti … ma poco importa alla fine. Quello che dovrà emergere alla fine sarà solo la storia di una donna a suo modo eccezionale e straordinaria come la Pozzi. Intanto per rimanere in tema dal 6 giugno 2009, Agenzia X, pubblica l’intrigante “Splendido splendente" di Ivan Guerrerio, dove l’autore ripercorre l’intero tracciato biografico di Moana Pozzi secondo un punto di vista assolutamente inedito. L’Io narrante è affidato alla voce di Marzio Milani, che conosce l'attrice nel 1978, in un’età delicata , spregiudicata, problematica come solo l’adolescenza può essere, e segue con lo sguardo puro di chi è innamorato la parabola pubblica ed esistenziale della protagonista. L'Italia che fa da scenario è quella che cambia, dagli anni ottanta (forse della Milano o della Torino da bere?!) sino ai nostri giorni, e il rapporto castrante con il desiderio e la morale di un paese alla fin fine condannato ad un perpetuo provincialismo, al di là anche dei suoi goffi voli da tacchino, come direbbe Francesco Guccini. Con uno stile impeccabile, a metà tra il giornalismo da gossip e quello d’inchiesta, Ivan Guerrerio restituisce vita al mito e lo mostra sotto la fulgida luce del pop.

Il libro del giorno: Louise Bourgeois Distruzione del padre / Ricostruzione del padre (Quodlibet) (in uscita)

Louise Bourgeois è una delle più importanti artiste del nostro tempo. Nata a Parigi il 25 dicembre del 1911, intraprende la sua formazione artistica frequentando l’École du Louvre, l’Académie des Beaux-Arts, l’Académie Julian, e l’Atélier Fernand Léger. Nel 1938 si trasferisce a New York, sua città di adozione, dove vive tuttora. La sua fama è stata consacrata negli ultimi anni da una serie di grandi retrospettive, tra le quali ricordiamo quelle al MoMA e al Guggenheim Museum (New York) e, al di qua dell’Atlantico, quelle alla Tate Gallery (Londra), al Centre Pompidou (Parigi) e al Museo Capodimonte (Napoli). Questo libro riunisce in successione cronologica la maggior parte degli scritti di Louise Bourgeois sulla propria vita e sul proprio lavoro: dal facsimile di alcune pagine preadolescenziali, tratte da un diario del 1923 smarrito da Louise in treno e recentemente ritrovato su una bancarella parigina, fino a una selezione di interviste e colloqui degli ultimi vent’anni. Tra questi due estremi cronologici figurano un consistente carteggio giovanile con la sua amica e artista Colette Richarme (illuminante sul periodo parigino), testi connessi ai suoi disegni e alle sue sculture (Distruzione del padre/Ricostruzione del padre, Il puritano, Svanì in completo silenzio), articoli di riflessione sull’arte (La genesi di un’opera d’arte, Sul processo creativo, L’arte è salute mentale, La passione per la scultura). Ma non è tutto. Nel corso della vita Louise Bourgeois ha incontrato e frequentato molti fra i principali protagonisti della scena letteraria e artistica contemporanea. Di tali frequentazioni questo volume registra commenti, aneddoti, ricordi di grande suggestione. Attraversano queste pagine, tra gli altri, André Breton e Marcel Duchamp («Breton e Duchamp mi rendevano violenta… il loro pontificare… Essendo un’esule, le figure paterne mi davano ai nervi»), Fernand Léger (suo «maestro»), Mark Rothko, Alberto Giacometti («Era un uomo difficile. Aveva una grande paura di uscire. Era paralizzato dalla paura. Tutti erano gentili con lui, ma era come un bimbo perduto»), Francis Bacon, a cui dedica uno scritto («Guardare i suoi quadri mi rende viva. È quasi come essere innamorati. La sua opera è uno dei più grandi omaggi alla donna»), Robert Mapplethorpe, autore del suo più celebre ritratto. Sono presenti, infine, lettere agli editori, commenti alle proprie opere, dichiarazioni ufficiali tenute in occasione di convegni e premiazioni, brani trascritti dai principali film e documentari a lei dedicati. Che parli di trame elaborate da alcuni artisti per farsi strada, di Lacan o di Freud (I giocattoli di Freud, 1990), dell’esperienza giovanile nel laboratorio di restauro di tessuti dei suoi genitori – molto presente nella sua opera, anche in tempi recenti –, o del rapporto con il padre, i suoi fratelli e la sua istitutrice, si rimane colpiti dall’intensità delle sue affermazioni e commossi dalla franchezza delle sue risposte. L’insieme di questi testi consente di completare e correggere la percezione della sua opera, restituendoci un ritratto assai dettagliato dell’artista e della sua personalità, oltre che uno scorcio, in presa diretta, della storia dell’arte del Novecento.

"A osservare i suoi disegni, o pensieri piume, , sui cui coglie al volo fugaci impressioni, così come le sue sculture intrise di erotismo o le sue installazioni, si scopre un unico Lietmotiv: la voce del ricordo e la consapevolezza di affidare alla creatività il proprio tormento nell'assunto che l'arte è sublimazione e insieme affermazione della propria identità di donna e artista"

di Mara Lo Sardo tratto da Il Venerdì di Repubblica n.1108, p. 102

casa editrice Quodlibet: http://www.quodlibet.it/

Louise Bourgeois
Distruzione del padre / Ricostruzione del padre
Scritti e interviste (In Uscita)

A cura di Marie-Laure Bernadac e Hans-Ulrich Obrist
Traduzione di Giuseppe Lucchesini e Marcella Majnoni
2009, Quaderni Quodlibet, pp. 444, € 32,00

giovedì 11 giugno 2009

Keep Your Self Alive di Massimiliano Città (Lupo editore)

Il romanzo di Massimiliano Città dal titolo “Keep Yourself Alive” (Lupo editore) non è un libro per tutti. Che sia Beat, è fuori discussione, e per questo forse lo rende un po’ vintage, rispetto a quello che viene prodotto oggi nel panorama letterario italiano, dove autori come Tommaso Pincio, Giuseppe Genna, Valerio Evangelisti, Wu Ming 1, Tullio Avoledo, Alessandro Bergonzoni, e altri, si interrogano in Anteprima Nazionale edito da Minimum Fax a cura di Giorgio Vasta, come sarà l’Italia fra cinquant’anni. Per tutte le pagine di quest’opera fortissimo è un desiderio del protagonista, di trovare la sua beatitudine rispetto all’inferno che porta dentro di sé, una specie di salvezza ascetica ed al contempo estatica, che nulla ha a che fare con lo Zen o altre filosofie orientali, ma che viene ricercata attraverso droga ed alcol, incontri carnali, che comunque fanno sempre il loro effetto da James Dean e Jim Morrison in poi. E’ Beat come desiderio di ribellione, come battito, come ritmo, è Beat nel suo essere sudato, vissuto e catartico. E’ Beat e forse anche un po’ pulp in questa consapevolezza ferocemente distruttrice, dissacrante della memoria di un suo tracciato biografico ed auto-lesionante, che si respira tra le righe di questo lavoro, anche nella libertà di essere sconfitti, in maniera totale e assoluta. Certo, le definizioni trovano il tempo che trovano, ma perlomeno aiutano a fornire un quadro ermeneutico di base per non vagare completamente al buio. Enzo, la figura principale del romanzo, ha diciannove anni e racconta di come abbandona il suo paese natale, una piccola realtà in una piccola provincia dell’interland siciliano, per trovare la sua dimensione di vita, in altri luoghi, in altri occhi, in altri corpi. La discesa verso il baratro prende corpo con la morte del nonno Gino, figura tracciata magistralmente, che incarna la tradizione, la storia, la famiglia, che racchiude come in uno scrigno grezzo la memoria cellulare della terra e del sole di quelle latitudini, fatta di arsura di slanci e di tempo scandito dagli sguardi pigri dei pochi avventori seduti ai tavolini di un piccolo bar in piazza . Questo evento diverrà una frattura insanabile, che scaraventerà Enzo fuori dalla sua “zona comfort”, lasciandolo letteralmente in balia degli eventi. In una psicotica stagione estiva di movida siciliana, il nostro anti-eroe, conosce Daniela (fighetta cocainomane in simil-plastica) di cui si innamora. Per lei perde la testa, tanto da prendere il primo treno e partire per Milano per raggiungerla. Nella capitale lombarda, incontrerà padre Ennio, compassionevole e fraterno che lo aiuterà nei primi momenti di sconforto e solitudine; conoscerà Damiano dell’Olgo’s Bar , che gli permetterà di sbarcare il lunario offrendogli non solo vitto e alloggio, ma anche un lavoro; frequenterà il folle Jessie e la sua corte di tossici coi quali stringerà un patto di sangue; sperimenterà in un grottesco delirio di onnipotenza, la sensazione di essere “arrivato” come dj nelle feste che contano e nei giri giusti. Infine dopo ben sei anni di totale caos esistenziale, ritrova Daniela, per assistere alla sua tragica fine. La scrittura di Massimiliano Città spazia da una prosa corposa e coinvolgente, a slanci, anche se pochi, veramente di alta prosa poetica. Una delle peculiartià di quest’autore è l’abilità nel destreggiarsi tra memoria vicina e lontana, tra ambienti, personaggi e situazioni in bilico tra il grottesco e il paradossale, il tutto condito da un costante rumore bianco che lo incatena ad un mefitico nichilismo passivo: la distruzione per la distruzione. La tecnica di scrittura è priva di sbavature ed ottiene un effetto-verità, quasi psichedelico

Il libro del giorno: Nuovi Argomenti n.46 - Italia Anno Zero (Mondadori)

Nel 1953 Alberto Carocci e Alberto Moravia fondano "Nuovi Argomenti'', da allora la rivista è rimasta un punto di riferimento per il mondo intellettuale e letterario italiano. Nei suoi cinquantacinque anni di attività si sono alternati alla direzione i principali protagonisti della scena culturale italiana, da Pasolini a Sciascia, da Bertolucci a Siciliano, fino all'impegno attuale di Dacia Maraini. Negli ultimi anni "Nuovi Argomenti" ha saputo dimostrare la sua straordinaria vitalità scommettendo su molte delle voci più interessanti della nuova generazione di scrittori, tra le quali quelle di Alessandro Piperno, Roberto Saviano e Paolo Giordano. In questo numero di Nuovi Argomenti: diciotto racconti sull'inizio del terzo millennio.

