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venerdì 24 aprile 2009

Io sono Dio di Giorgio Faletti (Baldini Castoldi Dalai Editore). In anteprima al Salone del Libro di Torino

Io sono Dio è il titolo del nuovo romanzo di Giorgio Faletti. Battute a parte, uscirà a maggio per Baldini Castoldi Dalai, come i precedenti, il nuovo atteso romanzo di Giorgio Faletti per il quale si annuncia quella che in casa editrice definiscono "una tiratura formidabile": si vocifera di oltre 500 mila copie in prima battuta, ma l'editor del libro, Francesco Colombo, non conferma e non smentisce, si limita a sorridere, segno che forse la cifra è errata per difetto.

"La storia è un ritorno al thriller classico - spiega Colombo, che è già stato l'editor dei racconti di Faletti - più vicino a Io uccido per come è impostato. Lo ha detto anche Faletti più volte, quella dei racconti è stata una vacanza che lui si è voluto prendere con l'horror e il fantastico, per poi tornare a scrivere una storia che aveva nella penna, un thriller."

Il romanzo è di circa 500 pagine, "un po' più breve di Io uccido", e l'ambientazione è ancora, come sempre in Faletti, internazionale. Ma non ritorneranno personaggi dei precedenti romanzi, e la storia non ruoterà intorno al mondo delle radio come nel libro d'esordio. "L'autore tiene molto alla sorpresa", precisano ancora in casa editrice, e in attesa dell'uscita, che avverrà in occasione della Fiera del libro di Torino ("forse"), non resta che immaginare quali nuovi delitti i lettori potranno scoprire tra le pagine.

sabato 16 maggio 2009
Ora: 20.00 - 21.00
Salone del Libro, Sala dei 500, Via Nizza, 280, Torino, Italy


fonte
http://www.giorgiofaletti.net/news/2009-04/io-sono-dio-torna-giorgio-faletti.php

Questo è un brano di un articolo tratto dal Corriere della sera (2 aprile 2009) a firma Ida Bozzi ripreso dal sito di Giorgio Faletti (http://www.giorgiofaletti.net/)

Roberto Volterri, Narrano antiche cronache ... ricordi dal ... futuro (Edizioni Hera)

Gran parte delle domande a cui oggi si tenta di rispondere non solo in ambito accademico, ma anche negli spazi di discussione che riguardano studi più propriamente vicini alla scienza nonchè alla sociologia delle comunicazioni di massa, è il senso della Storia, e il senso della comunicazione oggi e il sapere prodotto in ogni branca dello scibile umano. Ovvero è stato detto tutto in questi ambiti, o esistono ancora zone da esplorare, zone d’ombra dove la luce della ricerca e dell’indagine di uomini di cultura e di scienza, non è ancora giunta o vi arriva in maniera flebile? Ad esempio l’astrofisica può dimostrare con assoluta certezza che siamo soli nell’universo? Gli storici di professione o i cultori di questa materia, possono escludere a priori, che nell’arco di tempo in cui sono saliti al potere e hanno sviluppato la loro logica di violenza e terrore totali, dittature come il fascismo e il nazismo, in due realtà socio-politiche e geografiche differenti come l’Italia e la Germania, siano state in grado di creare quasi simultaneamente organismi che si occupassero di argomenti non del tutto convenzionali (occultismo, magia, ufologia): il Gabinetto Rs-33 per l’Italia, e le SS-Ahnenerbe per la Germania? L’antropologia può escludere del tutto che in antichi manoscritti, da Tito Livio al Mahabharata un poema epico indiano del settimo millennio a.c., dalle cronache della Gazzetta di Norimberga del 1561 alla stessa Bibbia e con precisione alle mistiche visioni di Ezechiele sino poi al ‘Papiro Tulli’ nella trascrizione effettuata da Boris de Rachelwiltz, non vi siano tracce del fatto che il nostro pianeta sia stato visitato in tempi non sospetti da ‘intelligenze aliene’? E lo stesso dicasi per la Storia dell’Arte: esistono strani anacronismi in alcune opere di maestri come Filippo Lippi (Madonna e S. Giovannino conservato a Firenze a Palazzo Vecchio), o Masolino da Panicale (Il Miracolo della neve conservato a Napoli nel Museo di Capodimonte la cui iconografia rievoca il fenomeno della bambagia silicea legato a fenomenologie ufologiche di cui se n’è parlato in Italia a partire dagli anni cinquanta). Certo un risolino di sprezzante ironia potrebbe sorgere sulle labbra di un Vittorio Sgarbi, ma a nostro avviso non nel caso del lavoro di Roberto Volterri dal titolo “Narrano antiche cronache … ricordi dal … futuro” edito da Edizioni Hera, con la prefazione di Giorgio Tsoukalos, Adriano Forgione e con il contributo al pc di Massimiliano della Milla (ora in allegato al numero di aprile 2009 di Ufo Notiziario diretto da Roberto Pinotti). Un libro questo di Volterri che rappresenta una micro wikipedia per tutti quegli appassionati di misteri archeologici, e per chi mosso dalla ricerca in ambito di analisi delle immagini, vuole sfruttare al massimo le risorse del suo personal computer: alla fine del volume vi è infatti un ampio spaccato tecnico-pratico per utilizzare al meglio le potenzialità di Photoshop 5. Il Dott. Roberto Volterri nella vita fa l’archeologo e in ambito universitario, si occupa di Archeometallurgia. E’ un assiduo collaboratore del mensile HERA, dedicato allo studio dei ‘misteri archeologici’, delle civiltà scomparse, e della mitologia. L’autore, conosciuto nell’ambito accademico presso l’università di Roma “Tor Vergata”, riesamina dunque in questo suo lavoro, attraverso una diversa quanto affascinante chiave di lettura, una serie di dipinti e di antiche cronache cercando di individuare quegli anacronismi storico-culturali che possono dare un significato del tutto differente alle opere stesse ed alla storia dell’uomo. Il tutto condito non solo da un’incrollabile fede nella ricerca della verità, ma anche da una forte onestà intellettuale e metodologica che non lo fa scivolare nella cialtroneria o nel ridicolo.

giovedì 23 aprile 2009

Questa lontananza così vicina, Paolo Di Paolo (Giulio Perrone editore). Da domani in libreria

Tutto comincia con un'ultima lettera. La più sincera, la più urgente che una donna, D., abbia mai scritto. Poche righe, in cui D. cerca di riassumersi e di tirare le somme di tutta una vita – come in certi questionari che consegnava ai suoi studenti all'inizio dell'anno, per iniziare a conoscerli. Poche parole con cui definire la destinazione delle proprie cose, degli affetti, delle riconciliazioni sempre rimandate; e dei libri, da regalare proprio a quegli studenti un poco svagati che le hanno riempito l'esistenza.
Un'esistenza fatta anche di viaggi, di fotografie in bianco e nero, di mari spiati al mattino, quando i colori non sono definitivi; un'esistenza poi taciuta, a scuola, quando bisognava ragionare per mezzi voti e programmi ministeriali; e, forse, difendersi.
Dall'altro lato della cattedra, un ragazzo alle prese con le declinazioni latine e le inadeguatezze dell'adolescenza. Of Paul, lo chiamava lei, scherzando sul nome; e, dopo avergli sondato l'insicurezza nelle parole già mature dei temi, lo congedava per l'estate con qualche consiglio di lettura.
D. è morta di tumore una mattina presto, proprio all'ora in cui amava di più il mare; con troppi diari da riempire, ancora, e tante parentesi lasciate aperte. Of Paul, ormai sull'altra estremità dell'adolescenza – quella che si chiude senza il rumore che ci si aspettava – capisce di non averla mai saputa davvero, quell'insegnante severa e ironica; e di doverle troppe pagine, troppe scoperte, anche quella di una strada, della propria strada – la scrittura – tracciata (trovata) nel sé da quell'incontro, da quell'insegnamento.
E così, il ragazzo ormai cresciuto torna nei luoghi di D., cerca le parole non dette nei diari lasciati a metà, e in quell'ultima lettera che, tra le sue dita, disegna uno spazio abitato di ricordi, diventa la mappa di una geografia personale a cui fare ritorno con gli occhi del poi.
Lungo quella mappa, delle distanze. Lontananze da percorrere a ritroso, attraverso pomeriggi di greco e gite scolastiche in Piemonte, reinterpretati alla luce di un'assenza e di una memoria che sembra vivida, e non sempre si condivide.
Cosa conosciamo davvero, degli altri? Quanto li sappiamo, quanto ci appartengono? E cosa possiamo salvare, di loro, quando li perdiamo?
Paolo Di Paolo, in questo tema di maturità fuori tempo massimo, rilegge le pagine della sua adolescenza e si domanda come superare certe distanze, quando tracciano l'esatta misura della propria crescita; come arginare l'enormità di certi silenzi, quando si fanno definitivi. E dove cercare una compatibilità, forse impossibile, tra noi e gli altri, tra i molti gesti mancati.
E non è solo di pagine che si tratta, quando si dice “libri”, o si dice “parole”. Si tratta di una lontananza resa vicina, così vicina, dal riconoscersi simili, dopotutto. Si tratta di ciò che può significare la scrittura, quando tenta di risarcire, di ricostruire una memoria condivisa; di fare vero un io.

Una prosa consapevole, rarefatta, pignolamente tesa verso i moti interiori, ma non per questo lontana dalle preoccupazioni sociali

(Dacia Maraini)

Per Paolo Di Paolo i libri non sono tanto contenitori di sapienza, quanto depositi di realtà. I libri agiscono restituendo ciò che non c'è più.

(Angelo Guglielmi, L'Unità)

...lo strano senso di una saggezza ancora candida: per una scrittura tanto elegante e colta, quanto fresca e stupita

(Massimo Onofri, Diario)

Giorgio Guidelli, Operazione Peci (Storia di un sequestro mediatico), Quattro Venti edizioni

