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domenica 3 maggio 2009

La musica sveglia il tempo di Daniel Barenboim (Feltrinelli). Rec. di Maria Beatrice Protino

Si tratta di un libro singolare, che lo stesso autore definisce per musicisti e per non-musicisti: “Piuttosto un libro per le menti curiose di scoprire le corrispondenze fra musica e vita, e la saggezza che diventa comprensibile all’orecchio pensante (…) Sono convinto che sviluppare l’intelligenza dell’orecchio sia una necessità fondamentale”.
Edito da Feltrinelli nel 2007, è un libro in cui l’autore, se nella prima parte fa una riflessione sull’esperienza musicale, nella seconda passa all’esame degli assunti citati attraversando la filosofia spinoziana, per poi soffermarsi sul racconto della straordinaria esperienza dell’orchestra West-Eastern Divan - da lui stesso fondata - che raccoglie musicisti provenienti da Israele, dalla Palestina e da altri paesi arabi: orchestra che, come sottolinea lo stesso autore, si fa prova tangibile di come la cultura favorisca i contatti fra le persone e le avvicini, promuovendone i processi di inclusione e di reciproco rispetto.
B. inizia col dare la definizione della parola musica, e si affida alla precisione e all’obiettività di Ferruccio Busoni - il grande pianista e compositore italiano vissuto a cavallo fra il 1800 e il 1900 che la definì appunto “aria sonora” -, nella consapevolezza che parlare davvero di musica sia in realtà “impossibile”, ma che “tentare l’impossibile mi comunica una sensazione di energia che trovo assai attraente”. Anzi, il suo tentativo è addirittura quello di porre in stretta correlazione “l’inesprimibile contenuto della musica con l’inesprimibile contenuto della vita”, come per trovare nell’idea della musica un modello per la società.
Affascinante la riflessione sul fenomeno fisico del suono e sulla metafora della vita che B. riesce a cogliere. Scrive: “Ecco subito una delle maggiori difficoltà che incontriamo nel cercare di definire la musica: essa si esprime attraverso il suono, ma esso in sé non è ancora musica, ma solo il mezzo tramite cui ci viene trasmesso il messaggio della musica, ovvero il suo contenuto”. Il suono è una realtà che, osservata obiettivamente, “scompare appena cessa: è effimero (…) e svanisce nel silenzio”. Dunque, la stretta correlazione tra suono e silenzio: “la prima nota non rappresenta l’inizio, ma proviene dal silenzio che la precede. (…) Quindi, l’ultima nota deve essere collegata al silenzio che la segue. Sotto questo aspetto, la musica è lo specchio della vita: entrambe cominciano dal nulla e finiscono nel nulla.” Questo implicherà, a sua volta, una riflessione successiva ancora più intensa: “Nel mondo dei suoni, neanche la morte è necessariamente definitiva”, nel senso che cede il suo posto alla nota successiva. Questo fenomeno, che chiamiamo con l’espressione italiana legato, “in musica garantisce l’espressività dell’esecuzione ed è data dal collegamento fra le note, tale per cui s’impedisce a una nota di sviluppare il suo io naturale, ovvero di diventare tanto importante da mettere in ombra la nota precedente. Ogni nota deve essere consapevole di sé ma anche dei propri limiti”. E poi, anche questa volta, un parallelo con la vita: “Le stesse regole che si applicano agli individui nella società, si applicano anche alle note musicali. Per l’uomo è necessario contribuire alla società in maniera individuale; ciò fa sì che l’intero sia maggiore della somma delle parti. Individualismo e collettivismo non devono essere reciprocamente esclusivi: insieme riescono a potenziare l’esperienza umana”.
B. sottolinea la forza, il potere della musica, capace di rivolgersi a tutte le sfaccettature dell’essere umano: alla parte animale, emotiva, intellettuale e spirituale. Come accade, infatti, fra le note di un pentagramma, anche le questioni personali, sociali e politiche non sono indipendenti fra loro, ma anzi, si influenzano a vicenda: “pensiero logico ed emozioni intuitive devono coesistere costantemente. La musica insegna che tutto è collegato”.

Daniel Barenboim (Buenos Aires, 1942) a sette anni dà il suo primo concerto ufficiale nella sua città. Nel 1952 si trasferisce con la famiglia in Israele. A dieci anni debutta come pianista a Vienna e a Roma, poi a Parigi e a Londra e New York nel 1957, sotto la direzione di Leopold Stokowski. Da allora iniziano le sue regolari tournée in Europa, negli Stati Uniti, in Sud America, in Australia e in Estremo Oriente. La sua carriera è piena di riconoscimenti e successi: è stato Direttore musicale dell’Orchestre de Paris, Direttore musicale della Chicago Symphony Orchestra, sino al riconoscimento di Direttore principale a vita della Staatskapelle di Berlino. Nel 1999 fonda, insieme a Edward Said, la West-Eastern Divan orchestra, formata da giovani musicisti d’Israele e dei Paesi Arabi.
Nel 2007 è stato onorato in Giappone del Praemium Imperiale per la Cultura e le Arti e nominato Ambasciatore delle Nazioni Unite per la Pace dal Segretario generale Ban Ki Moon.

La musica sveglia il tempo di Barenboim Daniel
185 p., brossura, Feltrinelli


Curatore Cheah E.
Traduttore Noulian L.

Il libro del giorno: I racconti del parrucchiere di Elvira Seminara (Alberto Gaffi editore)

C'è la ragazza che si sposa quel giorno e fa la Grande-Messa-in-Piega, seduta accanto a lei un'altra che si fa suora e accorcia i capelli per mettere il velo. C'è il trans poeta che si fa biondo e la professoressa innamorata che sogna sotto il casco. C'è l'immigrata che vende la treccia e la parrucchiera migrante, la matta smemorata e la figlia del detenuto. C'è tutta la vita in transito, dentro il salone del parrucchiere, perché il taglio di capelli è un'antica liturgia, un rito sciamano che ci fa sentire nuovi e rinnovati, un esorcismo contro l'età e la paura di invecchiare.

casa editrice Alberto Gaffi: http://www.gaffi.it/



"Storie che, sotto la superficie di eventi spesso non rilevanti, ma immensi nell'agire del mondo interno dei personaggi, rivelano la forma del desiderio, la violenza dell'illusione, l'abbandono al sogno, ancorchè spesso vano"

Craig Martucci

da Il Domenicale del Sole 24 Ore n. 120, del 3/05/09 p. 36

I racconti del parrucchiere di Seminara Elvira, 180 p., brossura
Editore Gaffi Editore in Roma (collana Evasioni)

sabato 2 maggio 2009

Il libro del giorno: Il campo di cipolle di Wambaugh Joseph (Einaudi)

Los Angeles, 9 marzo 1963. Campbell e Hettinger, due agenti di pattuglia che lavorano da poco in coppia fermano un'auto sospetta. A bordo due delinquenti di piccolo cabotaggio con una lunga storia di reati e carcere alle spalle. I due criminali disarmano i poliziotti, li rapiscono e, dopo un lungo tragitto in auto sulle freeways intorno a Los Angeles, li portano in un campo di cipolle. Ed è nella polvere di una sterrata di campagna, nell'odore pungente delle cipolle, che si consuma la tragedia, tanto più atroce quanto più assurda: Campbell viene ucciso a colpi di pistola. Hettinger riesce a scappare. Nel giro di poche ore, i colpevoli vengono catturati, ma il finale della loro storia è ancora lontano e tutt'altro che consolatorio. Inizialmente condannati a morte, i due assassini affronteranno una serie di processi che, a vent'anni dall'omicidio, li porterà alla scarcerazione. Quanto a Hettinger, lascerà la polizia e trascorrerà tutta la vita in una spirale di dolore, rimorso e autodistruzione. Wambaugh racconta una vicenda vera e terribile da ex poliziotto, scrittore e profondo conoscitore della psicologia umana. Il risultato è una riflessione dolente sulle imperfezioni e i fallimenti della giustizia, e sul retaggio di sofferenze e crudeltà che accompagna ogni fatto di sangue, segnando l'esistenza dei colpevoli come delle vittime in modo irreparabile.

casa editrice Einaudi: www.einaudi.it

"Il libro è una riflessione sulla giustizia che non sempre funziona come dovrebbe e su come ogni fatto di sangue segna l'esistenza dei colpevoli e delle vittime in modo irreparabile. Una vera chicca l'introduzione di James Ellroy, ch vale già da sola un salto in libreria"

Dario Goffredo

da CoolClub n. 52, aprile 2009, p.48

Il campo di cipolle di Wambaugh Joseph
Traduttore Oddera B.
Editore Einaudi (collana Einaudi. Stile libero. Noir)

AUTOBIOGRAFIA DI UN PICCHIATORE FASCISTA (Minimum Fax) A BOLOGNA

La testimonianza bruciante di un ragazzo che sceglie di dare la propria vita per la violenza politica e l'omicidio. Una ricostruzione minuziosa del carattere e dello sviluppo del neofascismo italiano. Il romanzo dal vero dell'eversione nera, tra campi paramilitari, traffici di esplosivi, corruzione delle istituzioni. Fino alla conversione esistenziale e culturale attraverso l'esperienza del carcere, che porterà l'omicida a diventare un sociologo di fama internazionale. "Autobiografia di un picchiatore fascista" di Giulio Salierno, a trent'anni dalla sua prima uscita, è ancora un libro unico, la storia commovente di un uomo che è riuscito, parlando di sé, a scrivere un pezzo fondamentale dell'autobiografia della nostra martoriata Italia. E a profetizzare come una vera rivoluzione non sarebbe passata per la contrapposizione delle armi, ma per la difesa dei diritti dei più deboli: i poveri, gli ignoranti, i diseredati, i detenuti.

Libreria Irnerio e l’Associazione Culturale Papillon-Rebibbia Onlus
presentano

"Autobiografia di un picchiatore fascista" di Giulio Salierno (Minimum Fax)

Intervengono
l'Ass. Papillon Valerio Guizzardi
la giornalista de Il Manifesto e scrittrice Geraldina Colotti
e lo scrittore Stefano Tassinari

mercoledì 13 maggio 2009 h. 18,00
Libreria Irnerio, Via Irnerio, 27 - Bologna, Italy

Maggio, le rose, i libri, i segni, la musica al Fondo Verri di Lecce

Giovedi 7 dalle ore 20.30
Paolo Vincenti racconta “Danze Moderne (I tempi cambiano)
A seguire Luca Ciarla, violino solo


Gli anni ottanta sono i ‘protagonisti’ in “Danze Moderne (I tempi cambiano)”. Scrive Antonio Lupo che quella di Paolo Vincenti è una “scrittura "liquida". Fatta di “una creatività che prende vita nello spazio multiforme della pagina, l’autore tiene abilmente insieme suggestioni di matrice diversa, in un cocktail di rimandi e di citazioni, di passaggi da un codice espressivo all’altro. (…) La storia individuale "di rabbia, di amore, di odio e di altre trasgressioni", tessuta sullo sfondo di collettivi scenari massmediali, viene raccontata "in compagnia" dei cantautori più amati. Quasi un testo parallelo e/o "a supporto", costituiscono infatti i richiami dei versi delle canzoni di Ligabue alternati a quelli di Francesco De Gregori, di Francesco Guccini o di Roberto Vecchioni. Una colonna sonora che lega il piano esistenziale a quello generazionale.