Interventi di 18 racconti sull'inizio del terzo millennio

Raffaele La Capria, Dacia Maraini, Vincenzo Pardini, Giorgio van Straten, Mauro F. Minervino, Helena Janeczek, Lorenzo Pavolini, Carola Susani, Leonardo Colombati,
Flavio Santi, Elisa Davoglio, Mario Desiati, Giancarlo Liviano, Chiara Valerio
Arnaldo Greco, Federica Manzon, Paolo Di Paolo, Paolo Giordano

"Mi piace molto il racconto di Paolo Giordano in questo numero della rivista: un rappresentante di aspirapolvere in crisi viene licenziato mentre suo figlio sparisce ..."

di Antonio D'Orrico (In Venticinque parole) tratto dal Corriere della Sera Magazine n.23 p. 116

Nuovi argomenti. Vol. 46: Italia anni zero.
2009, 350 p., brossura, Mondadori(collana Nuovi argomenti)

mercoledì 10 giugno 2009

Il lavoro di Raquel Tibol su Frida Khalo visto da Maria Beatrice Protino



















«Non è la tragedia a presiedere l’opera di Frida Khalo… La tenebra del suo dolore è soltanto lo sfondo vellutato per la luce meravigliosa della sua forza biologica, di una sensibilità finissima, di un’intelligenza splendente e di un’invincibile forza… Lei lotta per vivere e per insegnare ai suoi compagni, gli esseri umani, come resistere alle forze avverse e trionfare su di esse per giungere a una gioia superiore». Queste le affermazioni di Diego Rivera, marito di Frida, riportate nel libro-biografia di Raquel Tibol (Rizzoli, 2003) sul mito di una donna, di un’icona del femminismo mondiale, di una pittrice senza eguali protagonista della scena artistica latino-americana del primo novecento. La Tibol utilizza lettere e diari di Frida, ma anche ricordi personali essendo stata ospitata nella casa della pittrice e avendola intervistata lungamente - nonché ricerche d’archivio. Nella biografia vengono raccontate le vicende personali e le circostanze storiche che videro La Kalho protagonista della scena politica da militante di sinistra, l’arte, la psicologia, la passione per la vita: ne si ammira la forza in un’analisi complessa e affascinante del mito. Frida riuscì a sublimare il dolore personale - fu colpita a sette anni dalla poliomielite e a diciotto subì un gravissimo incidente che la condannò per tutta la vita a terribili sofferenze - in un’arte che Breton - teorico della corrente surrealista - dichiarò tale per cui il lato umano e quello artistico risultavano uniti indissolubilmente, un tipo di pittura definito da Rivera «realismo monumentale, che racchiude in sé esteriorità, interiorità e il fondo di se stessa e del mondo», eppure profondamente, anzi forse suo malgrado, messicano, legato senza affettazione né pregiudizio estetico all’espressività e alla plasticità di un genere pittorico popolare, umile, lo stesso che gente anonima sviluppava su piccole lamine di metallo o legno per illustrare il miracolo di un santo, della Vergine o di Dio: era la prima volta per una donna risultare capace di esprimere con franchezza scarna e feroce, tenerissima e crudele eppure esatta, realista fino all’osso quei caratteri personali e generali che concernono propriamente alle donne. Ed infatti, denominatore comune dei pittori surrealisti è il forte legame con la tradizione e, insieme, la creazione di iconografie del tutto personali. Frida deve molto ai ritratti fotografici che si realizzavano in Messico nella seconda metà dell’Ottocento, come deve molto ai retablos (quadretti che ringraziano Dio e i santi perché la vita continua nonostante le più orrende disgrazie) e all’arte popolare messicana che utilizzava i materiali più poveri per esprimere con disinvoltura ironica anche il macabro. Fu, poi, la sua sincerità ad indurla a dare testimonianza esatta, attraverso la pittura, di alcuni eventi come la sua stessa nascita, il suo allattamento, la sua crescita in famiglia e le sue terribili sofferenze, senza mai la minima esagerazione o discrepanza rispetto ai fatti precisi, e, proprio grazie al suo atteggiamento, gli stessi fatti diventano universali, si pongono su un piano molto più ampio che non quello prettamente personale: assumono un ruolo sociale.
Nel suo diario Frida offriva la chiave magica della sua tavolozza, insieme a riflessioni da incubo: «Verde come luce tiepida e buona; giallo come follia, malattia, paura, parte del sole e dell’allegria; blu cobalto come elettricità e purezza, amore; magenta come sangue?, mah, chi lo sa!». Come sottolinea la Tibol: «Insieme alla forza del suo carattere, alla disciplina spirituale che le fece superare la propria condizione e il limite della sua condizione fisica, al rifiuto di piegarsi al dolore, è il suo surrealismo allo stato puro, senza ricerca a tavolino, senza aridità intellettuale ad affascinare: esso è atto surrealista nel quale la pittura propriamente detta ebbe un ruolo – addirittura – secondario».

Il libro del giorno: Sé-pararsi. Una breve guida al distacco affettivo, di Luigi De Maio (Liguori editore)

Prima di partire per un viaggio, lungo o breve che sia, sentiamo il bisogno di salutare, cioè di conservare per il nostro bene il pensiero delle cose o delle persone dalle quali stiamo allontanandoci o ci stiamo separando: un pensiero che deve "fare salute", deve far star bene sia noi sia la persona a cui lo rivolgiamo. In fondo, il desiderio di poter andar via senza la "colpa di separazione", senza il ricatto del dolore subito o provocato, è una molla potente che influisce su nostri stati d'animo "dopo" una separazione, un distacco, un addio.

"Sta molto cambiando la psicologia della coppia in Italia e nel Sud. E' quanto si può cogliere, più omeno direttamente, dal libro Sé-pararsi dello psicologo napoletano Luigi De Maio. Un libro sul distacco affettivo in generale che è rivelatore soprattutto dicerti mutamenti in atto nelle relazioni tra uomo e donna"

di Felice Blasi, tratto da Il Corriere del Mezzogiorno del 10/06/09, p. 20

casa editrice Liguori: http://www.liguori.it/default.asp

Sé-pararsi. Una breve guida al distacco affettivo, di Luigi De Maio, 2008, 176 p., Editore Liguori (collana Script)

martedì 9 giugno 2009

The Secret - Il Segreto (il film)


Ha venduto ben 4 milioni di copie. Un successo editoriale forse ancora che di poco sorpassa il famigerato Codice Da Vinci di Dan Brown. E non è solo questione di fortuna sfacciata. E’ vero che come sempre, un fenomeno commerciale sia esso di natura editoriale, cinematografica o di qualsivoglia natura ma che faccia parte comunque del mercato, ha sempre dietro tutta una serie di professionalità che lavorano per il successo, ma The Secret ha qualcosa di diverso, sostanzialmente diverso. Qualcuno,un grande pensatore, Spinoza, per la precisione disse: “ordo et connectio rerum idem est connectio idearum”. Ovvero l’ordine causale fa quindi parte della manifestazione di Dio e tutto ciò che vediamo in natura o nel mondo del pensiero non è che Dio stesso che si estrinseca necessariamente in quest’ordine causale. Diciamo che per gli autori di The Secret, sia il film che il libro, l’estrinsecarsi di Dio avviene tramite noi, in una sorta di comunicazione reciproca, costante e interconnessa 24 hours. Quando pensiamo,trasformiamo questi pensieri in cose, in parole povere, noi siamo quello che pensiamo. Se il contenuto dei nostri pensieri è positivo, nel comunicare con il nostro Dio-Universo, otterremo da lui cose positive, il contrario se i nostri pensieri si dirigono su negatività e affini. The Secret, che alla sua base ha la famigerata Legge d’Attrazione, è la chiave per il successo, per la felicità, e il benessere fisico, una teoria che prende spunto da un mix di filosofie orientali.e da una sconsiderata fiducia nel potere della mente. Tutto molto affascinante, anche se talvolta gran parte dei passaggi esplicativi e teorici rimangono abbastanza in superficie. Ma questo se si prendono in esame solo i due prodotti in oggetto. Un’attenta analisi della produzione degli autori di The Secret o ad esso vicini diraderebbe abbondantemente ogni dubbio. Il film lascia da subito a bocca aperta: un segreto, un modo perché tutto ciò che vogliamo si realizzi, che solo pochi grandi uomini conoscevano e tenevano gelosamente custoditi le leggi di questa chiave d’accesso all’universo (Albert Einstein, Henry Ford Galileo Galilei, Platone, Thomas Edison e molti altri), è stato nascosto nei secoli della storia dell’uomo. Un gruppo di nuovi illuminati, ritiene che sia giunto il momento (forse perché siamo vicini al 2012?) di rendere partecipi tutti gli uomini di questa meravigliosa scoperta, e dunque, per la prima volta tutti i tasselli del Segreto compaiono organicamente assemblati in un'incredibile rivelazione che trasformerà radicalmente la vita di tutti coloro che ne faranno l'esperienza. THE SECRET, a tutt’oggi è il Best Seller Mondiale di Rhonda Byrne inarrestabile fenomeno editoriale e culturale esploso non più di qualche mese fa in USA e il cui successo si sta pandemicamente diffondendo anche in Europa. Più di 30 paesi ne hanno già acquistato i diritti di pubblicazione e il libro è già un best-seller anche in Canada, nel Regno Unito e in Australia. THE SECRET contiene la saggezza, la profondità, la filosofia e le idee innovative financo nel mondo della fisica quantistica, di nuovi guru del mondo moderno, uomini e donne che l'hanno usato per procurarsi ricchezza, salute e felicità, sconfiggendo malattie, acquisendo ingenti ricchezze, superando ostacoli di ogni sorta. Gli autori mostrano un approccio diverso verso la realtà che ci permette di uscire dalle costrizione di situazioni di forte disagio. La nostra mente (e qui entra in ballo la fisica quantistica) pensando ciò che desidera ottenere emette determinate frequenze che hanno un loro eco non solo nel mondo e nel nostro universo, ma anche in dimensioni parallele dove esistono altri possibili noi. Quando frequenze (la “richiesta” che abbiamo formulato all’universo) di probabilità e possibilità si incrociano, diventano realtà: ovvero quello che abbiamo desiderato.