Gli anni ’80, se parliamo per un attimo di mercato dello spettacolo, per molti della nostra generazione hanno rappresentato un gustoso pasto mediatico offerto su di un piatto d’argento dalle industrie dell’intrattenimento cinematografico, d’animazione e della musica: da Wall Street con Michael Douglas, emblema del rampantismo senza esclusioni di colpi all’avveneristico Ritorno al Futuro con Michael J. Fox, da Goldrake a Mazinga Z, dai Duran Duran ai Run Dmc. Questo uno dei tanti riflessi di quell’epoca, senza dubbio tra i più rassicuranti, ma c’è anche un B-side, più oscuro, malevolo, canceroso. Partiamo dai fatti, quelli che sono nella dimensione oggettiva degli accadimenti, quelli consegnati nella fenomenologia della nostra storia e di quella del nostro paese. L’accusa di tradimento e delazione alla base del tragico epilogo: ovvero la condanna a morte da parte delle Brigate Rosse Fronte delle carceri - Partito Guerriglia comandate dal criminologo Giovanni Senzani (professor bazooka), in seguito all'arresto del fratello Patrizio Peci divenuto poi pentito e collaboratore di giustizia. Roberto Peci fu sequestrato il 10 giugno 1981 a San Benedetto del Tronto da un commando di 4 terroristi, sottoposto a interrogatorio e giustiziato il 3 agosto dello stesso anno. L'interrogatorio rigorosamente filmato con apparecchiatura Telefunken, fu inviato agli organi di stampa nazionali. La Rai, allora guidata dal socialista Sergio Zavoli, decise di non mandare in onda il filmato. Un atto fondativo per una possibile scarcerazione di Roberto Peci.
D’altra parte anche ai tempi del sequestro Moro (3 anni prima) si pose il problema se pubblicare o meno i comunicati delle BR e le lettere di Moro. McLuhan propose il black out. Cosa che poi fu fatta sia per D'Urso e Peci. Giovanni Senzani fotografò il momento dell’esecuzione, avvenuta con 11 colpi di arma da fuoco calibro 7,65, in un casolare abbandonato nella campagna romana, sulla Appia per la precisione. Passiamo al libro di Guidelli: in questo volume Giorgio Guidelli ricostruisce le fasi dell'organizzazione del sequestro di Roberto Peci, fratello del noto Patrizio, capo delle Brigate Rosse. Patrizio Peci fu tra i teste chiave del processo Moro. Nel giugno del 1981 i brigatisti decisero di fargliela pagare sequestrandogli il fratello e uccidendolo barbaramente, con un’esequzione di stampo mafioso: “ L’annientamento è l’unico rapporto possibile che intercorre tra proletariato marginale e traditori”. L’intero percorso di analisi portato avanti dal giovane giornalista, si basa sul memoriale di Robero Buzzatti, ex militante delle Br, e uno dei protagonisti di quel truce episodio di lotta armata. Un episodio che dal punto di vista dell’analisi mediatica, rappresenta un vero e proprio salto di paradigma, che getta le basi per una visione più spettacolare della morte e dell’azione terroristica in sé. In fondo Le BR fino a Senzani avevano sempre basato le loro "campagne" sui documenti: risoluzioni, comunicati, opuscoli, ecc. In un certo senso,
i mass media erano portati a interpretare ma ora, anzi in quell’occasione specifica, la strategia dell’eliminazione fisica diventava strategia filmica di una patologica messa in scena che lavora quasi con professionalità attoriale per la morte. Al di là del bene e del male! Mi piace concludere con un estratto di un intervento recensivo di Giuliano Boraso su questo volume di Guidelli apparso su www.brigaterosse.org quando dice: “ Ci piace anche questo recupero del passato sentito come esigenza del presente, questo saper guardare e interpretare i fatti di oggi mantenendo sempre un occhio di riguardo per quello che è stato e, probabilmente, sarà. “

Giorgio Guidelli: giornalista professionista, lavora dal '95 nei quotidiani della Poligrafici Editoriale (il Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno).

Giorgio Guidelli, Operazione Peci (Storia di un sequestro mediatico), Quattro Venti edizioni, pp. 84

www.edizioniquattroventi.it

RIPARLIAMO DEGLI ANNI ‘70
Rassegna storico-culturale per conoscere
la storia degli “anni di piombo”

INCONTRO CON GIORGIO GUIDELLI, venerdì 24 aprile 2009
Brindisi - Via Colonne 46 – ore 18.00

Modera Manlio Castronuovo

mercoledì 22 aprile 2009

L'Urban Art superstar dell'Arte Contemporanea

La più esauriente mostra di Urban Art mai presentata in un museo italiano porta al MADRE alcuni tra i nomi più interessanti della giovane Arte Contemporanea che nasce dalle ultime tendenze delle culture giovanili e urbane. Mentre i parolai su fumetto e arte da decenni continuano ad accapigliarsi su fino a che punto l’uno possa azzardarsi a contaminare l’altra, e viceversa, arrivano a Napoli proprio durante un festival dedicato ai fumetti, gli artisti contemporanei più “corrotti” da fumetti e cartoon. L’artista David Vecchiato, qui anche in veste di curatore, presenta le opere più recenti delle stelle internazionali dell’Urban Art, colleghi e amici come Gary Baseman, Boris Hoppek, Shag, Ian Stevenson, Gary Taxali, Mijn Schatje, Jon Burgerman, Jim Avignon, Junko Mizuno, Glenn Barr, Bigfoot, Naoshi, Ciou, Sergio Mora, Nathan Jurevicius, Joe Ledbetter e tanti altri artisti da ogni parte del mondo.

Tra le opere degli illustri esponenti di correnti come street art, skate art, pop surrealism, lowbrow e poster art, in mostra anche gli art-toys, fenomeno promosso con forza già da un paio di anni dalla MondoPOP International Gallery di Roma e dal magazine XL. Per finire, Urban Superstar propone anche le grandi installazioni di Junko Mizuno, Mijn Schatje e Tokidoki della collezione Fornarina, viste all’Urban Beauty Show al Louvre di Parigi. Lo staff di Fornarina ha aderito naturalmente al prestigioso progetto Urban Superstar perché il loro è stato tra i primi marchi internazionali a investire sulle nuove correnti artistiche e a promuovere i suoi esponenti già da anni. L’appuntamento è sabato 25 aprile alle ore 21 con l'Urban Party di apertura della prestigiosa collettiva, con performance e DJ tutt’altro che “da museo”. Ma la mostra sarà aperta eccezionalmente già da venerdì 24 per consentirne la visione ai visitatori che arrivano in città per il Comicon. Tra i tanti artisti ospiti nei giorni della convention saranno a Napoli l’australiano Jeremyville e la francese Mijn Schatje, che offriranno performance e incontri con il pubblico non rpivi di sorprese. Lo stesso pubblico sarà invitato a partecipare alle performance.
E gli italiani? Oltre al romano Simone Legno, che col marchio Tokidoki dalla California propone un segno globale frutto di influenze giapponesi quanto USA e europee, ci saranno anche quegli artisti che hanno condiviso qua in Italia in questi ultimi quindici anni tante esperienze nell’ambito dell’arte underground e dei suoi innumerevoli eventi. AlePOP, Allegra Corbo, lo stesso David Vecchiato, Fupete, Licia Viero, Scarful, i più giovani Sten e Lex, Cesko, El Gato Chimney, le Serpeinseno, la parigina naturalizzata italiana Zelda Bomba e molti altri.

Come ricorda Vecchiato: <>.

Arrivano quindi a Napoli le superstar dell’Urban Art, artisti non facilmente addomesticabili, proprio come certe rockstar.
Arrivano con una promessa: <>.

Gli artisti:

Aiko Nagakawa aka Lady Aiko (Japan/USA)
AlePOP (Italy)
Allegra Corbo (Italy)
Bethany Marchman (USA)
Boris Hoppek (Germany/Spain)
Bigfoot (USA)
Cesko ( Italy)
Ciou (France)
David Vecchiato aka Diavù (Italy)
DEM (Italy)
El Gato Chimney (Italy)
Fupete (Italy)
Gary Baseman (USA)
Gary Taxali (India/Canada)
Glenn Barr (USA)
Ian Stevenson (UK)
Inge Cornill (Belgium)
Jeremyville (Australia)
Jim Avignon (Germany)
Joe Ledbetter (USA)
Jon Burgerman (UK)
Junko Mizuno (Japan)
Licia Viero (Italia)
Mijn Schatje (Francia)
Naoshi (Giappone)
Nathan Jurevicius (Australia)
Scarful (Italia)
Sergio Mora (Spagna)
Serpeinseno (Italia),
Shag (USA)
Sten & Lex (Italia)
Simone Legno aka Tokidoki (Italia/USA)
Zelda Bomba (Francia/Italia)


URBAN SUPERSTAR Show
A cura di David Vecchiato
Dal 24 aprile al 24 maggio 2009
Al MADRE - Museo D'Arte Contemporanea Donna Regina,
via Luigi Settembrini 79, Napoli.


URBAN SUPERSTAR show è un evento Comicon OFF
Organizzazione MondoPOP International Gallery, Roma
Facta Manent, Napoli
Info: info@mondopop.it / www.mondopop.it


Si ringrazia:

La Repubblica XL
Fornarina

QUALCUNO HA MORSO IL CANE – RACCONTI DI DOPPIA VITA a cura di Antonio VENEZIANI e Riccardo REIM (Coniglio editore) rec. di Silla Hicks

LA VITA E’ UNA, SIAMO NOI A NON ESSERLO ...

Io non lo so cos’è, una doppia vita. Non lo so, perché se c’è stata una cosa che finora ho imparato, è che siamo tutti uno nessuno e centomila, o ,se preferite, che niente è quello che sembra, tanto, in fondo, dicono la stessa cosa, Pirandello, Akira Kurosawa e persino Jhon Locke ( non il filosofo del Saggio sull’Intelletto umano, ma l’ispettore paraplegico di una fabbrica di scatole che diventa la bella copia di Rambo una volta caduto sull’isola smarrita di Lost).
Ciascuno è sempre tanti e tutti assieme, tutti portiamo maschere bifronti che piangono e ridono in simultanea e nascondiamo nell’armadio scheletri putrefatti e scampoli di luce: fortunato è chi è capace di guardare oltre quello che sembra, dal di fuori. Gli altri, si perdono la metà almeno del film.
E non lo dico perché sono un camionista, e nessuno o quasi per questo crede che possa leggere e scrivere e pensare, quasi che il gigante di due metri e centoventi chili che vedono sia di me tutto, l’uomo ridotto a uno schizzo senza chiaroscuri, a una dimensione sola. Lo dico perché non ho mai incontrato nessuno al cento per cento coerente col suo personaggio, nessuno, nemmeno la persona più ottusa e idiota e granitica nelle certezze che solo un fanatico sa avere. Tutti hanno sfaccettature che non quadrano, sono funzioni a n incognite, direbbe mia sorella, che è insieme corpo scheletrico coperto di tatuaggi e fine matematico, e per questo non s’è disegnata addosso un drago, ma l’ipotesi di Fermat e una spirale logaritmica, e s’è innamorata persa di chi l’ha vista protagonista nel libro di Larsen, e pazienza se regalarglielo voleva essere soltanto un complimento perché respira i computer e sa guidare e bene la sua vecchia Honda.
Così, non credo che avere una doppia vita si riduca a fare le corna alla moglie, o a preferire segretamente i maschi, e nemmeno a leggere Tolstoi di nascosto come la signora Michel, riccio elegante celato dagli abiti informi e la puzza di cavolo della portinaia. Nel senso che non credo che esistano doppie vite, né triple né quadruple: se ne nasce un casino, basta rifletterci, è perché si corre il rischio sempre d’essere scoperti, e ciò perché la vita – contenitore di emozioni e attimi e amori – è soltanto e disgraziatamente una.
Siamo noi, a non essere uno, non per scelta ma per destino: noi che ci barcameniamo, tra questo e l’altro e l’altro me, tra il camionista e colui che legge e scrive, e quello che ascolta have you ever seen the rain e piange, pensandoti, ovunque e con chiunque tu sia adesso.
Per tutte queste ragioni, l’ho letto avidamente, questo libro che pure è una collettiva e io le collettive le detesto, come detesto le foto di gruppo che sono come le parate del due giugno, in cui tutti (granatieri di Sardegna a parte) sfilano coi bassi avanti e finirei necessariamente relegato dietro, ma pazienza, c’è sempre chi guarda oltre le prime file, nelle ultime pagine, alla fine dell’elenco in ordine alfabetico.
C’è sempre. E quello ti trova.
Ti trova, e ti respira. Questo, in questo libro, ho fatto io.
Sarebbe educato citare tutti, ma il fatto è che neanche li ricordo: ma quelli che mi hanno colpito li ricordo eccome, anzi: non me li scorderò, ed è questo che un buono racconto buono cerca di ottenere.
Intanto, la Maddalena che si specchia in sé: peccato duri poco, mi sarebbe piaciuto sapere che ne è venuto fuori dalla sua polvere, perché l’anima/carne supera il dualismo manicheo in cui ci dibattiamo ancora troppo spesso, e Orlando e Middlesex restano là, sullo sfondo. Qualcosa su cui pensare.
Come il cuore di Fedora studentessa di belle arti e insieme Luca sessantenne professore. Identità liquide, fluide, una nell’altra, Leonardo/Monnalisa.Vedi sopra..
E poi la Federica sadica e senese – prodromica ai ricconi che comprano ragazzi con lo zaino nella Cecoslovacchia di Hostel?- e il suo Braschi così innamorato da amarla malgrado il suo cuore nero, da vederlo luccicante nella notte in cui l’ha trascinato, l’amore che tiene la morte per la mano e si rotola frenetico nel sangue. Fino alla vita, se mai ce ne sarà una.
Ma anche il Pulcinella che semina assieme bombe e caramelle, che pure mi ha fatto male, ho amici nell’esercito, e no, non sono mostri senza cuore, solo soldati, foglie sopra agli alberi che il vento spazza via, gente che s’è scelto o ha dovuto prendersi una vita che è anche rischio, ma che pensa e s’interroga e a volte scrive, perché niente è come appare, e gli steroptipi, contrastanti tra loro o no, sono semplificazioni, una funzione studiata per y < x > z, in cui y e z sono i paletti che abbiamo fissato, si chiamano intervalli, e sono solo scampoli, la vita invece è un continuum, da più a meno infinto, dal tutto al niente, e in mezzo, a perdita d’occhio, tutta la gradazione del colore.
Il resto, mariti che tradiscono con minorenni o rimorchiano extracomunitarie ingenue, mogli che si raffrontano/solidarizzano con l’amante e politici col vizietto, va da sé.
Continuo a non amare le collettive. E i temi fissati, anche, che alla fine ti portano a banalizzare pur di riempire il rigo e la pagina. Scrivere non si può fare a comando, o almeno si può fare se si è al liceo e si cerca un voto. Poi, non più.
Ma è indubbio che se metti perle in un cesto pieno di quello che ti pare, non è che non ci siano. Soltanto, vanno cercate. E tenute strette quando si trovano, mi verrebbe da dire, al signore gentile che ha regalato a mia sorella il libro di Larsen, e poi è scomparso, lui che ha saputo guardare dentro la sua anima, per la vertigine che deve aver provato. Per questo, anche, aspetto di vedere come è andata a finire tra Antonio e Maddalena. Una volta che uno si/ti guarda dentro, e vede, non può chiudere gli occhi per non ferirsi di luce.
Sono convinto che il signore gentile tornerà, prima o poi, e inviterà mia sorella a cena, vicino al mare, e giocheranno a scacchi e berranno vino rosso, parleranno di Gadda e dell’ipotesi di Reimann. Sono convinto che Antonio e Maddalena (Fedora e Luca) troveranno un equilibrio in cui ci sia spazio per entrambi. La carne è anima, l’anima è carne. Nel sangue e in mezzo ai fiori.
Anche in una doppia vita, o in una tripla e una quadrupla, c’è sempre spazio – purtroppo - per l’amore.