Violinista, pianista e compositore, Luca Ciarla è un artista eclettico e originale. Suona musica classica, jazz e musica popolare, dando vita a composizioni che inevitabilmente riflettono la varietà del suo bagaglio artistico. Luca si è esibito in Cina, Inghilterra, Messico, Slovenia, Svizzera e negli Stati Uniti. Nato a Termoli nel 1970, ha iniziato a suonare il violino e il pianoforte all'età di otto anni. Giovanissimo si iscrive al Conservatorio Lorenzo Perosi di Campobasso, avvicinandosi alla musica classica e cominciando ad esplorare le sonorità del jazz. Negli ultimi anni Luca ha suonato con musicisti quali Luciano Biondini, Daniele Sepe, Walter Paoli, Daniele Scannapieco, Simone Zanchini, Lello Pareti, Maurizio Rolli, Max Ionata, Danilo Rea, Samuele Garofoli, Marco Salcito, Renzo Ruggieri, Maurizio Minardi, Nicola Angelucci, Blaine Whittaker, Sylvain Gagnon, Anthony Fernandes, Giampaolo Ascolese, Antonio Franciosa, Marco Siniscalco, Marina Rei, Mimmo Locasciulli ed altri ancora.

Venerdi 8, dalle ore 20.30
Rocco Aprile racconta “Il funerale e i fiori di campo”, edito da i libri di Icaro
intervengono Silvano Palamà


Rocco Aprile è nato nel 1929 a Calimera, nel Salento. Figura essenziale del movimento di riscoperta delle tradizioni greco-salentine e di salvaguardia della lingua grika, è tra i fondatori del Circolo Culturale Ghetonìa. Dopo la riedizione de “Il sole e il sale”, che ‘i libri di Icaro’ hanno curato nel 2006, Rocco Aprile, è tornato alla scrittura, regalandoci questo nuovo romanzo che continua la narrazione del primo accompagnandoci sulla soglia del Salento contemporaneo.
Il protagonista è Rocco: gli studi a Bari, le passioni, le amicizie, i sodalizi intellettuali e “poetici”. E ancora il Salento, con le prime trasformazioni del dopoguerra e l’arrivo di un tempo migliore, l’annuncio del cambiamento di pari passo con il crescere, l’avanzare di una coscienza e di una conoscenza della qualità territoriale. La Lambretta di Rina e la Mercedes di Anita prendono il posto della bicicletta, e gli amori divengono scelte.

Sabato 9, dalle ore 19.30
Vernissage della mostra “Ventagli nell'aria” di Mimma Sambati (in allestimento sino a domenica 17)


Scrive Vito Antonio Conte di Mimma Sambati: “Avevo conosciuto Mimma (Sambati) in un'altra vita. Altri tempi per tutti. Per me ch'ero altrove, per motivi universitari e per lei che viveva alcuni grandi amori, tra cui quello per la pittura e, più in generale, per l'arte. Quest'ultimo vissuto appieno per la fortuna che ha avuto di conoscere Antonio Verri, condividendone passaggi d'esistenza. Il primo perchè, mentre muoveva i primi passi presso la locale Accademia d'Arte, ha vissuto il fulgore dirompente e l'esilio liquido, fatto di mare e di vino portoghese (ma non solo), del vichingo leccese Edoardo (De Candia)”. Come per la sua poesia - l'esordio poetico di “Ho costruito un castello di pioggia” lo firma con il nome di Genny Meraviglia – anche la pittura è traversata da una sensibilità che accoglie il “femminile” la particolarità di quel sentire coniugandolo al di là dell’essere donna, come valore, modo, filtro alla vita utile alla vita stessa con le derive, le malinconie, le mancanze. Valori tutti di differenza, di un'altra Storia, di un altro esserci.

Domenica 10, dalle ore 20.30
Marthia Carrozzo legge da “Pelle alla pelle. Dimore di mare e solo sensi” raccolta edita da Lieto Colle con Margherita Macrì musiche di Claudio Prima e Emanuele Coluccia


Scrive Stefano Donno della nuova raccolta di versi di Marthia Carrozzo: “E’ un canto sottile, ammaliante, dolcissimo a volte, altre forte come un’onda impetuosa di mare, o come il nostro vento di tramontana, che sa raccogliere in grembo colori, odori, umori, amori, in un modo che il suo vissuto diventi tracciato biografico di un sentire universale, sublimandosi in un’estasi per versi dove la Poesia, e in questo caso dandole la P maiuscola la connotiamo in tutta la sua sacralità, trova la sua dimora più consona, ideale per far fiorire in più di qualche occasione una prosa poetica delicatissima, dove oggetti, eventi, sensazioni, il narrare stesso non sono solo narcisismo della parola, ma ricerca di verità, continui resoconti del proprio vissuto, per poi divenire pausa e silenzio, trampolino di slanci per gettarsi nel mondo, viverlo, gustarlo. Tracciati di pelle e gola, e sudore, riempiono le pagine di Pelle alla pelle, perennemente in bilico tra il senso dell’oblio e la ricerca di un’identità corporea, sciolta e ricomposta incessantemente dalla parola, quasi in un’estasi orgasmica che brucia i ricordi, gli attimi, i non-detti…”

Venerdi 15 dalle ore 20.30
Antonio Scarcella racconta “Ipotesi su Ulisse” di Antonio Mercurio
A seguire “Il complesso d'inferiorità” presenta “Senti nella nebbia il dire è la messa in Croce”


L’Odissea non è, come molti credono, un romanzo d’avventure né una celebrazione del “ritorno” a Itaca (il nostos) come altri pensano. E’ un libro sapienziale, così come lo è la Bibbia per gli Ebrei e per i Cristiani.
Ulisse è l’archetipo principale dell’essere umano ed è una vera stupidità il fatto che sia conosciuto dai più per la sua astuzia e per i suoi inganni e non per la sua saggezza e per il suo coraggio con cui trasforma sé e gli altri che stanno rinchiusi nella loro solitudine narcisistica.
Steven Hawking, il più grande scienziato di oggi, s’interroga da anni sul perché dell’esistenza di questo universo e non sa che la risposta che la scienza non potrà mai dare l’aveva già data Omero quasi tremila anni fa.

Sabato 16 dalle ore 20.30
Vito Bruno racconta il suo “Il ragazzo che credeva in Dio”, edito da Fazi, intervengono Mauro Marino
A seguire Gianluca Longo, concerto di mandole per “Il mandolino storie di uomini e suoni nel Salento”.


Con un ritmo incalzante e una scrittura limpida ed evocativa, “Il ragazzo che credeva in Dio” racconta il viaggio di Carmine tra i gironi di una città allo sbando, nel disperato tentativo di sottrarre Alena al suo destino e di ritrovare un senso alla propria vita. Un romanzo in forma di indagine-confessione sull'azzardo della fede, sullo smarrimento, sull'amore, sulle ragioni della speranza. Attorno, un coro di personaggi alle prese con la quotidiana lotta per la sopravvivenza in una Taranto torrida e inquinata: Pietro, operaio al siderurgico con il padre malato di cancro; Nino, adolescente di buona famiglia adescato dalla malavita locale; Cataldo, figlio di un povero pescatore con il sogno del pallone come riscatto sociale; Sandra, ex compagna di scuola nonché primo e unico amore di Carmine. Da Vito Bruno finalista al Premio Campiello 2000, editorialista del Corriere del Mezzogiorno, un romanzo che ricostruisce la delicata psicologia dell'uomo di fede contemporaneo, costretto a confrontarsi con una realtà spesso troppo dura e difficilmente giustificabile anche dal punto di vista religioso.

Gianluca Longo è musicista e musicoterapista, suona il mandolino, il mandoloncello, la mandola, la cetra corsa, la chitarra classica, la chitarra battente e il tamburello a cornice. La passione per le sonorità tradizionali della sua terra nasce grazie ai continui stimoli ricevuti dalla famiglia e dalle persone anziane a lui vicine. La madre è poetessa e cantrice di canti e "cunti" tipici della tradizione; il nonno, noto barbiere-mandolinista del paese, trasmette al nipote la tecnica e la passione per il mandolino. Da questo nasce la ricerca e il libro “Il mandolino storie di uomini e suoni nel Salento”.

Venerdì 22 dalle ore 20.30
Lino Angiuli presenta “Puglia in versi. I luoghi della poesia, la poesia dei luoghi” edito da Gelso Rosso, intervengono Maurizio Nocera, Antonio Errico, Pierluigi Mele, Piero Rapanà.
A seguire “Da qualche parte Sandra” con Claudio Prima, Emanuele Coluccia e Sandra Caiulo


Puglia, una e trina, costruita di Parole. Di sospensioni, di vertigini che salgono le cime dei campanili e caracollano nell'infinito della polvere di tufo. Che sanno il soffoco della pianura, la carezza e l'abbaglio del mare.
Una Puglia cruda, amara dove “La migrazione del tempo collima con un canto sfibrato, l'aria è irrespirabile, (e) si va verso un futuro di privazione” così la leggiamo nell'Abbecedario dei migranti di Vittorino Curci dove Gamal “ha conosciuto una tristezza nuova”.
Una Puglia una e trina, mai scontata, mai prigioniera di cartoline o dei doveri del marketing territoriale. La Puglia dei poeti, di chi, nell'essenza sa, la necessità del canto!
Molti i nomi. Quelli a noi più vicini: Vittore Fiore, i due Vittorio: Bodini e Pagano, Girolamo Comi, Aldo Bello, Maurizio Nocera, Antonio Errico, Pierluigi Mele.

Sabato 23 dalle ore 20.30
Gino Pisanò presenta la poesia di Umberto Valletta
Fernando Rausa legge dal suo “Terra mara e nicchiarica” edito da Manni


Umberto Valletta scrive: “Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui uomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui”. Secondo Giovanni Invitto un caso di intellettuale-artista “fuori le righe” per il suo modo di esistere, perché per lui l’arte è connaturata all’esistenza. Questo è un bene, ma, per la maggior parte dei casi, lo si paga sulla pelle, sulla vita. E sulla professione. “Umberto aveva già risposto, “da architetto e da poeta”, che è inutile essere artisti se si deve vivere da impiegati. E’ l’architetto che coniuga bellezza e razionalità. Ed è il poeta che ingentilisce la movida salentina donando fiori-poesie come i gigli di pietra del nostro barocco”.

Fernando Rausa attribuiva alla poesia l’alto compito di indicare la possibilità di un mondo più libero, più giusto, più umano. Una voce fuori dal coro il poeta dialettale Fernando Rausa (1926-1977). Il punto di osservazione privilegiato del poeta rimane il paese natale di Poggiardo vissuto come nucleo primitivo solidale il quale, però, invece di rappresentare un luogo di serenità e di convivenza possibile, ha finito col provocare ingiustizie e dolori. Su tutti il dramma doloroso e straziante dell’emigrazione all’estero. Nel momento in cui il padre è costretto, per trovare lavoro, ad abbandonare i propri figli, non solo si è rotta drammaticamente l’unità familiare ma anche la continuità sociale fra vita e lavoro. Intorno a questo triste fenomeno l’autore costruisce la profonda delusione della quale è impregnata la poesia, che rimane comunque l’ultima speranza di riscatto e di rinnovamento. Scrive Donato Valli: “Fernando Rausa attribuiva alla poesia l’alto compito di indicare la possibilità di un mondo più libero, più giusto, più umano. Egli non fa sorridere, non intende portare allegria ai suoi lettori, come in genere fanno i poeti dialettali popolari a lui contemporanei. Pone problemi. Per sé e, soprattutto, per la società. Sente, insomma, il suo essere poeta come un impegno morale, teso a sconfiggere le ingiustizie e a purificare la società da ogni menzogna, da ogni sopruso.