“A mano a mano che imparerai il Segreto,
scoprirai come puoi avere, essere o fare tutto ciò che vuoi.
Giungerai a sapere chi sei veramente
e a conoscere le meraviglie che ti aspettano nella vita”.

Novanta minuti di racconti, testimonianze e insegnamenti trasmessi direttamente dalla voce di John Gray, Jack Canfield, Neale Donald Walsch, Fred Alan Wolf, John F. Demartini, Bob Proctor, Joe Vitale, Marci Shimoff, Lisa Nichols.

Rhonda Byrne, oltre che autrice, è un’affermata produttrice televisiva, direttrice della Prime Time Productions, con la quale ha realizzato programmi e spettacoli di successo internazionale. Dopo aver riunito i frammenti del Segreto, la Byrne ha scelto la strada a lei più conosciuta – il linguaggio cinematografico - per diffondere quanto appreso e insieme alla sua équipe si è dedicata alla realizzazione di The Secret DVD.

Il segreto ha viaggiato attraverso i secoli... per raggiungerti
ISBN: 9788864120119

Prezzo € 21,17
invece di € 24,90 (-15%)


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Il libro del giorno: La quinta Repubblica. Da De Gaulle a Sarkozy di Umberto Coldagelli (Donzelli)

Al compimento dei suoi primi cinquant'anni (1958-2008), la quinta Repubblica francese sembra longeva, se confrontata alla quindicina di regimi politici che l'hanno preceduta, dalla Rivoluzione francese in poi. Si tratta di un sistema politico del tutto singolare nel panorama istituzionale delle democrazie occidentali, imperniato com'è intorno alla figura di un presidente tanto onnipotente quanto irresponsabile di fronte alla rappresentanza nazionale, che trae la sua legittimità dall'elezione popolare diretta, introdotta del resto tardivamente in una costituzione che invece delinea un sistema parlamentare, sia pure con forti poteri del governo. Il libro segue l'evoluzione istituzionale della quinta Repubblica, focalizzando la sua definitiva consacrazione con l'avvento della sinistra al potere, realizzato da Mitterrand nel 1981, ed evidenziando la sua interazione con i processi evolutivi della società, dell'economia, della cultura francesi. Processi che in gran parte si riassumono anche in Francia in un depotenziamento della politica: crisi dello Stato-nazione, dello Stato sociale, della rappresentanza, dei partiti, dei sindacati; incontrollabile spontaneità dei movimenti sociali, spettacolare personalizzazione della competizione, non di rado foriera di scandali e malcostume. Il libro si chiude con l'esame critico del progetto di riforma costituzionale preparato su incarico del presidente Sarkozy dal Comitato Balladur approvato nel luglio del 2008.

"Chi legge, per vizio congenito o per virus introitato da bambino e ha trasfromato magari in mestiere il vizio o il morbo, quando arriva alle ultime pagine di un bel libro può indisporsi nel doversene congedare. La lettura della Quinta Repubblica da De Gaulle a Sarkozy di Umberto Coldagelli mi ha addirittura irritato: avrei voluto scriverlo io. Lungi dal separare la descrizione delle peculiarità che caratterizzano le singole istituzioni dalle vicende che si sono succedute via via che il regime si andava costruendo, definendo, modulando, consolidando nella sua conformazione, l'autore connette le une alle altre, ne fa vivere le contraddizioni, ne spiega le matrici non solo culturali (...)"

di Gianni Ferrara tratto da Il Manifesto del 9/06/09, p. 12

casa editrice Donzelli: http://www.donzelli.it/

La quinta Repubblica. Da De Gaulle a Sarkozy.
L'evoluzione di un presidenzialismo extra-costituzionale di Umberto Coldagelli
2009, V-184 p., Donzelli (collana Saggi.Storia e scienze sociali)

lunedì 8 giugno 2009

NAZI FUCKING MOUSE di Max Papeschi

Polemico e politico, Max Papeschi arriva alla digital-art dopo l'esperienza da regista/autore in ambito teatrale,televisivo e cinematografico. Come artista figurativo il suo approccio con l'Art-World è stato d'immediato successo sia di pubblico che di critica. Il suo pop Politically-Scorrect, cita l' American Life e la rivela nei suoi orrori in maniera ironicamente realistica. Dal Topolino nazista al Ronald McDonald guerrafondaio le icone cult perdono la loro simpatia per trasformarsi in un incubo collettivo. Una poetica new-pop dai fortissimi contenuti sociali ma dal taglio sottile e ironico.

GRACE ZANOTTO

Max Papeschi: l'arte del consumo. Segni, simboli e feticci. La nostra epoca è fondata su nuove iconoclastie profane, che, come fari nella notte, guidano il nostro modus vivendi, il nostro comportamento e le nostre scelte. Max Papeschi, artista rivoluzionario, ironico e dissacratore, riscopre e rielabora le icone - positive o
negative che siano - della modernità e non solo. Nel rispetto della logica di consumo, che convive fianco a fianco con quella del riutilizzo, Papeschi fa convergere nelle proprie opere schemi mentali, simbolismi ed emozioni eterogenee, talvolta contrastanti, che hanno come risultato l’emergere di uno stile affabile e conturbante al tempo stesso; un’estetica velatamente fanciullesca, che in
realtà altro non è che il preludio ad un significato profondo, spesso caratterizzato da un elemento di critica e condanna verso chi, ogni giorno, ci impone stili di vita
e di consumo; una critica, nei confronti di chi governa il mondo grazie ad armi più affilate dei coltelli: i sogni.

ANGELA LOVEDAY

SKIN GALLERY - da sabato 13 giugno 2009 a venerdì 17 luglio 2009
Soncin Rotto, 1, Brescia, Italia

Sonno Elefante di Giorgio Fratini (BeccoGiallo edizioni). Rec. di Vito Antonio Conte

Qualche tempo addietro. Poche settimane, un mese, l'anno scorso. Che sembra tanto, ma è poco meno di sessanta giorni fa... Non importa. Lascio l'auto parcheggiata. Bene. Più o meno. Non intralcia niente e nessuno! Ma, si sa, i vigili della polizia municipale di questa città se ne fottono, pensano a far cassa. Come d'istruzioni per l'uso. Ho bisogno di camminare. Giro senza intenzione per le strade del centro storico. Poi, come spesso mi capita, mi fermo in qualche libreria. Questa si chiama ERGOT. Saluto Simone, scambiamo qualche parola, curioso tra libri che altrove è raro trovare. Mi perdo tra lettere di tutti i tipi... torno, in fine, da dove avevo iniziato: fumetti. Non ho mai smesso di leggerli. Mai smetto di chiamare questo genere “letteratura disegnata”: è un modo come con altro per ricordare l'Autore che più di tutti ho amato e che continuo a amare: Hugo Pratt... (senza sentirmi un Corto Maltese, che che se ne dica in giro...). M'innamoro di un titolo: “Sonno Elefante” (“I muri hanno orecchie”, recita il sottotitolo). Rimane tra le cose da leggere. Qualche tempo dopo... È il primo libro di Giorgio Fratini (pubblicato per i tipi di BeccoGiallo Edizioni, nella Collezione Quartieri, 2008, pagine 112, € 14,00). Prima di questo libro, “Sonno Elefante” è il titolo di un pezzo di Paolo Conte (contenuto nell'album “Elegia” del 2004), una canzone ch'è, per testo arrangiamento orchestrazione atmosfera e potenza evocativa, tra le migliori mai scritte in assoluto. Giorgio Fratini lo sa. Me ne accorgo quando finisco di leggere e di vedere questa storia (ché il fumetto così è: parole e immagini, quasi come al cinema!) e passo in rassegna le “Note dell'Autore”, dov'è, tra l'altro, citata la canzone di Paolo Conte... Il libro è completato da una “Breve Cronologia” -degli eventi che hanno interessato la storia del Portogallo dall'indipendenza dalla Spagna (1640) sino all'avvento (a seguito di libere elezioni) della democrazia parlamentare (1976)- e da una bella nota critica (“Di elefanti e avvoltoi”) di Roberto Francavilla. Giorgio Fratini, attraverso la sceneggiatura e le tavole disegnate di questa storia, è riuscito a cristallizzare, in ottanta pagine, quarantotto anni di regime dittatoriale portoghese, il più lungo -e tra i più nefasti- della storia d'Europa. Ho usato il predicato verbale “cristallizzare” intendendo dare contezza di un azione che ferma e tramanda qualcosa di cui si è perduta o si rischia di perdere la memoria. Questo è il libro di Giorgio Fratini. Memoria sottratta all'oblio, alla cancellazione che gli uomini (sostituendosi innaturalmente al tempo) perpetrano di eventi scomodi e raccapriccianti. Penso alle nefandezze compiute durante il regime nazista in danno degli ebrei, degli omosessuali e di tutti quelli che osavano nutrire idee divergergenti dalla (schifosa) loro... Penso alle nefandezze del regime fascista nel nostro Paese... Penso alle nefandezze compiute dal regime comunista Jugoslavo (...) nelle foibe, con l'eccidio di migliaia di uomini per motivi etnici-politici... Penso al genocidio armeno... Penso all'esodo greco dall'Anatolia... e anche a quello tedesco dall'Europa orientale. Penso ai massacri di cui continuano a macchiarsi tutti i regimi totalitari... Penso a tutti gli scempi compiuti in Africa e altrove dalle potenze colonialiste e imperialiste -per restare in tema col libro basti l'esempio della Guerra Coloniale Portoghese in Angola Mozambico Guinea-Bissau Capo Verde Sao Tomè e Principe... Penso ai guasti delle attuali guerre, la gran parte delle quali manovrate da un altro potere, anch'esso economico-politico, quello dei signori delle armi... Penso alle odierne guerre pseudo religiose e mi chiedo: finiranno mai le crociate? Penso alle moderne guerre in nome della democrazia che celano il reale interesse al controllo delle aree ricche di fonti di energia... Penso allo sconvolgimento planetario per l'identico motivo testè detto con drastica riduzione delle foreste pluviali o deviazione dei grandi fiumi siberiani... Penso alla deriva che porterà a certo naufragio del non pensare in questo nostro “piccolo” Paese... E fa male. Tutto questo fa male. Sarà che oggi, venticinque febbraio, in questa splendida giornata di sole, sto male anche per altro... sarà, chissà!?! E tutto (o quasi...) per un fumetto. C'è che non è mai cosa buona mascherare le splendide rovine del ricordo con nuovi gioielli d'architettura che fanno sparire epoche e misfatti. L'oblio, appunto. Quello del sonno elefante. Nel tentativo di annichilire la memoria. Quella di una città, di una nazione, di un popolo, conservati e che ancora fa male. La città è Lisbona e la memoria risiede in Rua Antonio Maria Cardoso, nel Quartiere Chiado e, esattamente, in un palazzo in fase di ristrutturazione (per farne un condominio di lusso), già sede del PIDE. “PIDE. Un suono, un acronimo, una parola che ancora oggi, per molti portoghesi, provoca un brivido sulla schiena: Policia Internacional de Defesa do Estado. Il braccio armato del regime”. Quella polizia speciale che ha seminato, come -purtroppo- ancora accade in molte parti del mondo, terrore tortura morte per piegare il pensiero, la parola, l'arte, il dissenso, la libertà! Quella polizia speciale fatta di uomini (sic!) che incarceravano, riducevano al silenzio, facevano sparire altri uomini. Quella polizia speciale che ti vien voglia perdio soltanto di bestemmiare. Di bestemmiare. Soltanto di bestemmiare. E poi tacere. Per sempre. Come Leon. Che amava Maria. Che continuò a amarla in carcere. E quando ne uscì. Che l'amò per sempre. In silenzio. Nel suo silenzio. Come quello dell'elefante senza orecchi. Quello che aveva scelto l'oblio. Come me.