Con racconti di Renzo Paris, Mario Castelnuovo, Dora Albanese, Luca Giachi, Fabiomassimo Lozzi, Gianfranco Franchi, Silvana Pedrini, Gabriele Dadati, Carmine Amoroso, Maria Sole Abate, Fernando Acitelli, Filippo Scòzzari, Stefania Scateni, Claudio Marrucci, Gianluigi Mattia, Antonio Veneziani, Riccardo Reim, Roberto Nobile, Tiziana Rinaldi Castro, Giorgio Gigliotti, Franco Grillini, Carlo Bordini, Anna Segre, Paolo Di Orazio, Chiara Marchelli, Giulio Laurenti, Geraldina Colotti, Stefano Fugazza, Maurizio Gregorini, Michela De Muro, Fabrizio G. di Vasco.

(QUALCUNO HA MORSO IL CANE – RACCONTI DI DOPPIA VITA,
a cura di Antonio VENEZIANI e Riccardo REIM, 2008, Coniglio Editore, Roma)

martedì 21 aprile 2009

FINCHÈ MORTE NON CI SEPARI: IL MATRIMONIO TOMBA DELL’AMORE?

Il CAFFÉ LETTERARIO MIMOSE, nell’ambito della RASSEGNA ITINERARIO ROSA 2009, ha organizzato per venerdì 24 aprile 2009 presso Nuovo Conservatorio S. Anna di Lecce, un incontro che prevede due momenti: una conversazione e l’inaugurazione di una mostra collettiva.

Il tema è FINCHÈ MORTE NON CI SEPARI: IL MATRIMONIO TOMBA DELL’AMORE?
PERCORSI DI LETTERATURA E DI ARTE DAL XVI AL XXI SECOLO.

Alle ore 18,30 avrà inizio la conversazione. Interverranno:
PAMELA SERAFINO, giornalista e CLELIA COPPOLA, fotografa. Coordina POMPEA VERGARO, giornalista.


Alle ore 20,00 sarà inaugurata la collettiva.
Le artiste saranno presentate da Pompea Vergaro.

Durante la serata, in Duo violino e violoncello, ELISA CARICATO e ANGELICA MOGAVERO si esibiranno con brani di: Ennio Morricone, Georg Philipp Telemann, Johann Sebastian Bach. La mostra rimarrà aperta dal 24 aprile al 3 maggio 2009.
L’evento è curato da Pompea Vergaro.

LA CONVERSAZIONE

“Gli storici sociali riconoscono che quello della coppia coniugale è uno dei temi centrali del XIX secolo, quando per la prima volta si scopre l’idea del sentimento nel matrimonio.
Infatti, questa istituzione universale, fino al 1700 era un contratto fondato su scopi meramente sociali, politici e economici.
L’idea del progetto è nata da un’indagine dalla quale è emersa l’attenzione, la curiosità, la preoccupazione nonché il senso di confusione per una questione che riguarda e coinvolge l’intera società.
La conversazione vuole essere una RIFLESSIONE con l’intento di sdrammatizzare una tematica così importante i cui toni si ritiene non si possano, infine, forzare più di tanto, per cui l’incontro sarà percorso da una vena di sottile ironia, come si evince dal titolo stesso.
Filo conduttore della conversazione sarà uno spumeggiante PERCORSO LETTERARIO(dal ‘500 ai nostri giorni: Manzoni, Tolstoi, Flaubert, Simone De Beauvoir, Mann, Castellaneta, Ibsen) e ARTISTICO (citando quadri famosi come quelli di Lotto, Mantegna, Van Eyck, Van Dyck, Chagall, Botero.

LA COLLETTIVA

Propone nove artiste: ALMADRESSA (alias MARIA BEATRICE PROTINO), ALEMANNO LUCIA, ERRIQUEZ MARIA ANTONIETTA, DEL TINTO MICHELA, LEGNO GABRIELLA, PETARRA MIMMA, SCIURTI ROBERTA, STOMEO GIANNA, VITTI ROSANNA.


Coi loro lavori, traendo ispirazione dal tema, rappresenteranno la cognizione del rapporto coniugale ai nostri giorni, ognuna con la propria tecnica e stile: una delle peculiarità proprie dell’arte contemporanea.
Ci si propone uno scambio di esperienze nell’incontro di differenti personalità: “nove artiste, nove emozioni, nove voli di farfalle che si librano libere nell’aria alla scoperta di se stesse e del mondo”.

VERNE, LA LETTONIA E TANTO ALTRO ANCORA (Altrimedia). Recensione di Silla Hicks

I ragazzini di oggi guardano il grande fratello, non leggono Verne, ammesso che Verne sia uno scrittore da ragazzi. E quasi nessuno sa più cosa diavolo sia stato l’affare Dreyfuss. Intanto, perché sono passati cent’anni. Poi, perché la polvere è meglio metterla sotto il tappeto e scordarsene, con buona pace del nastro della storia, che si riavvolge intanto sempre uguale. Peccato, peccato tutt’e due le cose. Intanto, perché Verne è uno scrittore, uno di quelli veri, con l’X factor, direbbe qualcuno, uno che ha il dono di raccontare e perderti dentro al racconto, e tu leggi e sei lì, che corri nella neve, e senti l’ululato dei lupi e l’adrenalina contrarti le viscere, sei lì, nel mulino, e tendi i muscoli e gli orecchi al passo del mugnaio, pronto a uccidere, se necessario, perché non vuoi, ma forse dovrai farlo, come hai fatto coi lupi, dovrai perché devi restare vivo.
Tu sei lì, e la storia ti insegue, sei lì sulla diligenza che ha un nome russo e strano, sei lì, quando si capovolge sul ghiaccio, e senti l’odore del freddo, e gli occhi di Ilka, perché l’amore è ovunque, anche e soprattutto laddove non ce ne sarebbe spazio, l’amore che aspetta anni, che fa giri immensi e poi ritorna indietro. Un libro è buono quando non ti riesce di chiuderlo finché non l’hai finito. Verne è così. Peccato. Peccato che tanti non ne abbiano letto nemmeno una riga. Peccato, che anche i libri siano soggetti alle mode, come i jeans. Pur non avendo gli strumenti per decodificarlo appieno, il dramma della Livonia/Lettonia resta un racconto che ti porta via, e si giustificherebbe appieno già per questo: come per tutte le storie raccontate bene, che si reggono sole, anche senza il senso che spesso si riesce a dar loro solo dopo, quando si è capaci di leggerle per quello che chi l’ha scritte cercava di dire. E in questo libro Verne cercava di parlare di ottusità nazionalista, di cecità razziale, di quella che oggi va di moda chiamare intolleranza: cercava di raccontare – trasposta in una landa ghiacciata e tutta bianca – l’aula di tribunale in cui per dodici anni un ufficiale francese ebreo, Alfred Dreyfus, fu giudicato e poi ingiustamente condannato, vittima di un errore giudiziario intriso dell’antisemitismo del suo Paese profumato e moderno, una vie en rose di spine che non tollera(va) estranei. Non importa se davvero l’uomo Jules avesse cambiato idea, dando retta la figlio e schierandosi infine tra i sostenitori di Dreyfus capeggiati da Zola, oppure no :quello che conta, per Verne, che gli fa scrivere questo libro, è la riflessione sull’errore giudiziario montato ad arte, sobillato dal rancore verso il diverso, lievitato dai mass media che nutrono il colpevolismo nell’opinione pubblica che cerca sempre il (un?) colpevole. Così, anche la vicenda in sé non conta più, l’innocenza e la colpevolezza non contano più, e diventa tutto uno scontro tra fazioni e razze e partiti e ceti sociali, il panslavismo contro il pangermanesimo, ariani contro ebrei, guerra di religione e di etnia e di colore di pelle occhi e capelli, di lingua e canzoni, e chi vincerà sarà il più forte. Punto. Dreyfus è solo il pretesto, Dimitri Nicolef è solo il pretesto, la storia è più grande, gli interessi in gioco più grandi, i protagonisti solo pedine su una scacchiera ghiacciata, infinita, su cui qualcuno di invisibile e potente sta giocando, e qualsiasi mossa è lecita, pur di arrivare a dare scacco matto. Come il Vietnam, come l’Iraq. Come i processi mediatici e Cogne, come tanto di quello che succede ancora, parafrasi della vita e del mondo in quel momento e nell’eterno, castelli in cui tutti siamo K destinati a smarrirsi, in cui niente è come appare, come vorrebbero farcelo vedere. Russificazione, germanizzazione: parole impolverate dalla storia, certamente, ma che mutatis mutandis non cambiano, resistono, alle cadute dei regimi e delle ideologie e degli imperi, perché c’è sempre qualcuno che paga perché è dalla parte sbagliata, un nero, un portoricano, il colpevole ideale per l’omicidio di un mite commesso di banca, del paradigma dell’operosità borghese, della vita tranquilla sognata dagli angeli, il matrimonio e un posto sicuro.
Più comodo pensare che ci siano loro, là fuori, con le loro zanne e i loro artigli, loro, i diversi, con gli occhi azzurri se i nostri sono neri e neri se i nostri sono azzurri, circoscrivere l’orrore all’altrove, piuttosto che ammettere che Erika ed Omar sono bei ragazzi ben pasciuti e amati, potenziali figli di tutti.
Verne grida l’urgenza della libertà, dei magistrati e delle repubbliche baltiche assieme: è un bel libro, ma non è un libro facile, che lascia la coscienza e i sonni tranquilli: con il miracolo che solo la letteratura può fare tiene per la mano Sciascia e Kafka, resta sullo stomaco e nella mente: quanto poco è cambiato il mondo in cent’anni, quanto poco, forse, potrà cambiare, ancora.
Non ci crede, Jules, che ha viaggiato sulla mongolfiera e creduto nella scienza e nei suoi mondi che sembrano matrioske, uno dentro l’altro, ventimila leghe sotto i mari e su nell’alto, oltre il cielo.
Non ci crede, che bastino i cavalli a vapore a spazzare la nebbia che ci impedisce di vedere attraverso, il pregiudizio, sì, ma anche i nostri piccoli interessi guicciardini, che alla fine, poi, sono alla base dei panismi più grandi. E non ci credi nemmeno tu, quando il libro l’hai finito: ma sai qualcos’altro, adesso, qualcosa che non volevi sapere, che dirada la cortina spessa, confortevole e calda che t’hanno costruito attorno. E questo basta, a farti fare domande.
Le risposte, non puoi trovarle in un libro, ma questa è un’altra storia.
I ragazzini di oggi non leggono Verne, guardano il grande fratello. Loro non se le fanno, le domande.
Vorrei dire che prima o poi succederà.
Vorrei. Come vorrei salire, per una volta, su una mongolfiera.

