
Riprenderò la pubblicazione di interventi, segnalazioni, recensioni fra qualche giorno. Naturalmente sto lavorando per voi!
Homer Simpson (qui riprodotto) è un'opera di Matt Groening
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"Non importa quante volte cadi. Quello che conta è la velocità con cui ti rimetti in piedi." Come si esce da una crisi, come si supera una perdita, un insuccesso, un fallimento? C'è chi ha avuto la forza di rimettersi in piedi dopo che l'azienda in cui lavorava ha chiuso, chi ha rifiutato di arrendersi dopo che la recessione lo aveva costretto a vendere la casa in cui viveva e a partire per chissà dove, chi ha ritrovato la forza di andare avanti dopo che un lutto sembrava avergli tolto una ragione per vivere. Due anni in viaggio attraverso l'America, trentasei Stati, l'elezione presidenziale più emozionante che si ricordi e tante vite di gente comune. Ma al centro di tutto questo per Mario Calabresi c'è una sola domanda: che cosa accade nel cuore di chi cade e trova la forza di rialzarsi? Magari con fatica, con dolore, ma con tenacia incrollabile e soprattutto senza aspettare la fortuna? Qual è il segreto di una nazione e della sua gente, capace da sempre - ma oggi più che mai - di reinventarsi da zero, di darsi una seconda chance, di eleggere un presidente nero contro ogni previsione, di rimettersi in cammino anche dopo che la più grave recessione del dopoguerra ha travolto la vita di milioni di persone?
“Ci Vediamo Domani” è una graphic novel realizzata dal bravissimo Ned Bajalica, artista di origini leccesi che ora vive a Milano, un lavoro complesso, di qualità, non solo perché realizzato con il prestigioso contributo del famoso psichiatra Paolo Crepet, che ne firma il soggetto, ma anche e soprattutto per la bellezza dei disegni che raggiungono una maturità espressiva indice di grande padronanza del media fumetto. Il mondo del fumetto offre spesso inaspettate sorprese, opere di grande valore non destinate al puro intrattenimente ma rivolte ad un pubblico esigente, curioso ma anche coraggioso, perché non sempre è facile accostarsi a determinate tematiche, soprattutto quando le stesse coinvolgono quei luoghi oscuri della mente umana. Atmosfere quasi irreali costruite attraverso un sapiente utilizzo di luci e ombre dove i neri dominano le pagine per aprire un varco nell’oscurità dell’animo umano. Un segno essenziale e ricercato, poche linee per descrivere le complessità di esistenze giunte a un bivio.
Emma sta per raggiungere la fatidica soglia dei cinquanta, ha un figlio adolescente, un ex marito e una brillante carriera, quando decide di rivoluzionare la sua vita - e quella di molti altri. Nei locali avuti in eredità da una zia, nel cuore di Milano, apre una libreria: si chiama "Sogni&Bisogni" e venderà solo libri d'amore... "Sogni&Bisogni" diventa presto il rifugio e il luogo d'incontro per una folla di personaggi: da Alice, trentenne e vivacissima aiutante libraia, a Gabriella - l'amica di sempre, il cui marito commercialista è il Nemico Fedele che veglia sui progetti di Emma ai tanti lettori, uomini e donne, giovani e anziani, che portano le loro vite fra i libri e così ne trovano di nuove. Ma, soprattutto, è grazie alla libreria e a una fatale coincidenza che Emma ritrova Federico, il grande amore della sua giovinezza.
Inutile prendersi in giro o far finta di non capire: Juary era quel giocatore dell'Avellino che inventò un modo più strambo del normale d'esultare dopo la rete: un balletto intorno alla bandierina del calcio d'angolo. Inutile prendersi in giro, ancora; perché “Balla Juary. Sferragliando verso sud” è pure la storia d'un innamoramento, o quantomeno d'una infatuazione. Diciamo, visto che è comunque inutile passeggiare su certe cose fingendo, che questo nuovo romanzo di Fabio Izzo – autore del meglio riuscito e completamente diverso (per stile, forma, contenuti, vivacità...) “Eco a perdere” - prova a essere una creazione letteraria che tenta di guardare a cose che non tutti guardano. Cosa, però, appunto riuscita a metà. In quanto, per esempio, se è vero che d'un protagonista del sud a nord e del nord a sud non s'era forse mai letto, e anche vero che lo si deve poter leggere in tutto il suo Significato. Ma, per fortuna, l'autore riesce bene, e utilizzando una lingua meno 'innovativa' e sperimentale del recente passato, a presentare una rappresentazione d'almeno un paio di dinamiche che oggi sono parte della vita realte. Tanto per cominciare, l'influenza e il rapporto fra genitore e/o genitrice con figlio e/o figlia, in special modo guardando alla sensibilità o insensibilità persino del mammone, come il sempre attuale processo di ritorno e d'andata verso sud che vuol dire emigrazione per lavoro specialmente in direzione nord. Ancora, Izzo dice ma non racconta se non in parte e in maniera parziale che significa tifare al Meridione e che significa farlo più sopra del Mezzogiorno. Il romanzo sarà servito in particolare allo scrittore stesso, che difronte all'immensità di certi temi comprende o comprenderà o ha compreso che serve soffermarsi maggiormente oppure non pensarci proprio sopra su tanto. Non esistono vie di mezzo. L'autore, che recentemente è stato premiato al concorso Dialoghi con Pavese del Premio Grinzane di Cavour, ha molto davanti e doti da far vivere.