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Il libro del giorno: Patria 1978-2008 di Enrico Deaglio (Il Saggiatore)

Ma davvero è successo tutto questo? In un libro di novecento pagine, una cavalcata in quel vero romanzo che è stata l'Italia degli ultimi trent'anni. È come guardare un film sulla nostra vita, in cui gli avvenimenti sono raccontati mentre succedono. Si comincia con Aldo Moro nella prigione del popolo, nell'anno che ha cambiato tutto. E poi, l'ascesa della mafia, il rapporto stretto tra crimine e potere, la guerra e i segreti di Cosa Nostra, i morti e i soldi che li hanno accompagnati. I grandi condottieri dell'industria tra sogni e corruzione, la fine ingloriosa della Prima repubblica, l'ascesa della televisione e del suo magnate, il Nord conquistato dalla Lega, il nuovo potere del Vaticano, la rivalutazione del fascismo, la crisi e la deriva. La nostra storia in cinquecento storie: anno per anno, i protagonisti, i fatti, le parole, le vittime e i vincitori, le resistenze, la musica e le idee che hanno costruito il nostro paese. Un libro per ricordare quanto è successo e per scoprire che - molto spesso - le cose non erano andate proprio così.

"Si soffre, ci si indigna, ma anche si sorride leggendo questo libro di Enrico Deaglio. L'idea nata con l'editore Luca Formenton nella ricorrenza dell'assassinio di Aldo Moro, era di raccontare cronache, atti giudiziari, dialoghi di film, discorsi e tanti altri episodi, piccoli e grandi, verificatisi nei trent'anni dopo quel tragico evento. Ne è risultato il libro Patria 1978-2008 (Il Saggiatore, pp.912, euro 22,00) che, anzichè spaventare con la sua mole, si legge d'un fiato..."

di Giovanni Russo tratto da il Corriere della Sera del 8/06/09 p. 31

casa editrice Il Saggiatore: http://www.saggiatore.it/home_saggiatore.php?l=it

Patria 1978-2008 di Enrico Deaglio, 2009, 939 p., brossura
Il Saggiatore (collana La cultura)

domenica 7 giugno 2009

Seconda lettura di Silla Hicks su Stralune di Antonio Errico (Manni)

No, non mi sono dimenticato che chi parla è colui che ha tradito, né mentre leggevo né dopo. Ci ho pensato tutto il tempo, piuttosto, alle frasi scritte prima del racconto, finchè all’ultima pagina non ho finalmente capito che tutto sommato era un monito inutile, perchè non serve a niente continuare a pensare dove stava il giusto e dove l’errore, quando la guerra è finita e conta solo chi ha vinto. E non serve a niente dire nient’altro che una sola parola, soldato, termine vituperato e glorificato assieme che usiamo senza accorgercene per indicare le foglie che stanno sugli alberi d’autunno e che un soffio di vento basta a staccare e portare chissà dove. Perché è questo che è l’uomo che torna a casa, una notte qualsiasi dopo una guerra qualsiasi per trovare un mondo che non è più suo, in cui qualche brandello di muro è il monumento visibile del cimitero senza lapidi che si porta nel cuore. E pazienza se ha disertato, e pazienza perfino il perché, non ha senso incollare etichette a chi è corso in braccio alla morte con una granata stretta nella mano, perché altri potessero continuare indisturbati a dormire. È facile, facile, dio, dire che le guerre non dovrebbero esistere: ma esistono, invece, e ovunque, e qualcuno deve combatterle, e morirne, anche, privato di tutto se non di un vestito uguale che lo rende amico per alcuni e avversario per altri. Per questo i posti dove li mandano li chiamano teatri, perché possano pensare che sia tutto un gioco, tutto finto, e che nessuno verrà fatto a pezzi per davvero: quando capiscono il trucco è tardi, ora la chiamano sindrome da choch post-traumatico, tornano e non sanno chi sono, da dove vengono, hanno solo i loro incubi a farli compagnia. Ed è questo che è lui, quando torna, senza volto né nome né età per essere il soldato di tutte le guerre, con addosso una divisa che non è di nessun esercito, e per questo potrebbe essere quella di tutti, che non ha più nessuno da abbracciare né nessuno che lo aspetti, avrebbe fatto meglio a non tornare.
Vent’anni fa, John Rambo diceva che in Vietnam era un eroe, ma a casa non lo volevano nemmeno come guardiamacchine, mentre i suoi occhi lacrimosi di cane da caccia cercavano in quelli del suo ufficiale un appiglio qualsiasi per riconoscersi umani: e lui – il colonnello – gli metteva una mano sulla spalla, come ogni padre e ogni Paese dovrebbe fare e raramente fa, e se lo portava via, da tutto, gli ridava un senso nell’appartenenza a qualcosa, crepi Ho chi Min viva il corpo dei Marines, non sarai mai più così solo, non ti sentirai mai più così vuoto.
Ma quello era un film, e quella era l’America spaccona di Reagan, e il lieto fine ci doveva essere per forza, perché c’era ancora il bene e il male, era il mondo di Walker Texas Ranger, dove i cattivi sono i cattivi e i buoni i buoni e vincono sempre: invece, la vita è un’altra cosa, e anche questo racconto.
Colui che torna è un soldato, ed è solo, solo veramente, e non c’è più nessuno cui importi di lui, soltanto i suoi ricordi che impattando con la realtà si sgretolano, e forse non sono nemmeno mai stati veri: finirà coi carabinieri che lo portano in caserma, infreddolito clochard che dormiva su una panchina, sotto la neve.
Non è una storia facile, perché non finisce bene né smussa gli angoli taglienti di una tragedia individuale che diventa cosmica, e non è scritta in modo facile, anche, periodare cesellato e ritmico che sembra più adatto ad essere cantato che letto, continui refrain che impietosamente ti impediscono di non cogliere lo strazio di un’anima persa, che non ha nessuno dio che le tenda la mano e nessun colonnello che le prometta che andrà tutto bene, che se la porti via e le dia un’altra guerra per cui continuare, disperata ballata di un uomo che è solo una foglia, e l’autunno è arrivato e un mulinello di vento se lo porta via, appallottolandolo alla carta straccia della strada.
Non è una storia facile, e non si legge rapidamente, nemmeno, è impervia nella prosa (prosa poetica? Scusate, non so cosa sia. Diciamo che di sicuro ha un bel suono, ma che è difficile da dipanare nella testa e richiede continue pause per tornare indietro e non perdere il filo e contestualmente una buona dose di impegno per non farsi ipnotizzare dai ritornelli e perdersi nella sua musica) e ancor più nel contenuto, se si è capaci di dimenticare il monito del principio di ricordare che chi parla è colui che ha tradito e si riesce a vederlo uomo, sopra che soldato e disertore e qualsiasi altra cosa.
Perché a quel punto davvero diventa difficile non sentire nelle ossa il suo freddo e negli occhi le sue lacrime quando, dal balcone della caserma dei carabinieri, all’ultima pagina, finalmente vede, e capisce, ed è libero, e finalmente può andare, e lasciarsi tutto alle spalle, allontanandosi a piedi da quel mondo che è andato avanti senza di lui e che si scolora nella luce della neve.

LA STRALUNATA BALLATA DEL SOLDATO CHE EBBE IL CORAGGIO DI TORNARE


(STRALUNE, di Antonio Errico, Manni, San Cesario, 2008)

Il libro del giorno: In clandestinità. Mr Pall incontra Mr Mall di Vinicio Capossela e Vincenzo Costantino ( Feltrinelli)

"Pagine in forma di round, perché la boxe è un po' la metafora della vita. Un incontro dopo l'altro. Il gong e ancora il gong, e noi sempre più suonati, destinati tutti a diventare vecchie glorie, orfani dei riflettori della nostra gioventù." Vinicio Capossela e Vincenzo Costantino "Cinasky" in un libro a quattro guantoni in forma di round. Due amici, due "compagni di sbronze" - Mr Pall e Mr Mall -, complementari e indivisibili come la scritta sul pacchetto di sigarette, alle prese con l'epica della quotidianità. Ubriacature e abbandoni, solitudine e vagabondaggi notturni, scorribande negli ipermercati e vecchie auto scassate e, su tutto, l'amicizia che sempre salva e tiene a galla.