(UN DRAMMA IN LIVONIA di Jules Verne, a cura di Giuseppe Panella e Massimo Sestili, 2008, I narratori, Altrimedia Edizioni, Matera)

lunedì 20 aprile 2009

Internazionale d’Arte LGBT

In occasione del 24° Torino GLBT Film Festival che si terrà dal 23 al 30 Aprile 200, AV Art Gallerie col partenariato di Associazione Koinè e il patrocinio di Arcigay e Regione Piemonte, vi invita presso gli spazi espositivi della Fondazione Artèvision in Via Santa Giulia 14/c e Via Mazzini 50, e presso il foyer del Cinema Ambrosio (Corso Vittorio Emanuele 52), dove saranno ospitati lavori di artisti italiani e stranieri connessi in vario modo al mondo glbt. L’evento si inserisce nel panorama di appuntamenti artistici del capoluogo piemontese, sempre più ricco e diversificato, inaugurando una stagione di eventi culturali con un programma che intende esplorare la dimensione glbt attraverso gli strumenti artistici figurativi. L’alto valore artistico, le location e il contesto urbano torinese che ne sarà teatro, fanno dell’evento un’occasione irripetibile per accostarsi a questo mondo per secoli sopravvissuto nell’ombra e che solamente negli ultimi anni sta scoprendo spiragli per emergere e farsi conoscere.
L’Internazionale glbt avrà luogo a partire dall’ultima settimana di Aprile e durerà sino al 10 Maggio, esporranno artisti emergenti ed affermati, quali: Moxy Hart - artista sudafricano di fama mondiale, da diversi anni dedica la sua attività alla rappresentazione delle forme e della bellezza maschili, i suoi nudi e i suoi ritratti sono stati esposti a Melville, Cape Town e Hyde Park JHB ; Gianfranco Ragusano - scultore di grande talento formatosi presso le Scuole e Accademie d’Arte palermitane, dove è stato allievo di artisti del calibro di Antonio Tinaglia, Mariano Brusca, Salvatore Rizzati e Giuseppe Agnello; Raffaella Campolieti - pittrice ritrattista di grande valore espressivo, si è formata nelle scuole di Napoli e Venezia, dove i suoi lavori sono stati esibiti al grande pubblico in alcune delle location di maggiore fascino; Walter Rossignolo - vive e lavora a Torino, dove si è formato come fotografo presso la Fondazione Artèvision, è dotato di uno stile realistico ed etereo al tempo stesso; Martha Cecilia Meza - pittrice colombiana, ha lavorato a Bogotà come curatrice d’arte ed esposto le sue opere in alcuni degli eventi artistici più importanti del Sudamerica, attualmente risiede e lavora in Italia; Alessandro Capurso - fotografo torinese i cui scatti hanno partecipato con grande successo a concorsi come “Torinoquidomani”, “IoEspongo – 2008” e “Tuttocittà – Luoghi Comuni”, si dedica anche ad attività letterarie componendo poesie e racconti brevi; Elena Rossella Lana - giovane artista di Lecce, città dove studia e lavora, nonostante la giovane età i suoi lavori hanno ricevuto numerosi riconoscimenti durante eventi e concorsi locali ed internazionali; Alain Battiloro - artista e fotografo, attraverso i suoi scatti racconta con grande forza la realtà quotidiana nelle sue molteplici manifestazioni; Roberto Minarda - altro fotografo torinese, sin dagli anni ’70 collabora con importanti riviste di moda, architettura e design, deve la propria fama anche al suo talento di fotografo artistico. Saranno inoltre presenti presso le nostre gallerie, in via del tutto eccezionale, le “guest opere” di Mario Molinari: preceduto dalla sua fama, le sue sculture incantano e sconvolgono per inquietante immobilità.
Questi lavori, che trattano l’argomento glbt spaziando dalla scultura, al disegno, al ritratto, sino alla fotografia artistica, intendono sia rivolgersi ad un pubblico specializzato di professionisti ed appassionati, sia avvicinare un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo, che ne potrà apprezzare tanto la qualità intrinseca quanto la carica emotiva ed espressiva di cui sono vettori.
Fine ultimo è la sensibilizzazione al mondo glbt come parte della società occidentale contemporanea presente ormai in qualsiasi fascia sociale ed economica tramite la scoperta di nuovi punti di vista grazie allo strumento artistico visivo.

 QUANDO: Dal 23/04/2009 al 10/05/2009

 DOVE: Torino - Via Santa Giulia 14/c e Via Mazzini 50 presso gli spazi espositivi di AV Art Gallerie, Corso Vittorio Emanuele 52 presso le sale del Cinema Ambrosio

Matteo Becucci vince X Factor. Grandi anche i The Bastard Sons of Dioniso








X Factor, su Rai 2, e poi l’ultima puntata su Rai 1, in tutti questi mesi ha rappresentato un vero e proprio punto di riferimento per la categoria dell’esordio, ovvero ha messo in evidenza come la buona musica, la professionalità dai giurati ai vocal coach, il lavoro serio fatto di grandi ascese e brucianti cadute per tutti quelli che vi hanno partecipato, da Noemi ai Farias, sono gli elementi indispensabili per chi vuole fare della musica non solo uno stile di vita, che comunque rientra a torto o ragione nelle logiche del mercato dello spettacolo, ma anche una dimensione ontologica dell’essere per la musica ( mi si passi la cialtroneria heideggeriana). Al di là di tutte le polemiche sul televoto, mi sembra che l’epilogo abbia rispettato in tutto e per tutto gli artisti della finalissima: Matteo Becucci, il cantante della squadra di Morgan che ha sconfitto, per soli sedici voti, uno scarto millimetrico, i tre ragazzi trentini capitanati da Mara Maionchi, i grandi The Bastard Sons of Dioniso. Terzo classificato è stato Juri, della squadra di Simona Ventura, al quale Renato Zero ha esteso i più vivi apprezzamenti sia per l’originalità testuale del giovane cantante, sia per la singolarità della metrica. Dopo 14 puntate “X Factor”, il talent show di Raidue, dunque dà il suo responso: il trentottenne livornese Matteo Beccucci è il vincitore della seconda edizione di X-Factor. Al di là della dotazione anagrafica del Becucci (finalmente non conta essere assolutamente pop, fighi, e giovani), il cantante ha dalla sua dolcezza e mitezza nell’aspetto, e un forte background vocale limpido, deciso a tratti tonante. Forse un’antieroe del mondo delle pop star. Che dire dei The Bastard Sons of Dioniso. Pulp, pure troppo, punk rock in corpore, grinta nelle spinte corali, un mix di filosofia e antropologia musicale che unisce Friedrich Wilhelm Nietzsche per l’apollineo e il dionisiaco e uno slancio acidulo nei testi alla William Burroughs. Insomma una finalissima così non poteva che avere in assoluto l’x factor!

domenica 19 aprile 2009

Terrorismo Rosso: Andrea Vianello e Giorgio Vasta autore per Minimum Fax di Il tempo materiale, a Ciampino

«Qualcosa sicuramente si muove: il virtuosismo della scrittura di Giorgio Vasta»

Giuseppe Montesano, l’Unità̀

Nel 1978, in una Palermo preistorica e selvaggia, tre ragazzini pieni di passione e ideologia si affacciano al mondo per la prima volta. Tra loro c'è Nimbo - precoce, impaziente, ferino - che attraversa il geroglifico della città convinto di essere un eletto. Da Palermo, Nimbo e i suoi amici sentono il vento di Roma nell’annus horribilis della storia repubblicana - le Brigate Rosse e il sequestro Moro - e, disgustati dal provincialismo senza scampo dell’Italia, si scollano lentamente dalla realtà fondando una loro cellula terrorista. Per Nimbo è l'inizio di una discesa notturna che porterà lui e il suo gruppo a progettare attentati con una disperante lucidità, riproducendo in scala tutto il peso tragico di quegli anni.
Il tempo materiale è un romanzo crudele e commovente, che fotografa il nostro paese nell'attimo in cui perse definitivamente l’innocenza; il racconto di una generazione che, nell'incessante rielaborare la propria esperienza, ha sempre rinviato il momento del dolore. Perché il tempo materiale è anche il tempo mancante, quello in cui si sarebbe dovuto amare, e non lo si è fatto.

