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venerdì 18 settembre 2009

Presunto colpevole di Luca Steffenoni (edizioni Chiarelettere)

"Io credo che prima di tutto sia bene non nuocere. È importante riconoscere i colpevoli ma prima vanno salvaguardati i bambini."
Massimo Ammaniti, La Repubblica.

Essere accusati ingiustamente. Può capitare a tutti. Difficile difendersi, quasi impossibile se il reato di cui si è accusati è quello più tremendo e infamante: abuso sessuale di adolescenti. L’emozione ci travolge quando si parla di bambini. Il mostro sembra essere ovunque: a fronte di molti casi accertati e puniti, ce ne sono troppi altri “sbagliati”, con soluzioni tardive e danni psicologici ed economici enormi.Questo libro prova a raccontare ciò che non vediamo. Una macchina burocratica che vale milioni di euro. Un affare per molti: associazioni, centri d’assistenza, consulenti, psicologi. E tante storie di affetti distrutti, di violenza psicologica (genitori divisi, bambini affidati, interrogatori infiniti). Se davvero l’interesse ultimo di tutti gli attori in causa è difendere i bambini, i fatti qui raccontati documentano il contrario. Allora è necessario fermarsi e bloccare la macchina. Basta errori. Costano troppo cari. Questo problema, sebbene scomodo, ci riguarda tutti.

...a pagina 106

Più conosci il sistema, più lo eviti… Ho visto troppi pareri richiesti a centri antiabuso finiti con i carabinieri sotto casa.”

Dalla testimonianza anonima di un pediatra.

...a pagina 260


“Io penso che tutelare davvero i bambini significhi anche proteggerli dagli abusi inventati… Vedo invece una cultura dell’abuso tutta fondata sulla denuncia.

Giovanni Battista Camerini, membro di Telefono Azzurro e consulente della difesa in un processo per abuso su minore.

Luca Steffenoni, criminologo milanese, svolge la sua attività di studioso e consulente in collaborazione con enti e istituzioni nazionali e comunitarie. Libero professionista, partecipa a ricerche della Comunità europea nel campo della prevenzione, della vittimologia, dei flussi migratori e della recidiva dei padri incestuosi. Si è occupato tra l’altro di linguaggio e di comunicazione del messaggio preventivo per campagne di sensibilizzazione sociale nei paesi europei ed è consulente per autori che si cimentano nell’ambito letterario a sfondo criminologico.
Ha diretto il Centro di ricerca e counseling Psicologia e Benessere ed è stato redattore della rivista «Delitti & Misteri»: insieme a molti dei più interessanti tra gli scrittori noir e giallisti italiani (tra gli altri Andrea G. Pinketts, Carlo Lucarelli e Massimo Carlotto), ha scritto di delitti classici e di numerosi temi di attualità criminale. Appassionato fotografo, compie qualche sporadica incursione nel mondo dell’immagine digitale. Al momento è molto fiero che un suo scatto sia stato scelto come foto ufficiale dei World Outgames 2009 di Copenaghen.

Ringrazio Giulia Civiletti di Chiarelettere per le sue puntuali segnalazioni

Il libro del giorno: Secret Invasion 8 (Marvel)

Ultimo capitolo della miniserie di Brian Bendis & Leinil Francis Yu! Gli invasori Skrull ricorrono alla loro arma definitiva per decidere le sorti della guerra. E a prescindere dall'esercito a cui arriderà la vittoria, per la Terra sarà l'inizio di un... Regno Oscuro! In appendice, Ben Urich scrive il reportage dell'Invasione Segreta nella parte finale di Front Line by Brian Reed & Marco Castiello. Inoltre, una ricca sezione di bozzetti, copertine e schizzi inediti del grande Yu.

"Ma è in questo finale che lo sceneggiatore Brian Bendis scopre le carte e rivela il suo piano - diabolico è il caso di dirlo - per stravolgere l'universo Marvel. (...) Per scioccare i fan bisognava sovvertire, scambiare il sacro col profano"

di Diego Malara tratto da XL de La Repubblica settembre 09, p. 245

casa editrice Panini Comics: http://www.paninicomics.it/web/guest/home

Rughe di Paco Roca (Tunué) di Ilaria Ferramosca *

Chi non ha mai visto il film Pranzo di Ferragosto, del regista Gianni Di Gregorio, ha perso una bellissima storia sulla semplicità del quotidiano, in una Roma di periferia in cui un uomo adulto, ma pur sempre “figlio”, si ritrova suo malgrado a fare da badante all’anziana madre e ad altre tre arzille vecchiette. Ma mentre questa incantevole pellicola ci mostra un volto allegro e scanzonato della vecchiaia, Rughe, del valenciano Paco Roca, ci svela quello più realistico e consueto. La storia è infatti ambientata in un pensionato, dove un gruppo di anziani è stato alloggiato, o meglio, abbandonato dai propri familiari. Qui le giornate trascorrono monotone tra pranzi, cene e medicine, mentre nel mezzo c’è solo sonno, o ricordi più o meno inconsapevoli. Si possono incontrare personaggi incantevoli e nostalgici, dalla vecchietta convinta di essere ancora una giovane e bella donna, seduta in uno scompartimento dell’Orient Express, al soldato sempre pronto a scattare sull’attenti, dalla smemorata che è alla continua ricerca della cabina telefonica, alla coppietta innamorata, fino al vecchino scaltro e intento a lucrare da ogni situazione tragicomica che si presenti.
In tutto ciò ci sono ovviamente alcuni momenti di ilarità, perché è giusto sdrammatizzare su quello che ci fa paura e che rappresenta, in qualche modo, il “futuro dell’umanità”. È innegabile, per quanto ognuno cerchi di allontanarne il pensiero e osservarla con distacco, la vecchiaia è qualcosa che ci riguarda tutti, anche coloro che si sentono immortali. Così, tra quattro chiacchiere nella sala tv e qualche vano tentativo di sottrarsi al tempo che passa, con bravate adolescenziali, le giornate si susseguono, ma la minaccia è dietro l’angolo... o meglio al fatidico “piano superiore”, dove sono alloggiati coloro che non godono ormai di autonomia e sono sempre di più vittime dell’oblio, intrappolati nel passato: la mente immersa in ricordi di una lontana gioventù e il corpo divenuto decadente.
Paco Roca ci regala pagine a colori, con tonalità leggermente seppia come è normale sia un ricordo sbiadito; il tratto, sintetico e cartoonistico, aiuta a vedere con l’occhio del grottesco anche le situazioni meno felici. Ci prepara a qualcosa di normale e scontato con l’abilità di chi affabula e riesce a trascinare il lettore inconsapevole, verso una realtà, ammantata di nuvole di fumo delle quali all’improvviso squarcia il velo, lasciandocene osservare il volto impietoso.
Rughe non è una graphic novel allegra, è poetica, nostalgica, cruda, piena di malinconia; adatta a chi è capace di fare i conti con la vita. Chi non lo è, rinvii la lettura a tempi migliori!

Rughe, Paco Roca (Tunué), 2008, Pp. 112, Euro 12,50
*redazione Talkink

giovedì 17 settembre 2009

Adoperabili di Gabriele Corni all' Otredimore di Bologna




















Il futuro del sex game risiede in un corpo femminile metà icona erotica metà droide che ridisegna l'idea stessa del desiderio, attraverso una serie di suggestioni in grado di coinvolgere interattivamente più sensi. L'oggetto in questione è talmente evanescente, onirico, quasi fantasmatico che l'irrealtà pare divenire il nuovo elemento fondativo di una riflessione estetica sull'umano femmineo e le sue "interfacce". L'osservatore è continuamente disorientato dalla mimesi ibridante delle maschere dei soggetti ritratti da Gabriele Corni, che le trasforma in volti e fisicità dalla consistenza genetica incerta. Naturalmente i lavori presentati nella sua personale dal titolo "Adoperabili" alla galleria "Oltredimore" di Bologna, sono il frutto di interventi successivi alla realizzazione delle stesse, dove la maniacale attenzione sul corpo e sulla pelle sublima i soggetti (solo bambole giapponesi?)in qualcosa che di umano hanno ben poco e forse lontani anche dal virtuale e i suoi pluriversi. Fotografia certo, ri-elaborazione grafica senz'altro, ma anche contestualizzazione attenta e puntuale del senso di un'operazione come questa che Corni presenta al pubblico. Una critica quella lanciata da quest'artista, feroce e intransigente, ad una società che non riconosce non solo ormai l'omologazione, ma ripete in maniera sintetica, come se fosse in un continuo download con la vita che non appartiene più nemmeno a noi stessi, copie di emozioni, dove financo la sessualità può essere vissuta a contatto con un cyborg. Scrive Elisa Schiavina presentando il lavoro di Corni su Doll Story (http://www.dollstory.eu/dollstory.aspx?lang=IT): "Lo stare in bilico tra sensuale ed erotico e tra reale e immaginato pone ogni osservatore di fronte a domande intime, di ordine personale, sociale, morale ed etico. Nella società del bello la perfezione può abbagliare e la solitudine può portare a scelte estreme." Il disequilibrio voluto dunque tra finzione, costruzione artificiale, possibilità nel trasformare la bambola come fattore ludico-sessuale, come universo eidetico-erotico di massa.

Bio di Gabriele Corni - Nato nel 1972, vive e lavora a Bologna. Terminati gli studi e la formazione artistica ha perfezionato la tecnica della pittura ad olio nello studio di Norma Mascellani, con cui ha maturato il senso per l’equilibrio compositivo. Ha proseguito sperimentando la costruzione tridimensionale con materiali metallici e ha collaborato con la scultrice Silvia Zagni, orientandosi poi alla fotografia, strumento che lo ha riportato forzatamente al bidimensionale. Attraverso questo filtro e alle molteplici possibilità di intervenire con manipolazioni di post produzione, come la pittura digitale, Gabriele Corni è tornato alla sua esigenza primaria, quella dell’espressione pittorica, da cui non esclude, anzi accentua, la plasticità delle forme. È fotografo pubblicitario professionista dello studio Carlo Coppitz Fotografie di Bologna. (www.lelecorni.com) Dopo aver partecipato a numerose mostre collettive arriva, con il progetto “Adoperabili” alla sua prima personale presso la galleria Oltre Dimore.