Venerdì 29 dalle ore 20.30
Giuse Alemanno racconta il suo “Le vicende notevoli di Don Fefè, nobile sciupafemmine grandissimo figlio di mammaggiusta, e del suo fidato servitore Ciccillo” edito per i libri di Icaro


intervengono Elisabetta Liguori, Antonio Errico e Piero Rapanà.

Giuse Alemanno è nato a Copertino, vive ed opera a Manduria. In “Le vicende notevoli di Don Fefè, nobile sciupafemmine grandissimo figlio di mammaggiusta, e del suo fidato servitore Ciccillo” edito per i libri di Icaro c’è una nuova lingua, suona di dialetto. Inventata, come il cosmo che racconta. Un titolo lungo, con un sapore fortemente e volutamente retrò. C’è il cinema che disegna, nel pensiero dell’autore, la figura di Don Fefè, “cuor contento e panza piena”. Don Felice, il nome vero, nobile di Cipièrnola, incontrastato padrone di Palazzo Rizzo Torregiani Cìmboli, in un Sud dove in corpo scorre il rosso intenso del Primitivo e l’indolenza meridiana delle voglie.
L’inizio di una saga che potrebbe avere come interprete il Mastroianni di “Divorzio all’italiana”. Impomatato, con la retina a tenere i capelli ed il baffo in tiro. Con gli occhi semichiusi, il lungo bocchino e le voglie mai dome.

Domenica 31 maggio dalle ore 20.30
La poesia e i poeti


Irene Leo legge dal suo “Sudapest” edito nei Poet/bar di Besa
Ilaria Solazzo legge dal suo “Gocce nel deserto” edizioni Mancarella
Rita Rucco legge dal suo “Sensi di Versi” edizioni il Filo
Fernando Rausa legge dal suo “Terra mara e nicchiarica” edito da Manni

Maggio, le rose, i libri, i segni, la musica
da giovedì 7 maggio 2009 a domenica 31 maggio 2009
Fondo verri, s. maria del paradiso - Lecce
Telefono: 0832304522
E-mail: fondoverri@tiscali.it

venerdì 1 maggio 2009

L’arte contemporanea e il suo metodo di Demetrio Paparoni (Neri Pozza). Recensione di Maria Beatrice Protino

“L'arte contemporanea ha smesso di essere avanguardia e ha operato un radicale ritorno all'ordine? Gli artisti più noti della scena attuale sono espressione della cultura ufficiale? La figura del critico è scomparsa, schiacciata tra quella del mercante e quella del curatore?” Sono questi alcuni dei temi trattati da Demetrio Paparoni – tra i maggiori critici d’arte italiani – nel libro edito da Neri Pozza Editore nel 2005 e dedicato ad un attento esame sulle caratteristiche dell’arte attuale e su com’è cambiata la dinamica ideologica nell’arte nel corso del Novecento.
Paparoni parla di un caustico “richiamo all’ordine” come caratteristica fondamentale dell’arte di oggi, ancora legata all’estetica e alla poetica, o addirittura alle ideologie progressiste delle cd. avanguardie storiche – simbolismo, cubismo, astrattismo, dadaismo, surrealismo - affermatesi tra Ottocento e Novecento, nonostante si tenti di negarne espressamente o meno i presupposti. Se, infatti, le avanguardie storiche rifiutavano la tradizione e la cultura ufficiali, l’arte attuale sembra compiere il percorso opposto, in tal modo negando a se stessa quel ruolo invece magistrale che dovrebbe esserle connaturato, cioè farsi espressione della società contemporanea.
Scrive P.: “L’arte attuale esprime il sociale e le scoperte che hanno caratterizzato l’inizio del secolo scorso: la consapevolezza dell’esistenza dell’inconscio, i sistemi ideologici e le grandi rivoluzioni scientifiche e politiche di cui ancora oggi rimane traccia. Non esprime, invece, quanto meno non in modo radicale, le rivoluzioni del nostro tempo, prime fra tutte la cibernetica e Internet, la cui conseguenza più evidente sul piano sociale e politico è nel rafforzamento della perversità dei processi di globalizzazione, cioè la diffusione su scala planetaria dell’ideologia del capitalismo di mercato, dei principi della democrazia occidentale e delle merci”.
Al contrario, se le avanguardie del primo Novecento si rapportavano a una élite culturale votata alla sperimentazione, quelle attuali si rivolgono alle masse e da esse rimangono schiacciate. Certo, il livello culturale delle classi medie è elevato, ma il possesso e la comprensione dell’arte spesso costituiscono il raggiungimento di uno status symbol: “Il ricatto delle avanguardie secondo cui chi non capisce è ignorante gioca a sfavore dell’arte nuova perché, piuttosto che indurre alla sua comprensione, “alimenta le mistificazioni”. Molti dei protagonisti dell’arte attuale sono divenuti popolari grazie ai media, per cui appaiono in tv, in programmi di gossip, occupano le pagine di rotocalchi, dalle loro opere si ottengono gadget. “La conseguenza è che gli artisti tra i più interessanti sulla scena internazionale degli ultimi decenni, come Matthew Barney, Damien Hirst, Maurizio Cattelan (…) di fatto sono espressione della cultura ufficiale”. Basta qualche esempio: “Robert Gober affascina perché ci ha incantato il surrealismo e abbiamo assimilato le opere di René Magritte; Maurizio Cattelan per il suo riprendere in chiave attuale le strategie di Filippo Tommaso Marinetti; (…) John Currin per il richiamo al classicismo sempre presente nell’opera di Picasso.”
Si pensi, invece, ad opere come quelle di Paul Cézanne (in particolare Le Mont Saint-Victoire, Les Grandes Baigneuses) o di Pablo Picasso (Les demoisselles d’Avignon) o di Umberto Boccioni (Forme uniche della continuità nello spazio) che, sottolinea P., non rappresentano semplicemente la Rivoluzione industriale in forma simbolica o metaforica, o la scoperta dell’inconscio, la rivolta verso i valori borghesi o ancora altro, ma sono molto di più: “In esse si avvertiva la cesura verso il passato, la tensione dello strappo, la mentalità nuova che sostituisce la vecchia. Utilizzando linguaggi e forme che si identificavano con la modernità, con le tensioni che scuotevano la società di allora”.
Oggi, l’artista si fa invece imprenditore, imprenditore di se stesso, in quanto ha assimilato ormai la mentalità del nostro tempo, che lo ha reso narcisista e ha legato il suo fare arte ad un concetto di autostima estraneo, invece, agli artisti delle avanguardie del Novecento: in una società a capitalismo avanzato il valore economico di una merce diventa unità di misura per valutarne la qualità, per cui “il denaro ha diritto di vita e di morte sull’arte”. Questo lega l’artista ad un rapporto di dipendenza col potere economico, per lui rappresentato magari dal gallerista o dal collezionista e, più in generale, dal sistema del libero mercato: “L’idea che il valore delle cose si misuri in soldi implica che più l’opera d’arte costa (e viene glorificata nei maggiori musei) più il suo messaggio risulterà incisivo”.
La conclusione cui giunge P. consta nell’auspicare il superamento di questa finzione, tale per cui l’artista contemporaneo possa recuperare quella dignità tanto forte ed essenziale, tipica dei protagonisti delle avanguardie storiche.

Demetrio Paparoni (Siracusa 1954) vive a Milano. Critico d'arte, saggista e curatore di mostre, è autore di libri teorici sull'arte contemporanea e di monografie. Nel 1983 ha fondato la rivista d’arte “Tema Celeste”, che ha diretto fino al 2000. È stato tra l'altro commissario al padiglione italiano della Biennale di Venezia del 1993. È professore di Storia dell’Arte Contemporanea alla facoltà di Architettura di Catania.

Il libro del giorno: Mr Winchell. La voce dell'America (Alet)

Michael Herr ricostruisce la vita e il tempo di Walter Winchell, il giornalista newyorkese che inventò il gossip, uno dei protagonisti della storia Usa dagli anni '30 ai '60. Come Orson Wells, il mezzo che lo rese famoso fu la radio: la sua capacità di entrare nelle vite dei personaggi della politica e dello spettacolo e di raccontarle con espressioni e aneddoti fulminanti ne fece uno degli uomini più importanti d'America, temuto dai potenti e amatissimo dal grande pubblico. Un racconto che ha il ritmo e la costruzione di un montaggio cinematografico, un libro dove sono i dialoghi a raccontare gli eventi, tra storie di alta società, gangster, ballerine, colpi di genio, amicizie e doppi giochi. Un mix affascinante di biografia e fiction, romanzo e sceneggiatura che coglie tutto il fascino di una delle grandi età dell'oro americane

Mr Winchell. La voce dell'America (Alet, pp. 189, euro 17,50)

casa editrice Alet edizioni : http://www.aletedizioni.it/

"Una piccola perla su ascesa e declino di un potente, incapace di prevedere che la sua principale massima avrebbe colpito per primo lui stesso: Nessuno ama chi non è nessuno"

Matteo Nucci

da Il Venerdì di Repubblica, n. 1102, p.75

giovedì 30 aprile 2009

Vecchi Tempi di Harold Pinter al Teatro Agorà 80 (Roma)


A soli tre mesi dalla scomparsa del premio Nobel Harold Pinter, l’associazione “Pegaso” porta in scena a Roma una delle sue opere più complesse, dai contenuti ambigui e velatamente audaci, per la presenza di un amore saffico e di un menage a trois mai apertamente dichiarati.

SINOSSI E NOTE DI REGIA

“Vecchi tempi” è una delle opere più complesse di H. Pinter (Premio Nobel per la letteratura). Scritta nel 1970, ha avuto pochissime rappresentazioni ed ogni critica che la riguarda non include mai un punto fermo, un'interpretazione chiara. Questo perché Pinter riesce a scavare nell'animo dei personaggi in modo così profondo da “scoprire il baratro che sta sotto le chiacchiere di tutti i giorni” (motivazione per cui è stato insignito del Nobel).
I protagonisti assoluti sono il tempo e il ricordo, che si impossessano della vita degli unici tre personaggi.

Anna e Kate sono state molto amiche quando avevano circa 20 anni. Dividevano la stessa casa e la loro giovinezza si è sviluppata vivendo alla giornata e frequentando tutti gli ambienti intellettuali di Londra; dai teatri ai concerti alle gallerie d'arte. Per Anna, Kate è un'amica da viziare e coccolare ma è anche una bellissima ragazza per la quale nutre, forse, una sorta di innamoramento. Il legame tra le due è talmente forte che Anna arriva ad immedesimarsi del tutto nell'amica, a rubarle i vestiti, la biancheria, la sua gioia di vivere, i ricordi.