Tempe Brennan sente il cuore pulsare al ritmo della paura. È prigioniera e non sa perché: qualcuno l'ha rinchiusa in un sotterraneo, insieme a mucchi di resti umani. Proprio lei, che di mestiere legge nelle ossa dei morti la storia delle persone. Confusa e incredula, con le mani e i piedi legati, Tempe non riesce a immaginare cosa possa esserle accaduto. Finché, lentamente, comincia a ricordare... Una telefonata anonima che l'accusa di aver insabbiato la verità sull'omicidio di un'ereditiera - un'inchiesta chiusa da tempo, che qualcuno ha voluto portare alla ribalta. Poi un nuovo caso, tre cadaveri ritrovati nei boschi attorno a Montreal, tutte donne anziane, tutte massacrate con inaudita ferocia, e i grossolani errori che la dottoressa Brennan avrebbe commesso nell'analisi dei loro corpi. Errori inspiegabili per una professionista come lei, cui ogni volta ha rimediato una nuova, ambiziosa collega, l'anatomopatologa Marie-Andréa Briel. Così, sola nella sua prigione, Tempe ricompone il puzzle: questa volta è lei il bersaglio, e solo lei può trovare il modo di liberarsi e capire chi l'ha voluta fuori dai giochi e perché.
Carpignano Salentino è un paese di quattromila anime, in provincia di Lecce, distante 15 chilometri da Otranto. Nel 1974, da maggio ad ottobre, Carpignano ospitò Eugenio Barba e il suo Odin Teater. In quel periodo la compagnia teatrale danese era in tournee formativa e scelse Carpignano come base delle sue attività. Dopo un iniziale periodo di seminari ed incontri, Barba propose l’idea di scambiare le tradizioni locali di musiche e danze con gli spettacoli del suo gruppo. Immaginate ora la presenza, nelle strade di un piccolo paesino del Salento, dove gran parte dei suoi abitanti non sapeva ancora né leggere e né scrivere, di spettacoli teatrali d’avanguardia. L’iniziale reazione dei carpignanesi fu d’incomprensione. Questo sino a quando un gruppo di amici diede vita ad una festa paesana improvvisata, in cui a farla da padrona furono musiche e balli tradizionali, assaggi di prodotti tipici preparati in famiglia e vino locale. Era l’11 agosto del 1974. Barba ebbe il merito di condurre gli abitanti di Carpignano fuori dalla monotonia dei una vita spesa nei campi e diede la dimostrazione del fatto che rivivere la propria cultura può dare gioia e felicità, anche se solo per una notte. Questa è l’origine della Festa te lu mieru (Festa del vino), che dal 1975 si ripete ogni anni nella prima settimana di settembre. Definita la “madre di tutte le sagre”, la Festa te lu mieru accoglie ogni anno migliaia di visitatori provenienti da tutta la regione, i quali si riversano nelle due piazze del paese, Piazza Duca D’Aosta e Largo Madonna delle Grazie, dove sono presenti centinaia di stand enogastronomici e i palchi in cui s’inscenano spettacoli con pizziche e tarante a scandire il ritmo dell’evento. Occasione ghiotta questa per gustare i piatti tipici del Salento, dai pezzetti di cavallo al sugo alla carne arrostita, dalle friselle ai fagioli, dalle pitte (piatto tipico salentino realizzato con patate) alle uliate (pane con olive), dalle pittule fritte (frittelle salate) alle porzioni di patatine fritte di cui ogni anno ne vengono distribuite oltre centomila, il tutto annaffiato dal vino locale distribuito a fiumi. È una sagra, questa di Carpignano, che coinvolge e travolge ed anche chi si reca con le migliori intenzioni sarà vinto dal potere dionisiaco che conquista tutti i partecipanti.
Janie Stark, donna di colore di qurant'anni, rievoca la storia della sua tormentata vita. Sposata a un uomo molto più grande di lei Janie fugge per finire tra le braccia di Joe, furbo e ambizioso, che ben presto diventa un potente commerciante. Condannata a subire i soprusi di Joe, rivelatosi arrogante e violento, Janie decide di fuggire di nuovo quando incontra Tea Cake, per ricominciare una nuova vita. Ma la sorte si accanisce contro di lei, e sarà proprio Janie, quando un cane rabbioso morde Tea Cake, a dover mettere fine alle sofferenze del ragazzo con un colpo di fucile. Solo dopo aver subito un processo infamante, Janie ritorna al suo paese natale, dove vivrà nel ricordo di una felicità perduta.
Di tutto quello che mi è capitato tra le mani, negli ultimi mesi o in tutta la vita, queste quattrocento e rotte pagine sono sicuramente tra il poco che non mi riuscirà di scordare. Intanto, per la scritta bozze non corrette sotto al titolo:cazzo, chiunque scriva sa che privilegio è, poter accedere a una cosa del genere,una specie di pass per la zona vip dove normalmente uno come te non potrebbe sognarsi di entrare, nella testa e nel cuore di chi ha partorito quel mondo prima che c’entrasse il gioco al massacro della sala tagli e molto ne restasse sul pavimento, magari proprio quello che adesso hai la fortuna di sentire artigliarti lo stomaco, e che commercialmente non era possibile mantenere. E sottolineo il commercialmente, anche: avverbio che poco o niente dovrebbe c’entrate con la scrittura e che invece l’invade come un tumore maligno: cazzo, quant’è difficile da accettare, e vaffanculo se così va il mondo, quando ci penso ringrazio dio di vivere di altro, sono scorpione ascendente scorpione e anche se non credo agli oroscopi sarà per questo che la diplomazia e i compromessi stanno a me come l’olio all’acqua, non penso mai a quella che sarà la reazione di chi avrà la pazienza di starmi ad ascoltare né a quanti lo faranno, e vaffanculo se questo vuol dire che farò a vita il camionista, non sono capace di prostituire le parole.