Terrorismo rosso

Incontro con Andrea Vianello e Giorgio Vasta autore di "Il tempo materiale"

Modera Giordano Meacci

Organizzazione a cura di Francesca Serafini

Saranno presenti il Sindaco Walter Enrico Perandini,l'Assessore agli organi istituzionali Simone Lupi e il Presidente del Consiglio comunale Vitaliano Giglio

mercoledì 22 aprile 2009
Start: 18.30 - 19.30
presso la Sala Consiliare, via IV Novembre, Ciampino, Italy

SATISFICTION 95: IL SUCCESSO DI SATISFICTION AL TG3

Si trova nelle maggiori librerie e durante i maggiori festival letterari. E’ Satisfiction la rivista letteraria gratuita che nasce da uno dei blog sui libri più letti e che si avvale della formula "soddisfatti o rimborsati".
Da blog tra i più letti d’Italia a free press letterario. E’ la storia di successo di Satisfiction che si avvale della collaborazione di scrittori e critici italiani e stranieri. Ma la sua vera particolarità è un’altra: si avvale della formula soddisfatti o rimborsati. Leggete sulle sue pagine la recensione di un libro e lo acquistate ma poi non rimanete soddisfatti. Che fare? Niente paura Satisfiction è disposto a rimborsarvi perché è profondamente convinto della bontà dei libri di cui scrive. Grande spazio agli inediti degli autori che hanno fatto la storia della letteratura. Senza mai dimenticare il profondo legame con la rete. Infatti, il gruppo Satisfiction su Facebook è tra i più numerosi del network. Margherita Rosciano ( TG3 NEAPOLIS)

SATISFICTION 95: IL SUCCESSO DI SATISFICTION AL TG3 delle 14.30 di venerdì 17 Aprile

LA SIGNORA DELLA LETTERATURA ITALIANA: MARIA CORTI

Domenica 19 aprile, ore 18.00, nella Sala Consiliare del Palazzo Ducale di Cavallino, ultimo appuntamento con la rassegna "Il colore delle parole", ideata e realizzata da Ambra Biscuso ed Alessandro Turco.

L'incontro è dedicato a Maria Corti. Lo spunto per ricordarla è nel tema della conversazione curata da Giuliana Coppola "Alla ricerca delle metafore e dell'Aghia Sofia, la santa sapienza, in terra d'Otranto, seguendo il percorso delle parole e della felicità mentale di Maria Corti". Interverranno, fra gli altri, Sergio Blasi, Elisabetta Liguori, Martina Gentile, Luigina De Prezzo, Rosa Mariano, Renata Asquer, Teresa Romano che hanno in maniera diversa lavorato accanto alla scrittura della artista. La giovanissima Federica Ventola darà voce al Canto delle Sirene.

Maria Corti, parlando di una donna dice: ….a lei spettava non solo il presente ma la memoria del passato e la previsione del futuro. Lei di diritto era insieme nell’attualità e nell’eternità.

Ed è sull’idea di attualità ed eternità che si conclude questo percorso nel Colore delle parole.

Maria Corti (1915-2002) è stata una delle figure centrali della cultura del Novecento: critica, filologa, teorica della letteratura, narratrice. Maria Corti insegnò dapprima ai licei; ottenuta la cattedra di Storia della Lingua Italiana all’Università di Pavia, nel 1972 creò il Fondo Manoscritti di autori moderni e contemporanei, a cui si collega la rivista “Autografo” da lei fondata. Collaborò anche ad altre riviste, quotidiani e ad iniziative editoriali. È stata membro della Accademia della Crusca, di Brera e dell’Arcadia; è ricordata anche all’estero per la sua instancabile attività di critica stilistico-letteraria. Alla sua costante attività di studiosa e critica si intrecciò quella di scrittrice e di coraggiosa sperimentatrice di diversi registri narrativi. Tutti i romanzi di Maria Corti sono viaggi da percorrere: intellettuali, metaforici, spaziali o storici. Tra questi ricordiamo: L’ora di tutti, un viaggio nella storia ottantina quattrocentesca; Il ballo dei sapienti, percorso tra costume e lingua nel pianeta-scuola degli anni Sessanta; Voci dal Nord Est e Il canto delle sirene, il primo viaggio investigativo nel New England, il secondo percorso tra tempo, cultura e storia, guidato da incantevoli sirene; Cantare nel buio, viaggio nella realtà del pendolarismo quotidiano.

Il Canto delle sirene Prima raffigurate nell'antica Grecia come uccelli rapaci con testa e bionda chioma di donna, poi dal Medioevo in avanti come donne a coda di pesce, le sirene sono da sempre con insidioso canto simbolo della seduzione intellettuale. Nei quattro episodi del libro, che vanno dai remoti tempi omerici all'oggi, Maria Corti illumina quella strana avventura di seduzione per cui "Sirene e naviganti si desideravano reciprocamente". Gli esiti sono fabulosi, drammatici o ironici, tutti conditi da un sottile chiacchierio delle Divine.

Nel Canto delle sirene protagonista è il pittore Basilio che dipinge Sirene, si mette sulle loro tracce sperando – e temendo – di essere fra gli eletti cui esse accordino le loro apparizioni, crede di avvertirne la misteriosa presenza durante i suoi tragitti sul mare intorno a Otranto, si pone in ascolto del loro canto. Ciò che ottiene è solo un profondo, panico silenzio. In parte, è però questo silenzio a ispirare quello che egli ritiene il suo capolavoro: un sacro dipinto di Santa Sofia, la divina sapienza raffigurata secondo la tradizione dell’iconografia bizantina. È qui evidente, da parte della narratrice e filologa, un recupero dell’idealizzazione pitagorico-platonica delle Sirene, ma anche del loro pathos “esiziale”. Infatti, a differenza di Ulisse, Basilio perirà nel naufragio della sua barca.

Scrive Maria Corti “le sirene invece di scomparire dalla storia umana davano luogo a frequenti apparizioni, ritorni qua e là nel corso dei secoli; niente meraviglia che figurassero in capitelli, in libri di poesia, nelle prediche, di volta in volta con diversa natura


Progetto e organizzazione: Ambra Biscuso e Alessandro Turco.
email: ilcoloredelle_parole@libero.it cell: 339.5607242

sabato 18 aprile 2009

Il rosaio d’inverno, di Roberta Borsani (Fara editore). Recensione di Nunzio Festa

Nei solchi della natura non è facile entrare. E non è facile starci. Soprattutto se si sceglie di farlo con un mezzo ben preciso, la poesia; e Roberta Borsani compie questa sua volontà. La raccolta d’esordio della Borsani, Il rosaio d’inverno – infatti – è un momento preciso di condivisione di spazi tra versi ed elementi naturali (diversi e vari). Tanto per cominciare: l’acqua. Ma sarebbe riduttivo pensare a un solo soggetto. Il volume è strutturato su cinque tappe. La prima che da il titolo alla raccolta, Il rosaio d’inverno. Poi Oggi Dio non osa. Ancora, Suonano a morto. Fiabe. Infine, Dopo questo dolore. Le liriche sono vissute da molta religiosità non religiosa. L’autrice riesce a invocare dio e angeli senza troppo cadere nella sventura dell’elegia cattolica. E, principalmente, senza marcare i suoi accenti di prodigiosità verso l’ultraterreno o similari. Con chiuse dolci e fatali, inoltre, l’autrice è persino brava a lasciare in lettrice e lettore il giusto sapore d’un ascolto fino a quel momento più che piacevole.

Roberta Borsani è nata a Milano, nel 1959. Ci s’augura, innanzitutto, che questo libro sia il primo d’una serie, d’un percorso che non tralasci questi temi e che si ricordi di toccare in maniera ancor più pressante e decisa il pianto dell’umanità tutta e le gioie infinite della stessa. Animali e piante, messe al centro di questa scrittura, sono le paroline del vento. Dell’incanto della natura sempre da proteggere. Le poesie della Borsani riescono a tenere insieme essere umano e terra, e la poetessa raggiunge questo scopo non dichiarato – e forse neppure studiato (ovviamente dal punto di vista delle costruzioni contenutistiche e stilistiche) – con l’astuzia di non invocare giustizie con la semplice mossa dell’additare. Ma esprimendo visioni. E sogni, letti, come ha giustamente spiegato lo stesso Franzin in sede di prefazione all’opera, nel delicato spazietto del dormiveglia.

Il rosaio d’inverno, di Roberta Borsani, prefazione di Fabio Franzin, Fara Editore (Sant’Arcangelo di Romagna, 2009), pag. 80, euro 10.00.

I vizi capitali e i nuovi vizi: analisi di Umberto Galimberti (Feltrinelli). Di Maria Beatrice Protino

Il filosofo riprende una tematica già affrontata in alcuni articoli usciti su Repubblica e descrive il mondo contemporaneo attraverso i suoi vizi con un messaggio sociale che consegna ai lettori.


Il vizio ha sempre goduto di maggior interesse rispetto alla morale: è più interessante scoprire quale sia la perversione di una persona piuttosto che la sua morigeratezza: , scrive Galimberti nel suo saggio pubblicato da Feltrinelli.
Identificati come da Aristotele, come nel Medioevo, come espressione della tipologia umana nell’Età dei lumi, appaiono infine come manifestazione psicopatologica nel Novecento. .
Ma l'autore distingue anche tra le due . La prima è quella del soddisfacimento dei bisogni e quindi dei vizi, perché per soddisfare l'esigenza del vizio l'individuo deve consumare; la seconda è la morale della mortificazione di questi bisogni. Per questo motivo non può esistere un’economia cristiana. Come conciliare le due cose? . Se le due morali, quindi, sono incompatibili - si tratta di due etiche diverse e contrapposte, per cui la morale cristiana ha esaurito la sua storia nel momento in cui la società è passata dallo stato del bisogno allo stato della soddisfazione del bisogno - è anche vero che si è creato nella coscienza collettiva contemporanea un .
Se si evitano i trucchi, invece, si possono analizzare i sette vizi capitali - ira, accidia, invidia, superbia, avarizia, gola e lussuria – e a questi aggiungere anche nuovi vizi che nascono solo nella società contemporanea perchè sono il frutto delle mutate condizioni economiche in cui viviamo: se si possono rileggere i vizi capitali alla luce della contemporaneità come devianze della personalità individuale, i cd nuovi vizi coincidono con "tendenze collettive" a cui l’individuo riesce a opporre solo una debole resistenza, pena l’esclusione sociale.
E allora Galimberti individua il consumismo, frutto del benessere economico, il conformismo o omologazione ad un modo di vivere comune, la spudoratezza e la sessomania - -, la sociopatia, il diniego o l’indifferenza (velata la polemica all’indifferenza verso alcune scelte politiche attuali) e il vuoto, il vizio per eccellenza dei giovani.

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venerdì 17 aprile 2009

Contamination Corruption di Sergio L. Duma (Icaro edizioni)