Trascorrono dieci anni da questi fatti e Deeley e Kate si ritrovano nella loro casa di campagna ad attendere la visita di Anna ed è da questo momento che il testo prende il via. I tre si relazionano su diversi livelli ma alla base c'è un gioco erotico, una sensualità che da Anna si propaga verso Kate e Deeley.

Come accade nella maggioranza delle opere di Pinter, i personaggi si muovono all'interno di ambienti domestici, fumano, portano avanti dialoghi serrati che, per Anna e Deeley, rappresentano veri e propri duelli in cui il trofeo è Kate.Grande forza assumono, tra le rapide battute, i lunghi monologhi in cui emerge il cardine del testo: il ricordo. Ogni personaggio ha dei ricordi differenti, propri, pur riguardanti gli stessi fatti e ciò ci impedisce di capire cosa sia accaduto veramente. D'altronde fu lo stesso Pinter a dire che “quando ci guardiamo allo specchio stiamo in realtà guardando una serie infinita di riflessi”...(Giuliana Meli)

Dal 28 Aprile al 3 Maggio 2009 - Ore 21.15, Domenica ore 19.00
Teatro Agorà 80 – via della Penitenza 33, Roma – tel. 06 6874167
Con: Maura Bonelli (Kate), Mario Fazio (Deeley), Giuliana Meli (Anna)
Aiuto regia: Mario Fazio


LE RECENSIONI:

ELISA LORENZINI per Lungotevere.net
http://www.lungotevere.org/sezione.asp?a=27&s=5

ALESSANDRO ALFIERI per Recensito.net
http://www.recensito.net/pag.php?pag=5198

TANIA CROCE per Teatro.org
http://www.teatro.org/spettacoli/dettaglio_spettacolo.asp?id_teatro=180&id_spettacolo=13249

Il libro del giorno: L'assassino etico di David Liss (Tropea)

In un fatiscente trailer park della Florida Lem Altick vende enciclopedie porta a porta per pagarsi l'università quando una coppia di suoi potenziali clienti viene uccisa a sangue freddo davanti a lui. L'assassino, il vegetariano postmarxista Melford Kean, promette allo scomodo testimone di non fargli alcun male a patto che tenga la bocca chiusa. Ma il rischio di venire incolpato del delitto - o peggio, di diventare la prossima vittima - obbliga Lem a stringere con il killer un pericoloso patto di complicità. Chi è il carismatico "assassino etico"? Un fanatico ecoattivista? Un giustiziere sociale? Un violento sociopatico? La ricerca della verità risucchia Lem in una singolare avventura che lega spaccio di anfetamine e battaglie animaliste, un eccentrico boss della malavita che sublima nel volontariato la propria attrazione per i ragazzini e un poliziotto corrotto, goloso di bibite al cioccolato corrette al bourbon. Un allucinato ritratto della "provincia profonda" americana fa da sfondo a questa effervescente commedia nera dai provocatori contorni etici. Lungo i binari adrenalinici del thriller, un timido adolescente compie un insolito viaggio di iniziazione nel mondo degli adulti.

casa editrice: http://www.marcotropeaeditore.it/

"(...) David Liss, autore di L'assassino etico, conosce bene le leggi del thriller. A cominciare dalla prima e più importante: un capitolo deve finire sempre con un colpo di scena completamente inatteso, da saltare sulla sedia"

Antonio D'Orrico

dal Corriere della Sera Magazine n. 17 p. 98 del 30/04/09

Stralune di Antonio Errico (Manni editore). Recensione di Elisabetta Liguori

Quanto c’è di noi alla fine di un viaggio? Questo sembra essere il tema principe dell’ultimo romanzo di Antonio Errico, Stralune, di recente pubblicato dalla casa editrice Manni. All’interno del viaggiare, direi, Errico è più catturato dal ritorno, che dalla partenza. Quale è la trama di questo viaggiare? Un ipotetico disertore sfuggito ad un’ipotetica guerra torna nella sua ipotetica casa ed al suo ipotetico passato, finendo per cedere all’inganno del raccontarsi, qui inteso come esito drammatico ma necessario di un qualunque percorso.
Perché questo titolo?
Un buon titolo è sempre o un’anticipazione o una conferma di quello che il testo contiene, in una sorta d’accordo preliminare tra lettore e scrittore. A mio avviso il titolo scelto da Errico per questo nuovo romanzo è una confessione appassionata, è la descrizione sincera di un occhio che scrive. Quella che l’occhio di Errico produce, infatti, non è solo poesia, né solo prosa. È voce pastosa che parla nel sonno, voce implicita, libera, fasica, simbolica. Sincerità ispirata, grondante fisicità. Del sonno ha la stessa vaghezza. La densità, l’indolenza rivelatrice, la visionarietà ombrosa che procede per fasi umorali, illuminando la notte. Da questo titolo è quindi naturale tornare al tema principale, dunque. Il tema del viaggio, dobbiamo dirlo, non può che confrontarsi con quello del tempo, da sempre caro ad Antonio Errico. Il tempo passato qui diventa soggetto attivo, attraverso il ricorso ad un ombra/personaggio. L’ombra insegue la narrazione, la stimola e la rende più profonda, consapevole e acuta. L’ombra avverte, l’ombra ripete, in un gioco sapiente di contrasti l’ombra riesce persino a far luce. L’ombra frammenta i luoghi nelle diverse voci che agitano il paese del ritorno. La madre, il padre, l’amata: queste voci si alternano stralunate; a volte prese dallo stupore, altre dallo sgomento, reagiscono come possono alla tirannia della memoria. Altro punto fondante la narrazione di Errico, infatti, è proprio la memoria, della quale il ritorno e il tempo attraversato si nutrono inevitabilmente. Memoria intesa come balsamo o come malattia? Il disertore, dopo i primi passi incerti nella notte e i primi silenzi angosciosi, comincia a domandarsi a cosa potrà mai servire il suo ritorno, cosa potrà ritrovare, salvare, restituire, sanare. È inevitabile domandarselo, per lui come per tutti, ma quello che più colpisce il lettore è che la risposta a questa domanda universale per Antonio Errico passa essenzialmente attraverso la conoscenza del proprio padre, l’osservazione della propria ombra, l’attesa dell’alba.
I propri passi ripetuti nella casa di famiglia, soprattutto quelli sembrano essere l’aituo fondamentale. Qualche tempo fa mi è capitato di leggere un altro romanzo che, se pure con toni del tutto diversi, affronta lo stesso tema. Penso a “ La madre che mi manca” di Joyce Carol Oates. In questo ultimo caso è la morte violenta della madre della protagonista ad obbligarla a tornare nella casa di famiglia, a calpestare passi antichi eppure incompresi, a toccare e ritoccare le vecchie mura deserte per tentare di comprendere tutto quello che è andato perso. Perché, per capire qualcosa di sé, è necessario ritornare, ma è pur vero che tutto quanto ci riguarda intimamente, tutto ciò che condiziona il nostro modo di essere, è accaduto quando eravamo troppo distratti e vivi per rendercene conto. Se è vero che il padre è l’origine, la ragione, il perché, l’ombra, è altrettanto vero che nulla sappiamo di quel “perché”, mentre accade. Cogliere a pieno il senso e il dettaglio di quella che è stata la vita dei nostri genitori è sempre gesto a posteriori. Non semplicemente memoria, ma ricostruzione tardiva. Dove ero io quando mia madre aveva quaranta anni e le cose più importanti della nostra vita si compivano? Dove eravamo noi? Chiedersi oggi “dove sono?” equivale per tutti a chiedersi “dove ero?”. La protagonista della storia della Carol Oates, come il reduce di Errico, tornano a se stessi dopo il tempo giusto, col giusto ritardo, e lo fanno per capire e capirsi. Entrambi toccano, calpestano, osservano i vecchi luoghi come se non li conoscessero affatto. Questo stupore stralunato, quindi, accomuna due romanzi seppur diversissimi per stili, atmosfere, ricercatezza del lessico, ambientazione, ma non solo questo. Anche il successivo bisogno di dimenticare le mura del passato, il loro richiamo da sirena, al fine unico di salvare la pelle ed il cuore. E se Errico è sud, lirico, elegante, pietroso, la Oates è America, spumeggiante, ironica, glamour, ma la vera narrazione è vita che va e ritorna come spola sul telaio. Sempre e ovunque.

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mercoledì 29 aprile 2009

“Dal Buco di una web cam”: la quinta puntata di HiPop!

Per la quinta puntata di Hi-Pop! su SalentoWeb Tv (www.salentoweb.tv) che andrà in onda giovedì 30 aprile 2009 alle 17,30, dal salotto del Caffè Letterario della Libreria Icaro in via L. Romano a Lecce, ho intervistato la giornalista Alessandra Bianco, che in fatto di Eros sia tra le pagine di un libro che in Rete, ne sa una più del diavolo! Si parlerà di luxury tech, peep culture, del nuovo PLAYBOY, di blog e web zine che si occupano di erotismo e affini, nonché di piccanti provocazioni editoriali e di bollenti spiriti. Un viaggio sul lato "caldo" della scrittura senza censura. Un avvertimento: si consiglia caldamente di vedere in coppia questa puntata!

Alcuni dei libri caldi della puntata:

Giorgio Santucci, Fem Dom, Coniglio Editore
Francesca Mazzucato, L' anarchiste, Editore Alberti
Francesca Mazzucato, Confessioni di una coppia scambista, Editore Giraldi
Anais Nin, Il delta di Venere, Editore Bompiani
Jeanette Winterson, Scritto sul corpo, Editore Mondadori
Aleksandar Prokopiev , Voyeur, Besa
Eroxè, Oxè Awards 2006, Editore Zona
Alessandra Bianco (a cura di), Carte segrete. Entra in scena l'eros
Anna Segre, Lezioni di sesso per donne sentimentali, Coniglio editore
Abel Wakaam, La Schiava, Emme K edizioni
Libera Eva, Libera Eva. Frammenti di erotismo decadente fra sogno e perversione, Scipioni Edizioni


I link più hot del momento:

http://coppiascambista2.blog.excite.it/
http://www.rossoscarlatto.net/
http://www.eroxe.it/
http://www.liberaeva.com/
http://www.playboy.it/


Info: Salento Web Tv
Indirizzo: Via Gramsci Lecce - Tel: 329.3982588
Email:info@salentoweb.tv

LA SCUOLA DI SCRITTURA DI MINIMUM FAX presenta L’APPRENDISTA SCRITTORE

LA SCUOLA DI SCRITTURA DI MINIMUM FAX presenta

L’APPRENDISTA SCRITTORE

consigli, racconti di esperienze, percorsi seminari tematici per imparare il «mestiere» insieme ai grandi scrittori

mercoledì 6 maggio alle 17.30
presso la libreria Altroquando a Roma, via del Governo Vecchio, 82


RAFFAELE LA CAPRIA

inaugura il ciclo di seminarie presenta la nuova edizione del Laboratorio di lettura e di scrittura
a cura di Carola Susani e Giordano Meacci. Coordinano l’incontro i due docenti

LA SCUOLA DI SCRITTURA DI MINIMUM FAX

Laboratorio di lettura e di scrittura

Un laboratorio di 40 ore strutturato in due sezioni: la prima dedicata alla lettura e all’analisi delle tecniche narrative dei grandi scrittori; la seconda dedicata alla scrittura di un racconto: dalla scelta della storia fino all’editing conclusivo.