Ritornano i personaggi di Protezione, il primo giallo della serie di Bill James pubblicato in Italia accolto subito come un maestro. L’ambiente è ancora una volta quello di un commissariato di polizia inglese dove agenti non sempre “immacolati” - non mancano i deboli, gli infiltrati, i corrotti - si mescolano a capi dalla dubbia condotta. Il tutto complicato dai rapporti tra loro, le loro mogli, e i tanti che si muovono al confine tra malavita e persone per bene.
Controversa la figura di Piovene non è solo per la coda polemica, anche aspra, che ha seguito le sue molte conversioni politiche e ideali; vi è nel metodo stesso della sua militanza intellettuale una radice critica ‘assoluta’, che impedisce al suo discorso di fermarsi sulle idee correnti. Avverso ai dogmatismi e alle definizioni stabili, anche contro se stesso e le proprie «febbriciattole di convinzione effimera», istituisce sempre coi suoi temi un rapporto dialettico, tortuoso, complicato dalle mille sottigliezze della sua psicologia. Che presenta da un lato una violenta tendenza alla compromissione personale, dall’altro un culto fanatico verso la verità. Scrittore e giornalista, intellettuale integrato ai più alti livelli dell’industria culturale, Piovene è il tipico rappresentante di un secolo impuro come il Novecento, di cui sconta in un singolare corpo a corpo tutte le principali contraddizioni. La riflessione sulla letteratura, tipicamente centrata sui destini dell’arte narrativa, lo accompagna senza pause nella sua lunga carriera, dal ventennio fascista all’età della crisi e della contestazione. Sicché si occupa di Tozzi, Kafka, Moravia, Céline, dialoga con Fortini sul marxismo e prende parte al dibattito sul caso Pasternak. Sono interventi a caldo, scritti a ridosso dei libri e degli eventi che li hanno provocati, prima sulle riviste militanti e con passione da giovane scrittore, poi sulle grandi testate nazionali («Il Corriere della Sera», «La Stampa», «Il Giornale Nuovo» di Montanelli), spesso secondo i tempi urgenti dettati dai giornali. Non si userà pertanto per Piovene la fortunata formula di critico scrittore, perché lo scopo pratico né l’occasione dei suoi articoli vengono quasi mai dimenticati. E tuttavia, in questo stare agganciati al loro tempo, oltre che per le doti di scrittura e per la vasta, inusitata ampiezza di prospettive di Piovene, questi scritti rivelano un sicuro motivo d’interesse, non solo per gli specialisti: per il loro valore di testimonianza e per ‘l’energia dell’errore’ che vi circola libera e potente. L’antologia degli scritti, che li raccoglie per la prima volta in un’edizione organica, è corredata da un’ampia introduzione e da una bibliografia esauriente delle collaborazioni letterarie.
Con sorpresa e grande piacere ricevo la notizia da Roberto Volterri,ricercatore dell'insolito, (che ho già avuto il modo e il piacere di recensire sulle pagine di questo blog)la notizia dell'uscita per i tipi di Acacia edizioni del suo diciottesimo lavoro dal titolo "Miracoli" con la prefazione dell'immenso Roberto Pinotti. Un libro ‘strano’, diverso, un libro in cui troverete un vasto panorama di fenomeni ‘anomali’, ‘impossibili’, insomma ‘miracolosi’, che, però, potrebbero essere inquadrati da un altro punto di vista, forse nell’ambito della Biologia, della Chimica, della Fisica. Troverete inoltre moltissime Appendici Sperimentali che vi consentiranno di cercare di riprodurre dei ‘miracoli’ molto semplici e che rientrano in qualche modo nella tematiche trattate. Non imparerete di certo a camminare sulle acque, non raggiungerete il vostro appartamento, entrando ovviamente dalla finestra, levitando fino al quarto piano, non farete impallidire Mosè facendo scaturire acqua dalla roccia, ma – si sa – viviamo tempi difficili e bisogna… accontentarsi.