Partiamo da alcune considerazioni piuttosto banali, ma necessarie. E’ indubitabile che stiamo assistendo ad una vera e propria scomparsa dei confini degli spazi economici e della cultura tecnologico-scientifica, come della cultura in generale. Il sapere, nel senso più ampio del termine e non solo quello scientifico delle società di oggi, è de-valorizzato e de-contestualizzato. Ovvero la costante orizzontalizzazione ( e a volte banalizzazione) dei messaggi culturali prendono vita e significanza solo se possono essere mercificati (Lyotard). Per essere ancora più meticolosi, avranno maggior senso i messaggi culturali più facilmente decodificabili ed utilizzabili. La nostra società, è la società come sostiene Z. Baumann, “dell’incertezza”. La velocità di cambiamento che ormai pervade l’economia di oggi, e non solo quella, ha prodotto una condizione di continua incertezza nell’uomo che conosce una nuova angoscia: il terrore costante di rimanere indietro. E questo è un metodo accettato e perseguito anche dal mercato dello spettacolo, dell’intrattenimento, dalle piccole e medie aziende pubblicitarie alle corporation del cinema, della radio, della televisione, del web, dell’editoria. Esse sanno che per creare dipendenza devono lavorare sulle intersecazioni dei messaggi, sulle loro ibridazioni, sulla creazione di nuove grammatiche accessibili a chiunque, stimolanti e soprattutto che creino assuefazione, proprio perché nascono all’interno del sistema mediatico, ogni giorno digerito a malapena dal singolo, sottoposto puntualmente ad un immenso pasto pantagruelico di immagini, slogan, spot, parole, odori, suoni a velocità supersonica. La ricaduta, per fare un po’ di psicologia da salotto che non fa mai male, è che tutti, indistintamente, corrono da soli come folli alla ricerca di qualcosa, non comprendendo di restare invece fermi, in quanto anche il raggiungimento dell’oggetto dei loro desideri non appaga la loro inarrestabile sete di possesso. La globalizzazione ha posto l’uomo in una nuova condizione di alienazione, e ha offerto l’illusione che la corsa inarrestabile al produci-consuma-crepa, potesse darsi come dimora definitiva dell’uomo. Ed ecco allora che dove la realtà che ci circonda appare sempre più caotica e inafferrabile, la spinta culturale proveniente da diversi sistemi di culture, sub culture, culture altre, tende ad emergere nella devastante azione virale della “Contamination Corruption” dove ci si orienta in un mondo che ha abbandonato qualsiasi volontà di definizione, perché non può darsi in nessun caso dei prodotti presentati (film, video clip, games, libri, musica, arte) alla massa generalista, perché nel momento in cui si cerca di restringere il campo di analisi l’universo mercantil-tecno-spettacolare presentato svanisce in chissà quale mondo parallelo. Il libro edito da Icaro Edizioni nella collana diretta da Angelo Semeraro, di Sergio L. Duma dal titolo per l’appunto “Contamination Corruption” ha l’ x-factor, proprio come hanno dimostrato qualche giorno fa i The Bastards Sons Of Dioniso con il loro inedito L’Amor carnale che ha nel suo codice genetico gran parte della storia del punk rock internazionale. Ora Duma secondo me fa un’operazione molto intelligente, innanzitutto sul piano della scrittura: attacca “il nemico” con le sue stesse armi. Stile graffiante, da navigato articolista di pop culture, acido, sintetico come una web scrittura da micro-blogging, ma che non rinuncia alla serietà dello scandaglio quasi accademico. Anche se l’autore ammette di non poterlo fare dalla quantità di giga informativi da presentare nel limite del prodotto editoriale. Secondo punto a favore di Duma è che scende in profondità con la sua torcia nelle viscere del nostro immaginario collettivo. O meglio del nostro inconscio collettivo iper-mediatico. E dunque il testo si costruisce in queste sezioni: Contaminati precursori, Sci-Fi corruption, Contaminati isolati, Avant Pop, Tv e Comics Files, Sex Virus, Cinema di confine, Music Corruption. L’opera diventa fruibile e gustabile da chiunque, completa sino all’inverosimile, una vera e propria wikipedia della nostra era. Nello specifico? Si va dalla teoria del cut up di William S. Burroughs e Thomas Pynchon, alla corrente letteraria Avant Pop creata e teorizzata da Larry Mccaffery e che in Italia Fanucci ha racchiuso nell’antologia Schegge d’America, da Marilyn Manson a Genesis P-Orridge degli Psychic Tv, da Aleister Crowley a Charles Manson, da X-Files di Chris Carter a Matrix dei fratelli Wachowski, dai Simpson e South Park ad Arkham Asylum per la Dc Comics, opera tra il gothic e noir dove viene presentato un Batman e un Joker psicotropici grazie all’arte immensa di Grant Morrison, per non parlare dell’universo Marvel con la generazione mutante degli X-Men, da Ciclope in poi. Un libro questo di Sergio L. Duma che non può definirsi solo una panoramica delle produzioni artistiche degli ultimi decenni che hanno avuto rilevanza per le giovani generazioni. No, non è solo quello. Come non può essere solo un’agile guida, o un viaggio in T.A.Z (zone temporaneamente autonome come direbbe Hakim Bey). E’ un viaggio in un’altra galassia, senza centro né principio, dove forse altri mondi con altre civiltà attendono di essere scoperte!

giovedì 16 aprile 2009

La futura classe dirigente di Peppe Fiore (Minimum Fax) al Dimmidisi di Roma

«Una padronanza e un'originalità di scrittura rare in un autore agli esordi».

Giovanni Pacchiano, Il Sole 24 Ore

«Le sue frasi sono mirabolanti, le sue storie sono vive. Le pagine di questo scrittore pulsano».

Francesco Borgonovo, Libero

Figlio unico napoletano trapiantato a Roma, megalomane, assediato da una selva di nevrosi erotiche, bipolare come tutte le persone di talento nell'Italia contemporanea, Michele Botta ha la sua prima vera occasione per entrare nel mondo degli adulti: viene assunto da una giovane e dinamica società di produzione televisiva. Potrebbe essere l¹anno della svolta, e invece è qui che il suo equilibrio già precario finisce per sgretolarsi. Viene mollato dalla ragazza. Il rapporto con i genitori è un ginepraio di ostilità reciproche ormai arrivato al pettine. E l'emancipazione professionale è una fiction milionaria su un mitologico regista porno degli anni Ottanta, che forse non è mai esistito. Comico, caustico, eccessivo, irresistibile, La futura classe dirigente è l'attraversamento della linea d'ombra nell'era della demenzialità istituzionalizzata e della volgarità al potere. Ma anche l'analisi amara e impietosa di un paese attraverso la messa alla berlina della sua «santa trinità»: la famiglia, il sesso, la televisione


Quando: domenica 19 aprile 2009
Start: 19.00 - 20.00

Dimmidisi
via dei Volsci, 126/b - Roma, Italy

Nell'ambito di "Happy Book"

Peppe Fiore
presenta
"La futura classe dirigente"

A seguire la mostra delle vignette di Bucnic
e il concerto dei RareTracce

Ingresso comprensivo di aperitivo con buffet 10 euro.
Dopo le ore 21 ingresso 5 euro.

Serata organizzata da Whipart.

CLAUDIA VIVENDO - Tu, poetessa della meraviglia, che continui a stupirci

Venerdì 17 aprile alle 21.30 all’ “ARTI E VINO” – La Movida (via Maremonti 9/11 presso piazzetta S. Chiara) a Lecce, verrà raccontata Claudia Ruggeri.
Verrà fatto attraverso le letture tratte dal libro di Claudia, “Inferno minore”, a cura di Luca Nicolì e Massimiliano Manieri, a cui si alterneranno le testimonianze di chi, come Walter Vergallo e Maurizio Nocera, l’ha conosciuta e frequentata.
Ci farà compagnia Maria Teresa Del Zingaro, madre di Claudia. Il fotografo Elio Scarciglia presenterà il sito dedicato alla poetessa e ci parlerà del documentario “Claudia”, che ha già proiettato a Firenze e presto anche a Taranto.
La giovane attrice salentina, Chiara Colapietro, chiuderà il racconto con un’interpretazione personale di “Corrotto barocco” e ci offrirà una piccola sorpresa.

Per informazioni e prenotazioni 347.7570002

Claudia Ruggeri, nata a Napoli nel l967 da madre napoletana e padre leccese, visse sempre a Lecce, dove è morta nel 1996.
Frequentò, contemporaneamente, la facoltà di lettere moderne e quella di teologia.
Viaggiò moltissimo: Turchia, Polonia, Ungheria, Russia, India e Sri Lanka.
A 18 anni fece parte del “Laboratorio di poesia” creato nel 1985 e diretto dal prof. Arrigo Colombo, in collaborazione con il prof. Walter Vergallo, che sfociò, poi, nella rivista “L’incantiere” che diede il via al festival “Salentopoesia”.
Claudia fu considerata come la più dotata, particolarmente creativa nel discorso lirico, straordinaria e personalissima nella recitazione. Si fece conoscere per la sua vitalità espressiva, per l’uso degli arcaismi e delle parole inventate. Strinse amicizia con Franco Fortini, Dario Bellezza, M. Luisa Spaziani, Michelangelo Zizzi, Antonio Verri.
Solo alcuni anni dopo la sua scomparsa, si iniziò a parlare di lei.
Mario Desiati, caporedattore di “Nuovi argomenti”, rivista letteraria edita dalla Mondadori, le dedicò la pubblicazione di versi, testimonianze e ritratti fotografici e, in seguito, la stampa di “Inferno minore”.
Nel 2007 "Terra d'ulivi" di Lecce ha stampato “Oppure mi sarei fatta altissima”, saggio sulla poetica di Claudia Ruggeri, di Alessandro Canzian. La stessa Associazione culturale, ha indetto un premio letterario “Claudia Ruggeri” da assegnare a giovani autori.
Buona parte dei manoscritti della poetessa si trova a Firenze, presso il “Gabinetto G.P. Vieusseux.

Progetto e cura dell’evento: Alessandro Turco

CLAUDIA VIVENDO
TU POETESSA DELLA MERAVIGLIA CHE CONTINUI A STUPIRCI


Start - venerdì 17 aprile 2009 alle ore 21.30

“ARTI E VINO” – La Movida
Indirizzo: via Maremonti 9/11 c/o piazzetta S. Chiara - Lecce, Italy


E-mail: tusandro@libero.it

Horatio - E se Orazio fosse un clown e Amleto un pianista folle?

“Orazio, sto morendo. Tu vivi. Racconta la verità su di me e sulla mia causa, a chi non sa. Oh Dio, che nome ferito mi lascio dietro, se tutto resta ignorato. Se mai mi hai tenuto nel cuore assentati per un poco dalla felicità, e in questo mondo feroce respira soffrendo per raccontare la mia storia.”
Amleto, William Shakespeare.

Orazio, il fedele confidente del principe Amleto, intrappolato nel cimitero delle mille rappresentazioni della tragedia shakespeariana, condannato a ripeterla da sempre, si ritrova esasperato nei panni di un clown costretto a convivere con un Amleto convertito in un pianista folle, che attraverso le immagini allucinanti dei “Quadri di un’esposizione” di Modest Musorgskij conduce Orazio nell’inevitabile franare degli eventi che lo porteranno a vendicarsi del re fratricida. L’universo degli infiniti travagli interiori del principe di Danimarca porta lentamente a perdere il contatto con la realtà fino a mostrare al clown, sempre confuso ed emotivamente alterato, il divario fra l’essere e il non essere, il partecipare e l’assistere. Tutto questo con il naso rosso.
Che Amleto finga di essere pazzo, non ci ha mai creduto nessuno.


Biglietto intero 12 €
Biglietto ridotto 7 €
Acquistabile online a prezzo speciale su Happy Ticket


Voce: Francesco Deri
Pianoforte: Davide Runcini
Direzione di scena: Marta Falconi
Scenografie: Teatro Carlo Felice di Genova

Il Cirque Allant Vers e Bruditheatre

presenta

Horatio

Da mercoledì 6 maggio 2009 alle ore 21.00 a venerdì 8 maggio 2009 alle ore 22.00
Teatro Altrove, Piazzetta Cambiaso 1, Genova, Italy



INFO : 3497220097
E-mail: falconi.marta@gmail.com


Teatro Altrove 6,7,8 Maggio
Piazzetta Cambiaso 1 Genova

mercoledì 15 aprile 2009

Io scrivo di Simone Maria Navarra (Delos Books)


Un manuale di sopravvivenza creativa per gli autori emergenti, che vogliono migliorare la loro scrittura e, magari, trovare anche un editore disposto a pubblicarli... Cari scrittori emergenti, ammettete con voi stessi che, se non iniziate mai a scrivere, se non riuscite ad andare oltre a un paio di pagine o se vi bloccate per un mese ogni tre righe, forse scrivere non vi piace così come credete. Forse, in fin dei conti, diventare un autore di romanzi non è davvero il sogno della vostra vita. Se poi doveste rendervi conto di odiare letteralmente la parola scritta questo potrebbe dire che, nell'intimo del vostro spirito, non si nasconde uno scrittore ma un editore. In questo caso la prima cosa che dovete chiedervi è: ho intenzione di pubblicare anche autori emergenti? Se così fosse, vi mando subito qualcosa di mio da leggere. Io scrivo è un libro intelligente, divertente e dissacrante, che pur rivelandosi una vera miniera di consigli utili per ogni autore alle prime armi che intende affinare la propria tecnica per arrivare a pubblicare, non perde l'occasione per indagare nel vasto mondo dell'editoria, con i suoi trabocchetti e i suoi percorsi difficili, e in quello, forse ancora più ampio ed eterogeneo, degli scrittori in cerca di editore, apparentemente disposti a tutto pur di pubblicare. Proprio come Simone Maria Navarra!