"Quindici serrati round, capitoli di vita, cenni autobiografici, esperienze extra-ordinarie da cui provengono magnifiche prose musicali, euforiche congetture da periferia, le telefonate a Mr. Buk, alias Charles Bukowski e infine l'odio verso il mondo e l'amore per ciò che lo fa dimenticare: l'alcol"

di Marco Philopat tratto da XL di La Repubblica, anno IV, n.46, p. 192

casa editrice Feltrinelli: http://www.feltrinellieditore.it/

In clandestinità. Mr Pall incontra Mr Mall
di Capossela Vinicio e Costantino Vincenzo
2009, 219 p., brossura, Editore Feltrinelli (collana I narratori)

sabato 6 giugno 2009

Leggere:tutti (Agra editrice): una rivista per chi ama i libri e il mondo che vi ruota attorno!

In Italia si legge poco, pochissimo. In Italia si produce tanto, tantissimo. E centinaia di migliaia sono nel nostro paese le case editrici, o quelle presunte tali, che ogni settimana immettono sul mercato una gran quantità di libri, la cui qualità talvolta è dubbia. Da un altro punto di vista però, e forse in maniera paradossale, le iniziative di pubblica uscita promosse da enti pubblici e privati, per la promozione della cultura, del libro, degli autori sono in crescita esponenziale. Quasi che sia più il desiderio di “ascoltare” il libro, piuttosto che leggerlo. Oggi come oggi potrebbe risultare plausibile un rilancio della lettura e una ventata di freschezza nel mondo dell’editoria, ma se non vi è una sensibilizzazione maggiore delle istituzioni verso le problematiche di un mondo complesso come il panorama editoriale italiano, di strada se ne fa ben poca. Sarebbe allora sufficiente solo una politica di attenzione da parte delle istituzioni, o forse che senza l’iniziativa privata si navigherebbe ancora in una notte così oscura dove non si riuscirebbero a scorgere nemmeno i profili delle vacche? Ebbene Agra editrice di Roma, ha creato un interessante mensile (prima era in distribuzione gratuita presso tutte le più importanti librerie d’Italia, ora lo si può trovare in edicola alla modica cifra di 1 euro, e ve lo garantisco sono spesi bene) che secondo la sua mission istituzionale ha come obiettivo quello di incentivare la lettura. Ma non solo! A mio avviso è difficile potersi orientare nel mondo della piccola e media editoria, e magari trovare nei tanti cataloghi di queste aziende, qualche deliziosa pubblicazione, di alto livello, o che magari soddisfi anche i cosiddetti lettori forti. Leggere:tutti assolve anche alla funzione di vera e propria bussola per chi ama la pagina stampata a qualsiasi latitudine la si voglia intendere. E dunque ecco una rivista accattivante per grafica e per qualità tipografica, che parla di libri (dalla saggistica alla narrativa, dall’economia al marketing, dall’editoria per ragazzi , alla poesia) e di tutto quello ruota attorno ai libri: scrittori, case editrici, librerie, biblioteche, istituzioni, culturali, e-commerce. In più, come se non fosse già immenso il lavoro di questa redazione, ogni mese vengono segnalati i programmi delle principali rubriche televisive e radiofoniche dedicate al libro e a tutto quanto avviene nei principali Paesi europei attraverso corrispondenti da Londra, Parigi, Berlino e Madrid. Una rivista davvero da non perdere!

Autori e collaboratori: Simonetta Alfaro, Domenico Altavilla, Sergio Auricchio, Barbara Bechelloni, Lucia Castagna, Ennio Cavalli, Gabriella Cerami, Roberto Cicala, Andrea Coco, Roberta D’Angelo, Barbara De Amicis, Claudio Deplano, Paolo Di Paolo, Marzia Fabiano, Pina Freni, Melo Freni, Anna Garbagna, Massimo Gatta, Alessandra Graziani, Antonio Iannotta, Giorgio Labella, Antonello Luna, Susanna Mancinotti, Gian Carlo Marchesini, Mimmo Mastrangelo, Luigia Mazzocchia, Gaetano Menna, Francesco Pascarito, Marco Piscitello, Sara Porreca, Giuseppe Quatriglio, Sergio Redaelli, Roberto Sarti, Francesca Scaringella, Giulio Serra, Simone Smart, Patrizia Tagliamonte, Elisa Zanola

Il libro del giorno: Felicità artificiale. Il lato oscuro del benessere di Ronald Dworkin (Tropea editore)


È sancito da un celebre articolo della Costituzione degli Stati Uniti d'America, che la felicità è un diritto di tutti. Ironicamente, però, e forse proprio per la natura indefinibile e soggettiva di questa aspirazione dell'animo umano, la felicità ha smesso di essere il frutto delle richieste che l'individuo rivolge alla propria esistenza per assumere quasi le inquietanti sembianze di un prodotto esterno. Ora alienata nella forma di psicofarmaci, nel mito delle terapie alternative o nelle pratiche ossessive tipiche della cultura del fitness, del benessere o della chirurgia estetica, è esposta alla spinta riduzionista della scienza e all'opportunismo dell'industria farmaceutica, è assorbita come oggetto del discorso ideologico delle religioni e del loro tentativo di riconquistare un terreno perduto. Sulla felicità hanno inoltre fatto leva il riscatto della categoria medica così come il grande mercato dei trend pseudo-culturali e degli stili di vita. Con coerenza e onestà intellettuale, questo libro mostra come sia avvenuto tutto ciò, individuando responsabilità e conseguenze sociali di tale processo; non parla, invece, della felicità che si vorrebbe né di come ottenerla, astenendosi dal fornire facili ricette, modelli preconfezionati e ancor più fuorvianti mistificazioni teoriche. Fra casi cimici, analisi culturale e indagine sociologica, Dworkin aiuta a prendere coscienza del rischio che corre la felicità.

"La felicità è davvero alienata nel mito delle terapie alternative o nella cultura del fitness, del benessere o della chirurgia estetica?"

di Francesca Bolino
tratto dall'Almanacco dei libri de La Repubblica
del 6/06/09, p. 36

editore Marco Tropea: http://www.marcotropeaeditore.it/

Felicità artificiale. Il lato oscuro del benessere di Ronald Dworkin
2009, 316 p., brossura, Editore Tropea (collana I Trofei)

venerdì 5 giugno 2009

Il segreto del cuore di Schache Rüdiger (Macro Edizioni)

Tutti facciamo il possibile per trascorrere una vita appagante e ricca di significato. Ci sforziamo di apprendere e migliorare ma, più di ogni altra cosa, vogliamo amare ed essere amati. "Il segreto del cuore" ci rivela come utilizzare la forza che è in ognuno di noi e come riuscire così a determinare ciò che avviene nella nostra vita. Rüdiger Schache riassume in dieci punti fondamentali l'essenza della sua ampia e profonda saggezza e dei suoi lunghi anni di studi e ricerche, fornendoci indicazioni pratiche e suggerimenti ispirati da numerosi esempi tratti dalla vita reale. Ogni segreto che questo libro svela è un piccolo tesoro che ci viene messo a disposizione per vivere con più consapevolezza le straordinarie capacità che ognuno di noi ha di attirare nella propria vita le persone che desidera.

ISBN: 9788862290517

Prezzo € 15,81
invece di € 18,60 (-15%)


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Milano in Bionda 2009

Una terrazza sui Navigli, diciannove scrittori noir e una bionda gelata: ecco il mix perfetto del Milano In Bionda giallo e noir festival che, dopo il grande successo della prima edizione, ritorna anche quest’anno sabato 20 giugno alle ore 21 sulla Terrazza Eventi della Libreria del Corso in Corso San Gottardo 35 a Milano.

Semplice ma collaudata la formula del Milano In bionda, il festival, nato da un’idea dello scrittore Paolo Roversi, organizzato dalla MilanoNeraE20 e la Libreria del Corso in collaborazione con la Birra Menabrea:

19 autori di gialli, noir e storie nere avranno cinque minuti a disposizione per raccontare la loro ultima fatica e bersi una birra in diretta.

E per il pubblico birra gratis, offerta da chi di luppolo se ne intende: la Premiata fabbrica di Birra F.lli Menabrea, che vanta 160 anni di vita.


Sarà una serata all’insegna del giallo e del nero, i due colori della MilanoNera EVENTI, la società nata per volontà di Paolo Roversi e di undici storici collaboratori del web press noir MilanoNera per promuovere e divulgare la cultura gialla attraverso la promozione artistica e l’organizzazione di eventi, quali presentazioni e anteprime di libri, corsi di scrittura creativa, incontri con i più importanti autori nazionali e internazionali, festival letterari.
E per tutti coloro che non potranno essere presenti a Milano la serata si replicherà anche l’11 luglio a Bergamo con la prima edizione del Bergamo in Bionda.

Gli ospiti di quest’anno saranno:

Davide BARILLI
Alessandro BERTANTE
Alessandro BONGIORNO
Patrizia DEBICKE
Matteo DI GIULIO
Stefano DI MARINO
Andrea FERRARI
Paolo FRANCHINI
Francesco GALLONE
Tito GILIBERTO
Paolo GRUGNI
Lello GURRADO
Adele MARINI
Giancarlo OLIANI
Giampaolo ROSSETTI
Paolo ROVERSI
Simone SARASSO
Antonio STEFFENONI
Giorgio TOMESANI

Buona Birra a tutti!