I versi che Pasquale Vitagliano ha raccolto in “Amnesie amniotiche” sono un passo di testimonianza, vergate da un 'plurale collettivo' vissuto negli occhi e negli oggetti dell'io. La silloge è essa stessa testimonianza, non poesia civile ma comunque poesia che fa parte della più 'alta' civilta. Una scrittura, quella di Vitagliano, che riesce a sganciarsi, anzi essere sganciata e/o non allacciata invece alla bassa retorica (non di figure ma di parole e sensi e immagini e sviluppi) – certamente diventando cuore che fa anche originalità proprio grazie a questo. Il volume, diviso in otto sezioni e corredato da opere di Mark Rothko, è la prove poetica di un editor e giornalista, leccese di nascita ma che vive a lavora in provincia di Bari, già presente sul spazi telematici e in alcune antologie. Le liriche s'alternano per scelta stilistica, pure; in quanto, per esempio, l'autore predilige la versificazione breve e a tratti frammentata/spezzettata mentre in altre ricorre a un versificare più prosastico. Dove troppo cerca di rendere tangile il presente-futuro, però, la raccolta perde qualcosa. Per analizzare un momento più intimistico, si prenda “ansima”, dalla sezione “salmi”. “Sotto il silenzio / la mansuetudine, / come le vene increspate / sotto un cartiglio autistico, / come le gravine / sotto il viadotto. // È la faccia nuda / che cerca di nuovo / il vento salato / della veduta di Byron, / quando fece volare / al cielo il naso finto / di un'esanime maturità. // È questo pennacchio, / che ho cercato / di giocarmi sull'isola / dell'asino bianco, / con l'anima cieca / della baldoria, / che solo la morte / non si scorda. // Quando l'ho perso / c'era una donna: / era lo specchio muto / della mia obesità. / Di questa faccia / mi sarebbe bastato / conoscerne il nome / e invece... // Ho voluto pure / guardare”. La chiusa è bella soprattutto perché lascia aperto un pensiero. Vitagliano, dopo aver composto questa poesia, potrebbe quindi guardare maggiormente a questo tipo d'espressione, leggendo ancora di più e lasciando leggere ancora di più d'irrequietezza e, in qualche modo, di continue ricerche proprie del poeta. E attraverso il personale, sappiamo, che il collettivo si forma, o comunque tenendo sempre conto d'esso. Con la forza d'immagini superiori, per fare un esempio, appunto: quell'asino bianco.
Il Salento. Terra di transito, di attraversamenti, di ragni tarantolati, di ulivi secolari. Salento, terra di meraviglie barocche, di cultura, non solo terra dove impera lu sule, lu mare, lu ientu! Già perché c’è un aspetto della storia di questo territorio ancora tutta da scoprire, tutta ancora da valorizzare e da apprezzare. Ma il Salento è una porzione di territorio che sta sviluppando una serie di riflessioni editoriali molto interessanti su di un genere letterario che sino a Salvatore Toma ed Antonio Verri non c’era mai stato: ovvero il giallo, i cui primi vagiti a queste latitudini sono stati siglati dalle penne di Giovanni Capodicasa e Raffaele Polo. Poi ecco che subentra un ulteriore tassello a questo mosaico che va pian piano a costruire una sua identità ben definita, e mi riferisco al lavoro di Marcello Costantini dal titolo “Il Rientro dell’impulso” per i tipi di Lupo editore. E addirittura si tratta di un tipo particolare di giallo, ovvero quello di natura archeologica, che attraverso una ricchissima serie di narrazioni e storie tratte da fonti specifiche, attraverso l’utilizzo di analisi proprie di metodi provenienti dalla ricerca in questo ambito, la generosità delle citazioni che mai stancano per come il tutto è costruito, ci fanno provare il piacere di una lettura fatta di intrecci che vanno dalle indagini su Roca e la sua tradizione, di un misterioso archeologo “finto messicano” Pallares (curioso e coltissimo) coinvolto in un singolare omicidio le cui vicende ruotano attorno all’Università del Salento, Maria d’Enghien e la sua vicinanza psicotica al tarantismo e mistica al santo dei ragni (S. Paolo di Galatina), e ancora i Normanni, la civiltà dei Messapi legata al culto di una divinità sconosciuta, e ancora tutta una serie di suggestioni che fanno parlare a viva voce paesi salentini come Galatina, Scorrano, Roca, Specchiulla, Porto Badisco sino ad arrivare a Stoccolma, Parigi e Lisbona. Un libro che contribuisce a mettere a nudo il b-side dell’estremo tacco d’Italia, seguendo un intricato percorso che lo porta tra riti primitivi e regine ''tarantate'', santi ambigui e dei arroganti.
La vicenda di Asimov e dei Vedovi Neri è la storia di un amore lungamente coltivato tra un autore e la sua creazione letteraria. Come Maigret per Georges Simenon, Sherlock Holmes per Conan Doyle o Miss Marple per Agatha Christie, i Vedovi Neri – questi sei distinti signori che, assistiti dal cameriere Henry, si riuniscono a cena una volta al mese per dedicarsi con tutto il loro ingegno e la loro cultura alla risoluzione di un enigma – sono il personaggio (collettivo) che permette alla fantasia dello scrittore di confrontarsi con le sue piccole o grandi ossessioni.
Giusto in tempo. Per motivi di studio nei giorni scorsi mi sono recato prima a Camerino e poi più per piacere che per impegni istituzionali, ho fatto una piccola gita nella Repubblica di S. Marino, dove ho avuto la fortuna di poter visitare la splendida e curatissima mostra che non può non essere gustata dagli amanti del genere: “Vampiri e Licantropi, creature della notte” che è stata allestita nelle sale del Nido del Falco (Contrada dei Magazzeni). L’evento parla di 4000 Anni di Paura ovvero la storia, la vita e le origini dei più famosi e sanguinari succhiatori di sangue; dagli albori della storia umana agli ultimi ritrovamenti moderni di sepolture esorcizzate. Indubbiamente negli ultimi mesi, dopo il successo di “Twilight” di Stephenie Meyer la parola “vampiro” sembra ritornare con insistenza in auge con tutta la sua carica erotico-gotica e il suo fascino oscuro (anche se con innumerevoli contaminazioni pop), ma non solo in ambito cinematografico. Recentemente Newton Compton ha pubblicato la bellissima saga “succhiasangue”, “Il diario del vampiro” in ben sei volumi di Lisa Jane Smith che ha venduto oltre diecimila libri con questa serie che ha come protagonisti Elena, Stefan e Damon, negli episodi dal titolo “Il risveglio, La lotta, La furia, La messa nera e Il ritorno”. Possiamo parlare certamente di un revival mediatico veramente notevole, che si aggiunge alla mitologia editoriale che va da Bram Stoker sino ad Ann Rice. Gargoyle Book pubblica il meraviglioso saggio di Emilio de’ Rossignoli dal titolo “Io credo nei vampiri” pubblicato nel 1961 dall'editore Luciano Ferriani e da allora mai più ristampato, e che fortunatamente ora le nuove generazioni e gli “aficionados” di queste misteriose creature potranno apprezzare fino in fondo.