L'AUTORE

Nato a Roma nel 1975, Simone Maria Navarra ha scritto diversi racconti e romanzi, alcuni dei quali disponibili gratuitamente su Internet in formato ebook.
Io scrivo è il suo primo libro pubblicato.


Io scrivo di Simone Maria Navarra
Delos Books
Collana: I libri della Writers magazine Italia
Web: http://www.ilmondoquasinuovo.com

L'amor carnale - The Bastard Sons of Dioniso



That's all folk!

Senza Corpo (Minimum Fax) a Bologna al Teatro San Martino

Aa. Vv., Senza corpo
Voci dalla nuova scena italiana


a cura di: Debora Pietrobono
illustrazione di: Luigi Bicco

venerdì 17 aprile 2009
Start: h. 19.00
Teatro San Martino, Oberdan, 25 - Bologna, Italy


Intervengono
la curatrice Debora Pietrobono


Lucia Calamaro • Oscar De Summa • Alessandro Langiu • Giuliana Musso • Massimo Somaglino • Sergio Pierattini • Michele Santeramo • Daniele Timpano


Come ogni anno, minimum fax propone ai lettori un'antologia di ricerca delle nuove scritture che attraversano l'Italia. Per il 2009 il bacino di nuovi talenti dove siamo andati a pescare - sotto la guida di Debora Pietrobono - è quello degli scrittori per il teatro. Perché dietro i recenti successi di autori come Marco Paolini, Ascanio Celestini o Emma Dante, esiste una scena ricchissima di giovani drammaturghi capaci di creare un canone alternativo nella letteratura italiana contemporanea. Attraverso questi otto testi, spesso già premiati e riconosciuti come piccoli capolavori di scrittura, si delinea una panoramica che, tra differenze stilistiche e consonanze tematiche, in un passaggio continuo dalla lingua al dialetto, dà voce alla nostra società malata e crea una vicinanza con il lettore che, pagina dopo pagina, viene sempre più chiamato in causa.

martedì 14 aprile 2009

Eleonora Danco, Ero Purissima (Minimum Fax) domani alla Libreria del Cinema di Roma

«Eleonora Danco è un'artista di razza randagia, irrefrenabile ed elastica, è un fenomeno di culto come scrittrice e interprete di testi corsari, è una performer in grado di alimentare un fluxus joyciano di slang romanesco».

Rodolfo di Giammarco, La Repubblica

mercoledì 15 aprile 2009
Start h. 19.30 c/o Libreria del Cinema, via dei Fienaroli, 31/d - Roma


Eleonora Danco
presenta
Ero purissima

Presentano Edoardo Camurri e Luca Mastrantonio

Leggono Eleonora Danco
Sandra Ceccarelli e Fabrizio Gifuni


Con una conversazione con Marco Lodoli

Le sue storie fanno ridere e fanno male, sono crude e struggenti. Eleonora Danco, la più grande rivelazione del «giovane teatro arrabbiato» degli ultimi anni, ci sbatte in faccia la disperazione e la nevrosi quotidiana delle nostre città. Lo fa con i suoi più significativi testi per il teatro, qui presentati in ordine cronologico in modo da ripercorrere un decennio di lavoro: un concentrato di rabbia e poesia, espresso in un linguaggio crudo ma pieno di grandi invenzioni e illuminazioni improvvise, che l'ha portata a diventare in poco tempo una vera autrice di culto, tra Pasolini e Sarah Kane. L'adolescenza, i conflitti familiari, il sesso, la droga, le periferie: il mondo della Danco rivive adesso finalmente su carta ­- uno splendido, liberatorio pugno nello stomaco per i lettori.

E IO ASPETTO..LE CRONACHE DI IRENE. Silla Hicks su Irene Càrastro Mosino, Cronache semiserie di città (Altrimedia)

È difficile scrivere. Scrivere qualcosa di buono, intendo, qualcosa che ti inchiodi per una, dieci, mille pagine, che ti guardi coi suoi occhi spalancati anche dopo che il libro l’hai chiuso.
Non basta un diploma o una laurea e nemmeno il ricordo di quello che hai visto.
Non so cosa serva.
Perché sono un camionista, io. E non dimentico di esserlo. Anche quando racconto le storie che vedo.
E così mi dispiace, signora Maestra: mi dispiace due volte, ma io, alunno che da Lei avrei preso massimo un cinque, io, che non sono istruito né chic né perbene – uso le Sue parole: ne riconosce il suono? S’accorge di quanto è aspro, senza appello? - Io, che se fossi nato tremila chilometri a Sud avrei, come la signora Paglisi, raccolto le olive nella Piana, la boccio, e le spiego anche il perché.
La boccio, perché boccio il Suo stare in cattedra, la Sua sensibilità piccolo borghese, il Suo gusto per un periodare paratattico piuttosto scarno, e non per la paratassi in sé, ché Le assicuro che un pakistanino d’Inghilterra, certo Hanif Kureishi, ne ha fatto un gioco pirotecnico da abbagliare persino un mondo in cui il sole c’è solo a mezzanotte.
La boccio, perché se è vero che critica viene dal greco e significa giudizio, a Lei, a dispetto del titolo che ha scelto, manca l’ingrediente base per una critica che non sia rifiuto e basta: l’ironia.
Lei non sorride, ma addita: Lei, che ama parole come “volgare”, o “saggio”, non riesce a capire che Cesarino – davanti cui “piange”, e prega, è da credere – avrebbe bisogno di un abbraccio, e non di una Resurrezione: a quella, semmai, penserà chi è ben più in alto: ma un abbraccio Lei è lì, e può darglielo. Io, camionista che non ha finito le superiori, direi persino “deve”.
Ma invece no, Lei guarda e basta, e guarda con distacco, signora Maestra: la Sua pietà resta sospesa a mezz’aria, resta distinta, c’è un io, e un voi.
Lei che di notte è confortata nel buio dal fracasso dei vicini che rientrano, non sa fare una carezza a un cane né a un ragazzino smarrito e metterà anche voti a tutti, ma non lascia il segno che i maestri lasciano, talvolta mettendo da parte ruolo e “princìpi” per scaldare le parole, e il cuore di qualcuno.
Perché per farlo- per insegnare, ma anche per scrivere - bisogna dimenticare tutto e perdersi, sa: perdersi nel fango se si parla di fango, e impiastricciarsi di nuvola se si parla di cielo.
Bisogna guardare per ore un taglio sul dorso di una mano, e immaginare un gatto che la graffia stanco di giocare, sentirne il calore della pelliccia, e ascoltarne le fusa: chiuda gli occhi, e immagini. No, niente “kissi, kissi”, stavolta. La prego, si fermi. Ascolti.
Ascolti la solitudine dell’uomo con la mano graffiata, e non si chieda se la merita o no.
Pensi solo che è umano: fatto della stessa sostanza fragile e imperfetta e immensa di cui è fatta lei.
Tenda le dita, lo tocchi. Lo stringa. Senta il suo dolore attraversarla come corrente elettrica, e pianga per davvero, con il trucco che le scioglie sulla faccia grinza come sulle faccette acerbe delle ragazzine che ci si impiastricciano per nascondersi, alcune delle quali - per Lei – resteranno per sempre volgari, perché non sa coglierne la devastante bellezza.
Forse non lo sa, signora Maestra, ma è stata proprio una di loro a scrivere quelle che credo siano le cronache cittadine più riuscite, intense e vere, piene insieme di ironia e di dolcezza, del sole dell’Indocina e delle brume di Parigi: una ragazzina esile, imbrattata di trucco pesante, che andava al liceo indossando un paio di vecchie scarpe da sera ricamate di strass, una ragazzina francese che Lei avrebbe detto “volgare”, che andava a letto con un cinese vent’anni almeno più vecchio di lei e si chiamava Margherite, Margherite Duras.
Legga, la prego, le sue Storie d’amore estremo, e veda come si può davvero raccontare gli “ultimi” come recita la sua quarta di copertina, stando in mezzo a loro e insieme elevandoli sul mondo.
Un primo passo, può essere non chiamarli più ultimi, ma solo persone. Provi a farlo, signora Maestra.
Poi, se vuole, scriva ancora.
Tenendo il cuore e la penna in mano, seminando tra gli inevitabili errori quelle parole giuste che arriveranno dritte in mezzo agli occhi di qualcuno, come un proiettile, a tradimento, e dalla ferita che ci apriranno faranno sgorgare a fiotti pezzetti di sé che rotolandole giù, sulla faccia, le graffieranno gli occhi a sangue, in modo assoluto, indecente, al di là di quello che è giusto o no, al di là di quello che è opportuno o no, per un tempo ben più lungo di un centinaio di pagine.
Smetta di commemorare un mondo di sane e buone piccole cose, edulcorate dal ricordo come gli amori finiti quando passano gli anni e ci si scorda quanto ci hanno fatto piangere: perché Lei lo sa, in fondo, che è questo che le fa rimpiangere le sue canzoni: il fatto che non siano, che non possano più fare male.
E non mi parli di Gozzano, adesso: le sue piccole cose erano di pessimo gusto, ricorda? Come attraverso gli occhi azzurri della servetta quindicenne, Guido stava alla finestra di un mondo quanto mai reale, incapace di starci dentro, ma desiderandolo così forte – così dolorosamente - da entrarci per davvero.
Si guardi intorno. Guardi il mondo, com’è. O lo immagini, anche. Ma standoci in mezzo, sentendolo nelle viscere, e pazienza se non è perfetto, perché è questo, Le confido, il bello dell’essere umano.
Faccia quello che crede, ma esca, vada ai “giardinetti”, se vuole, e pazienza se qualcuno ci ha portato a spasso il cane, pazienza se si sporcherà le scarpe, respiri la terra, lo smog, il sudore del mondo.
Non commiseri, non giudichi. Soltanto, sia. Sia quello che vuole raccontare.
Si faccia male. Lasci da parte il Suo doppio cognome, e non perché è per sé ostacolo: lo è per Lei, che ne ha fatto una barriera. Vada in giro scalza e nuda per il mondo.
Né Maestra, né allieva: solo, umana.
Collezionando sguardi e storie dentro a bustine di Minerva, mettendo insieme un Diario minimo di immagini che siano frammenti di vita, preghiera, non buone abitudini, come ogni messa dovrebbe essere, perdono. Per sé e il mondo insieme.
Non so dirle se basterà, per farne un libro.
Non so dirle cosa ci voglia, né se si possa imparare.
Ma almeno il mondo, la gente, i cani e i gatti e la città con il suo traffico e le sue moto e i suoi autobus le scorrerà sotto pelle, e un bel momento finalmente si accorgerà di esserne parte.
E allora, finalmente, non sarà più Maestra, ma solo Irene.
Un nome bellissimo, antico, di occhi neri che ballano il sirtaki sensuale di Zorba, di sole che acceca e piane infinite di aranci.
Si siederà sotto uno di essi, Irene, anzi: ti siederai.
E, piangendo – ferita, le vesti stracciate, il trucco sciolto – racconterai le tue cronache.
Mentre tutti staranno fermi e zitti, ad ascoltare.