MilanoNera web press
Data: sabato 20 giugno 2009
Ora: 21.00 - 23.00
Luogo: Libreria San Gottardo, corso San Gottardo 35
Milano

Notte di nebbia in pianura di Angelo Ricci (Manni)

Angelo Ricci, è un avvocato di Novara, nato nel 1964. “Notte di nebbia in pianura” è il suo primo lavoro. Le vicende narrate appartengono al sub-universo di una qualsiasi provincia italiana, che talvolta può incrociare le nostre esistenze attraverso un trafiletto di cronaca nera sulle pagine di un quotidiano, o nei casi più eclatanti, tra le prime notizie date da un tg nazionale. Notizie che alla fine si perdono in un momentaneo malumore, per poi scomparire negli archivi della nostra memoria. E parlo di un sub-universo non a caso, dal momento che gli elementi che lo compongono rivelano realtà altre, totalmente diverse rispetto a quelle che fanno parte della maggior parte dei tracciati biografici di ognuno di noi, forse agli antipodi sotto alcuni aspetti come quelli sociali e culturali. Quello che Ricci racconta è un mondo a parte, grigio, anonimo, brutale nella completa assenza di valori e cultura, che la piccola borghesia di provincia (indistintamente potrebbe essere qualsiasi interland milanese, vercellese, brianzolo) sembra tollerare benissimo. Questo lavoro sicuramente è un esordio molto interessante soprattutto per due aspetti: il primo riguardante l’incalzante giustapposizione di piani sequenza, proprio da regista cinematografico di grande esperienza; il secondo riguardante una logica dell’interpunzione, del periodare, e della resa semantica che s’incunea magistralmente nella descrizione di un orizzonte degradato e degradante. Altra peculiarità in tal senso, la copiosa ripetizione quasi mantrica di frasi, come se il sistema della narrazione andasse in cortocircuito. Potrebbe essere in futuro considerato l’antesignano archetipico del romanzo per eccellenza della provincia italiana? Senza ombra di dubbio. Ma più di tanto non mi sento di scrivere, dal momento che pur sempre di esordio si tratta. Aspettiamo i suoi prossimi lavori. Ogni personaggio descritto dall’autore è non presente a se stesso, in quanto le sue emozioni le sue sensazioni sono come deprivate di qualsiasi slancio vitale, come se recitasse un copione su un palco dinanzi ad una platea invisibile. E forse la causa non è da ricercarsi in un malessere esistenziale tout court, quanto perché la sostanza in cui sono immersi – il “latte grigio” come definisce la nebbia Angelo Ricci – rende molto più semplice l’abbandono in un nulla senza centro né principio! La nebbia nasconde, avvolge, occulta tutto dalle emozioni alla vita intera. I personaggi: un ragazzo perde sua madre, e diventa passivo spettatore di una vita monotona e incolore che non lascia nemmeno un ricordo significativo dopo l’ultimo e definitivo addio, quasi fosse routine; Sticazzi ecolalico cazzeggiatore alcolico da Ceres in endovena perenne; un giovane carabiniere alle prese con una certa Sandri Anna, indolente italiana che si trova invischiata in un presunto giro di terrorismo islamico; il bauscia Panza, descritto insieme ai suoi amici e alle sue amichette ucraine, magistralmente; una emigrata dell’Europa dell’Est, e della viziata e viziosa Italia che ha incontrato e ossessionata dalle doppie e dagli articoli della nostra lingua. Insomma un affresco intrigante di un’italietta piccola piccola!

Il libro del giorno: Esbat di Lara Manni (Feltrinelli)

Ha cinquant'anni, disegna manga, è conosciuta con il nome di Sensei - maestra - e ha fan sparsi ovunque nel mondo. Inventa storie piene di buoni sentimenti ambientate in mondi fantastici, e da anni disegna La leggenda di Moeru, un manga di successo planetario di cui ora si sta accingendo a finire le ultime tavole. La Sensei è una donna superba che gestisce il proprio successo con orgoglio e sapienza: poche apparizioni pubbliche la avvolgono in un'aura di mistero e le permettono di non entrare in contatto coi propri lettori che disprezza profondamente. Una notte di luna piena, proprio mentre sta per mettere la parola fine al suo manga più celebre, riceve la visita di un ospite inatteso: è Hyoutsuki-sama, principe demoniaco antagonista di Moeru. La Sensei crede di essere impazzita, ma ben presto si convince che Hyoutsuki-sama è un'entità reale, che ha abitato per anni il mondo che ha creato e che ora ha attraversato per reclamare un finale diverso. La Sensei se ne innamorala l'amore con lui e gli propone un patto: un finale diverso in cambio di altri sei mesi in cui il demone verrà richiamato e sarà a sua disposizione per una notte al mese. Per far ciò è necessario eseguire un rito - Esbat - che richiede alla Sensei di sacrificare parti del proprio corpo. Dopo essersi tranciata alcune dita di una mano e di un piede, la Sensei decide di "sacrificare" i propri fan, che attira a casa con la promessa di un disegno autografo.

"Non è il primo ( e non sarà l'ultimo) romanzo nato in rete che arriva in libreria. Esbat è una fan fiction, cioè una storia liberamente ispirata a un manga. E' uscito a puntate su internet nel 2007 e per un anno è stato discusso con entusiasmo sul web"

di Brunella Schisa tratta da Il Venerdì di Repubblica n. 1107 p.102

casa editrice Feltrinelli: http://www.feltrinellieditore.it/

Esbat di Lara Manni, 2009, 276 p., brossura
Editore Feltrinelli (collana I canguri)

giovedì 4 giugno 2009

Spazio Z.I.P. di Frascati presenta King Lear di William Shakespeare

Laboratorio teatrale per ragazzi Mercuzio & Co.
giovedì 4 giugno 2009 e venerdì 5 giugno 2009 alle ore 21.00
Spazio Z.I.P., via Mamiani, 4/6 - Frascati, Italy


Il laboratorio teatrale per ragazzi Mercuzio & Co.

presenta

KING LEAR
di William Shakespeare

regia di Francesca Tomassoni
direzione musicale a cura di Xavier Rebut

Con:
Tommaso Bragatto Lear Lear
Camilla Carè Lear Lear, Fool
Francesco Colasanti Lear Lear, Fool
Daniele Coresi Lear Kent
Sanja Gargano Lear Lear, Kent
Ilaria Giordani Lear Goneril
Carola Masi Lear Cordelia
Sara Scagliotti Lear Gloucester, Edmund, Edgar
Sarah Shubert Lear Regan, Fool, Kent


Solo quando siamo disposti a perdere le nostre illusioni comincia qualcosa di vero.
L'ordine naturale viene sconvolto da uno stralcio di luce...tutto quello che c'era fino a ieri oggi non c'è più, la vera Natura dell'uomo viene a galla e il mondo si capovolge. La grande Ruota della Fortuna gira fino a impazzire..."Prendi il mio cappello...ne avrai bisogno" il consiglio del Fool a zietto Lear. Un'opera oscura e divertente dove la follia fa le veci della menzogna, ciò che è dentro viene fuori e e ciò che c'è fuori è la Tempesta...cedere al proprio cuore o esiliarlo per sempre, questa la domanda. Cosa ha a che fare oggi una pièce come questa con dei ragazzi?
Perché mettere in scena il Lear? Questa la grandezza degli autori immortali: che parlano proprio a noi, oggi. Ad ognuno di noi. Le convinzioni si sgretolano ed il Lear comincia la sua avventura. Perdere tutto per trovare qualcosa di più grande...Essere come uno zero senza cifre, un nulla. Il mondo prende a girare al contrario, proprio come dovrebbe essere: i ciechi vedono, i re sono in miseria, chi è in prigione è libero di volare e i giovani... soprevviveranno per raccontare!

MARAVA’ PIEDI DI GOMMA di Gianni De Santis (Lupo Editore). Recensione di Silla Hicks

Premetto che - da camionista - mi fanno comodo gli audiolibri, almeno da quando il dolore nella musica – in qualsiasi musica – è diventato così forte che non riesco più a stare con la radio accesa, e leggere di notte quando mi fermo mi stanca. (Non è da me, lo so, come so che questa non è vita, ma non ne ho altre, e ormai non penso nemmeno più possa essere diverso, il mio corpo ha ripreso il coraggio di dormire e la necessità di stare sveglio, per quanto sia difficile sopravvivo, ed è tutto).
Però riconosco che leggere la carta è un’altra cosa, e difatti questo libro l’ho ascoltato, e poi l’ho letto, e sulla carta le parole hanno tutto un altro suono, un altro senso, sono lì, e sei tu a scegliere quando fermarti e quando ripartire, ed il tono da usare, anche: mi dispiace, lo so che sul CD le voci sono di attori e che di sicuro cadenzano il ritmo meglio di quanto possa fare io, ma so anche che un libro è di chi lo legge, se si decide di pubblicarlo, e quindi credo anche che ciascuno abbia il diritto di ritagliarselo addosso, di appropriarsi della storia, e farne ciò che vuole. La storia: all’inizio ricorda un po’ il cacciatore di aquiloni, parla di quell’amicizia che è essere fratelli di chi abbiamo scelto e ci ha scelto, miracolo possibile solo quando si è bambini. E loro due, Antonio e Raffaele, sono bambini, appunto, che insieme crescono in un mondo rurale e primitivo – l’esplosione del padre di uno dei due per la gomma bucata della bici è proto-umana se non dis-umana e basta – da cui insieme tentano di proteggersi e da cui insieme sognano di andarsene, di volare via, sulla luna dove gli astronauti rimbalzano coi loro piedi di gomma.
Finché non succede qualcosa che spezza loro le ali una volta per tutte, e si ritrovano inchiodati a una sedia a rotelle, per cause diverse ma tutti e due insieme, di nuovo, abbracciati ai loro sogni morti, e a questo punto subentra il mare dentro, tanto più che uno dei due s’è fracassato la schiena con un tuffo mal riuscito, e nell’acqua ha incontrato all’improvviso la faccia cattiva della vita, dopo cui niente è più uguale. Non discuto la scelta “buona” (politically correct, dicono oggi) di far trovare un senso a quello che il senso non ce l’ha, io, che non ho fede né speranze, e ho amato negli occhi disperati di Berdem/Ramon Sanpedro il mare cui decide di tornare, perché è quello che al suo posto farei io.
Come non discuto la forma epistolare, anche se oggi come oggi sarebbe stato più credibile un flusso di mail (va bene, io non ho il gusto per gli espedienti letterari, e anche quello del pupazzo-confidente non m’ha entusiasmato, ma è un problema mio) e anche se alla fine non si tratta di lettere ma di pagine di diario, un soliloquio in cui il dramma si scolora nella speranza di tornare a volare di nuovo. Quello di cui mi interessa parlare, piuttosto, è di quello che resta sullo sfondo, e da cui vengono gli spunti più interessanti, quello che io chiamo “quel che rimane” quando il libro l’ho chiuso.
Il mondo in cui i personaggi si muovono, in primo luogo, che è un sud primordiale, sonnacchioso e feroce, un mondo dentro il mondo tutto resta fermo anche mentre cambia, pastoia per i sogni dei due protagonisti e per chiunque altro vi resti invischiato, claustrofobico e livido pur sotto un sole che abbaglia.
E poi l’emigrazione, lo sradicamento precoce, tema che purtroppo porto cucito addosso, io che ho fatto il cammino inverso, sì, ma ugualmente senza che fossi io a sceglierlo, e con uguali conseguenze di emarginazione e incapacità d’integrarsi, perché i pregiudizi verso lo straniero/diverso sono sempre uguali, e la stupidità di chi li coltiva anche. E l’incapacità di confrontarsi con l’amore, anche: se c’è un rigo che vale tutto il libro, è a pagina 115, L’AMORE NON È UN SENTIMENTO MA UN BISOGNO/TORMENTO, scritto in maiuscolo, peraltro, perché è l’inizio di un paragrafo, in realtà, ma a me piace pensare per scelta consapevole che si tratti di verità folgorante e assoluta.
Maria: forse l’unica che davvero si ribella e paga la sua ribellione sulla propria pelle, perché in un mondo arcaico essere uomo è una lotta, ma essere donna può essere solo sconfitta.
È lei che mi resta, di questo libro. Lei, l’unica che ha davvero creduto di avere piedi di gomma. Non è rimasta bambina, no: non si è arresa, che è cosa diversa.
Così, è lei che mi resta, di questo libro.
Non la speranza che si possa imparare serenamente a rassegnarsi quanto piuttosto l’ammirazione per chi sceglie di non farlo, comunque vada a finire.
Chi sceglie il coraggio di provare a cambiare la propria vita, e non importa se ci riesce, almeno ci avrà provato, ci credo poco alla serena rassegnazione, io, o meglio non voglio crederci, io sono ancora negli occhi di Sanpedro, quando parla del mare, di come continui a sentirlo dentro, e sono sicuro che mentre s’addormentava abbia sentito l’acqua, non sono capace di dire “così sia”.
Ma questo è altro, da questo libro e dal suo senso.
Anche se in un certo modo ne fa parte, perché un libro è di chi lo legge, ed è questo, per me, quel che rimane.