Inizio lezioni: 25 maggio 2009

Corso di scrittura (II livello)

Pensato come prosecuzione naturale del corso base per consentire agli allievi di affinare e testare il proprio talento letterario e per accompagnarli in un percorso verso la scrittura come mestiere.

Seminari tematici

Incontri e laboratori con scrittori per approfondire temi, tecniche e generi letterari specifici.

Qui tutte le info: http://www.minimumfax.com/corsi.asp?corsiID=19
Tutti i corsi offerti da minimum fax: http://www.minimumfax.com/corsi.asp?corsiID=27
Ulteriori informazioni: corsi@minimumfax.com

Mario Desiati, Foto di classe (Editore Laterza). Recensione di Antonio Errico

Sono quelli perduti dietro a un sogno. Sono giovinezze passate all’improvviso. Sono forestieri nel proprio paese. Fatalisti o ribelli. Sono quelli che tornano e non trovano niente di quello che hanno lasciato, se non l’angoscia, il degrado, il Sud abbandonato ad un destino di disfacimento, di corrosione, di costante deprivazione di senso. Sono quelli di una foto di classe con la fissità degli occhi, l’immobilità del tempo, l’immutabilità dello spazio, poi cresciuti e risucchiati nel vortice generato dalle assenze, svuotati dalla consapevolezza dell’impossibilità di ogni azione, di ogni reazione nei confronti di una condizione bastarda, separati da se stessi da un baratro che spalanca distanze spaventose. Sono quelli che non hanno più conti aperti con nessuno, se non con la memoria, con i propri fantasmi che si affollano negli occhi a ricordare che il passato ha un volto dolcissimo oppure quello deforme di un demone maligno.
In “ Foto di classe” ( Laterza, 2009), Mario Desiati entra nelle loro vite. Ne decifra i destini. Ne svela le depressioni, i fallimenti, le delusioni. Qualche soddisfazione. Qualche rivincita.
Sono quelli che rappresentano una generazione che fugge o che resta in una provincia disperata e maledetta da una storia che ha trasformato la Magna Grecia in una succursale dell’inferno, quelli che prendono con se stessi l’impegno di ritornare di tanto in tanto per ubriacarsi nella bisboccia e dimenticare il motivo per cui sono andati via.
Perché c’è qualcosa – una forza misteriosa, un vincolo di sangue, un richiamo ancestrale – che li attrae verso l’origine, che ribadisce un’appartenenza, che li riporta costantemente – ossessivamente – verso il punto di partenza, li turba, li marchia come l’immagine del santo protettore della sua città che Lucio si fa tatuare sul bicipite, o come la malinconia sottile di Marianna, che si deposita dentro di lei, si stratifica, diventa ansia contratta, nudità di confessione, tenero abbandono.
Sono quelli che riescono a vivere in una condizione di lontananza rimanendo con il pensiero sprofondato nella loro infanzia, ancora frastornati da scoperte stuporose, dal calore di una mano di padre.
Questo libro di Mario Desiati è un viaggio nella coscienza di una perdita del tempo che una generazione ha avuto fino all’istante in cui quei volti e quei nomi che ne costituiscono la sintesi e il simbolo non cominciano a raccontare. Nella durata del racconto, nei minuti e nella dimensione dell’incontro, si verifica l’evento della riappropriazione, il ricongiungimento con una identità custodita nella profondità dell’essere. Chi racconta riattraversa luoghi, ritrova quell’universo di esperienza dell’età che va dalla adolescenza alla giovinezza, quella stagione terribile e meravigliosa in cui si induriscono le ossa e talvolta anche il cuore, che attribuisce ad ogni cosa che accade, ad ogni piccola felicità, ad ogni minuscolo dolore, un valore straordinario e assoluto.
Chi racconta accetta di confrontarsi anche con il rimosso. Talvolta con il rimorso. Più o meno consapevolmente sa che per ritrovare si deve anche disseppellire, a volte, che si deve sprofondare dentro di sé e scrutare lontano, fino a portare lo sguardo al limite del racconto, sulla soglia ghiacciata del silenzio.
Ecco. Questi compagni di scuola sono quelli che poi, alla fine, scelgono il silenzio. Anche Mario poi, alla fine, sceglie un silenzio impregnato di commozione malcelata. Cala il silenzio quando a conclusione del resoconto, si prende atto con lucida evidenza che della vita anteriore a quell’attimo rimane soltanto la possibilità di un ricordo rappreso, forse anche un rimpianto, più spesso un rammarico, uno smarrimento, una disperazione controllata, pacata, quieta. Una consapevolezza di ineluttabilità. In qualche caso un risentimento nei confronti di quella provincia a Sud che a tarda sera affida la sua gente ai treni che vanno verso il Nord, promettendo un benessere che qui viene negato, un’esistenza che non ha il travaglio della precarietà.
Questo è un libro che ad ogni pagina dispiega una nuova concezione e dimensione della meridionalità: non ha luoghi comuni, non ha artifici, non ha retorica. E’ concreto, essenziale, intimo e corale; a volte ha un tono inquieto, a volte rassegnato. Esattamente come sono i toni di quelli che sono rimasti o di quelli che sono andati.

Mario Desiati, Foto di classe, Editore Laterza, Collana Contromano, pp. 144

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RAM_ 09 Rome Art & Music a cura di NUfactory

L’Associazione Culturale NUfactory presenta -in prima assoluta- RAM_ 09 Rome Art & Music, evento che mette in relazione artisti, musicisti e forme d’espressione diverse in un processo di interazione e scambio culturale.

Negli spazi del Teatro Palladium, sarà allestita una mostra collettiva di pittori e fotografi che, attraverso la loro arte, racconteranno i musicisti e i luoghi dedicati alla musica. Nove situazioni musicali, tra le più diverse. Dalla tradizione del Saltarello, ai nuovi box della periferia romana dove le giovani band provano i loro brani, dal rock al jazz di respiro internazionale passando per i ritmi funky suonati in strada, dalla musica medioevale alle selezioni elettroniche da club. Osservare e ascoltare Roma per capire il rapporto che la città ha con la musica.

IL VERNISSAGE - la musica si mostra
Palladium, piazza Bartolomeo Romano 8
h19.00


Tu Mazu
Germano Serafini
Damiano Tullio
Massimo Chioccia
Olga Tsarkova
Sebastian Comelli
Sara Purgatorio
Barbara Fagiolo
Fabio Gaigher
Box 23
Mario D’Angelo
Marco Rea
Chiara Fazi
Guido Gazzilli
Michele D’Aloisio
Marie Sjöberg
Sandro Cipolletti
Simone Manetti
JBRock & Diamond
Chiara Giustiniani
Francesca Lattanzi
Francesca De Angelis
Lara De Angelis


L’8 Maggio, durante il vernissage di apertura, l’osservatore non sarà posto davanti alla sola opera, ma anche e soprattutto all’interno delle atmosfere che ne hanno stimolato il processo creativo.

Sul palco del teatro Palladium si esibiranno in una grande jam session:

Gruppo Giuseppe Gianberti
J Point Trio
Alessandro Mazziotti


Nel ricco programma artistico spiccano, tra tutti i nomi presenti, collaborazioni importanti come quelle con il jazzista Paolo Fresu, tra i musicisti italiani più apprezzati all’estero, Carl Craig, icona della musica elettronica, Francesco Tristano, l’eclettico pianista che si cimenta spesso in progetti di contaminazione di musica classica ed elettronica, o le crew romane dei Colle der Fomento e dei One Love Hi Pawa.

RAM, memoria a breve termine sul ruolo che la musica ricopre a Roma. Una mostra collettiva che riunisce venticinque artisti e fotografi per raccontare gruppi e singoli musicisti, attraversando quei luoghi che sono dei punti di riferimento musicale per i romani. Nove percorsi specifici: dalla musica di strada, ad un cornershop, passando per musicisti più o meno affermati, mettendo al bando pregiudizi di generi, gusti, età e territorialità. RAM_09 indaga il rapporto tra musica e arti visive: non serve per forza la radio per scoprire qual'è oggi il sound della Capitale.

IL PARTY - il sound della capitale
Rising Love, via delle Conce 14
h 23.00


Al termine dell’evento di apertura, Ram_09 continuerà a esporsi al Rising Love mostrando la sua veste clubbing in un party che accoglierà nomi di grande richiamo della scena romana come:

Funkallisto, live
Duccio B from One Love HI Pawa
Dj Baro from Colle Der Fomento
Cyberfunk della crew di Deep Session


da venerdì 8 maggio 2009 a martedì 9 giugno 2009
Teatro Palladium - Rising Love
piazza Bartolomeo Romano 8, via delle conce, Roma

Il libro del giorno: Andrea Cortellessa, Libri Segreti (Le Lettere)

In questo libro Andrea Cortellessa riunisce una prima serie dei suoi numerosi sondaggi in una tradizione aurea e al tempo stesso segreta della prosa italiana novecentesca, quella critica prodotta dagli scrittori in proprio (poeti come Montale, Fortini e Zanzotto, Giuliani e Sanguineti; narratori come Savinio e Landolfi, Gadda e Calvino, Manganelli e Celati): che, oltre a celare spesso in questa produzione apparentemente “minore” e laterale pagine invece cruciali dei loro rispettivi “libri segreti”, hanno di pari passo offerto capitoli decisivi nella storia della critica novecentesca. In un momento in cui sembra che si faccia a gara nel denunciare malumori, sconcerti e disincanti, rileggere questa produzione può concretamente indicarci linee di ricerca – «fantasie di avvicinamento», per dirla con Zanzotto – tali da almeno approssimarci alla particolare «realtà», tutta tangibile ed esperibile, della letteratura. Perchè se è vero che, come sempre Contini ha insegnato, lo stile non è altro che «il modo che un autore ha di conoscere le cose», si rivela esercizio quanto mai istruttivo capire con quale “stile” questi nostri maestri hanno riconosciuto i loro, di maestri: così lasciandoceli in eredità.

casa editrice Le Lettere: http://www.lelettere.it/site/home.asp

" Quale sia il Libro Segreto di Andrea Cortellessa (che Libri segreti intitola appunto la sua ultima impresa saggistica) è possibile intuirlo dalla sintassi dei capitoli che la intramano. Qui non è tanto questione di filologia e di dottrina, perchè la capienza dello sguardo e l'ampiezza del riscontro bibliografici hanno, come sempre nei lavori di Cortellessa, qualcosa di spettacolare (...)"

di Massimo Raffaeli da Il Manifesto
p. 14 del 29/04/09

martedì 28 aprile 2009

Sulla breccia di Caterina Falconi (Fernandel) alla caffetteria Zammù

"Sulla breccia" di Caterina Falconi. Intervengono Giorgio Pozzi (editore Fernandel) e Francesca Bonafini. Sarà presente l'autrice.

Giovedì 30 aprile 2009
Start - h 19.30
Zammù caffetteria vineria libreria, via Saragozza 32/a, Bologna


Il romanzo: Silvia è una ragazza che abita in una cittadina arretrata e maschilista. Si affaccia alla vita adulta sognando l’autonomia e l’amore di Angelo, ma per inerzia sposa l’amico di lui, Marco, ritrovandosi intrappolata in un’esistenza avvilente da cui sembra non esserci via d'uscita.
Alla fine, ciò che sembrava quasi impossibile accade: nella notte di Ognissanti Silvia affronta i propri fantasmi, tra il buio e la vita, verso un imprevedibile finale quasi lieto...