C’è voluto del tempo. Quindici anni a mettere il punto alla fine. C’è voluto del gioco. Quel gioco che spinge a stupirsi e dannarsi per ciò che verrà oppure no. Il gioco libero. I personaggi si sono perduti e così ritrovati lungo il cammino. Loro a dettare il passo. Loro ad osare. Perché quei personaggi sono forme di una sola figura. Loro a scoprire cose che credevo dimenticate. C’è voluta paura dei propri fantasmi, sino a guardarli con occhi sereni. C’è voluto tutto l’amore per la musica, i colori, l’infanzia, il sorriso. C’è voluto qualcuno accanto che ci credesse davvero. C’è voluto il tempo che occorre. Anche quello per accettare i rifiuti, tanti. Anche questi sono serviti. Il libro non sviluppa un’unica trama, ne miscela diverse, di storie. Fa la spola fra terra e visione, desiderio e reale, amore e memoria, sarcasmo e dolcezza. Si serve di solitarie, estreme figure per dire del tempo, di questo nostro tempo. Questo, orfano di rivolta, dissenso, utopia. Questo, dove i simboli sono bagattelle di sagra. Si serve del sud come perdita, sogno, chimera. Solo il luogo ha un nome concreto, Torre S. Emiliano. Ma è un luogo di fabula. Un luogo di dentro. Si serve di odori perché le parole da sole non sanno né possono dire. Si serve del potere, innanzitutto, ma come metafora di un certo destino. Come filo rosso che stringe il racconto. Non è in poesia, il libro, ma se ne serve lisca per lisca. Non è propriamente romanzo, ma si nutre di letteratura che è vita. Neppure teatro, ma ne segue il fraseggio. Per annodare man mano ogni filo, e alla fine tutto torna dov’era.
Il custode della pietra. Amulet vol. 1 un libro di Kazu Kibuishi Due anni dopo un terribile incidente in cui ha visto il papà precipitare in un burrone, Emily si trasferisce con la mamma e il fratellino Navin nella vecchia dimora appartenuta al bisnonno, un geniale inventore scomparso misteriosamente. Ma durante la prima notte nella nuova casa si odono rumori sinistri provenire dalla cantina: il grido della mamma è l'ultima cosa che Emily sentirà prima di vederla sparire, inghiottita da una presenza nascosta dietro la porta! Questa volta Emily non resterà a guardare: per ritrovare la mamma affronterà un viaggio pieno di pencoli, con il piccolo Navin al fianco e un essere minaccioso alle spalle, che la segue a ogni passo. Il mondo che la aspetta è popolato di elfi malvagi, mostri dai mille tentacoli, uccelli rapaci dalle forme più strane, ma anche delle meraviglie che il bisnonno ha messo sul suo cammino per sostenerla nella missione: Miskit, il saggio coniglio di pezza, Cogsley, una ferraglia scorbutica ma sempre pronta ad aiutarla e, soprattutto, un portentoso e ambitissimo amuleto.
Nell’ambito della rassegna estiva “Nocincanta 2009”, organizzata dall’Amministrazione Comunale, anche quest’anno torna l’appuntamento con la Poesia. Ormai giunta alla sua quarta edizione la manifestazione “Sempre nuova è l’alba” diretta da Antonio Natile promette nuovamente di coinvolgere e stupire attraverso due personalità originalissime del panorama poetico nazionale e non solo: Maria Grazia Calandrone, poetessa e performer romana che conta numerosissime presenze su riviste letterarie tra cui Nuovi Argomenti, Gradiva, Sud, Le Fram e notevoli pubblicazioni, sua ultima fatica “ La macchina responsabile” Crocetti 2007 e Giovanna Marmo, attrice, poetessa ed artista figurativa napoletana autrice di “Fata morta” Emilio Mazzoli 2005 opera vincitrice del premio Antonio Delfini 2005 e del cd audio “Sex in Legoland” presentato alla BIG (Biennale Internazionale Giovani) nel 2002. Altri autori presenti saranno Biagio Lieti, giovane poeta de “Le Battaglie i robusti no” del 2008 per Poiesis Edizioni e Luciano Provenzano autore di "Tempo liberato" , Pensionante de’ Saraceni , 1985 ). Per concludere Irene Leo, autrice e performer di prossima pubblicazione il suo “Sudapest” Besa 2009, & Elisabetta Liguori autrice di “Il credito dell’imbianchino” Argo edizioni 2005. Incursioni musicali a cura di Checco Curci.