UN TUFFO FUORI DAI SOGNI
(MARAVA’ PIEDI DI GOMMA, di Gianni De Santis, Lupo Editore, Copertino, 2009)

Il libro del giorno: Nomi, cose, città. Viaggio nell'Italia che compra di Arnaldo Greco (Fandango)

Italia 2009. Nonostante la crisi l'italiano medio è ancora un consumatore da primato. Compra e vende, spesso, senza avere i soldi per farlo. Attraverso otto reportage dallo sguardo lieve e ironico Greco racconta questo aspetto del paese impazzito. Un viaggio con il quale scopriamo tic, mode, novità, luoghi assurdi e manie, ma anche lati meno illuminanti del nuovo consumismo. Un incredibile centro commerciale del napoletano, Vulcano Buono, che si pone di far concorrenza al Vulcano cattivo, le boutique dell'alta cucina e i mercati di quartiere del milanese. Cosa comprano gli italiani appena superato il confine di Austria e Slovenia, i mercati di una cittadina di provincia dopo l'arrivo delle badanti, quali prodotti scegliamo per i neonati e come, appena nato, un neonato diventi un consumatore, la spesa su internet, la corsa isterica al cibo "che fa bene", l'Italia del tempo libero e i suoi mille Festival. Tra un bordello sloveno, una bancarella di frutta sudamericana nel centro di Milano, un felice reparto di neonatologia e la casa di una vecchietta che vive con la sua ucraina, storie dall'Italia di oggi che compra, cambia abitudini, ma non si arrende.

"Anche durante l'attuale gravissima crisi economica il mondo dei consumi si presenta come una realtà articolata e vitale, che si presta a essere descritta nei suoi aspetti più caratteristici. Seguendo l'esempio di tanti scrittori del passato, si cimenta in questa impresa nel suo libro d'esordio Nomi, cose, città anche il giovane Arnaldo Greco, autore di diversi racconti usciti sulla rivista Nuovi Argomenti. La descrizione di Greco è particolarmente ricca, e spazia dai centri commerciali dell'area napoletana ai consumi degli italiani che da Gorizia vanno a fare compere oltre confine, dalle spese delle badanti ai giochi d'azzardo, dal commercio elettronico ai beni riservati ai neonati"

di Vanni Codeluppi tratto da Il Manifesto del 4/06/2009 p. 12

casa editrice Fandango: http://www.fandango.it/default.asp

Nomi, cose, città. Viaggio nell'Italia che compra di Arnaldo Greco
2009, 209 p., brossura, Editore Fandango Libri (collana Galleria Fandango)

mercoledì 3 giugno 2009

Miracoli di Stuart Wilde (Macro edizioni)

Se credete che soltanto esseri sovrumani siano in grado di fare miracoli, non avete letto Stuart Wilde e il suo “Miracoli” per Macro edizioni. Nulla a che fare con magia o stregoneria, non occorrono spiritus loci, non occorre leggere Cornelio Agrippa e il suo De Philosophia Occulta, e dunque nessun patto col diavolo e nessuna evocazione di spiriti o entità di altre dimensioni. E allora in cosa consistono i miracoli di cui parla Wilde? Si tratta di un potere naturale insito nell’uomo, che fa parte del suo genoma, che è ad esso connaturato. Questo lavoro guida il lettore non solo a riconoscerlo ma anche a metterlo in pratica giorno dopo giorno. Ma andiamo con ordine. Se pensate di non riuscire a realizzare nella vostra vita tutto quello che vi eravate prefissi, se pensate di attirare solo il 10% delle opportunità che il mondo vi può offrire, se insomma per un solo momento vi sia passato per la mente che non meritiate successo, ricchezza e buona salute, insomma che avete sulla vostra testa un gigantesco tappo che non vi fa volare alto, sappiate che con questo libro qualcosa cambierà. Se volete considerarlo un semplice manuale d’auto-aiuto, fate pure; se volete considerarlo una cialtroneria fate pure; se pensate che la new age abbia già fatto “troppi danni” non esitate a esprimere considerazioni di tal sorta. Ma una cosa vi suggerisco di fare: leggetelo! Stuart Wilde, un utopista nel senso vero del termine, vi aiuterà a capire come i limiti della mente siano valicabili, sapendo in fondo che non facciamo altro che usare un mediocre 5%. Che dubbi ed esitazioni non fanno altro che attirare ulteriori dubbi ed esitazioni. Questo incredibile autore vi accompagnerà lungo un itinerario di conoscenza fatto anche di prove ed errori, ma che ve li farà comprendere per accedere ad una nuova dimensione della vostra vita e renderla splendida e rendervi consci del vostro illimitato potere. Un libro davvero interessante che non appena letto vitrasmetterà una grandissima gioia! Se avete attirato questo libro avete già fatto il vostro primo miracolo!

Stuart Wilde, uno dei più famosi esponenti dell New Age, è nato a Farnham, in Inghilterra, da padre inglese e madre italiana. E' stato un conferenziere tra i più famosi nel mondo anglosassone: USA, Gran Bretagna e Australia. Conduceva corsi memorabili per lo sviluppo personale in località selvagge con mezzi e tecniche fuori dal comune. In questi ultimi anni con le sue straordinarie ricerche ha suscitato ostilità che lo hanno indotto a vivere quasi nella clandestinità. Ha una casa a Londra e una grande villa in Australia con pareti che si spostano e altri congegni speciali e dove ha subito alcuni degli attacchi da entità non umane che descrive nel libro I Gladiatori di Dio. Autore molto prolifico, ricco di humor, pungente ed emozionante, ha all’attivo quindici libri tradotti in dodici lingue, tra cui La Forza, Miracoli e Affermarsi.

Come far accadere quello che vuoi
ISBN: 9788875079154

Prezzo € 5,95
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VOGLIA DI EVENTI A FAVORE DELL’ABRUZZO

www.vogliadieventi.it … il wiki-portale che raccoglie tutti gli eventi di tipo culturale, eno-gastronomico, musicale, artistico, che si svolgono su tutto il territorio Italiano, selezionati e divisi per regione, mette a disposizione i suoi mezzi per contribuire ad una sempre più veloce ripresa del Turismo in Abruzzo e propone un’iniziativa a favore delle strutture ricettive Abruzzesi.
WWW.VOGLIADIEVENTI.IT offre la possibilità a tutte le strutture ricettive dell’Abruzzo (Alberghi, b&b, Agriturismi, etc.) di avere uno spazio pubblicitario gratuito per un anno nella sezione “Strutture Convezionate – Dove dormire”, in cui poter inserire una descrizione, le foto della struttura, i costi e i pacchetti promozionali previsti per l’estate 2009.
Inserire le strutture sul portale darà maggiore visibilità, darà la possibilità di invitare e coinvolgere un numero sempre maggiore di turisti, per lanciare il messaggio che L’Abruzzo è sempre vivo e attivo, è bello da visitare in tutte le sue forme e che la ripresa di questa terra ha bisogno di ripartire dalle sue principali attività , tra cui il turismo svolge un ruolo fondamentale.