Dal 18 settembre a Oltredimore di Bologna, in via d'Azeglio 35
fonte iconografica: http://www.oltredimore.it/

SUDAPEST di Irene Leo. Poet/bar 14.10, magazzino di poesia a cura di Mauro Marino (Besa editrice)

"E non l'afferri, tu che guardi, il senso dell'aspro limone appeso e dondolante sul ramo ossuto, e non lo comprendi il frutto del fico d'India che cerca vita tra le spine, e non lo sai perchè un gabbiano per morire si infrange sul mare anche se pesce non è."
Irene Leo


Torna il Poet Bar con questo Sudapest di Irene Leo, poeta che nella poesia vede e scopre una modalità espressiva capace di diverse andature, di più "scritture".
Certamente il verso, il verso lungo, qui. Una narrazione che sospende il paesaggio, la cruda natura delle cose, con la disillusione delle persone: tedio, malinconia, desiderio-pasta dei cuori di questa linea mediana- e il sorridere amaro. L'attesa. "I giorni qui portano sulle nocche i calli e le ferite di civiltà deserte, cugine di un'era grande che rivedi negli occhi e nelle curve generose, vere opere d'arte oltre le architetture d'azzardo mesciate a terra e sudore. Sono ricco. Ho qui con me sacchi interi di dignità in foglie ed olive e mani consunte che urlano e gemono nelle ore del giorno. Le osservo, me le guardo, le nascondo" questo ci dice Rodolfo- una delle voci che svolge la vicenda di Sudapest-presentandosi. "Sono sempre stato l'ultimo" e nello scarto sembra trovare risposta l'interrogazione di Bodini e insieme l'evasione possibile di un amore. Trovare le parole dell'altro e andare. "Sono io. Realmente me stesso. Ora che ho incominciato a camminare". Andare..."tra la dimenticanza e l'assenza" d'una bambina con le trecce che si chiama...Poesia.
Mauro Marino

Irene Leo, classe 1980, ha "esordito" ufficialmente nel 2006 con "Canto Blues alla Deriva" (Besa editrice). E' presente su "Tabula Rasa 05", rivista di letteratura invisbile, nella sezione Poesia e su alcune antologie, tra cui "Verba Agrestia " 2008, e "Il Segreto delle fragole" 2009, entrambe Lietocolle edizioni. Nel 2007 ha ricevuto dal teatro di musica e poesia "L'Arciliuto di Roma, il riconoscimento in "Kagolokatia". Collabora con "Il Paese nuovo " e cura un suo blog letterario: www.ireneleo.wordpress.com

mercoledì 16 settembre 2009

Il libro del giorno: Il nemico - Romanzo eretico di Emanuele Tonon (Isbn edizioni)

"Un romanzo eretico, disturbante e maledetto Tra vita quotidiana e invettiva spirituale, uno spaccato struggente e indimenticabile del Nordest italiano profondo". Un romanzo in due parti. Emanuele Tonon costruisce, con una padronanza assoluta dello stile, una sconvolgente, indimenticabile epica familiare. Con uno spietato alternarsi di alto e basso, di letterarietà e trivio, di preghiera e bestemmia, Tonon trasforma la scrittura in un complesso rituale esoterico per denunciare l’insopportabile ingiustizia dell’esistere. Vita di fabbrica, vino, un Benelli scassato, internet e le voci dei morti, tutto concorre a fare di questo libro una potente, macabra, stupenda eresia. Il nemico è il blasfemo, feroce atto d’accusa di un uomo contro dio: quel dio, assoluto e fallace, che anche se esistesse dovrebbe rispondere del crimine odioso di consentire la possibilità del dolore, della morte, del tradimento.

Emanuele Tonon è nato nel 1970 a Napoli. Vive in provincia di Gorizia. È teologo-operaio. Il Nemico vorrebbe essere la prima parte (conclusa) di un romanzo trinitario.

"Leggetevi Tonon, teologo operaio quarantenne, napoletano di nascita, friulano di adozione. Racconta il puro orrore della fabbrica e rivolge a Dio un grido blasfemo-amoroso di protesta"

di Filippo La Porta tratto da XL di Repubblica settembre 09, p. 247

casa editrice ISBN: http://isbnedizioni.it/

Guy Patton e Robin Mackness "L’enigma dei templari, il mistero di Rennes-le-Château e il potere delle società segrete" (Newton Compton)

La storia come noi la conosciamo, quella che si studia sui libri di scuola, non rivela che solo una parte infinitesimale della verità o delle verità che si annidano nei coni d’ombra di vicende a volte poco chiare a volte misteriose, e che il più delle volte si rivelano sconcertanti. Prendiamo ad esempio la storia di Otto Rahn, che negli anni Trenta ripropose il mito del Graal, per lui una vera e propria ossessione. E non solo per lui ... Lo fu anche per la “Forschungsgemeinschaft Deutsches Ahnenerbe”, meglio conosciuta semplicemente come Ahnenerbe, la società fondata da Heinrich Himmler, Hermann Wirth, e Walter Darré che aveva lo scopo specifico di compiere ricerche nel campo della storia antica, studiando i fatti da un punto di vista scientifico, in maniera oggettiva e senza falsificazioni; il più delle volte ricorrendo anche a fonti legate in maniera assoluta alle antiche discipline magiche ed esoteriche. Alcuni dei suoi principali obiettivi erano la ricerca per l’appunto del Graal e della Lancia di Longino per il dominio della razza ariana sul mondo. Altro mistero che riposa sotto le ceneri di segreti ancora tutti da svelare è quello di Rennes-le-Château e la storia di Berenger Saunier, un povero curato di campagna che aveva insolite frequentazioni con alti esponenti del clero e della cultura francesi di fine ottocento, conoscitore di tradizioni massoniche ed esoteriche, possessore di un patrimonio economico stratosferico, che divenne detentore di un messaggio occulto legato al ritrovamento di una serie di pergamene all’interno di una trave della chiesa di quel luogo dove svolgeva le sue funzioni religiose e che ristrutturò senza badare a spese in pompa magna, il cui contenuto riguardava Templari, la discendenza di Gesù Cristo, il Graal,i Rosacroce, e ancora storie che vedevano direttamente coinvolte le dinastie dei Catari, Visigoti, e Merovingi e il tesoro del Tempio di Salomone. E ancora “I protocolli degli anziani di Sion” sono realmente un falso, o in qualche modo è stato diffuso intenzionalmente un documento poco attendibile e credibile, per far invece circolare un documento programmatico puntuale e rigoroso a livello sotterraneo, utile a tutte le società segrete, massoniche ed esoteriche per dirigere a proprio piacimento le sorti del mondo? Questo e molto di più lo si può trovare nello sconvolgente lavoro di Guy Patton e Robin Mackness dal titolo "L’enigma dei templari, il mistero di Rennes-le-Château e il potere delle società segrete" per i tipi di Newton Compton, i quali legano vicende apparentemente lontane nel tempo e nei contenuti come il sacco di Gerusalemme compiuto dai Romani nel 70 d.C., l’improvvisa ricchezza di un prete a Rennes-le-Château nell’Ottocento, le SS di Hitler, l’arresto di un uomo d’affari inglese negli anni Ottanta vicino Lione e il corpo di un banchiere italiano impiccato sotto il Blackfriars Bridge, forse (lo dicono alcune leggende metropolitane) in qualche modo legato ai livelli oscuri dell’Opus Dei. Secondo i due studiosi la leggenda vuole che il favoloso tesoro degli Ebrei (quello del tempio di Salomone)fosse portato nel Sud della Francia, dopo il sacco di Roma compiuto dai Visigoti. Gli autori ipotizzano che le “società segrete” del Medioevo e del Rinascimento, Templari e affini, siano state create per proteggere – o forse per acquisire – questa ricchezza nascosta. E dimostrano come nel corso dei secoli tale tesoro abbia continuato a essere uno strumento indispensabile per chi desiderava raggiungere il potere. Un esempio? Robin Mackness, uno degli autori, viene accusato di trasportare illegalmente oro in Svizzera, perché sospettato di un complotto finanziario di rilievo internazionale. Cosa ancora più sorprendente, rivela la campagna di “insabbiamento” organizzata da coloro che si considerano gli attuali “custodi” del tesoro: il misterioso Priorato di Sion che si trova al centro del classico Il Santo Graal. Dall’analisi di Patton e Mackness si evince, come forze associate a questo antico tesoro possano aver manipolato eventi come la fondazione dello Stato d’Israele o l’elezione di François Mitterrand. Un libro rigoroso per le innumerevoli fonti bibliografiche che costituiscono la fitta trama di riferimenti tutti puntualmente citati, che vale la pena di leggere con attenzione e riflettere su chi o cosa oggi possa considerarsi il "re del mondo".

martedì 15 settembre 2009

Warren Ellis "Con tanta benzina in vena" (Elliot edizioni, collana Scatti)

È in arrivo in Italia a partire dal 30 settembre il primo romanzo di Warren Ellis, uno dei più amati sceneggiatori di fumetti degli ultimi anni. Prolifico collaboratore dal 1994 della Marvel, alla notizia dell'acquisto da parte della Disney, ha dichiarato sul suo sito: "No, I am not going to be writing Disney comics. Fairly fucking obviously." Michael McGill. Detective alla deriva. Assoldato da una misteriosa organizzazione di politicanti eroinomani per recuperare la prima, vera Costituzione degli Stati Uniti, smarrita da Richard Nixon in una casa di tolleranza. Quella attualmente in vigore sarebbe solo un’eterna seconda, un doppione, quasi un falso. Con l’aiuto dell’arrapante e arrapata Trix Holmes, Michael si lancia in un’odissea on the road dall’Ohio alla California, tra adoratori di Godzilla, impensabili sette segrete, pratiche sessuali inedite e strani rituali custoditi nei meandri di internet, nel ventre oscuro e perverso di un’America nascosta, cattiva e demente. In un tour de force fulmineo, estremo, esilarante e agghiacciante, con un colpo di scena finale da maestro, Warren Ellis (l’astro indiscusso del fumetto anglosassone) firma non già una graphic novel su carta, ma “un proiettile a punta cava, un libro che spernacchia il politicamente corretto e fa a pezzi la santa morale a stelle e strisce” («Los Angeles Times Book Review»). “Scostai le palpebre per vedere un topo pisciare tranquillo dentro il mio tazzone di caffè. La giornata prometteva bene”.

«Può diventare il cult dei due o tre prossimi millenni» Wall Street Journal

«Leggete e non dimenticate. Se ne avete il coraggio» Seattle Times

«Un romanzo che ti sputa addosso e ti prende a calci in faccia, ma anche sorprendentemente umano» Booklist

«Prima di leggere Con tanta benzina in vena, non sapevo che certe cose potessero esistere sul suolo americano. Ellis non si è inventato quasi nulla, che Dio ce ne scampi» Publishers Weekly

”Per favore, Warren. Smetti di scrivere. Già solo questo libro mi sta facendo molto male” (William Gibson, autore di Monna Lisa Cyberpunk).