A sei anni dalla morte di Giuseppe Pontiggia, una significativa raccolta di saggi critici e di ricordi, testimonianze e documenti inediti, getta nuova luce sulla sua opera e sulla sua figura. Daniela Marcheschi, raffinata studiosa, inserisce all’interno del libro testi capaci di tratteggiare al meglio l’attività complessa e multiforme di questo autore lontano dai conformismi e dalle mode, ma in grado come pochi di radicarsi nell’esperienza del vivere con una forte tensione etica. Una preziosa polifonia di voci di noti esponenti del mondo intellettuale contemporaneo, da Ernesto Ferrero a Luísa Marinho Antunes, da Roberto Barbolini a François Bouchard, da Amedeo Anelli a Laura Lepri e Piero Dorfles, per ripercorrere le letture, i rapporti privati, le riflessioni sulla scrittura e il lavoro editoriale di Giuseppe Pontiggia, in un viaggio appassionante attraverso le “vie dorate” delle sue parole: queste hanno insegnato ad amare la vita e gli uomini, come solo la grande letteratura sa fare.
Siamo tutti consci che la nostra umanità versi in una condizione di precarietà immensa, da una parte abbiamo orrore del caos, dall’altra cerchiamo spasmodicamente delle sicurezze aggrappandoci di continuo al noto, al conosciuto, alle nostre esperienze. Queste tipologie di atteggiamenti ci chiudono al nuovo, facendoci costruire delle vere e proprie gabbbie che ci sottraggono libertà e ci fanno perdere il significato dell’espressione “essere vivi”. Talvolta questo stato di sofferenza diventa talmente intollerabile da costringerci a seguire ideologie, religioni, falsi guru, oppure a stordirci attraverso forme compulsive di shopping, potere, e vacuità del genere nella pura utopia che il senso della vita possa essere una merce come tante in questo mondo. La verità è che ciò che ci ha imprigionato non è al di fuori di noi, ma è nella nostra mente, ormai “fuori forma” dopo un’intera esistenza di condizionamenti, a essere libera, aperta e ricettiva. L’uomo può essere liberato a livello del suo Sé, soltanto facendo tacere la sua mente con tutti i suoi contenuti, per poter recuperare la capacità di comprendere naturalmente se stesso e il suo ruolo nel mondo, senza che ci sia né un soggetto controllante, esterno a lui e che lo domina, né qualcosa che debba essere controllato. La mente dunque deve giungere ad un livello di quiete, silenzio, rilassamento, lontana da ideali e dipendenze. E allora, nel momento in cui siamo sommersi dagli impegni, quando abbiamo la netta percezione che qualcun altro o qualcosa domini la nostra vita, quando non riusciamo più a godere delle cose belle, è giunto il momento di riconquistare la voglia di vivere, crescere, sentire, amare, gioire: ovvero di ritrovare e ritrovarci nel “qui e ora”. Questo libro “Dovunque tu vada, ci sei già” di Jon Kabat Zinn (Tea edizioni) illustra un percorso semplice, adatto a chi si avvicina alla meditazione per la prima volta nonché per i praticanti di lunga data, per il “risveglio”, ovvero per raggiungere consapevolezza e lucidità nel momento che ciascuno vive quotidianamente. Un sentiero di saggezza, una discesa interiore nella causa e nell’effetto della correlazione tra le cose, una guida indispensabile per non farci irretire dai fantasmi dell’immaginazione. L’insegnamento di Jon Kabat Zinn consiste fondamentalmente in questo: per trovare la nostra dimensione autentica occorre essere attenti, presenti su qualsiasi nostro gesto, fare silenzio sui nostri pensieri, praticare la coscienza dell’amore profondo, e la forza della compassione. Scrive l’autore: “Quando parliamo di meditazione è importante sapere che non si tratta di un'attività curiosa o esoterica, come spesso sostiene la nostra cultura popolare... Meditazione significa semplicemente essere presenti a se stessi, approfondire la propria autocoscienza. Significa anche arrivare a rendersi conto che, ci piaccia o meno, stiamo percorrendo un cammino, il cammino della vita; la meditazione può aiutarci a capire che in quanto tale esso ha una direzione ed è in costante evoluzione, momento per momento; ciò che accade ora, in questo istante, influenza gli avvenimenti successivi”. Insomma se volete modificare il dolore con la gioia e il sorriso, sublimare la depressione in leggerezza, ritrovare la libertà arrivando a comprensioni nuove e profonde sulla vita, il libro di Jon Kabat-Zinn vi permetterà di cambiare radicalmente la vostra lucidità sui fatti che vi circondano, e lo farà passo dopo passo con esempi chiari e illuminanti.
Each man kills the thing he loves. È la canzone di Querelle de Brest, che certo non consiglio alle anime candide, che sinceramente è un pugno nello stomaco per tutti, anzi, ma è pur sempre il gigantesco Rainer Werner Fassbinder.