L'autrice: Caterina Falconi è nata ad Atri (Te) nel 1963. Laureata in filosofia, ha lavorato due anni nel reparto pediatrico di un ospedale africano come volontaria. Attualmente è educatrice in un istituto di riabilitazione di Giulianova, dove vive con le due figlie. Ha vinto il premio Teramo nel 1999. Sulla breccia è il suo primo romanzo.

Ero Purissima! Il book party di Minimum Fax

ERO PURISSIMA di Eleonora Danco

Le sue storie fanno ridere e fanno male, sono crude e struggenti. Eleonora Danco, la più grande rivelazione del «giovane teatro arrabbiato» degli ultimi anni, ci sbatte in faccia la disperazione e la nevrosi quotidiana delle nostre città. Con questo nuovo book party, minimum fax festeggia la raccolta dei suoi più significativi testi per il teatro: un concentrato di rabbia e poesia, espresso in un linguaggio crudo ma pieno di grandi invenzioni e illuminazioni improvvise, che l’ha portata a diventare in poco tempo un’autrice di culto, tra Pasolini e Sarah Kane. Il mondo della Danco rivive adesso finalmente su carta – uno splendido, liberatorio pugno nello stomaco per i lettori.

Circolo degli Artisti - 3 maggio 2009
via Casilina Vecchia, 42 • Roma
Start h. 21.30


Performance teatrale: Eleonora Danco in n «Me vojo sarvà»

a seguire dj set Miz Kiara

Info - 06.70305684 • www.circoloartisti.it
339.6794139 • www.minimumfax.com/bookparty

Il libro del giorno: Medioevo euro-mediterraneo e Mezzogiorno d'Italia da Giustiniano a Federico II di Giuseppe Galasso (Laterza)

Giuseppe Galasso evoca, nel quadro della grande storia europea e mediterranea, un'epoca cruciale per il Mezzogiorno, dalla divisione dell'Italia in aree longobarde e in aree bizantine alle pressioni e interferenze arabe, pontificie e germaniche fino alla grande storia della monarchia normanna e sveva. In un ampio affresco, la perenne dialettica tra logiche interne e chiusure o aperture, mediazioni o adattamenti all'esterno, iniziative e passività, successi e fallimenti mette in luce la cifra, la specificità e il ruolo storico del Mezzogiorno in quei secoli, e oltre.

casa editrice: www.laterza.it

"Potrebbe sembrare una raccolta di saggi per specialisti il libro che Giuseppe Galasso ha consegnato alle stampe col titolo Medioevo euro-mediterraneo e Mezzogiorno d'Italia da Giustiniano a Federico II (Laterza, Roma -Bari 2009, pp.496, euro 35). E invece è uno dei suoi più intimi, nel senso rigorosissimo che per uno storico significa parlare di intimità: fare i conti con maestri e colleghi, da Benedetto Croce ad Aldo Garosci, con quei "pretesti della memoria" che danno il titolo ad un inedito saggio che è quasi di autobiografia storica, e soprattutto mettere ordine a pagine affidate a riviste disperse e volumi collettanei, ricostruendo così un percorso di ricerca di oltre cinquant'anni. Ne risulta un volume che fa intendere bene la sua idea del mestiere di storico ela sua concezione di Mezzogiorno"

Felice Blasi

tratto da Corriere del Mezzogiorno, Cultura Spettacoli e Tempo Libero, p.12 del 28/04/09

La ViCeVita, treni e viaggi in treno, di Valerio Magrelli, collana Contromano, Editori Laterza. Recensione di Vito Antonio Conte

...quella sera Anna, a un certo punto, mentr'ero distratto (il mio corpo era lì, nella libreria Palmieri, tre gradini sotto il piano stradale, con i presenti, ma mentalmente stavo nonsodove), disse qualcosa e me ne accorsi perché udii scandire il mio nome (meglio i due nomi e il cognome). Ripresa l'attenzione, vidi gli astanti davanti a me spostarsi a destra e a sinistra, come liquida scena biblica, sì da formare una sorta di corridoio umano, traverso, dove mi ritrovai nudo di fronte al Poeta, intanto che Anna seguitava a parlare dicendo qualcosa che, ancora attonito, non comprendevo, ma che aveva a che fare col mio ultimo libriccino che -diceva Anna, questo lo afferrai- era esposto in vetrina (bontà sua) affianco al libro che quella sera si presentava: “La vicevita Treni e viaggi in treno” di Valerio Magrelli (Editori Laterza, nella -già definita da chi scrive- ottima Collana “Contromano”, pagine 105, € 9,00). Sentivo ancora la voce di Anna rimbombare nel semi-interrato e nella mia testa: potevo intervenire dicendo qualcosa, magari regalando la mia plaquette al Poeta... Arrossii e, mentre goccioline di sudore m'imperlavano la fronte, non avendo nulla di intelligente a portata di lingua e non volendo tediare nessuno (com'altri aveva già fatto), dissi soltanto qualche scomposta parola che avrebbe dovuto evidenziare i miei apprezzamenti per la Libraia, per il Poeta e punto, ché la mia giornata era stata difficile all'inverosimile. Non so se (oltre alla scena del mio imbarazzo palesata al pubblico) lo scopo fu raggiunto (continuo ancora a dubitarne), ma quel lampo d'interloquio rivelò a me stesso ch'ero in viaggio... Adesso so che era stata la voce di Magrelli la causa della mia momentanea assenza, una bell'assenza: ero stato letteralmente rapito dal ritmo delle sue parole mentre riportava un episodio inerente a un congresso (cui si recava in treno) e ci deliziava con il suo scritto ripreso da un traduttore (Guillaume Colletet, stanco di fare il traduttore) e “ta-tàm / ta-tàm / ta-tàm / ta-tàm”, intanto che rendeva la “scansione indimenticabile, inesorabile, inconfondibile” del treno in marcia, io mi trovavo su quel (o un altro) treno... Il libro compendia una raccolta di prose brevi, divise in quattro sezioni: Infanzia del treno, Solitudini, Una comunità ferroviaria e La vicevita (che dà il titolo all'ultima pubblicazione di Magrelli). Scrive l'Autore, in una nota che precede le sezioni, “Chi sta in treno, è segno che vuole andare da qualche parte, e lo fa sempre e solo in vista di qualcos'altro. Il suo scopo, cioè, risiede altrove: l'unico a fare eccezione è il personale viaggiante. La nostra vita pullula di queste attività strumentali e vicarie, nel corso delle quali, più che vivere, aspettiamo di vivere, o per meglio dire, viviamo in attesa di altro. Possono essere atroci come la burocrazia e la malattia (intesa come ), oppure neutre, come appunto il viaggio. Sono i momenti in cui facciamo da veicolo a noi stessi. È ciò che chiamerei: la vicevita”. Quello che scrive Magrelli è vero solo in parte. Il viaggio, a prescindere dal mezzo utilizzato (che, a considerarlo, la parentesi diventerebbe molto più corposa), è sì -quasi sempre- strumento, mezzo, intervallo spazio-temporale, tra una vita e un'altra vita. Meglio tra vivere in un luogo e, dopo il viaggio, dopo il movimento, compiuto il tragitto, fermarsi e continuare a vivere in un altro luogo. O anche chiudere un vissuto in un luogo e aprire una nuova vita in un altro luogo. Ma, pur senza sviluppare oltre questo concetto, non sempre è così. Ché, per restare nelle atmosfere proprie del libro di Magrelli, anche il treno può essere vera e propria vita e non vicevita. Anzi, a volte, in treno possono accadere pezzi di vita irripetibili nella... vita. Quel che vado dicendo è, all'evidenza, frutto di personale esperienza e, dunque, non contiene oggettività alcuna. Eppure, credo che il treno, più che un inciso della vita, possa costituire un autentico pezzo di vita. Perlomeno quando è frutto di piena volitività. Penso agli spaccati ferroviari presenti nei miei testi. Ma, soprattutto, penso a quell'altra volta in cui presi la littorina della Sud-Est, senza alcuna destinazione, senza compagnia e senz'alcun'altra necessità che non fosse quella di “godermi” quell'andare. Il Piacere dell'andare. E mi sovvengono altri versi: “in treno t'ho baciata / la prima volta / in treno / ho barattato altri baci / in treno ho sentito / correre via la vita / e l'ho fermata / in treno / ho trovato parole / introvabili altrove / ho perduto Pavese / e ho voluto dimenticare libri / in treno / parlo ancora di te”. Ché, pur essendo racconti, la scrittura contenuta in questo libro è segno poetico ed è facile perdersi nei tanti luoghi e nei momenti del viandante-scrittore. Se il mio viaggio non fosse stato interrotto come vi ho detto, probabilmente non ne avrei colto il motivo. Coincidenza? Forse. Anche se Magrelli non crede alle coincidenze e, se ci crede, le considera inutili: “Questo è il segreto delle coincidenze: in genere non servono a nulla. Si caricano di senso, come l'onda, montano, si accavallano, minacciano, per poi svanire, come me nel sonno”. Si può non essere d'accordo, ma come lo scrive bene Magrelli! Frammenti che chiunque abbia preso il treno sol'anche una volta, leggendo questo libro, ritroverà e non potrà fare a meno di pensare che accadimenti apparentemente banali acquistano, nella scrittura di Magrelli, senso. D'altra parte, non sta (forse e anche) nel cogliere e nel saper dare significato a quel che generalmente è insignificante la grandezza della letteratura?

fonte PN quotidiano

lunedì 27 aprile 2009

Il libro del giorno: La guerra dei figli di Lidia Ravera, Garzanti

«L’ironia e la maturità del pensiero impregnano di sé una prosa sempre vivace e pungente.»

Dacia Maraini

«Vuole soltanto vivere. Vuole che vivere sia il suo incarico e il suo capolavoro. È questo che vogliono tutti. Vite forti, vite piene, vite emozionanti, vite nobili, vite speciali.
Nutrono progetti d’egoismo su vasta scala. Saranno intelligenti, saranno sprezzanti, saranno come nessuno è mai stato prima di loro.»