LEVEL 26 di Anthony E. Zuiker (Sperling & Kupfer) il 21 settembre a Milano

DAL CREATORE DI CSI ANTHONY E. ZUIKER UNA RIVOLUZIONE NEL MODO DI RACCONTARE UNA STORIA: IL PRIMO DIGI-THRILLER IN USCITA CONTEMPORANEA IN ITALIA E IN AMERICA CHE PROSEGUE SUL SITO INTERNET WWW.LEVEL26.COM CON VIDEO E STRUMENTI INTERATTIVI. Level 26 ha per protagonista l'agente speciale Steve Dark, il massimo esperto nell’analisi della scena del crimine in forza a un dipartimento segreto del Governo degli Stati Uniti, sulle tracce di un assassino talmente efferato che la polizia ha istituito un nuovo livello di classificazione appositamente per lui.
Questo è un digi-thriller, ossia una storia da leggere, guardare e cliccare, perché come tutti i libri si può leggere ovunque... ma oltre le pagine scritte ci si può immergere a un livello più profondo. Infatti, ogni venti pagine circa, il libro fornisce una password per accedere al sito Internet www.level26.com e sbloccare i «cyber-bridge»: filmati di tre minuti interpretati da attori di fama internazionale. I personaggi prenderanno vita e i particolari della scena del crimine balzeranno fuori dal monitor. Level 26 non è semplicemente un romanzo da leggere. È un’esperienza da vivere. L'evento di presentazione sarà ripreso e trasmesso on line dalle 18,30 sul sito Internet www.streading.it. Attraverso il Web tutti potranno assistere e partecipare in diretta e gratuitamente al reading organizzato dalla casa editrice e all'anteprima dei contenuti esclusivi. Il video della serata resterà disponibile successivamente all'evento nella sezione on demand del sito.
Lunedì 21 settembre 2009, h. 18.30 presso lo Spazio Eventi Mondadori Multicenter in Piazza Duomo 1 a Milano. Modera l'incontro Piero Colaprico. Con la partecipazione di Marco Zamperini

lunedì 14 settembre 2009

Il libro del giorno: Amore mio ti odio di Daniela Di Battista (Agra, collana Zines)

La coppia è il luogo in cui l’unione di un uomo e di una donna si dipana in un universo affascinante e variegato di gioie e difficoltà, piaceri e incomprensioni. La moglie che soffoca il marito di domande o accuse, l’uomo che manifesta smodatamente il proprio “machismo” sulla donna, i sensi di colpa instillati quotidianamente, i piccoli ricatti psicologici di tutti i giorni, lo sminuire il senso di capacità del proprio partner; questi sono solo alcuni dei segnali di un aggancio nevrotico. Quante volte abbiamo osservato questi segnali nelle coppie intorno a noi, o nella nostra stessa coppia? Il libro affronta questo fenomeno sulla base di numerose esperienze di psicoterapia, rendendone chiara la dinamica e fornendo un tracciato di suggerimenti e consigli per rompere l’aggancio nevrotico e uscire da una relazione di coppia dove l’amore è in trappola. L’autore Daniela Di Battista è psicologa e psicoterapeuta specializzata in terapia cognitivo comportamentale individuale e di coppia. Da oltre vent’anni opera nel settore pubblico e privato, ha effettuato docenze in comunicazione presso cliniche e ospedali ed è autrice di numerose pubblicazioni sulla riabilitazione motoria e funzionale.

"Questo libro è per tutti coloro ed è quindi dedicato, per espresso desiderio dell'autrice, a tutti coloro che hanno bisogno di sentirsi amati e hanno bisogno di amare incondizionatamente perchè sono i più esposti a trovare partners pericolosi, incapaci di dare affetto e potenzialmente portatori di un aggancio nevrotico"

di Antonella Colombo tratto da Leggere:tutti settembre 09, p. 44

casa editrice Agra: http://www.agraeditrice.com/ita/index.php

UN UN EBREO GARIBALDINO di Joseph Marcou-Baruch (BFS). Rec. di Angelo Petrelli

Il "garibaldinismo", fenomeno ampiamente studiato e analizzato, continua ad arricchirsi d’interessanti contributi critici basati sulla connessione tra i rapporti ideologici, religiosi e psicologici che ne hanno alimentato la storia. Edito dalla pisana BFS, “Un ebreo garibaldino” è una lodevole edizione degli “Appunti di un garibaldino” di Joseph Marcou-Baruch. Il testo, per la prima volta tradotto in italiano dall’originale in francese, è curato da Valentina Vantaggio, studiosa che collabora con le cattedre di Storia delle relazioni internazionali e Storia dell’ebraismo dell’Università del Salento. Marcou-Baruch, nato a Costantinopoli da famiglia ebraica nel 1872 e nipote di un rabbino ashkenazita, visse un’avventurosa quanto coraggiosa esistenza. Dotato di una personalità complessa e volubile (per non dire fragile), affascinato dai moti risorgimentali, partecipò alla lotta per la causa ebraica e alla cosiddetta “lotta per le nazioni” in nome di quello spirito di fratellanza internazione derivante dalla rivoluzione francese che mirava “all'autodeterminazione dei popoli”, pur con la particolare ambizione, come ebreo, dell’affermazione del movimento sionista. In occasione della guerra greco-turca, alla quale prese parte tra i volontari guidati da Ricciotti Garibaldi (secondogenito dell’Eroe dei Due Mondi), Marcou-Baruch scrisse gli “Appunti di un garibaldino”. Morto suicida a Firenze alla giovane età di ventisette anni (nel 1899), disperato a causa della fine del fidanzamento con l’italiana Maria Rabenazza, è considerato uno dei personaggi più interessanti apparsi sulla scena ebraica ottocentesca. L’edizione ora pubblicata è introdotta da Maurizio Antonioli, docente di Storia contemporanea dell’Università Statale di Milano. Con queste poche parole, Marcou-Baruch esprime i suoi ideali e le motivazioni che lo spinsero nel 1897 a recarsi ad Atene per combattere a favore dell’autodeterminazione ellenica della penisola: «Non si tratta ora della Grecia soltanto; si tratta piuttosto di un principio, quello della libertà dei popoli in oriente. Se anche morissi in Grecia, sarebbe per l’oriente libero e nell’oriente libero il giudaismo è compreso». Gli “Appunti di un garibaldino” narrano le vicende storiche, quelle personali e intime dell’autore accadute durante il soggiorno nel Pireo. L’agile volume (117 pagine, 10 euro) raccoglie i discorsi e le riflessioni del giovane ebreo concernenti la quotidianità della compagnia di garibaldini e il suo amore per gli ideali di libertà presenti nel giudaismo.

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domenica 13 settembre 2009

Frammenti di un interno - romanzo anomalo di Vito Antonio Conte (Luca Pensa editore). Rec. di Silla Hicks



















Quando ti riesce di scrivere qualcosa di buono, non è perché la gente ne parla o vinci un fottutissimo premio. È perché quando lo leggono indovinano chi sei, o almeno ci provano: per questo, a parte Marcel, non credo ci siano persone che possano raccontare chiuse nella propria stanza di cose che non hanno mai visto, perché non le posseggono, e allora tutto suona stonato e falso, per quanto apparecchiato bene. Mi spiego: chi prova a scrivere, e lo fa seriamente – che ci riesca o no, è un discorso a parte – apre una finestra su di sé, prima che sulla storia. Se hai il tempo e la voglia di guardarci dentro, in controluce vedi l’autore com’è veramente, impietosamente, magari, come un cadavere livido sotto il neon dell’anatomopatologo. Vedi un gigante goffo e miope con la maglietta dei Red Sox, nelle pagine più riuscite di IT. Un signore straniero con una buffa barbetta a punta innamorato degli Uffizi, tra quelle dell’Incantatrice di Firenze. Una donna magra e disperata che vorrebbe un’altra vita e un altro corpo che non le siano entrambi prigione, straziata dietro l’ineffabile sorriso di fenice di Orlando.
In alcuni casi è più facile. Ci sono quelli come Hemingway, che raccontano la propria vita e le proprie storie – la guerra civile spagnola, la Parigi di Picasso e della regina Stein - per quelle che sono. Altri, come Roth, che ne prendono spunto e basta. Ma dietro c’è sempre qualcuno che scrive in quel modo e dice quelle cose perché sa di che sta parlando.
Altrimenti, è aria fritta. Non c’è immaginazione che tenga, se manca l’esperienza, se non si hanno i calli sulle dita. L’ immaginazione è solo un velo, e non può separarci dal nulla.
Per questo, questi frammenti di un romanzo mi restano impigliati, anche adesso che il libro l’ho chiuso.
Non è tanto la storia – a metà tra indagine e diario – ma il modo in cui è scritta, tra Herzog e Gadda, visionaria ma intrisa di tecnica esperienza, insieme Fitzcarraldo e la Meccanica, in cui il quotidiano si mescola inconsapevolmente alla storia che racconta, e ci sono canti in latino dentro cattedrali di pietra e termini come “anatocismo”, che sarebbe un sistema illegale di calcolo d’interesse, m’ha detto Luca, che fa il direttore di banca.
Non si leggono alla leggera, queste 114 pagine in pitch 12, come i racconti dell’Adalgisa che devi seguire il rigo per non perderti la parola chiave, non è il cut off di Burroughs – non ancora? - ma questo signore l’ha letto eccome, Burroughs, e si vede, come si vede che si suda ogni frase, che se la gira e rigira prima di lasciarla com’è.
Premetto: non è un giallo, non so se voleva esserlo, ma non è questo, questo libro, quanto piuttosto un train de vie, immaginifico e insieme concreto, perché questo signore non è uno che può permettersi di scrivere e basta, e se lo porta dietro, si porta dietro il suo lavoro normale, le sue giornate normali, e senza di questo non ci sarebbe storia.
E così vaffanculo se non tutto è credibile, vaffanculo se non si resta col fiato sospeso sulle tracce del serial killer e persino se l’impaginazione tirchia ha ridotto a sbarre gli a capo di pagina 90 e 91 ché la prosa poetica avrebbe meritato, perché io non capisco un cazzo di metrica, ho fatto 4 anni all’Istituto d’arte e mi guadagno da vivere con la patente, ma dentro queste righe c’è il ritmo di Capossela.
Può darsi che il 13 febbraio 2005 non sia successo niente, ma non ci credo, o forse è successo ma non in quella data, non lo so, in fondo uno scrittore s’inventa anche le cose che vive. Come so che “quella donna” c’è stata davvero, non avevi bisogno di precisarlo, c’è stata davvero e ci sarà a vita, ovunque andrai, perché nessuno che l’abbia incontrata può riuscire a scordarsela: al massimo, può sperare che l’ignori, e stare lontano dalle luci di Samarcanda.
Io, che non ho il tuo né nessun altro dio che mi abbracci, che l’ho incontrata a 17 anni e dopo cercata tante volte senza che si facesse trovare, ho smesso di crederci fino a degradarla ad interruttore, ma io sono un amante tradito che per sopravvivere deve smontare pezzo per pezzo lo sguardo in cui vorrebbe annegare, e anche se con una donna – per me, l’unica –non ci sono riuscito, con “quella donna” ho fatto un buon lavoro.
Ma questa è un’altra storia.
Quello che so, è che anche tu l’hai vista, e che ci sono cose che solo chi l’ha viste le può raccontare. Prima che vadano perdute, come lacrime, nella pioggia.