Alla fine del 21° secolo una profezia aveva indicato le coordinate di tre portali di balzo iperspaziale. Due di essi condussero alla colonizzazione di altrettanti mondi extrasolari; le astronavi partite attraverso il terzo portale, invece, andarono disperse con i loro equipaggi di tecnici e scienziati. Due secoli dopo, il duca Virgilio, decide di allestire una spedizione per scoprire dove conduca il terzo portale. Virgilio è un aristocratico bizzarro: introverso, algido, scostante, incapace di svolgere le funzioni di governo a cui è destinato dalla nascita, preferisce dedicarsi alla scienza. La sua originalità ha una spiegazione: il duca è affetto dalla sindrome di Asperger, una leggera forma di autismo difficile da riconoscere che ne pregiudica le capacità sociali. Il suo handicap si rivelerà una potentissima difesa contro la telepatia degli alieni, e quello che sulla terra risultava essere una menomazione fonte di derisione diventerà la forza grazie alla quale il duca costringerà gli alieni a uscire allo scoperto obbligandoli a stringere un’alleanza interspaziale. Fandango quindicilibri stavolta scommette su un esordio originale, un’avventura che ci fa riscoprire il gusto dei classici romanzi di fantascienza, dove la diversità per eccellenza, quella che proviene da altri mondi, spesso coincide con la paura tutta umana verso coloro che non si adeguano alle norme sociali. Un romanzo fantapolitico alla scoperta di nuovi e inesplorati mondi paralleli.
Paris ha composto il ritratto d'una generazione. Prendendo, tanto per cominciare, nella non facile opera – nonostante questo sembri sempre semplice – d'attingere dalla storia personale e da quella collettiva. Paris, col suo ultimo “La vita personale”, avvincente assai per poetesse e poeti, alla stregua di un giallo per i giallisti, ha costruito un'opera che aiuta a immaginare come certi tempi sono stati, senza però dimenticare che in tutto ciò siamo anche davanti al romanzo; dunque dobbiamo ricordarci che il romanzo ha quel funzionamento che sappiamo: ovvero, spesso, agitare il reale per togliere pezzettini che permettono di creare un libro che sia il migliore e il più affascinante possibile. Paris, ricordiamo, faceva parte della cosiddetta 'seconda scuola romana di poesia'. E' stato amico di tanti grandi nomi delle letteratura, da Pasolini ad Amelia Rosselli a Moravia. E il protagonista della “vita personale”, ovvero Luca Saraceni, anche. Però gli importanti pasoliniani “uccellacci” - per usare il termine usato pure da Di Consoli – sono due critici, soprannominati da Bellezza “Hidalgo e Crudelia”. Le pagine dell'opera ci fanno incontrare persone e ambienti carichi di letteratura e (nonostante questo voglia essere sottaciuto) di politica. Perché, per esempio, Paris aiuta a vedere in che maniera specialmente negli anni Sessanta e Settanta certi e altri vivevano o non vivevano la politica. Che peso, ancora, aveva la poesia. Fermandosi, chiaramente, sul famoso festival di Castel Porziano che nell'Italietta diede spazi a tanti, compresi le cosiddette penne della beat-generation, o quello che ne era rimasto. Renzo Paris ha davo vita a personaggi che sono simili e diversi a donne e uomini che conosce. Paris ha voluto prendere tantissimo dalla realtà. Non sottraendosi, perfino, a possibilità di critiche e contestazioni che in casi di questo tipo certi ambienti non risparmiano. Ma le parti più belle, oltre ai segmenti che dicono di poesia (e in tutti i sensi), sono quelli che presentato il complesso edipico e la genitorialità, che questi due temi attraversano. Pagine che affascinano, in quanto, e in special modo grazie alla varietà di registri utilizzati dall'autore, attraverso il correre della trama e finestre aperte in vite e vicende lasciano guardare mondi difficili. Eppure, non va dimenticato, il cielo grande di Renzo Paris è la poesia. E, grazie, alla sua scrittura e quindi a quest'opera ce n'accorgiamo. 

Grazie a Peter Brown, ex killer entrato in un programma di protezione governativo, la mafia fa il suo ingresso tra le corsie di un famigerato ospedale di Manhattan. Quando Peter va come ogni mattina al lavoro in ospedale, non sa che la Grande Mietitrice lo aspetta, sotto le vesti di un paziente moribondo che è un suo vecchio conoscente di mafia. Se il paziente muore, il passato di Peter tornerà a galla. E questo non può accadere. Perché Peter è anche Pietro Brwna detto Orso, ex affiliato (ma per bontà d'animo) alla famiglia Locano. In questi anni in ospedale Peter è diventato il medico-eroe che abbiamo sempre sognato: cinico iconoclasta dal cuore d'oro che infrange ogni regola pur di salvare una vita... La sua lotta all'ultimo sangue con la Grande Mietitrice sta per cominciare, e diventa tutt'uno col desiderio irresistibile di saldare una volta per tutte i conti con la famiglia Locano.