(Irene Càrastro Mosino, Cronache semiserie di città, I Narratori, Altrimedia Edizioni, Matera, 2009)

Il sesto ed altri racconti. Psychotropic noir di Stefano Delacroix (Lupo editore) a Ruffano

Venerdi 17 aprile, presso il Teatro della Scuola Elementare in Via Paisiello, a Ruffano, alle ore 19.30, si terrà una serata evento, organizzata dalla locale Pro Loco, con la presentazione del libro di Stefano Delacoix, Il sesto ed altri racconti. Psychotropic noir, edito da Lupo (2008).

Si tratta della prima uscita pubblica a Ruffano, quasi un ritorno a casa per l’autore, Stefano Delacroix, nato nel 1966 a Taranto, dove vive ed opera, ma di origini ruffanesi per parte dei genitori, come il vero cognome, Cazzato, inconfondibilmente rivela. Dopo la militanza tra le band giovanili, scoperto da Maurizio Montanari, approda alla corte di Mimmo Locasciulli, pubblicando tra il ‘94 e il ‘97 i primi due album da solista, Ribelli, e La legge non vale (entrambi per Ed. Hobo e distribuzione Sony Music). Delacroix ha già esordito nella letteratura nel 2007, con due romanzi, La memoria del mare (ed. La Riflessione) e Peristalsi (ed. Il Foglio), ma con la raccolta di racconti Il Sesto, lo scrittore tarantino esordisce nel genere del noir psicologico o “psicotropo” (la definizione è di Michelangelo Zizzi). La pubblicazione apre ufficialmente la collana “Incipio” di Lupo Editore. Gli otto racconti che compongono Il Sesto, infatti, si fondano tutti su un dubbio percettivo, psicologico, che disperde le energie dei protagonisti, facendoli cadere nella follia che, in questo caso, diventa una distrazione della percezione. Nel noir psicotropo in cui sono immersi i protagonisti dei racconti di Delacroix vengono meno le due coordinate esistenziali fondamentali nelle quali l’essere umano si trova a vivere: lo spazio ed il tempo.

Lo sfondo quasi costante di tematiche amorose, rende il genere ancora più idiopatico, irresistibilmente identificante. L’amore ne Il Sesto rimane la cosa più reale ed unicamente significante, a dispetto del suo dissolvimento. Così si ama ancora la donna della propria vita (come nel bellissimo “Il volgere del tempo”) senza poterla, a causa di fatti inspiegabili, più rivedere (nel racconto, il protagonista torna indietro nel tempo, ma realmente, fisicamente, mantenendo tuttavia coscienza del fatto, fino al giorno in cui vede la donna -che avrebbe amato nel corso regolare del tempo- nascere nel grembo della madre); così si da, per lettera abbandonata allo spazio, l’addio al figlio lontano anni luce (in senso letterale del termine, come avviene nel racconto che da il titolo al libro), mentre si va incontro a una rivelazione ontologica o forse, ancora una volta, solo percettiva, neuronale. Scompaiono le differenze tra mondo esterno e mondo interno, tra memoria e attesa del futuro: il tempo non scorre se non nel flusso circolare del percepire - ricordando.. Eppure le vicende avvengono: suicidi determinati da una falsa percezione dell’altezza; errate letture del mondo che si riconducono alla fatalità di un nome e che conducono a costruire la propria morte, apparentemente accidentale; smarrimenti spaziali o temporali che divengono irreversibili e coincidono col cambiamento irreversibile della propria collocazione nel mondo.Il Sesto ha avuto un “padrino” d’eccezione, l’attore Alessandro Haber, che durante la prima presentazione del libro, a Copertino (LE), ha letto alcuni racconti dell’opera di Delacroix (che ha anche un sito ed un blog personali molto interessanti ed interattivi).

Durante la serata del 17 aprile, coordinati da Paolo Vincenti, Presidente della Pro Loco Ruffano, interverranno Michelangelo Zizzi e Stefano Donno, con degli interventi critici sull’opera di Delacroix, lo stesso autore, che si esibirà come musicista e cantante, ed il regista Massimo Cerbera, autore del book-trailer del libro che sarà proiettato a inizio serata. Ospite d’eccezione, Salvatore Russo, talentuoso chitarrista di fama nazionale che farà vibrare la sua sei corde per il pubblico presente, peraltro avvezzo alla buona musica dal vivo, grazie al “Trend and Blues Festival”, manifestazione organizzata dall’Amministrazione Comunale che da diversi anni si svolge a Ruffano, in luglio, e che ha visto esibirsi sul palco ruffanese i più conosciuti ed apprezzati musicisti blues a jazz di tutto il mondo. Appuntamento il 17 aprile, a Ruffano, per una serata dalle forti emozioni.

Ingresso gratuito
Organizzazione: Pro Loco Ruffano
Info: 348.1306106 – 338.9821988

domenica 12 aprile 2009

Sandor Torvjollit - La linfa del cemento

A volte se non toccassi il cielo per picchiarlo
mi accorgerei che è solo un bambino azzurro.

So già il giorno in cui mio nipote verrà
in un altare d'aperta campagna
e urlerà al vento "il nonno è morto! il nonno è morto!"

lì dove solo le anatre si permettono di morire,
lì dove si fan messe cogliendo fiori secchi

non capirò mai perché labbra azzurre
sono peggio di labbra rosse.

L'azzurro è il colore dell'azoto nell'atmosfera,
mentre il rosso invece, è il colore delle trincee.

Diteglielo,
a chi supplica la vita,
che siamo fatti delle nuvole peggiori,
che siamo vigliacchi come quelle nuvole
a quadretti

La diagnosi, è la stessa, sempre la stessa:
siamo azzurri
come mutande, telefoni, coperte, giocattoli
e a me basta.

(Sandor Torvjollit, "La linfa del cemento", Ed. Beit, 1982)

su suggerimento di Paolo Ferrante

sabato 11 aprile 2009

Svolte di costume: i giovani musulmani vogliono cambiare. Di Maria Beatrice Protino

Già subito prima dell’elezione di Barack Obama, in Iran - stando alle notizie riportate da chi in quei posti poteva permettersi di osservare con ‘occhio estetico’ la società del luogo (articolo pubblicato su Il Maschile de Il Sole 24 Ore, Sorpresa, son Millennials di Paolo Martini) – sembra si nutrisse una profonda aspettativa tra i giovani iraniani (e si badi che, nella zona ex colonia britannica che si estende dall’Asia occidentale al Nord Africa, gli under 25 sono circa la metà della popolazione), stanchi ormai del fondamentalismo e di una classe clericale insopportabile.
La voglia dei giovani di diventare come noi occidentali va a colpi di minigonne e addirittura nasi rifatti. Nonostante la censura severa, infatti, il modello di vita occidentale è un importante obiettivo, soprattutto per l’avanguardia della borghesia musulmana cresciuta a .
Questa generazione, detta dei Millennials (definizione sociologica che li identifica come , perchè nati nell’epoca digitale), sono in Iran, ma anche a Dubai e, come scriveva sul Time Sarah Raper Larenaudie: . Lo stesso accade tra i maschi modaioli: ritoccano gli abiti tradizionali con dettagli tipicamente occidentali. Si pensi che, a Kuwait City, ci sono negozi in cui i giovani vanno ad ordinare tuniche e foulard riadattati e griffati da stilisti del calibro di Tom Ford e Jil Sander.
Una giornalista inglese come Allegra Stratton ha addirittura pubblicato un libro su questa nuova tendenza culturale tipica dei paesi arabi islamici: le sue Muhajababes sono, con un gioco di parole anglo-arabe che combina il termine muhajabah (dama che porta il velo) e babe hollywoodiano, le ragazze che non rinunciano al tacchi e al look griffato occidentale, nonostante in testa usino indossare i foulard neri (magari anche questi alla moda).
Il potere della seduzione della cultura occidentale ha colpito ancora e, attraverso la cura per l’abbigliamento, diventa, come scrive il Time, .

La nuova borghesia islamica si secolarizza e sotto il velo sceglie la griff, forse nella speranza dell’inizio di un nuovo sogno americano

fonte iconografica da Il Sole 24 ore

Impronte di Luigi Marzo a cura di Ambra Biscuso e Alessandro Turco

All’interno della mostra di pittura “Impronte”, di Luigi Marzo, un sabato pomeriggio di letture poetiche con interventi di Arrigo Colombo e Walter Vergallo de “L’Incantiere” e di Maurizio Nocera e Pier Paolo De Giorgi. Luca Nicolì leggerà poesie giovanili ed inedite di Carmelo Bene, Federica Ventola farà un viaggio nella poesia femminile, con la Yourcenar e la Cvetaeva. E’ previsto un omaggio poetico a Vittorio Pagano e Vittore Fiore.


La mostra di Luigi Marzo è organizzata in collaborazione con l’assessorato alla Cultura della Provincia di Lecce e dall’assessorato alle Politiche culturali e giovanili del comune di Perugia in collaborazione con l’associazione Subasio Salento.
Impronte” della terra salentina lasciate nella memoria, nella storia individuale, nella cultura, nell’immaginazione, forse anche nel sogno di un uomo che le rielabora in forme, le veste di colori, le organizza in un sistema di segni, in una sorta di narrazione per immagini coerente e coesa, per simboli, allegorie, per significati che si intrecciano, stabiliscono relazioni di analogia o di differenza.

L'evento è a cura di Alessandro Turco ed Ambra Biscuso


sabato 11 aprile 2009
Start: h. 18.00
Sala "Pellegrino" - Museo S. Castromediano - ex Collegio Argento - Lecce

E-mail: tusandro@libero.it

venerdì 10 aprile 2009

Il web counseling il nuovo libro di Emauele Ria per Akademos

Questo libro apre una nuova collana per Akádemos edizioni, intitolata mens et corpus e destinata ad accogliere studi riguardanti l´aiuto, la cura, l´attenzione alla persona, intesa nella sua globalità. A tale scopo, è necessario il concorso di varie discipline e di varie esperienze, sicché la collana farà tesoro di contributi di pedagogia, medicina, psicologia, counseling...
Quest'ultima professione, approdata in Italia solo in tempi recenti, si qualifica come relazione d'aiuto in cui l'operatore è chiamato a sollecitare e potenziare le risorse del cliente, al fine di favorirne una più compiuta consapevolezza di sé, una più valida visione del mondo, relazionalità più fluide, scelte più libere ed autonome. Tutto questo può servire al cliente che abbia vissuti di oggettivo disagio, quali possono essere problemi di coppia o di famiglia, gravi lutti, difficoltà di integrazione in determinati gruppi sociali, questioni in ambito lavorativo, pesanti vissuti individuali, resistenze all'incontro con gli altri, necessità di orientamento, etc.
Il web counseling si pone come una specifica variante del counseling, che viene esercitata mediante Internet e che permette al cliente un più agevole accesso ai professionisti del counseling, in maniera discreta, non invasiva, facilmente attuabile.
Questo libro è un'introduzione al web counseling snella e chiara realizzata da Emanuele Ria, pedagogista e counselor professionista, che in essa fa tesoro delle sue esperienze sociali in favore della persona

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