Quella donna e altre cose. FRAMMENTI DI UN INTERNO – ROMANZO ANOMALO DI VITO ANTONIO CONTE. Letto da Silla Hicks)

fonte iconografica: www.lucioangelini.splinder.com/archive/2007-11

Anteprima: Buio - My Land di Elena P. (Fazi editore) dal 2 ottobre 2009

Ciao. Il mio nome è Alma, ho diciassette anni. E queste sono le poche certezze che ho, in questa città velenosa che sembra impazzire. Un’altra certezza: sorrisi e lacrime possono essere molto pericolosi se lasciati fuori controllo. Me lo ripeto ogni mattina, quando esco di casa per affrontare la Città sotto il cielo grigio, con in spalla il mio zaino viola.
Tutto ciò che mi piace è viola. Come la copertina del quaderno che ho comprato in una strana cartoleria del centro, pochi giorni prima che tutto avesse inizio e che la mia vita cominciasse a scivolare in un assurdo incubo senza fine. E gli occhi di Morgan, anche quelli sono viola…
Gli eventi non sono mai coincidenze, i segni di cui è disseminata la nostra vita non devono mai essere ignorati. Anche la più piccola disattenzione presenta il suo conto, sempre. La mia storia ne è una prova.
Buio è il primo capitolo della trilogia My land, in libreria dal 2 ottobre 2009; ma vi avverto: non è una favola.

sabato 12 settembre 2009

Il libro del giorno: Il rosso e il blu di Marco Lodoli (Einaudi)

Marco Lodoli non è soltanto uno scrittore, ma anche un insegnante, un professore nelle scuole superiori. Ogni giorno, in presa diretta si incontra e scontra con la scuola, con gli studenti e con il difficile e appassionante mestiere di insegnante. In Il rosso e il blu abbandona la finzione narrativa e, attraverso brevi ma folgoranti osservazioni, affronta i molti «cuori ed errori» che sono disseminati nella scuola italiana, e di cui è testimone quotidiano, esprimendo cosí il suo punto di vista sui tanti temi che entrano nel dibattito pubblico sull'educazione scolastica e i giovani di oggi: dal momento topico dell'esame di maturità alla piaga emergente del bullismo; dalla straniante e defatigante esperienza delle gite di classe al problema della droga. Dall'angoscia degli studenti per il loro futuro, alla sintonia magica che talvolta si crea con il loro professore. Si delinea cosí un percorso mai scontato, dove la chiarezza espressiva è contemperata dalla profondità di giudizio. Gli errori della scuola sono solo un aspetto della questione. Non avrebbero senso e importanza, se dietro di essi non ci fosse la passione, insomma i cuori. «La scuola elementare Ugo Bartolomei di via Asmara a Roma, tra il 1962 e il 1967, una vita fa: e infatti quando provo a resuscitare nella memoria quel tempo trovo pochi frammenti che fatico a collegare. Ma la maestra Greco, prima e seconda, e il maestro Castelli, dalla terza alla quinta, me li ricordo bene, sono le prime persone che mi hanno insegnato a non piangere (non so perché, ma avevo la lacrima facilissima, tutto mi turbava), a tenere in ordine le mie cose, ad ascoltare, a fare fino in fondo il mio dovere. Era un mondo silenzioso, completamente diverso da quello dei bambini di oggi, smaniosi e strepitanti. La maestra Greco dettava e io scrivevo, cercando di non commettere il minimo errore perché non dovevo deluderla. Il maestro Castelli spiegava a lungo la matematica, e io stavo attento, incolonnavo, risolvevo tutti i problemi. Mi chiamavano Lodoli, erano severi, esigenti, malinconici: sapevano ogni cosa, tutti i fiumi d'Italia, tutte le capitali, tutta la storia romana, e io pensavo che fossero immortali».

"Il rosso e il blu raccoglie, amplia e integra una serie di interventi che Marco Lodoli ha fatto sulla carta stampata dal fronte della sua cattedra: compreso quello - famosissimo e ispiratore di una canzone dei Baustelle - sui pantaloni a vita bassa e sulla rassegnazione (oggi solo pochissimi possono permettersi di avere una personalità) della studentessa che li indossava"

di Loredana Lipperini tratto da Almanacco dei libri de La Repubblica del 12/09/09 p. 44

casa editrice Einaudi: http://www.einaudi.it/

Sesso, scarpe e pesciolini di Fabio Brigazzi (EdizioniAnordest)

La scoperta del sesso vero, trasgressivo e senza limiti di una cinquantenne in carriera, con sulle spalle un rapporto ormai stanco, grigio e prevedibile con il proprio coniuge. Una donna all’apparenza spenta e senza più pulsioni sessuali che troverà invece , spinta anche dalla curiosità femminile, la forza e il coraggio di affrontare prove erotiche sempre più ardite e imprevedibili. Sarà il suo Pigmalione, che il destino le metterà sulla strada, a forgiarla e farla così divenire frutto della propria immagine e creatività, fino a superare addirittura il suo maestro e mentore , anche grazie alla sua nuova intraprendenza e femminilità. Un libro dove il sesso è protagonista inteso come un gioco ma non più come un “affaire” lercio ed immorale. Senza tabù, regole e restrizioni e praticato per il proprio piacere e di chi le sta accanto, a chi gusterà come frutto proibito le pagine di quest’opera verrà presentato un percorso difficile, che forse non tutti condivideranno, ma che porterà la protagonista a tirar fuori le sue fantasie erotiche e andare oltre i limiti imposti dalla morale e dalla sua rigida educazione. Marina proverà e “sentirà” quello che mai e poi mai, avrebbe lontanamente immaginato… E che il lettore non si lasci trarre in inganno dall’età della protagonista, perchè nel libro troverà anche le sue voglie e fantasie... Scrive Tinto Brass nella prefazione al volume: “Ciò che mi ha maggiormente -e positivamente- incuriosito in “Sesso, scarpe e pesciolini”, è l’età della protagonista: cinquant’anni. Un’età che, salvo il caso di diari autobiografici, è più che canonica per l’eroina di un romanzo erotico, con il rischio di relegarla automaticamente se non fuori tempo massimo, almeno borderline, ai confini della menopausa, fra le donne che, anche se ancora belle e desiderabili, l’industria culturale impietosamente bolla, per dirla con il brutale pragmatismo dei tycoon americani, come “no more fuckable!”. E invece Marina è “still very fuckable!”. E il romanzo non è affatto un diario autobiografico! Ancorché la protagonista si racconti in prima persona, è in realtà la penna di Fabio Brigazzi, il grimaldello espressivo con cui scassinare lo scrigno della libido più intima, il passepartout psicologico per penetrare nel caveau dei desideri più segreti e vergognosi, il deragliatore ideologico grazie al quale smascherare gli eterni inganni che i corifei della Dignità e del Sentimento, ci hanno per troppo tempo e con troppe bugie propinato. La penna di un autore schierato decisamente con la cultura più avvertita e moderna, quella per intenderci che riconosce valenze estetiche non solo all’erotismo ma anche alla pornografia definisce le donne come Marina, in preda a le demon du midi”. Invece fuori dalle pagine dei libri a Johannesburg, in Sudafrica, dal 1 al 4 ottobre 2009 , per gli “amanti del genere” si aprirà Sexpo al Gallagher Centre per serate un po’ speciali dove ci saranno sia divertimenti xxx che quelli meno hard dallo strip poker alla lap dance: madrina d’eccezione la pornostar Claudia Rossi.

venerdì 11 settembre 2009

Ergo Sum 09. La Notte Bianca a Galatina













Piazza Orsini del Balzo


* Incontro con l'autore: Pierluigi Mele presentazione del libro Da qui tutto è lontano, intervento di Stefano Donno |ore 21.00
* Incontro con l'autore: Giuse Alemanno presenta Le vicende notevoli di Don Fefe |ore 21.30
* Reading: Walter Spennato presenta Sex in the freezer (poesie erotiche & omicidi del cazzo), con Francesco del Prete al violino | ore 22.00
* Reading: Claudia Kholl legge La notte della fuga di Donatella Parisi , con Ugo Bentivegna e Jhan Marie Nirema - Introduce Laura Marchetti |ore 22.30
* Incontro con l'autore: Salvo Sottile presentazione del libro Più scuro di mezzanotte - Modera Marco Renna |ore 23.30
* Incontro con l'autore: Vladimir Luxuria presentazione del libro Le favole non dette - Introduce Laura Marchetti | ore 00.30

Piazza dell'Orologio

* Omaggio a Carmelo Bene - Proiezione Lectura Dantis - Proiezione Quattro Diversi modi di morire in versi
* Dibattito: intervengono Rino Maenza, Gigi De Luca | ore 21.30
* Incontro con l'autore: Marcello Veneziani presentazione del libro Sud - Modera Marco Renna | ore 22.30
* Incontro con l'autore: Franco di Mare presenta il libro Il cecchino e la bambina - Modera Ilio Palmariggi | ore 23.00
* Incontro con l'autore: Roberto Muci presenta il libro L'Islam in Italia - Intervengono Roberto Muci e Giulio Giordano, Maria Rosaria De Lumè|ore 23.30
* Incontro con l'autore: Raffaele Gorgoni presenta il libro Communism Bed and Breakfast ed altre storie|ore 0.30
* Da Mille soli di Dominique Lapierre reading di Beppe Convertini con Olivia Palmieri musiche di Gabriel Chami|ore 1.00

ALTRI VERSI di Elio Ria (Lupo editore). Rec. di Angelo Petrelli

Pubblicato dall’editore di Copertino “Lupo”, “Altri versi” di Elio Ria è un’interessante raccolta poetica. Il libro si apre con questi versi: “le mani sudano speranza oltre la ragione, e / gli occhi pietrificano nella clausura del dubbio / nella stanza ovattata della memoria” (p. 5).
Partendo dalla “clausura del dubbio”, la poesia di Elio Ria percorre fino in fondo la strada dell'irrequietezza spirituale dell'uomo contemporaneo. Se possiamo definire questa una “poesia metafisica” e filosofeggiante, altrettanto semplice sarà comprenderne la motivazione più intima: attraverso l’invocazione e la preghiera, così come l’immaginario biblico propone con la figura del profeta Isaia (nel sogno di Isaia la preghiera è rappresentata da una scala tra terra e cielo) la realtà del vivere quotidiano diventa una continua ricerca di sé in senso morale, prerogativa tanto cara alla letteratura del secolo scorso e in aperta polemica con il nichilismo etico del mondo contemporaneo. Scrive Ria: “senz’anima in un cielo sciupato / incompleto e disadorno / arranco in controverse verità / Edulcoro la realtà / invento dogmi immateriali / disperdo nella follia il limite” (p. 12).
Oppure: “ho messo piede nel bosco / il cuore strozzato dall’angoscia / rendeva il cammino incerto / ho provato con le mie mani lunghe / ad accarezzare i rami muscolosi / degli alberi fieri ma sonnambuli / in quel mondo di quiete / io sulla barella dell’urgenza / rinsavito dal profumo pungente / ho ceduto il sonno per la vita” (p. 26). Ora, sul piano tecnico, i versi proposti da Elio Ria non possono definirsi di certo originali, ma dimostrano di possedere la sufficiente solidità stilistica per essere letti e apprezzanti. Elio Ria è nato a Tuglie (Le) nel 1958. Ha in precedenza pubblicato altri lavori, tra cui ricordiamo la raccolta poetica “La mia solitudine” (Kimerik, 2007).

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"Le cronache di Saint-Germain" di Chelsea Quinn Yarbro (Gargoyle Books)

Il libro. Nei suoi quattromila anni di non-morte il vampiro gentiluomo Conte di Saint-Germain ha conosciuto nobili e straccioni, artisti e mercanti, valorosi guerrieri e abietti traditori e, soprattutto, tante donne, tra le più belle del mondo. Lo abbiamo seguito nelle sue peregrinazioni tra la Roma imperiale, la Firenze medicea, l'Asia di Gengis Khan e la Monaco pre-nazista. Nella raccolta Le cronache di Saint-Germain ben sei scenari si schiudono al lettore in un crescendo di suspense e suggestione: una riunione di aristocratici sullo sfondo della Londra edoardiana, un antico maniero dietro le linee nemiche durante il secondo conflitto mondiale, un resort in Colorado dove si nasconde un ambiguo omicida, un viaggio in aereo per New York, lo svolgimento di movimentate lezioni di alchimia nella Padova trecentesca. Le cronache di Saint-Germain è il sesto titolo del ciclo di Saint-Germain: pubblicata per la prima volta nel 1983 in edizione paperback, l'antologia ha ottenuto un ottimo successo di vendite, tanto da essere più volte ristampata e da venire opzionata per il cinema. La raccolta viene proposta per la prima volta ai lettori italiani con l'aggiunta del racconto lungo "Saint-Germain a Padova", scritto dalla Yarbro a seguito del book-tour compiuto nel 2006 nel nostro paese: ospite del Comune della città patavina, nell'ambito di un'iniziativa dedicata all'horror intitolata "Quando il genere ha la G maiuscola", la scrittrice si era, infatti, impegnata ad ambientarvi una delle future avventure del conte di Saint-Germain. La promessa è stata finalmente mantenuta e il racconto in questione è uno splendido affresco della Padova del XIV secolo nonché un omaggio al suo antico ateneo, che affronta la sempre attuale questione della difficile conciliazione tra le finalità del potere spirituale e quelle del progresso scientifico.