1967: la tredicenne Emma, carina e paziente, e la diciassettenne Maria, ironica e ribelle, sono in vacanza in montagna con il Padre e la Madre. È una Famiglia della media borghesia torinese, dove si insegna ai figli a difendersi dal mondo. Maria, com’era prevedibile, scappa di casa. Emma sa tutto ma, combattendo una nascente pietà per i grandi, tace. La ritroviamo dieci anni dopo, alle prese con un aggravarsi di quell’intimo conflitto fra complicità e compassione: Maria ha dichiarato guerra al mondo dei Padri. Una guerra armata. Emma la capisce eppure la disapprova. E intanto si impegna a crescere, cercando un nuovo assetto per sentimenti desideri e bisogni.
Con questo romanzo, dove una storia privatissima si intreccia con la Storia del nostro paese, Lidia Ravera rivive gli anni Settanta: il sogno di poter restare per sempre «figli», l’impeto collettivo verso la trasformazione della società e lo sconcerto di fronte al duro discorso del sangue. La violenza, i morti, gli agguati. La forza de La guerra dei figli è nella capacità di evocare la confusione di quegli anni lontani restando fedele al punto di vista di una ragazzina che diventa donna e alla scelta «stilistica» di raccontare il passato come se fosse il presente. Sobriamente, senza retorica, senza cedere al senno di poi, componendo il quadro attraverso una accurata collezione di dettagli

Casa editrice: http://www.garzantilibri.it/default.php

E’ scandito in quattro tempi La guerra dei figli (pp. 300. euro 17,60), che Lidia Ravera ha appena pubblicato da Garzanti. Un romanzo che conferma una sicura maturità narrativa, di cui già il romanzo precedente, Le seduzioni dell’inverno, pubblicato da nottetempo, aveva dato un’efficace testimonianza. Le ragioni? Intanto la propensione a dare la voce a un periodo attraverso i percorsi di una storia quotidiana e sentimentale (in senso flaubertiano) risulta qui affinata dal dominio sempre più solido di una materia fuggitiva (affidata molto spesso a biglietti, lettere, diari, un quaderno da vedere alla voce follia)

Giovanni Tesio

tratto da Tuttolibri, La Stampa, p.11, n.1662 del 25/04/09

Michele Caccamo, Chi mi spazierà il mare, con una prefazione di Alda Merini (Editrice Zona)

Michele Caccamo possiede una forte identità poetica sia per ciò che riguarda la strutturazione del registro e del timbro nei suoi versi, sia per l’aspetto strettamente legato al senso del fare poetico. Oggi come oggi è difficile scovare tra le novità editoriali nell’ambito della Poesia, produzioni di qualità, vuoi per un eccesso di produzione in tal senso (oggi si pubblica veramente di tutto) vuoi perché manca una selezione alla base, ovvero molti comitati di lettura all’interno delle case editrici non fanno bene il loro lavoro. Non è il caso di Michele Caccamo e la sua ultima raccolta “Chi mi spazierà il mare” dell’editrice Zona di Arezzo, con prefazione di Alda Merini. La sua scrittura è un lavoro sull’elaborazione della separazione e del lutto, categorie che appartengono al sentimento dell’uomo e, come tali, sono da considerarsi cose profondamente umane. Nulla di lugubre, anzi, essi sono segni d’amore e significano melanconia nostalgica nei confronti delle cose che attraversano le esistenze, lasciando tracce che seppur dolorose, costruiscono memoria. In fondo la grande arte non è altro che cognizione della separazione. Michele Caccamo è un poeta a tutti gli effetti che non ha perso una qualità ormai dimenticata nel nostro Occidente, ovvero l’arte del raccontare. E il suo raccontare sfocia nella declamazione del vivere la Poesia, viverla profondamente proprio come un missionario dedica la propria vita totalmente al suo credo e alla sua missione. E la missione di questo poeta è un recupero non solo dell’importanza della parola, ma di quello che oggi il verso si trova ad esprimere e ad abitare. Gli scenari che Caccamo rappresenta nella sua metrica, rappresentano la condizione dell’uomo alla ricerca costante di un dimora che gli possa appartenere completamente: questa ricerca è un percorso che costruisce man mano nel suo svilupparsi, una grammatica della vita affettiva, ma che segue codici differenti, altri, forse inferici. Per Michele Caccamo in questa sua raccolta poetica, l’orizzonte destinale dell’uomo è segmentato per diverse categorie. Esso si trova in una condizione di vera e propria dannazione, quella propriamente biblica della condanna all'inferno, la punizione che Dio riserva alle persone non redente dal peccato. La paura più abominevole che ci sia, in quanto sofferenza "contemplativa" eterna con la consapevolezza dell'irrevocabile e assoluto diniego d’accesso al paradiso. Una sorta di perversa condizione di autocompiacimento in un’estasi (dal greco ἐξ στάσις, ex-stasis, essere fuori) della trans/valutazione dei valori, uno stato psichico patologico di sospensione ed elevazione mistica della mente, che nell’uscire fuori di sé, trova solo il baratro, e non la grazia: “ tutti gli spiriti posseduti/ sono una colonia di vandali/ che mi fanno cambiare spazio/ mi fanno trapassare/ e mi nascondono/ in un fodero santificato/ come fossi un disertore/ mi chiudono gli occhi/ mi umiliano/ e già punito/ visiono il cielo/ il vuoto aereo/ e scoppio/ come pietra luminescente/ carbonizzato/ ancora niente/ a cono dalla terra/ sparato a carne/ spirito filante” (pag. 40). E ancora: “ almeno una sporgenza/ da questo Dio/ o una fuga dalle fasce/ per uscirgli dal seno/ noi siamo ghiande/ acqua termica/ o solo piume/ ma anche corrosi o spinti/ o spruzzati come i fili/ da una pala di ventola/ in una rete a terra/ ripudiati come le feci/ noi siamo pur sempre spiriti/ di spazi santi/ anche se stiamo laggiù/ espettorati estratti/ posati nel carnaio/ in un cataclisma/ un polipaio/ noi passiamo per gli spettri/ in questo fosso di tempo/ come geometrie/ o schiere fisiche/ come particelle di carne ed ossa” (pag. 41). Michele Caccamo sa che il mondo è popolato da influssi positivi e negativi, derivati dall'eterna lotta tra gli spiriti buoni (gli angeli) e cattivi (i demoni). La lotta tra angeli e demoni influenza l'animo umano, sebbene sia l'uomo che deve respingere le tentazioni dei demoni, affidandosi agli angeli buoni. In ultima analisi, questa lotta porta ad un tal equilibrio spirituale in questo mondo cosicché è proprio l'uomo che deve decidere il suo destino spirituale: “io vorrei amare/ ma da questo fondale/ che mi confina/ non posso sentirti/ e peno” ( pag. 37)

Michele Caccamo, Chi mi spazierà il mare, con una prefazione di Alda Merini
Editrice Zona, Arezzo, pp. 110

Domenico Protino domani su Radio Venere

Domani 28 aprile 2009 alle ore 20,30 Gino Greco su Radio Venere intervisterà Domenico Protino. Il giovane cantautore eseguirà per i suoi fan alcuni brani tratti dal suo primo album omonimo “Domenico Protino”. Imperdibile.

Home page:
http://www.radiovenerenet.it/index.htm

Per le frequenze:
http://www.radiovenerenet.it/mhz.htm



Domenico Protino nasce a Torre Santa Susanna. Sin da giovanissimo si appassiona alla musica e al suo mondo. Il 2000 per lui è una data fatidica: decide che la musica sarà la sua vita e allora a capofitto comincia, a crearsi ogni possibilità di esibizioni live - in cover band ma anche da solista nelle vesti di cantautore – partecipando a concorsi canori nazionali man mano sempre più prestigiosi fino ad arrivare alla vittoria del rinomato Premio Lunezia Giovani Autori 2007 che riconosce il valore sia musicale che testuale delle canzoni italiane, con il brano dal titolo "W la vita". Il 2008 è l’anno che lo porta su scenari internazionali, e per la precisione oltre oceano: Domenico viene selezionato come unico rappresentante italiano al Festival Internazionale della Canzone di Viña del Mar in Cile (il più importante festival dell’America Latina e unico gemellato con il Festival di Sanremo) vincendo con il brano "La guerra dei trent'anni” aggiudicandosi due “gaviotas de plata” ovvero i premi come migliore autore e migliore interprete. Parliamo di un giovane cantautore, che gestisce diversi codici sonori (orecchiabili, curati in ogni suo aspetto) e diversi impegni sul senso testuale, che ama non limitarsi a essere bardo di se stesso, ma occhio critico attento a quello che succede oggi Il suo primo album “Domenico Protino”, consta di 10 brani. Registrato presso gli studi Panpot di Brindisi e mixato allo Studio S.Anna di Castel Franco Emilia (Modena) e al Creative Mastering di Forlì, suonato interamente, oltre che da Domenico, da musicisti pugliesi, è realizzato sia in lingua italiana che in lingua spagnola per il mercato latino-americano; scaricabile da iTunes e in vendita nei negozi dal 26/9 distribuito da Warner Music Italia Srl. Di lui si sono occupati importanti media come tra gli altri L’Espresso, L’Unità, Radio Vaticana, Rai News 24, La Mezzanotte di Radio Rai 2.

domenica 26 aprile 2009

I Mariposa l'8 maggio alla Saletta della cultura "Gregorio Vetrugno" di Novoli

La rassegna Tele e Ragnatele, realizzata con il contributo della Regione Puglia e in collaborazione con la Cooperativa Coolclub, ospita venerdì 8 maggio il concerto dei Mariposa.

Attivi dal 1999, i Mariposa sono un settetto di elementi provenienti dal Veneto, dall'Emilia, dalla Toscana e dalla Sicilia: Bologna è il loro punto d'incontro, sede del quartier generale della loro etichetta Trovarobato.
I Mariposa sono ritenuti un'anomalia all'interno della scena musicale italiana. Il loro sound è un ibrido tra forma-canzone, psichedelia, free-form e teatro surreale, un mix che definiscono "musica componibile". Autarchici, surreali, provocatori, fieramente indipendenti, hanno all'attivo otto album e vantano collaborazioni con Morgan, Marco Parente, Alessio Lega, Afterhour e molti altri. Enrico Gabrielli, fiatista del gruppo, è membro stabile degli Afterhours, con i quali è stato più volte in tournèe nel Regno Unito e negli Stati Uniti.

I Mariposa si sono esibiti sui palchi di tutta Italia, in locali, festival, teatri, dai centri sociali fino al teatro Ariston di San Remo.

Start: venerdì 8 maggio 2009 alle ore 21.30
Saletta della cultura "Gregorio Vetrugno" Via Matilde 7
Novoli (Lecce), Italy

Il libro del giorno: Il lunedì arriva sempre di domenica pomeriggio di Massimo Lolli (Mondadori, pp.199, euro 18)

A Vicenza si fa sesso per cooptazione. Non è importante corteggiare, è importante accrescere la propria appetibilità sociale. E Andrea Bonin, manager di successo dei Tessuti Brustolon, è l'uomo più cooptato in città. Donne giovani, meno giovani, non più giovani, tutte cercano Bonin. Ma lui da tempo non si vede più in giro, pare che lavori a Milano. Eppure è a Vicenza, non a Milano, solo che non si fa vedere. Sbuca di buon mattino dal suo palazzetto d'epoca nel centro storico, imposta curriculum, telefona a segretarie che non gli passano il capo, vaga per cimiteri, seduce giovani donne, raccatta attempate tardone. Ha perso il lavoro da più di un anno e non ne trova uno nuovo. Lui che era un figo è diventato uno sfigato, e non vuole che si sappia in giro. L'unica speranza è a diecimila chilometri da casa, a Shanghai, dove ha un appuntamento con Mister Ma, top manager della Whang Corporation... In diretta dalla realtà, narrato dalla viva voce del protagonista, Il lunedì arriva sempre di domenica pomeriggio è un romanzo crudo ed esilarante sul nostro tempo, dove invecchiare è una colpa, lavorare un privilegio, amare un lusso.