Per aderire all’iniziativa e per maggiori informazioni potete contattare la redazione all’indirizzo redazione@vogliadieventi.it

Seconda lettura di Vito Antonio Conte su "I Bruchi" di Giovanni Bernardini (Manni)

Avevo letto qualcosa di Giovanni Bernardini su antologie e altro. Poi “Provincia difficile”, un vecchio libro del 1969, trovato in un banchetto di libri usati. L'ho conosciuto personalmente l'anno scorso, davanti al bel camino acceso della “Serrizùla”, quando si sradicò dai suoi tanti malanni fisici, da lui stesso elencati a mò di esorcismo, e ci concesse una parte di sé, leggendoci -tra l'altro- un suo racconto pubblicato su “L'Albero”, la storica rivista di Girolami Comi. Devo conservarne una copia autografata da qualche parte, tra le infinite carte che conservo quasi maniacalmente. Tante carte. Troppe. Nonostante il mio periodico selezionare, eliminare, disfarmi. C'è che dovrei -come pure mi è già accaduto di fare- liberarmi di tutto. Carte, libri, quaderni, zibaldoni, agende, copie, fotocopie, oggetti e chincaglieria d'ogni tipo e andare via. Dovrei andare via. Vorrei andare via. Sparire, perdermi, ricominciare. Forse. C'è che qualcosa in un modo qualunque è morta. C'è che è viva più che mai. Dovrei andare altrove. Disfarmi di questa vita e andare via. Questa vita che amo. Qualche giorno addietro, ho finito di leggere l'ultimo libro di Giovanni Bernardini, “I bruchi ovvero Il ragazzo in fondo al mare”, edito da Manni. Ho detto l'ultimo: credo di sbagliare: Mimma mi dice che n'è stato appena pubblicato un altro. Mi dice anche il titolo, ma non lo ricordo. E non ho voglia di cercarlo. Adesso, dopo una funzione religiosa in swahili per un grande uomo, con canti che mi hanno aperto il cuore, già spezzato di suo e d'altro, ascolterò la voce di lei e non aggiungerò niente (...), dirò qualcosa, invece, su “I bruchi”. Titolo che mi piace poco. Molto di più mi piace il sottotitolo “Il ragazzo in fondo al mare”. È un romanzo schizoide e razionale, è schizzato e naturale, è folle e meditato, è vecchio e nuovo, è patologico e sano, è antico e moderno. È tutto. È niente. È memoria che vuole affogare la memoria. È memoria che vuol ricordare la memoria. È un atto dovuto a se stesso. È un atto doveroso verso qualcun altro. È un atto voce del verbo dare. Rendere, meglio, a sé e agli altri. Ma, soprattutto, è una scrittura fuori dagli schemi, fuori da ogni schema, fuori da qualsiasi possibile schema. E non chiedetemi di spiegare ciò che dico. So ch'è così. Lo sento. È istinto il mio. Potrei cercare le ragioni per quanto dico, ve le potrei indicare. Potrei farlo. Ma oggi non è cosa. E non lo sarà più. Ché di questo libro parlo oggi e mai più. Fidatevi di quel che dico. Fidatevi di me. Non ho mai raccontato fandonie. Per questo, anche quando capita che sto male, vivo bene. Questo libro è fuori, scritto da uno ch'è fuori, come si può essere soltanto quando non si deve rendere più conto a nessuno, tranne a Uno, ma con quell'Uno hai rapporti talmente chiari che non ci potranno mai essere equivoci, né fraintesi, ché ci si conosce bene ormai. Questo libro è fuori, scritto da uno ch'è fuori, come si può essere soltanto quando sei ultraottuagenario e somigli a un novenne: ne hai viste tante e tali che non te ne può fottere più di niente di quel che per una vita forse t'ha intristito, t'ha fatto male, t'ha dato scazzo, t'ha angosciato, t'ha addolorato... E le cose della vita continuano a toccarti, eccome se ti toccano, ma dentro c'è la forza di un bambino, quell'incoscienza così saggia che te la fa dire tutta esattamente siccome è, come vuoi ed è la parte migliore che c'è. C'è il talento e anni e anni di studi di ricerche di conoscenze di esperienze di sofferenze di gioie di soddisfazioni. Poi c'è qualcosa che ha spazzato via tutto: tabula rasa. Tutto dimenticato. Rimangono gli strumenti. E quel talento. Gli strumenti per dare forma al talento, fermandolo in una creazione d'arte. E il divertimento: quello impareggiabile irraggiungibile e ineguagliabile di un bambino. E allora il linguaggio (a tratti anche ricercato, aulico e barocco) è così fresco confidenziale ed essenziale che ti fa arrivare dritto alle viscere temi d'una pesantezza inaudita con la leggerezza pari al dire di mio figlio Federico quando mi racconta le ultime notizie scolastiche o calcistiche (e Federico a giorni avrà nove anni). Un dire meraviglioso, fiabesco, disarmante, ingenuo e vero. Così “Il ragazzo in fondo al mare” è la metafora che svela la cecità di un'epoca, l'ignoranza del passato, l'illusione del ventennio, con i suoi sogni e i suoi incubi, la vita e la morte, l'anacronismo di un impero e la grande disfatta, lo scintillìo dell'apparenza e le nubi funeree dei tanti crimini: quelli di tutte le guerre, del primo regime totalitarista (nato e coniato in Italia) e di tutti quelli successivi, d'ogni colore e in ogni angolo del mondo. “I bruchi” sono la causa e l'effetto dei fasti e del disfacimento prodotti dal fascismo, sono la patologia di quel sistema politico, sono lo schifo sotteso ai proclami, sono i risultati del grande imbroglio, sono le brutture e le storture d'ogni politica che pensa a sé e non ai governati, sono quel che porta la “guerra guerreggiata”; “Il ragazzo in fondo al mare” è il naufrago di quel periodo! È quel che resta in tutti quelli che grazie all'accettazione di sé, vuoi per fatto genetico vuoi per scelta vuoi per entrambe, non hanno mai smesso di guardare all'altro e l'hanno guardato sempre e comunque al di là d'ogni parvenza... Quella del ventennio, del primo totalitarismo (termine inesistente prima), è stato il primo esempio di politica fatta utilizzando i mass-media (fotografia e radio), è storia di cui si continua a parlare in tutti i modi possibili: attualmente c'è un quotidiano (se non erro) che regala dei diari di Mussolini (mai menzionato nel libro...) o qualcosa del genere. Se ne parla troppo? Se ne parla male? Se ne parla bene? Sarebbe meglio non parlarne più? Non appartengo alla schiera di quelli che sostengono che se di qualcosa non si parla significa cancellarne l'esistenza. E, quindi, nel caso dell'argomento in parola, è bene. E nemmeno alla schiera di quelli che di qualcosa di cui non si parla e si dovrebbe bisogna parlarne a tutti i costi pur di affermarne l'esistenza. E, dunque, in generale, non parlarne è male. In realtà non appartengo a schiera alcuna. Sono un uomo libero che dice e scrive quel che pensa (dopo aver contato sino al numero necessario) e che crede fermamente che ognuno possa dire ciò che vuole (nei limiti del lecito e del legittimo...) intorno a ciò che gli pare. Sta a me, come a ognuno di voi, far debito e appropriato uso di critica e decidere da quale parte stare. Senza scomodare il Male e il Bene. Io sto dalla parte di Giovanni Bernardini, ma non del Bernardini de “I bruchi”, non dalla parte della fobia, ma del Bernardini de “Il ragazzo in fondo al mare”, dalla parte della follia, di quella ch'è prossima alla salvezza (o, per dirla con l'Autore, della pazzia che confina con la saggezza). Io sto dalla parte dello zio un po' scemo, quello che con i gessetti colorati disegnava sui muri il ragazzo in fondo al mare abbracciato a una sirena e sotto scriveva AMORE.

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Il libro del giorno: Real world di Natsuo Kirino (Neri Pozza)

In un affollato quartiere residenziale di Tokyo quattro studentesse trascorrono un'estate caldissima preparandosi ad affrontare gli esami per l'ammissione all'università. Sono molto diverse tra loro: Toshi è affidabile e sicura, Yuzan riservata e malinconica, Terauchi ha un grande talento per gli studi, Kirarin occulta dietro la sua dolcezza un'attrazione morbosa per i comportamenti estremi. Un rumore inconsueto che proviene da un appartamento stravolge improvvisamente il loro destino: il vicino di casa, un liceale che le quattro amiche chiamano il Vermiciattolo, ha ucciso la madre ed è scappato con la bici e il cellulare di una di loro. In fuga dalla polizia, il giovane assassino inizia a contemplare affascinato il proprio volto riprodotto in fotografie e servizi televisivi, assapora l'improvvisa visibilità mediatica, il racconto della sua vita riscritto da giornalisti e reporter, e asseconda la curiosità collettiva intorno alle ragioni che lo hanno spinto a uccidere. Il pigro distacco del giovane si trasforma progressivamente in una consapevolezza crudele: insensibile alle conseguenze del suo crimine, vuole che le ragazze scrivano per lui un manifesto filosofico che esalti la lucida follia delle sue azioni... Immerse in una vita di chat, sms e Reality TV, le quattro adolescenti scoprono un mondo scabroso e brutale. Una realtà popolata di ragazzi in attesa di un esempio, di una guida che li riscatti dalla noia di un sistema che non sa comprendere la loro diversità.

casa editrice Neri Pozza: http://www.neripozza.it/

"Anche il Giappone ha una regina del delitto. Il suo nome è Natsuo Kirino"

Tommaso Pincio tratto da La Repubblica del 3/06/09 p. 42

Real world di Natsuo Kirino
2009, 281 p., brossura, traduzione a cura di Coci G.
Editore Neri Pozza (collana Bloom)

martedì 2 giugno 2009

Lecce – Tokyo: Filo diretto con Undiciottavi Records












11/8 Records continua la sua collaborazione per la realizzazione dei remake per le colonne sonore della filmografia giapponese.
E proprio il suo direttore artistico, Cesare Dell’Anna con il progetto musicale ZinA, torna a collaborare con i più grossi studi cinematografici di animazione Giapponese.
OnePeace Sound Design infatti, ha contattato per l’Italia, Dell’Anna con il suo progetto dalle sonorità Afro-Funky, per arrangiare la famosa colonna sonora di uno dei più famosi lungometraggi di Ghibli Studio: “Laputa castello nel cielo”.
Ghibli Studio è il famosissimo studio cinematografico di animazione giapponese, fondato dal celebre regista Hayao Miyazaki, già autore di Heidi, Conan il ragazzo del futuro, Anna dai capelli rossi, ecc. La colonna sonora di “Laputa castello nel cielo” è stata inserita in una raccolta di pezzi arrangiati da gruppi selezionati direttamente dalla produzione e su loro stessa iniziativa: “One in a Million”, distribuito da Happinet Corporation.
Quest’anno è la volta di “Mobile Suit Gundam” , prodotta dalla Sunrise, conosciuto come in Italia con il nome di “Gundam il Guerriero”, di Yoshiyuki Tomino.
L’opera che sarà realizzata sotto forma di medley della colonna sonora giapponese di Takeo Watanabe sarà ri-suonata in stile “ZinA” ed è realizzata per festeggiare il compimento del 30 anni del leggendario Robot che ha milioni di fans in tutto il mondo, in pubblicazione per i primi di luglio.

Info: 11/8 Records
Corte dei Mesagnesi n. 31 73100 Lecce - Italia
tel e fax +39.0832.305693
www.11-8records.com info: contacts@11-8records.com

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