L'autrice: Nata a Berkeley (California) nel 1942, Chelsea Quinn Yarbro è definita unanimemente "la regina dell'horror storico" per via della poderosa e accurata documentazione che accompagna ogni suo libro. La saga di Saint-Germain è la più longeva e prolifica serie horror che, cominciata nel 1978, conta attualmente più di venti titoli ed è tradotta in oltre venti paesi. Per la scrittrice californiana il vampirismo diventa la modalità per fare della suggestiva divulgazione storica, così che il suo Saint-Germain interagisce in maniera credibile con personaggi (famosi e non) appartenenti a epoche sempre diverse. Particolarmente efficace nella saga, in tal senso, l'escamotage di intervallare la narrazione con lettere, dispacci, editti, petizioni, proclami, ordini militari funzionali a inserire la trama in una precisa cornice storica, politica e sociale ben precisa. Il conte François Ragoczy di Saint-Germain è un vampiro millenario ispirato alla figura di un nobile alchimista boemo realmente vissuto durante l'Illuminismo. Lo stereotipo del vampiro assetato di sangue e avvolto da un alone di raccapriccio ed efferatezza viene completamente rovesciato: il conte è un gentiluomo sofferente per l'isolamento a cui la sua natura lo costringe, desideroso di riscattare la sua condizione e, soprattutto, amico e amante delle donne, che hanno sempre un ruolo da comprimarie nella saga e sono rappresentate in modo forte e indipendente. La Yarbro ha scritto oltre settanta romanzi e un numero imprecisato di racconti e saggi, inoltre vanta numerose collaborazioni per il cinema. Per i tipi Gargoyle Books sono usciti Hotel Transilvania (2005), Il palazzo (2006), Giochi di sangue (2006), Il sentiero dell'eclissi (2007), Un destino di sfida (2008).
http://www.chelseaquinnyarbro.net/

Da Le cronache di Saint-Germain:«Ma se lei è un vampiro.» iniziò a dire Lorpicar [.] «Non vuol dire nulla. Qualunque obbligo io possa avere nei confronti di quelli del mio sangue, non si estende a chi uccide [.] Lei è una vergogna per la nostra specie. È a causa sua e di quelli come lei che tutti noi siamo stati cacciati, braccati, uccisi [.] Persino da giovane, quando abusavo del potere della vita-nella-morte, ne ho compreso in fretta la follia» (Da "Baita 33")

Chelsea Quinn Yarbro sul conte di Saint-Germain:Quando nel 1972-73 cominciai a sviluppare l'idea di un ciclo di romanzi su Saint-Germain, non intendevo tratteggiarlo come un vampiro. Tuttavia quanto più leggevo su di lui, tanto più mi convincevo che il mio vampiro era già bello e pronto. Alto meno di un metro e settanta, vestiva quasi esclusivamente di bianco e nero, molto di rado mangiava o beveva in pubblico (anche se organizzava cene stravaganti), gli venivano attribuiti arcani poteri, affermava di avere da due a quattro millenni di età, era un poliglotta che aveva viaggiato molto, era assai colto e fu un mecenate delle arti: era insomma un mistero vivente.

Gargoyle Books, presenta "Le cronache di Saint-Germain" di Chelsea Quinn Yarbro
Traduzione di Flora Staglianò. Dal 3 settembre 2009 in libreria

giovedì 10 settembre 2009

Alessandra Pierelli al Grifone di Lecce















"Non stare a lungo lontano da me se non vuoi che il ricordo invada tutto e non lasci più posto alla presenza. Ormai ti vedo spesso sotto gli alberi"
(Frank Wilcock)

Giovedì 10 settembre 2009, alle ore 21,00, la Galleria "Il Grifone" di Monica Taveri apre al mito con l'inaugurazione della mostra "La stanza di Eco" di Alessandra Pierelli, visitabile fino al 20 settembre. É la ninfa Eco che fa il suo ingresso. Chiede solo di amare. Insegue Narciso, figlio di Liriope, che fu sedotta dal fiume Cefiso una mattina mentre faceva il bagno nuda. Ma Narciso ha amore solo per se stesso. É disperata Eco. La sua passione si trasforma in dolore, e come un vecchio olivo, si consuma dal di dentro, fino a sparire del tutto. É capace di ripetere solo l'ultima sillaba che ascolta. Di lei aleggia nell'aria solo il suono. E anche Narciso, incapace di muoversi dalla fonte per non perdere di vista la propria immagine, si consuma lentamente finché al suo posto non rimane che il pallido fiore che porta il suo nome. L'amore non è materia di racconto se non è contrastato e doloroso. Il rifiuto di Narciso, la sua lontananza, diventano ossessione che tormenta la vita di Eco. Nell'asimmetria del sentimento si sviluppa la tensione affettiva che è la certezza dell'amore. Alessandra Pierelli coglie la fragilità umana che è nella storia di Eco e Narciso e la conduce in una stanza come indice di bellezza e di amore, come un fiore colto da un campo che non ci darà i suoi frutti ma che ci lascerà il suo profumo da assaporare in fretta. La sua seta, distillato di amore, si tradurrà in suono, svuotata della bellezza che scivola via, perché il tempo è corruttore, mortifica le carni e prende tutto per sé e lo depone sul suo carro alato. Le resine variopinte di Alessandra Pierelli sono testimoni silenziose di tutto quello che, in quella stana, è accaduto e ancora accade. Ci piace pensare che nel luogo d'arte di Monica Taveri, in questi giorni, si torni ad ascoltare Eco con il suo ultimo invito rivolto a chi, come noi, ha urgenza d'amore: Amore…ore…ore…ore…...

Alessandra Pierelli, anconetana, ha frequentato l'Accademia di Brera e successivamente il corso International Art School di Montecastello di Vibio.
Ha esposto in numerose mostre ed ha collaborato con Alvin Held Jacob e Giorgio Bonomi. Dopo gli studi presso L'Accademia del Superfluo di Roma, si è specializzata in decorazione e trompe l'oeil.

GALLERIA "IL GRIFONE", Via Palmieri, 20 a Lecce
Giovedì 10 settembre 2009 - Ore 21,00 presenta "La stanza di Eco"di Alessandra Pierelli a cura di Alessandro Turco, Ambra Biscuso, Monica Taveri

La canzone di Marinella di Fabrizio De Andrè: tra fiaba e poesia. Intervento di Maria Beatrice Protino



















«La Canzone di Marinella non è nata per caso, semplicemente perché volevo raccontare una favola d’amore. È la storia di una ragazza che ha perduto i genitori, una ragazza di campagna dalle parti di Asti. È stata cacciata dagli zii e si è messa a battere lungo le sponde del Tanaro, e un giorno ha trovato uno che le ha portato via la borsetta dal braccio e l’ha buttata nel fiume. E non potendo fare niente per restituirle la vita, ho cercato di cambiarle la morte» racconterà De Andrè in un’intervista.
Si trattò, quindi, di un fatto di cronaca letto su un giornale locale, probabilmente relativo all’omicidio di una prostituta colpita con sei colpi di pistola e il cui corpo fu gettato in un fiume.
Pur così atipica nei toni rispetto le altre composizioni del cantautore, nondimeno il brano segna innegabilmente la svolta per De André in fatto di popolarità: l'interpretazione della ballata da parte di Mina nel 1967, ben tre anni dopo la prima incisione della canzone, lo porta, infatti, alla notorietà a livello nazionale.

Lui che non ti volle creder morta/bussò cent'anni ancora alla tua porta

La protagonista della ballata è una ragazza che, dopo aver trovato l'amore, muore in circostanze misteriose. I toni del brano sono lievi, fiabeschi, pieni di immagini e colori, a volte apparentemente lontani dal tipico realismo di Fabrizio e la semplicità dei giri d'accordi e delle rime baciate contribuisce a creare un'atmosfera magica e rarefatta: una ragazzina che parlava d'amore e che, “come un ragazzo segue l'aquilone”, si lascia andare ai “baci” del suo “re” dal rosso mantello con il “sole negli occhi belli”.
Subito, però, la tragedia: lei scivola nel fiume e lui, che non volle credere alla sua morte, “bussò cent’anni ancora” alla sua porta, continuando ad amarla per l’intera vita. Ecco, dunque, l’intervento del poeta e dell’artista: la sublimazione della storia e la creazione della fiaba, che fa perdere ogni connotazione temporale, e dei suoi personaggi, con la loro dirompente carica di umanità, inquietudine e disperazione.

«Ho tentato un affresco sulla miseria dell'uomo che è un invito alla pietà, alla fraternità» (De Andrè)

Alla fine degli anni Sessanta il cantautore genovese compone il sontuoso concept-album "Tutti Morimmo A Stento" (1968) in cui il senso del tragico che aveva sempre ispirato le sue opere raggiunge la sua apoteosi: un viaggio in un girone dantesco della desolazione umana, tra drogati, condannati a morte, fanciulle traviate e bambini sconvolti in cui trova spazio anche “La canzone di Marinella”: l’argomento comune è quello dell’emarginazione e della morte psicologica, morale, mentale; il linguaggio scelto è tipico di un poeta non allineato, che ricorre all'ironia e del sarcasmo per denunciare l'ipocrisia e la vigliaccheria; è un disperato messaggio di libertà e di riscatto contro "le leggi del branco" e l'arroganza del potere; è uno sforzo per nobilitare la miseria umana attraverso la poesia e la fiaba.

Il libro del giorno: Carlo Formenti, Se questa è democrazia. Paradossi politico-culturali dell’era digitale. (Manni)

La crisi della democrazia rappresentativa e lo sviluppo di nuove forme di partecipazione dal basso attraverso Internet sono due processi che, in barba alle previsioni dei profeti della “democrazia elettronica”, sembrano progredire parallelamente, senza trovare un punto di convergenza. La tesi proposta in questo libro è che le cause non vanno cercate solo nella resistenza della casta politica nei confronti di un medium che ne mette in discussione il monopolio professionale: il vero problema è che la cultura di Internet esprime una vocazione “impolitica”. L’interesse dei “cittadini della Rete” si concentra sulla democratizzazione dell’economia e sulle relazioni personali più che sulla politica, la quale viene vissuta come ostacolo alla libera evoluzione della tecnica, del mercato e di nuovi stili di vita, più che come arena in cui impegnarsi per promuovere gli interessi della società civile. La diffusione dei nuovi media favorisce inoltre la tendenza alla privatizzazione dello spazio pubblico, alimentando l’illusione che si possa fare a meno della politica. Un’illusione che non solo non contribuisce a indebolire il potere politico, ma ne determina l’imbarbarimento, favorendo derive carismatiche e populiste.