Viviamo in un’epoca in cui non solo le nostre certezze sono minate alla radice, pensare a un posto fisso vuol dire ragionare in termini di pura e semplice utopia, dove la precarietà lavorativa diventa una categoria onto-fenomenologica dell’essere per il dis-equilibrio in ambito famigliare e nel campo degli affetti, un’epoca insomma in cui cercare di farsi una tranquillità economica risparmiando “qualcosetta” al mese diventa impossibile, causando per di più un assottigliamento pauroso dei nostri orizzonti di vita che, nella migliore delle ipotesi, scivolano nella patologia del “carpe diem”, (tutt’altro che l’oraziano stimolo a quell’energia che permette di cogliere le occasioni che fanno la differenza nelle nostre vite), ovvero un passivo lasciarsi sedurre dall’essere “canne al vento”, proprio come il celebre filosofo francese Blaise Pascal definiva la condizione dell’uomo. Tanto si vive una volta sola! Una scusa bella e buona per rendere ogni cosa degna di essere consumata nel più breve tempo possibile, dall’amore, alle parole, sino a tutto ciò che contiene veramente senso e riempie valorialmente i nostri giorni. Se non avessimo consapevolezza del significato della parola crisi, sicuramente descriveremmo la nostra condizione attuale come apocalittica. Il grande cantautore italiano Franco Battiato, nel suo brano dal titolo “Un’altra vita”, scritto più di un decennio fa, profeticamente e lucidamente descriveva quello che accade oggi: “Certe notti per dormire mi metto a leggere, e invece avrei bisogno di attimi di silenzio. Certe volte anche con te, e sai che ti voglio bene, mi arrabbio inutilmente senza una vera ragione. Sulle strade al mattino il troppo traffico mi sfianca; mi innervosiscono i semafori e gli stop, e la sera ritorno con malesseri speciali. Non servono tranquillanti o terapie ci vuole un'altra vita. (…) Sulle strade la terza linea del metrò che avanza, e macchine parcheggiate in tripla fila, e la sera ritorno con la noia e la stanchezza. Non servono più eccitanti o ideologie ci vuole un'altra vita.” Il problema fondamentale in tutta questa gigantesca Torre di Babele che condiziona la nostra quotidianità, è che disperdiamo un’enorme quantità di energie, non riuscendo più a recuperare le nostre risorse interiori, dal momento che incrinandosi tutte le sicurezze al di fuori di noi, si incrinano le fondamenta di quello che abbiamo costruito nella nostra interiorità. Cosa fare? In aiuto ci viene Lucia Giovannini che per Sperling & Kupfer ha pubblicato il volume “Tutta un’altra vita”. L’autrice nel 1999 ha fondato l’associazione BlessYou! ed è cofondatrice e codirettrice della Libera Università di Crescita Evolutiva insieme al marito Nicola Riva. Ha un Doctorate in Psychology e Counselling, un Bachelor in Psycho-Anthropology ed è membro dell’American Psychological Association. È Master Trainer di Firewalking, Trainer di Programmazione Neuro-Linguistica e Neuro-Semantica (ISNS Usa), Spiritual, Transformational ed Executive Coach (ACMC Usa), Master Trainer di Breathwork, insegnante certificata del metodo Louise Hay ed esperta di tecniche di meditazione. Non che le credenziali nell’ambito editoriale servano a qualcosa, se il libro non funziona, NON FUNZIONA e basta! Ho giusto cercato di presentarla ai miei lettori al meglio, perché se lo merita. “Tutta un’altra vita”, ha già venduto 7500 copie nei primi otto mesi del 2008. Lucia Giovannini pagina dopo pagina aiuta il lettore a trovare la propria progettualità esistenziale, espone con grandissima chiarezza come realizzare i propri sogni superando tutte quelle paure inconsce che bloccano il cambiamento e che non ci permettono di assaporare ciò che può veramente renderci felici. Se lo si può definire un libro utile? Assolutamente sì, e aggiungo che forse, lo si dovrebbe portare con sé mentre sbrighiamo qualche faccenda che richiede parecchi minuti di attesa. Se la si può definire un’opera illuminante? Di certo farà prendere coscienza degli errori più grossolani e auto-sabotanti in cui incorriamo, con ausili teorici e pratici che vengono dalla PNL (Programmazione Neuro-Linguistica), della PNS (Programmazione Neuro Semantica), e dalle diverse tradizioni orientali, da quelle proprie di specifiche pratiche meditativo-trascendentali di chiara ispirazione induista, che da esperienze che l’autrice ha vissuto in prima persona in Cambogia e in altri luoghi del mondo, e che poi sono confluite nella fondazione, insieme al marito, di BlessYou! Un libro chiaro, rivolto a tutti coloro che desiderano migliorare la qualità della vita. Si parla di cambiamento, di tutti quegli atti a cui diamo vita e che ci chiudono nelle nostre zone di comfort, si parla di zone di potere, di come uscire da Matrix (come sostiene Michael Hall il modello olografico della vita che agiamo, puntellato dai nostri centri ermeneutici “pre-costituiti” utili per orientarci al suo interno), di come risvegliare il n/um, la nostra energia vitale in grado di farci realizzare cose che ad altri apparirebbero impossibili, come camminare sul fuoco su carboni ardenti alla temperatura di 400° gradi senza riportare ustioni di alcun tipo. Una scrittura, quella di Lucia Giovannini, che ci aiuta a recuperare l’importanza del Silenzio, e soprattutto che ci pone dinanzi ad un fatto incontrovertibile: il cambiamento non viene da nessun tipo di filosofia o guru … il cambiamento comincia da noi, con una presa di coscienza di piena responsabilità verso noi stessi e gli altri. Un libro non come gli altri, che deve essere letto, riletto, assimilato, annotato, approfondito, introiettato. Inoltre l’autrice, oltre a saper scrivere (non intendo solo come padronanza degli argomenti che tratta) e dunque detentrice di una dote oggi sempre più rara nel mondo delle lettere e della saggistica, pur non rinunciando alla semplicità espositiva, mantiene un rigore scientifico (basti guardare la ricca bibliografia a fine volume) che non fa altro che impreziosire e rendere esclusivo l’intero suo lavoro. Insomma questo libro è una nuova, immensa scoperta che farà sicuramente una grande differenza nella vostra vita!
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