Massimo Lolli ha pubblicato Innamorarsi di una milanese (Archinto 1995), Volevo solo dormirle addosso (Limina 1998) - da cui è stato tratto l'omonimo film per il cinema presentato al Festival di Venezia nel 2004 -, Io sono Tua (Piemme 2003). Ha scritto la sceneggiatura di No Smoking Company, Globo d'Oro 2007 per il miglior cortometraggio. Ha compilato la voce "Manager" per il Dizionario affettivo della lingua italiana (Fandango 2008).

casa editrice: http://www.librimondadori.it/web/mondadori/home

"In sette capitoli come i giorni della settimana, l'irriverente Massimo Lolli racconta la disoccupazione vissuta da over 50"

di Silvia Pingitore
da Il Venerdì di Repubblica (numero 1101 del 24/04/09) p. 94

sabato 25 aprile 2009

Caos e bellezza di Omar Calbrese. Recensione a cura di Maria Beatrice Protino

«La bellezza di oggi nasce dal caos, un caos che è complessità di linguaggi e di forze in gioco», scrive il professor Omar Calabrese nel suo saggio Caos e bellezza per i tipi di Domus Academy. Immagini del neobarocco, saggio volto a cogliere nelle arti visive per prime quell’unica tendenza stilistica che lui individua nel Neobarocco.
Il Neobarocco, scrive il professore, non è un movimento artistico o una tendenza, ma è lo spirito stesso dell’epoca che viviamo, è un fenomeno culturale, un atteggiamento, uno spirito al quale, com’è ovvio, non solo la letteratura, i mass-media, il cinema, ma anche le arti visive - e nel saggio si riconducono al Neobarocco diversi artisti contemporanei, dei quali vengono analizzate le opere - si adeguano, anzi ne occupano un ruolo particolarmente significativo: «Nella loro sfera convivono oggetti recuperati dalle discariche, pittura densa di citazioni e graffiti, progetto e improvvisazione: la bellezza nasce dal caos».
L’operazione terminologica vuole il concetto di “barocco” come contrapposto a quello di “classico”, dove per «classico s’intende far riferimento a categorizzazioni di giudizi fortemente orientati alla stabilità e all’ordine, mentre per barocco categorizzazioni di giudizi che eccitano l’ordinamento nel senso della sua destabilizzazione, sottoponendolo a turbolenza».
Calabrese, dunque, individua i principi del Neobarocco nel Ritmo e nella Ripetizione – si pensi all’estetica della ripetizione, appunto, fondata sugli elementi della variazione organizzata, dell’irregolarità regolata, del ritmo velocissimo - o nell’Eccesso – quella tensione, questa volta centrifuga, al limite: quella messa in discussione di una qualche regola che tende a destabilizzare il sistema -, nel Pressappoco e Non so che – il fascino dell’approssimazione, quanto nelle scienze tanto nelle filosofie -, nel Nodo e Labirinto, nella Distorsione e Perversione, nella cura del Dettaglio e del Frammento.
«Nella storia del pensiero filosofico il binomio disordine-caos è stato sempre considerato in senso negativo, come sinonimo, cioè, di irrazionale, casuale, irrisolvibile. Oggi, invece, il caos è semplicemente visto come un insieme di fenomeni altamente complessi, ma di cui si può arrivare a descrivere il funzionamento. Ovvero: l’ordine del disordine». Ed ancora: «Esiste un disordine oggettivo, che è disordine degli oggetti rappresentati, come si trattasse di una magia naturale; un d. soggettivo, cioè un d. della rappresentazione che è sfida alle leggi naturali; un d. cd. patemico, provocato dal rapporto tra opera e fruizione, che sarà poi la cultura a stabilizzare in un abbinamento tra oggetti rappresentati».
Non più, dunque, il caos come spiegato nella mitologia greca antica quale origine dell’universo, ma un totale cambiamento di gusto finalmente, per cui i fenomeni caotici sono considerati esteticamente belli.

special tank to Luciano Pagano

ECOCULTURE L’Arte di seminare politiche per la vita!

SABATO 25 APRILE 2009

c/o Sala Consiliare del Comune di Nardò (Le) ore 18:00:


ECOCULTURE aprirà i lavori con l’inaugurazione di 5 mostre a tema.
Apertura al pubblico dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 17:00 alle 21:00 tutti i giorni, dal 25 aprile al 1° maggio. Ingresso libero.

Le mostre:

SCART - USEFUL AND BEAUTIFUL SIDE OF WASTE
a cura di Ecolevante
(mostra c/o Torrione del Castello – Nardò dal 25 aprile al 1° maggio 2009):

La mostra propone un’ampia rassegna di una produzione di grande interesse formale: opere di design e di scultura realizzate utilizzando esclusivamente materiali recuperati all’interno delle aziende del Gruppo Ecolevante, opere eseguite in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Un progetto ecologico, originale e intelligente che non deriva dalla penuria ma dalla sensibilità di ridare vita ai materiali che quotidianamente diventano rifiuti. Sono oggetti provenienti da scarti, materia usata, roba buttata che rinascono a nuova vita.

L’ISOLA DELLA FORESTA di Yosuke Taki

(mostra fotografica c/o Chiesa “La Madonna della Rosa” – Nardò dal 25 aprile al 1° maggio 2009):

Quindici fotografie di grande formato di alberi “monumentali” del Parco delle Madonie in Sicilia mostrano deliranti organizzazioni anatomiche di giganti silvestri, un teatro di folli organi anatomici.
Emozioni che si mescolano in un senso di orrido meraviglioso. L’Orrido e la Meraviglia, le due qualità contrastanti che insieme generano il sacro.

MOSTRA ECOMODA (mostra d’abiti c/o Chiostro di Sant’Antonio dal 25 aprile al 1° maggio 2009) a cura della designer Angela Potì e di alcuni giovani designer dell’Istituto Cordella - Italian Fashion School di Lecce e dell’Istituto Professionale “E. La Noce” di Maglie (coordinati dalla stilista Carol Cordella):
Dalla collaborazione dei due Istituti di Moda è nata una mostra di dodici abiti che raccontano il percorso creativo di futuri Stilisti, i quali hanno ricercato dei materiali innovativi ed ecologici in grado di concretizzare il loro genio, anche attraverso l’uso di quella che comunemente viene chiamata “spazzatura”.

BIODIVERSITÀ AGRARIA E PAESAGGIO RURALE NEL SALENTO

foto, testi e determinazione botanica a cura di Francesco Minonne
(mostra c/o Masseria Torre Nova – Parco naturale di Porto Selvaggio – Nardò dal 25 aprile al 1° Maggio):

L’impegno pluriennale di un ricercatore appassionato e impegnato nella tutela delle identità territoriali e della biodiversità rurale della cultura salentina. Le foto che segnano questo percorso definiscono la possibilità di trasmettere suggestioni utili al ricordo ma, soprattutto, alla voglia di modificare comportamenti, acquisire nuove richieste come quella della tutela di un patrimonio agrario sempre più eroso da un presunto sviluppo, sempre più minacciato dall’omologazione dei prodotti, dei gusti e delle scelte.

ALFA EDILE – SYNPLAST (mostra c/o Orto botanico Nardò dal 25 aprile al 1° Maggio):

Un allestimento temporaneo a cura di Alfa Edile di alcuni elementi di arredo urbano dal design altamente innovativo e realizzati in Synplast, materiale ottenuto dalla plastica riciclata.

Alle h. 21:00 seguirà c/o il Torrione del Castello – Palazzo Comunale di Nardò un’incontro con i curatori della mostra SCART- USEFUL AND BEAUTIFUL SIDE OF WASTE a cura di Ecolevante.

DOMENICA 26 APRILE 2009

c/o il Chiostro di Sant’Antonio ore 11:30:

Aperitivo con gli artisti di Ecomoda e la coordinatrice della mostra Carol Cordella.

c/o l’Orto Botanico ore 18:00:

Presentazione del libro NON CHIAMARMI ZINGARO di Pino Petruzzelli – Edizioni Chiarelettere. Un libro che vanta l’importante contributo dell’insigne storico del Mediterraneo Predrag Matvejevic che scrive "L'uomo non nasce mendicante, ma lo diventa. E non lo diventa soltanto di propria volontà. L'accattonaggio è l'ammonimento agli uomini veri e alle fedi sincere: a quelli chiamati a dare a ciascuno il pane, a coloro che non dovrebbero dimenticare la carità."

c/o l’Orto Botanico ore 21:00:

Spettacolo teatrale “CON IL CIELO E LE SELVE” di Mario Rigoni Stern con Pino Petruzzelli. Con l’intento di veicolare attraverso tutti i linguaggi artistici immagini e contenuti sui temi del rapporto dell’uomo con il suo ambiente e della tutela delle identità territoriali ECOCULTURE propone questo spettacolo che segue le orme ideali di Mario Rigoni Stern sui sentieri dei monti e degli altipiani incontaminati dove il grande scrittore, scomparso solo di recente, amava camminare in silenzio. Pino Petruzzelli diventa testimone dell’amore di un uomo per la propria terra, interpretando i protagonisti del libro Uomini, boschi e api, edito da Einaudi. Storie che ancora si possono godere purché si abbia desiderio di vita, volontà di camminare e pazienza di osservare. In sua compagnia il pubblico passeggerà idealmente per i boschi guidati dalle parole Mario Rigoni Stern.

Ingresso spettacolo € 10,00

venerdì 24 aprile 2009

Io sono Dio di Giorgio Faletti (Baldini Castoldi Dalai Editore). In anteprima al Salone del Libro di Torino

Io sono Dio è il titolo del nuovo romanzo di Giorgio Faletti. Battute a parte, uscirà a maggio per Baldini Castoldi Dalai, come i precedenti, il nuovo atteso romanzo di Giorgio Faletti per il quale si annuncia quella che in casa editrice definiscono "una tiratura formidabile": si vocifera di oltre 500 mila copie in prima battuta, ma l'editor del libro, Francesco Colombo, non conferma e non smentisce, si limita a sorridere, segno che forse la cifra è errata per difetto.

"La storia è un ritorno al thriller classico - spiega Colombo, che è già stato l'editor dei racconti di Faletti - più vicino a Io uccido per come è impostato. Lo ha detto anche Faletti più volte, quella dei racconti è stata una vacanza che lui si è voluto prendere con l'horror e il fantastico, per poi tornare a scrivere una storia che aveva nella penna, un thriller."

Il romanzo è di circa 500 pagine, "un po' più breve di Io uccido", e l'ambientazione è ancora, come sempre in Faletti, internazionale. Ma non ritorneranno personaggi dei precedenti romanzi, e la storia non ruoterà intorno al mondo delle radio come nel libro d'esordio. "L'autore tiene molto alla sorpresa", precisano ancora in casa editrice, e in attesa dell'uscita, che avverrà in occasione della Fiera del libro di Torino ("forse"), non resta che immaginare quali nuovi delitti i lettori potranno scoprire tra le pagine.

sabato 16 maggio 2009
Ora: 20.00 - 21.00
Salone del Libro, Sala dei 500, Via Nizza, 280, Torino, Italy


fonte
http://www.giorgiofaletti.net/news/2009-04/io-sono-dio-torna-giorgio-faletti.php

Questo è un brano di un articolo tratto dal Corriere della sera (2 aprile 2009) a firma Ida Bozzi ripreso dal sito di Giorgio Faletti (http://www.giorgiofaletti.net/)

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