"Come sottolinea Carlo Formenti in Se questa è democrazia (Manni, 174 pagine, 17 euro), Internet è piuttosto un laboratorio per rivendicazioni di diritti individuali, che manifestano più una privatizzazione della sfera pubblica che una politicizzazione di quella privata. Le pulsioni anarco-libertarie, trovano, invece, appeal in neo-populismi, anche di sinistra (Grillo e Di Pietro), o in derive tv, come nel caso di Vladimir Luxuria al reality show l’Isola dei famosi."

di Renato Faben tratto da Il Messaggero del 16/03/09

casa editrice Manni: http://www.mannieditori.it/index_x.asp

mercoledì 9 settembre 2009

Bel-Ami edizioni di Roma organizza corsi per l'editoria professionale




















Da domenica 13 settembre a domenica 25 ottobre, la Bel-Ami Edizioni organizza a Roma una serie di corsi dedicati all’editoria professionale. Dal corso di traduzione letteraria alla correzione di bozze, da come leggere un contratto di edizione ai corsi di editing e di promozione editoriale, tutti gli incontri sono finalizzati a offrire ai partecipanti gli strumenti necessari per muovere i primi passi nell’editoria. Un percorso indispensabile anche per tutti coloro che desiderano consolidare le proprie conoscenze professionali per entrare a far parte di redazioni di case editrici e per chi desidera collaborare con agenzie letterarie e altre strutture editoriali.

I corsi, rivolti a gruppi di max 12 partecipanti, si svolgeranno a Roma presso la libreria “Il Mattone” in Via Bresadola 12/14 (zona Tor de’ Schiavi), secondo il seguente calendario:

* 13/09/09 - La traduzione letteraria inglese (con Emily Magliozzi)
Orario: 10.30 - 13.30 e 14.30 - 17.30 / Costo €100,00 + IVA
Scadenza iscrizioni: 07/09/09
* 20/09/09 - La correzione di bozze (con Amalia Maria Amendola)
Orario: 10.30 - 13.30 e 14.30 - 17.30 / Costo: €100,00 + IVA
Scadenza iscrizioni: 14/09/09
* 25/09/09 - Il contratto di edizione (con Avv. Fabrizio Macrì)
Orario: 18.00 - 20.00 / Costo: gratuito
Scadenza iscrizioni: /
* 04/10/09 - La promozione editoriale (con Sarah Bonciarelli)
Orario: 10.30 - 13.30 e 14.30 - 17.30 / Costo: €100,00 + IVA
Scadenza iscrizioni: 28/09/09
* 11/10/09 - La correzione di bozze (con Amalia Maria Amendola)
Orario: 10.30 - 13.30 e 14.30 - 17.30 / Costo: €100,00 + IVA
Scadenza iscrizioni: 05/10/09
* 18/10/09 - Il mestiere dell’editor (con Paolo Satta)
Orario: 10.30 - 13.30 e 14.30 - 17.30 / Costo: €100,00 + IVA
Scadenza iscrizioni: 12/10/09
* 23/10/09 - Il contratto di edizione (con Avv. Fabrizio Macrì)
Orario: 18.00 - 20.00 / Costo: gratuito
Scadenza iscrizioni: /
* 25/10/09 - La correzione di bozze (con Giammarco Cardillo)
Orario: 10.30 - 13.30 e 14.30 - 17.30 / Costo: €100,00 + IVA
Scadenza iscrizioni: 19/10/09



Per maggiori informazioni è possibile contattare l’Area Formazione della Bel-Ami Edizioni all’indirizzo e-mail formazione@baedizioni.it

Il libro del giorno: Indignazione di Philip Roth (Einaudi)

È il 1951 America, il secondo anno della guerra di Corea. Marcus Messner, un giovane serio, studioso e ligio alle leggi, di Newark, New Jersey, sta cominciando il secondo anno di università in un campus rurale e conservatore dell'Ohio: il Winesburg College. Perché ha deciso di frequentare il Winesburg invece del college della sua città, a cui si era inizialmente iscritto? Perché il padre, il risoluto e laborioso macellaio del quartiere, pare impazzito: impazzito per la paura e l'apprensione di fronte ai pericoli della vita adulta, ai pericoli del mondo, ai pericoli che vede incombere a ogni angolo sul suo amato figliolo. Come spiega al figlio la longanime madre messa a dura prova dal marito, è una paura che nasce dall'amore e dall'orgoglio che il padre prova per lui. Ciò non toglie che Marcus covi una rabbia troppo grande per poter ancora sopportare di vivere con i genitori. Li abbandona e, lontano da Newark, nel college del Midwest, si deve districare fra le consuetudini e le repressioni di un altro mondo americano.

"Come dice il titolo, Roth esprime una dolente e rabbiosa indignazione di fronte a una vita sprecata e tradita. L'amarissima morale è affidata alla battuta finale del libro.secondo cui il protagonista non è riuscito a comprendere il terribile incomprensibile modo in cui anche le scelte più accidentali, più banali, addirittura più comiche producono gli esiti più sproporzionati"

di Antonio Monda tratto da La Repubblica del 9/09/09 p. 45

casa editrice Einuadi: www.einaudi.it

Indignazione di Philip Roth, 2009, 136 p., rilegato, traduzione a cura di Gobetti N.
Editore Einaudi (collana Supercoralli)

Melodia del contatto di Ramon Trinca (Editrice Zona)

Apre domani all’Istituto Italiano di Cultura di San Francisco (U.S.A.) la mostra dal titolo “Drawings from Life” di Lawrence Ferlinghetti, il novantenne poeta della Beat Generation fondatore della storica casa editrice americana City Lights. Poi tra le mani (quasi per coincidenza astrale) mi capita questo lavoro di Ramon Trinca che sintetizza in maniera esemplare più che le coordinate stilistiche e contenutistiche della Beat, le categorie del Pulp (pure troppo!): studenti, artisti, ubriaconi. E un po’ di Ferlinghetti, Bukoswski, Ginsberg lo ritroviamo tra le pagine di questo volume, con qualche accento tendente al gothic-noir, forse un po’ neo-decadente per certi aspetti. Ma veniamo nello specifico. La raccolta di Ramon Trinca dal titolo “Melodia del contatto” (editrice Zona) che consta di 76 componimenti poetici, risulta essere di un buon livello, anche se si sa purtroppo che la poesia per quanto realizzata puntualmente nella sua dimensione poietica e ben curata nella forma e nello stile da un autore, difficilmente trova mercato nel mondo dell’attuale editoria, e dunque risulta pregevole l’impegno di questa casa editrice a continuare a credere nel mondo dei versi. Il filo conduttore dell’intero lavoro presentato in questo libro è quello della deriva, onto-fenomenologica, da intendersi sia come senso di spaesamento nei confronti delle cose, delle persone, che dei ricordi e della memoria anche sensuale, amorosa. Ma soprattutto serpeggia una forte consapevolezza sull'estraneità della coscienza nei confronti della natura oggettivantesi nella crudele realtà, vista come vuoto angosciante privo di alcuna coscienza da parte del soggetto percipiente. Pare poi che l’autore voglia dimostrare coi suoi versi, una specie di dualismo tra ciò che è cosciente e ciò che è incosciente. Una vita in bilico dunque su un unico e inevitabile flusso di esperienze senza un senso, che provoca una grande vertigine. Il poeta è immensamente solo, percepisce il Vuoto, perché non c'è un Dio a cui fare riferimento e porre domande e questo genera disperazione, solitudine, disordine. Questa condizione del sentirsi esistere è già vissuta come un essere nichilisticamente altro da sé, un non-esserci totale e immenso, nonostante pare essere assurda per Trinca anche questa visione, perché senza uno scopo apparente, ed è circoscritta all’essere per il vivere e per il morire, dove gli eventi ci vengono incontro come fenomeni e non possiamo percepirli come tali se non vengono in contatto con il nostro essere cosciente. L’intera produzione poetica presentata in questa sede segue una prosa poetica bilanciata con guizzi ritmici interessanti. Una storia quella raccontata in versi dall’autore che ci porta a riflettere se nella nostra esistenza siamo disertori o “disertati”!

71

Alcolici dentro stanze,
appartamenti, citofoni;
alcolici dentro giornali,
sorpassi, emergenze,
dentro sudori, ascensori,
speranze, omicidi.

Alcolici dentro la perversa bava del buio,
la occultata saliva del giorno,
dentro un raggio del sole,
dentro palpate, ordinazioni,
cestini, neuroni,
alcolici di generazioni.

Di alcolici
Le stazioni ne sono piene.

Anche gli aeroporti
Ne sono pieni.

E non ci sono parcheggi.

martedì 8 settembre 2009

Paviart Poetry Festival 2009



















Sabato 12 settembre ORE 20.30: APERITIVO POETICO con Presentazione dell’antologia PRO/TESTO(Ed.FaraEditore)

Partecipano: Chiara De Luca, Matteo Fantuzzi, Luca Ariano, Simone Molinaroli, Salvatore Della Capa, Alessandro Seri, Fabio Orecchini, Dome Bulfaro.
Presentazione del primo numero della rivista FAREPOESIA.

ORE 22.00: L’UOMO LE PERIFERIE IL POTERE. OMAGGIO A PIER PAOLO PASOLINI

Proiezione del documentario “La forma della città”
di P.P. Pasolini e P. Brunatto, introduce Farizio Zaminell.
Reading del gruppo Spazioaperitivo di SPAZIOMUSICA(con: F. Bottaro, P. Sorice, L. Littaru, G. Catalano, B. Marazzita);
Ospiti della serata: Adolfina de Stefani con Antonello Mantovani (Performance) e I Cantosociale (Ballate per gli umili Canzoni di e per Pasolini).

Domenica 13 settembre

Ore 20.30: APERITIVO POETICO, LINGUAGGI STORIE TERRITORIO: I DIALETTI

Reading in vari dialetti della penisola con interventi musicali e proiezioni
a cura del Gruppo Spazioaperitivo di SPAZIOMUSICA
Partecipano: Franca Bottaro, Paolo Sorice, Tito Truglia, Fabrizio Lana e Agostino Faravelli del Circolo Regisole, i Tri Urluk (canzoni in milanese).

Ore 22.00: Reading poetico con Francesco Marotta
e dall’antologia: “Vicino alle nubi sulla montagna crollata” (Ed. Campanotto).

Ore 22.30: NATURA ARTE SOCIETA’- OMAGGIO A JOSEPH BEUYS

Performance Interventi e Azioni poetiche con:
Giancarlo Pucci e Rossella, Tiziana Baracchi e Giancarlo Da Lio, Fulgor Silvi, Emilio e Franca Morandi.
All’interno del cortile installazioni di Plum Cake / A.PK e Mariano Bellarosa.
L’iniziativa, realizzata con il contributo del settore Istruzione e Politiche Giovanili del Comune di Pavia, è inserita nel Pavia Festival dei Saperi 2009. Organizzano: O.M.P., FAREPOESIA, Kronstadt.
Con la collaborazione di Spazioaperitivo-Spaziomusica e con il patrocinio dell’Ambasciata di Venezia.


Cortile delle Statue dell’Università Centrale (Pavia)
Ingresso libero

Il libro del giorno: Il dio degli incubi di Paula Fox (Fazi editore)

Cantrice della New York anni Sessanta e della borghesia colta di Manhattan, come degli orizzonti caraibici in cui è cresciuta, nel 1990 Paula Fox ha dato alle stampe il suo ultimo romanzo "II dio degli incubi" dedicandolo al Sud degli Stati Uniti. È il 1941 e Helen Bynum, ventitré anni, per la prima volta lascia lo Stato di New York sulle tracce della zia Lulu, un'anziana attrice che vive rintanata a New Orleans. Intraprende così un viaggio iniziatico verso sud, fino ai polverosi incanti "della città del jazz" dove, tra le strade del French Market o gli artisti della bohème, Helen arriverà a sacrificare al "dio degli incubi" la propria innocenza e i propri sogni. Ormai universalmente riconosciuta, insieme a Joyce Carol Oatcs e ad Alice Munro, come una delle più importanti voci della narrativa di lingua inglese, Paula Fox torna con la storia di una formazione e di una perdita, della loro realtà ultima, dei loro coni d'ombra.

"Paula Fox restituisce il ritratto di una città regale e bohèmienne, una città dall'estro artistico, persa nella gloria del suo successo e del suo fallimento, fascinosa non tanto per quello che rimane della vecchia cultura nera e creola quanto per quel che pare provocare nell'animo dei nuovi arrivati"

di Caterina Ricciardi tratto da Il Manifesto dell '8/09/09 p, 12

Fazi editore: http://www.fazieditore.it/

101 COSE DA FARE IN PUGLIA ALMENO UNA VOLTA NELLA VITA DI ROSSANO ASTREMO (NEWTON COMPTON) – lRec. di Silla Hicks

Lo dico subito, questo libro non racconta nessuna storia. Non è un romanzo e nemmeno un saggio, nemmeno una raccolta di poesie, è una guida turistica, o meglio una guida e basta, per chiunque passi da questa regione in cui stavo per dire vivo anch’io, ma questa sarebbe una cazzata, io passo il 90% del tempo sulle strade, e poi non è vita, la mia, diciamo che quando torno sto qui, in questa terra aspra come la schiena di un’asino, avrebbe scritto Tirteo, anche se questo non è il suo scoglio nell’Egeo, ma una penisola nella penisola.
Questo libro riassume – no, non riassume, frammenta – in 101 meritevoli istanti redatti da Rossano Astremo, questo posto e i suoi aspetti più o meno caratteristici, unici non so, ho viaggiato abbastanza da capire che non c’è mai niente di nuovo per chi sa guardare, e mi spiace che questa frase non l’abbia scritta io, mi spiace davvero, perché condensa il senso globale della storia e del mondo (è di V.A. Conte, comunque, la frase).
Insomma, questo libro – ce ne sono altri, su altre regioni e altri luoghi – non si propone di raccontare una storia, e infatti non lo fa, e io sono uno che legge storie, e cerca di inventarle, vorrei dire, anche, ma non sarebbe vero, perché io piuttosto cerco di trasformare in storie le cose che vivo.
Ma comunque sia, quindi, non posso dire se è un libro buono o no, ma solo se è o no utile, e dico che lo è. Lo è perché almeno in alcuni punti coglie il senso di quello che è la vita qui: parlare di cultura locale mi sa di folklore e di fatti non lo farò, come non parlerò di tradizioni e menate del genere, no, ma è innegabile che questo posto abbia un’anima, che custodisca un’identità fatta consapevolmente o meno della storia che gli è scivolata addosso, e che non si può ridurre alla notte della taranta, se no davvero siamo alla McPuglia, e non voglio credere che sia questo, quel che rimane della terra di svevi e normanni e turchi e martiri di Otranto e prima di loro dei greci di Sparta che fondarono Taranto.
Questa regione, che non m’appartiene più di quanto le appartenga io, che ci sono stato deportato bambino e uomo ci sono rimasto prigioniero dell’amore prima e del dolore poi, con cui ho fatto pace per i suoi scogli prima di vederti e per te per tutto il tempo da quell’istante in avanti, da cui non me ne vado anche ora che potrei finalmente scappare perché non è casa mia, no, ma non c’è posto che possa esserlo, questa regione in cui sto seduto a scrivere al portatile di mia sorella, seduto al tavolo della sua cucina, questa regione è un organismo vivo, pulsante, che si evolve ogni istante eppure mantiene un dna che è suo.
Perché, questa regione che non porta più fazzoletti neri in testa né abita nei trulli, ma veste in jeans e sta in palazzi come quelli che ci sono dappertutto al mondo, non grattacieli ancora, no, ma ci arriverà prima o poi, e si dibatte nella crisi che globalizza questo tempo più della Coca Cola, in cui il poco lavoro che c’è è precario e molti semplicemente s’arrangiano, trincerandosi nell’adolescenza protratta perché dopo l’università non c’è sbocco, si dice, è tante cose, e tante tutte assieme, che 101 sono troppe, e anche troppo poche.
Non posso – per i motivi che ho detto: non è né vuol essere opera letteraria – dire che cosa questo libro mi lasci, quando l’ho chiuso, perché non è abitato da fantasmi che possa sperare o temere di rincontrare. Ma posso dire quante di queste 101 cose da fare in Puglia prima di morire mi sembrino assolutamente doverose, e quante ne ho fatte, anche, perché per me e per chiunque sia qui da abbastanza tempo questa guida è anche, necessariamente, amarcord.
Una è una capatina al bar Paranà, che adesso è frequentato soprattutto da debosci universitari e radical chic sinistrorsi, ma dieci, quindici anni fa c’andavo anch’io. Aveva – pare abbia ancora – prezzi abbordabili e un’atmosfera da taverna, in un’accezione che contiene marinai e fumo e attesa e speranze, e apertura al futuro e a chiunque entri, a prescindere dell’etichetta sui suoi vestiti. Spero che sia ancora così, ma il tempo è passato e niente resta uguale.
Un’altra è adottare un cane in un canile. Ed è una cosa importante che questa guida lo dica, perché questa è tradizionalmente una terra contadina, e la vita dei campi – fuor da edulcorate digressioni bucoliche - è tutto fuorché tenera con gli animali improduttivi, lusso che non può permettersi. Non ho visto molte persone mettere da parte gli avanzi per i randagi, qui: molti riescono tranquillamente ad ingozzarsi nei ristorantini all’aperto del centro a due passi da un animale affamato che li guarda, e si tratta di professionisti, di gente che ha soldi e dovrebbe essersi lasciato il retaggio campestre alle spalle, né più né meno come chi regala ai suoi bimbi un cucciolo – firmato, è chiaro - a natale e lo dà via a pasqua, perché sporca e come faccio a tenere la casa pulita e altre menate del cazzo. Gente cui spaccherei volentieri la faccia, perché la loro inciviltà mi fa vergognare di stare qui quanto il cattivo gusto delle loro Lacoste pastello, e perchè non si può andare da nessuna parte se non si ama il casino di bambini e di cani, e non si sente il cuore stringersi per gli uni e per gli altri. Piccola parentesi: come spesso accade, è chi ha studiato meno/guadagna meno/ha meno che ha più cuore. A volte, credo che sia perché i soldi insozzano tutto ciò che toccano. Ma non so se sia così, o sia solo un caso. In ogni modo: il libro parla del canile di Manduria, ma penso che uno qualsiasi faccia ,lo stesso, o anche raccogliere un cane per strada, come abbiamo fatto – più volte – noi. Adesso, me ne è rimasto uno solo, un vecchio incrocio di pastore silenzioso e solitario, di cui mi occupo io ma che continua ad aspettare te. Ho cercato di spiegargli che non tornerai, ma che vuoi che capisca, è solo un cane, in fondo. Non si può pretendere che abbia più senno di un uomo.
Infine: il casellante della sud est di Tutino, l’uomo che guardava i treni di Benhadj, meraviglioso documentario visionario che credevo avessimo visto in dieci, qui, ma fortunatamente l’autore della guida è tra questi, ed è un miracolo, come lo è Puccetto, che dipinge sulle sue pezze un caleidoscopio di mondi, lui che non ha mai potuto visitarne nessuno. Un universo che si evolve restando quello che è, nutrendosi di quello che ha, anche se è poco o niente.
Come questa terra. Come era, e come, forse, se decidesse di togliersi la maschera del conformismo consumistico della sua bella gente che può, e finalmente mandasse affanculo i lounge bar, le pagliacciate come la notte della taranta e il pinot grigio col sushi, potrebbe essere, ancora.
Altrimenti,prima o poi, sarà il mare spunnatu, almeno per chi è un nuotatore come me, ad esserne l’unica esperienza autentica, quella da fare prima di morire.

(Il bar Paranà, i cani di Mandria e altre cose da ricordare - 101 COSE DA FARE IN PUGLIA ALMENO UNA VOLTA NELLA VITA DI ROSSANO ASTREMO – letto da Silla Hicks)

lunedì 7 settembre 2009

Il libro del giorno: Le montagne della follia di Howard P. Lovecraft (Newton Compton)

Artista geniale e spietato indagatore del lato oscuro dell’animo umano, Lovecraft è, insieme ad Edgar Allan Poe, il padre della narrativa gotica americana, uno degli autori più affascinanti di tutti i tempi. Le montagne della follia è il suo romanzo più avventuroso, quello dove il genere dell’orrore trova nella dimensione psicologica il luogo da pervadere con un senso di inquietudine sottile e contagioso. Ambientato in Antartide, Le montagne della follia racconta le gesta di una spedizione scientifica alle prese con reperti vecchi di milioni di anni; vestigia di un’antichissima civiltà, scomparsa da millenni, custodite da esseri che, giunti sulla Terra dalle profondità del Cosmo, sono tornati alla vita dopo un lungo periodo di ibernazione. Nel sottosuolo antartico, i protagonisti della vicenda vivranno una serie di avventure da incubo, eventi talmente terrorizzanti da spingere i membri della spedizione sull’orlo della pazzia. Lovecraft, mettendo in scena la sua originale visione del Cosmo, tesse una trama avvincente, catapultando il lettore in un mondo visionario e fantastico dominato dalla paura e dall’orrore.

«Da quel momento in poi, dieci di noi, ma in special modo io e lo studente Danforth, fummo costretti ad affrontare un mondo orrendamente vasto di orrori latenti, che nulla riuscirà mai a cancellare dalle nostre menti, e che avremmo voluto evitare di condividere con il genere umano se solo avessimo potuto.»

"Un romanzo che nonostante il tempo trascorso non ha perso nulla in freschezza di idee e che mette in lettore in uno stato di vera angoscia."

di Pino Cottogni tratto da Fantascienza.com

casa editrice Newton Compton: http://www.newtoncompton.com/index.php?lnk=100

Le montagne della follia di Howard P. Lovecraft, Tascabili Deluxe n. 13, Pagine 192, Euro 9,90

IL PASTO DI BAD TRIP (Shake) di Angela Leucci*

La trasposizione a fumetti del romanzo di Burroghs non è solo un viaggio acido fedele all'originale, ma un classico straordinario da conservare in libreria. Tra “Tropico del cancro” e “Pubblicità per me stesso” magari.William S. Burroghs doveva aver visto “La zona morta” e “Videodrome”, quando decise di affidare a Cronenberg il proprio romanzo più celebre e controverso, “Il pasto nudo”. Qualche anno prima della sua scomparsa, un italiano, il prof. Bad Trip, al secolo Gianluca Lerici, rese la storia di “el hombre invisible” una graphic novel visionaria e surreale, pubblicata nel 1992 da Shake, con una straordinaria prefazione di Fernanda Pivano, scrittrice recentemente scomparsa e traduttrice di quelli che poi sarebbero diventati i classici della Beat Generation. “Quando in Italia è uscito The Naked Lunch è stata una burla – scrive – andavano tutti a ricercare i contenuti pruriginosi, possibilmente col cazzo in mano. In fondo, discendiamo dai canti Fescemnini”. Nel volume di Bad Trip, ciò che manca quasi totalmente sono proprio i contenuti pruriginosi: il disegnatore ha voluto insistere sulla spirale della violenza, sulle contraddizioni della società che sfruttano le debolezze della tossicodipendenza terminale. Il tutto condito con fantastici testi, di un’incredibile pregnanza di significato, ricalcati sui monologhi originali, accentuati da immagini particolareggiatissime, che rendono unico e individuabile lo stile di Bad Trip. Il disegnatore, scomparso nel novembre di tre anni fa, è ancora presente, anacronisticamente e forse in modo incoerente dal punto di vista contenutistico e concettuale, sulle copertine dei libri Mondadori, come quel “Ti prendo e ti porto via” di Niccolò Ammaniti. Leggendo la versione a fumetti de “Il pasto nudo” si ha l'impressione di compiere un viaggio lungo le strane e tortuose pieghe dell'animo umano, all'interno di un incubo atavico che racconta le nostre paure, la nostra solitudine; un libero arbitrio che a volte non porta libertà ma schiavitù. Il libro di Bad Trip è degno di stare tra i classici della letteratura, quelli da cui molti scrittori hanno preso senza restituire nulla in cambio e che, secondo i nostri umori, ci appaiono geniali oppure odiosi.

*redazione Talkink

domenica 6 settembre 2009

Papier Mais di Francesco Randazzo (Fara editore): Il nano

Il nano eseguì una volèe straordinaria, saltò con l’incredibile elevazione di un metro e mezzo, stese il braccio e con la racchettona intercettò il pallo netto dell’avversario, sparandogli la palla giusto in mezzo agli occhi. L’arbitro gridò: “Match!”. I raccattapalle entrarono di corsa in campo reggendo una barella. Il pubblico del Foro Italico era immobilizzato nel silenzio, col fiato sospeso. I raccattapalle staccarono la palla conficcata nel bel mezzo degli occhi dello sconfitto, la deposero sulla barella ed uscirono di corsa, perché non esplodesse in campo. Non appena scomparvero, il pubblico finalmente eruppe in applausi e urla di gioia. Non si udì l’eplosione ovattata nei sotteranei blindati. Il nano vittorioso e saltellante, scavalcò la rete ed andò a stringere la mano dell’esanime avversario. Poi alzò le braccia e correndo si mostrò alle telecamere ed ai flashes dei fotografi. Aveva vinto il torneo. Per un anno ancora sarebbe rimasto il campione. Il pubblico cominciò a defluire ed infine il campo fu deserto. Spensero le luci.
Il cadavere dello scimpanzè fu lasciato a marcire fino a che non rimase soltanto la carcassa ischeletrita.
L’anno successivo, si svolse una nuova edizione del Torneo Internazionale di Tennis ad eliminatorie mortali per categorie subumane, di Roma. Nessuno si ricordava più dello scimpanzè, ma anche quella volta il nano trionfò, uccidendone molti per il bene della società della razza superiore. Dieci anni dopo erano morti tutti i subumani. Allora il Presidente ordinò che uccidessero anche il nano. Fu prelevato da casa sua, una mattina all’alba. Non lo vide più nessuno. Si dice che prima di essere sopraffatto ed ucciso, fosse riuscito a smembrare a morsi tre agenti della Polizia Etnica. Ma forse è solo una leggenda, che noi subumani superstiti ci raccontiamo per consolarci un po’, nel buio delle fognature dove viviamo in clandestinità e paura.

Tratto da: «Papier Mais», racconti su foglietti, Fara Editore, 2006

Un avvertimento al Lettore. Non fare l’errore - comune a tanti, in tempi in cui il contenuto del libro viene misurato nel numero di pagine - di interpretare il genere scelto dall’Autore - il racconto breve - come un tirarsi indietro di fronte ad un struttura più complessa. Nella sintesi di Francesco c’è tutto il sudore di chi riesce a concentrare in poche righe un senso ben più ampio e profondo. Una lotta già combattuta con successo da Autori del calibro di Dick e Ballard. Vi dirò la verità: ho invidiato l’Autore, per quella capacità di mantenere intatto il gusto per la Parola in poche illuminanti righe. E mai il senso di invidia è stato così costruttivo.(Stefano Martello)

Francesco Randazzo è regista e scrittore, soprattutto
di teatro. Ha pubblicato, con vari editori, testi teatrali, poesie, racconti e un romanzo. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti in premi di drammaturgia e festival nazionali e internazionali.
Sito: www.myspace.com/ozarzand

Il libro del giorno: Il lupo e il filosofo di Mark Rowlands (Mondadori)

Mark Rowlands, giovane e inquieto docente di filosofia in un'università americana, legge per caso su un giornale una singolare inserzione, si incuriosisce e risponde. Qualche ora dopo è il padrone felice di un cucciolo di lupo, a cui dà nome Brenin ("re" in gallese antico). Per undici anni, sarà lui la presenza più importante nella vita del professore, che seguirà ovunque: assisterà alle sue lezioni acciambellato sotto la cattedra, incurante degli iniziali timori e del successivo entusiasmo degli studenti, ne condividerà avventure, gioie e dolori, lo accompagnerà nei suoi spostamenti dall'America all'Irlanda alla Francia, dove Mark si trasferisce dopo aver troncato quasi ogni legame con i suoi simili. E sarà, soprattutto, una fonte continua di spunti di riflessione e idee filosofiche perché, contrariamente allo stereotipo che ne fa un emblema del male, della ferocia, del lato oscuro dell'umanità, il lupo è per Rowlands metafora di luce e di verità, la guida per un viaggio interiore alla scoperta della propria più intima e segreta identità: "Il lupo è la radura dell'anima umana ... svela ciò che rimane nascosto nelle storie che raccontiamo su noi stessi". La sua natura selvaggia e indomabile, infatti, rivela a chi gli sta accanto un modo di vivere e di fare esperienza del mondo non solo radicalmente diverso da quello degli uomini, ma forse anche più autentico e appagante perché immune da doppi fini, da ogni atteggiamento di calcolo e manipolazione.

"Il lato scimmiesco di noi umani, dice Rowlands, è quello utilitaristico basato sulla macchinazione e l'inganno. Ma addormentato in noi c'è anche il lupo, che ci propone un patto fondato unicamente sulla reciproca lealtà".

di Franco Marcoaldi tratto da L'Almanacco dei Libri de la Repubblica del 5/08/09 p. 40

AUGURIO AL SECOLO STATO di Nunzio Festa












io invece ho dato
un pizzicotto
all'ultimo quinto di novecento


a fine scolatura
in pieno post mietitura
della più forte azione generale
generazione alluvionale
sleale

(dal midollo dei paesi)
loro che quasi tutti presidente


donne e uomini d'un tentativo: rotto


Nunzio Festa è nato nel 1981 a Matera, dove attualmente lavora. Risiede a Pomarico (MT) con la sua compagna. Poeta, narratore, critico; lavora nel campo dell'editoria ed è collaboratore giornalistico. Collabora, inoltre, con siti internet, riviste e quotidiani. Suoi articoli, poesie e racconti sono stati pubblicati su riviste e in varie antologie.Nel 2004 ha pubblicato la sua prima silloge poetica E una e una, mentre nel 2005 la sua prima raccolta di racconti Sempre dipingo e mi dipingo. Diversi i riconoscimenti ricevuti. Nel 2006, il racconto breve "Da dentro la materia" è entrato a fare parte dell'antologia Storie d'acqua dolce (Eumeswil Edizioni). Nel 2007, la silloge poetica "Deboli bellezze" è entrata a far parte della collana curata da Silvia Denti, I quaderni Divini. Nel 2008 ha pubblicato racconti e poesie per diverse case editrici, fra le quali Giulio Perrone editore, LietoColle.

sabato 5 settembre 2009

Voglio dirti di Gianni Tursi (Besa editrice)

Gianni Tursi, giornalista e manager, scrive un libro accattivante e denso, che si lascia apprezzare in ogni sua pagina. Parliamo di “Voglio dirti” edito dalla salentina Besa editrice. In questo libro si parla dell’amore in una Milano (anni ’90) degli affari, spietata, veloce, e superficiale. Il protagonista è il “Dottore”, un ricco squalo della finanza, amato e osannato da tutte le donne, il cui fascino risiede soprattutto in quello sguardo triste e malinconico, da uomo che nella vita sentimentale non ha trovato mai pace, perché in pace con se stesso non lo è mai stato per colpa di quell’eterna corsa nel bruciare i traguardi di una carriera fulminante. E Milano non poteva che essere la città ideale per ambientare una storia come questa, dove l’imperativo categorico del “succesfull living” (con tanto di bella vita, macchine di lusso, campi da golf, e amicizie più che facoltose e più che griffate da Versace in poi) riesce a neutralizzare il tempo della riflessione e della vita. Infatti il “Dottore” si lascia più trascinare dalle amicizie erotiche, come le ama definire, con donne che hanno la vita di un giorno e di una notte, anzi per la precisione una deriva, come scelta esistenziale, del lasciarsi amare piuttosto che amare in presa diretta, come una possibile via di fuga da impegni che il protagonista non può certo assumersi: forse felicemente sposato, forse già padre … In un crescente incalzare di eventi si scoprono le trame e le vite di personaggi, si colgono gli intrecci di amori e situazioni, di rapporti tra uomini, donne, mariti, fidanzati, amanti dove vige nella maggior parte dei casi la legge del 3: ovvero del triangolo amoroso. Non trovo difficoltà a definirla una storia che tiene imprigionato il lettore sino alla fine, che in più di qualche suo passo lascia con il fiato sospeso, e che toglie il fiato il più delle volte: il tempo non basta mai, mai e poi mai e i dialoghi e le relazioni umane, come il più delle volte accade in percorsi esistenziali di questa tipologia, corrono sul filo di e-mail, fax, sms. Fondamentalmente il libro è uno spaccato del mondo della finanza a Milano, intriso di yuppismo, avidità e forse un pizzico di amoralità. Il protagonista è un degno erede del rampantismo degli anni ottanta, che idolatra il libero mercato e ne sfrutta le più evidenti incongruenze. È un tipico "self-made man", che si è fatto largo nella giungla della vita, in modo duro e spietato, il tipico “predator”dell'alta finanza, un uomo che vuol essere “larger than life” ma che potrebbe decantare Sun-Tzu come vademecum nella vita e negli affari.

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