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venerdì 14 agosto 2009

Umberto Galimberti, La casa di psiche, Milano, (Feltrinelli). Intervento di Mimmo Pesare

Non è facile descrivere in poche righe questo lavoro di Umberto Galimberti, anzitutto perché se dovessi definirne la tipologia scientifica non saprei se indicarlo come saggio critico o come manuale.
In realtà quest’ultima definizione è difficilmente utilizzabile in quanto l’oggetto del libro, ossia la pratica (o consulenza) filosofica, non possiede ancora i caratteri di disciplina scientifica, per quanto da una decina d’anni in Europa, e da un po’ meno in Italia, si stia cercando di delinearne lo statuto teorico e di organizzarne la struttura. Probabilmente, il fatto che la consulenza filosofica stia diventando una issue, un argomento di discussione – a volte anche feroce – tra sostenitori e detrattori di una pratica che ancora stenta a percorrere un sentiero organico e unitario, è indice, quantomeno, di un interesse nei confronti di un modo alternativo di immaginare la speculazione filosofica. Nel senso che, al di là delle palinodie tra scuole, vulgate e lobby, sarebbe opportuno partire dal dato di fatto che un numero sempre più consistente di individui che hanno studiato filosofia, avverte l’urgenza di un indebolimento della sua aura di disciplina esoterica e intra-accademica, per provare a “far qualcosa” con essa. A questo proposito, il fatto che negli ultimi anni si stia consolidando una letteratura in merito (quasi tutti i titoli appartengono all’editore Apogeo di Milano), attraverso i libri di Achenbach, di Lahav, di Lindseth, e in Italia di Pollastri e di Poma, e la constatazione che in un universo ancora non disciplinato da albi professionali, esista più di una associazione che difende il titolo di detentore della formazione per quanto riguarda la nuova figura del consulente filosofico, rappresentano il sintomo di una costruzione concettuale progressiva e non senza dissidi interni. Il primo tassello per capire cosa dovrebbe – o vorrebbe – essere il counselling filosofico potrebbe essere fornito da una spiegazione per differenza.

Se infatti l’auspicato profilo del consulente filosofico costituirebbe una figura con provate competenze filosofiche e psico-pedagogiche teoriche (non cliniche!) che siano d’aiuto a singoli e a enti nell’affrontare problemi quotidiani (etici e non patologici), il rapporto deontologico con la psicoanalisi e con le psicoterapie in generale ne dovrebbe costituire il primo strumento di identificazione. Il counsellor filosofico non cura alcunché, non provenendo da una formazione medico-clinica, ma può diventare una figura di riferimento per tutta una serie di situazioni sociali o individuali in cui sia utile la capacità di interpretare nodi quali difficoltà di scelta, elaborazione di delusioni o dolori legati al mondo del lavoro o delle relazioni sociali, e, in generale, una abilità ermeneutica nei confronti delle situazioni quotidiane e dei nostri modi di affrontarne le difficoltà. Pur essendo chiaro come una figura del genere non possa curare individui nevrotici o psicotici, è importante definire in maniera netta entro quali campi e attraverso quali procedure epistemologiche questa nuova praxis possa trovare posto nell’empireo delle discipline, ancor prima che nel mondo del lavoro. Ebbene, Galimberti parte dalla premessa che il nostro tempo, l’età della tecnica, risulta caratterizzato fondamentalmente da una “insensatezza”, da una caduta della domanda sul senso dell’esistenza, che si esplicita in una percezione del dolore, della miseria, della malattia e dell’infelicità, radicalmente diversa da quella che era possibile avvertire nell’età pre-tecnologica. La domanda sul senso della vita che da millenni l’uomo si pone, oggi è diversa perché non è più provocata dal prevalere del dolore sulle gioie della vita ma dal fatto che “la tecnica rimuove ogni senso che non si risolva nella pura funzionalità ed efficienza dei suoi apparati”, al cui interno l’individuo si sente un mezzo in un universo di mezzi.



Insomma la tecnica, che filosofi come Heidegger, Jaspers, Anders identificavano come il destino della metafisica occidentale, sembra non avere altro scopo che il proprio impersonale autopotenziamento, tanto che “se nell’età pretecnologica la vita e il mondo apparivano privi di senso perché miserevoli, nell’età della tecnica appaiono miserevoli perché privi di senso”. Per questa insensatezza, sostiene Galimberti, la psicoanalisi risulta impotente in quanto gli strumenti di cui dispone scandagliano il non-senso quotidiano di una vita malata di sofferenza; qui invece è la sofferenza a essere determinata da un non senso che non appartiene all’individuo, ma a uno scenario antropologico globale che ha determinato un disagio della civiltà contemporanea e che, dunque, necessita di comprensione, più che di cura. Gli strumenti filosofici, allora, possono restituire una riappropriazione del senso dell’esistenza nella sua accezione più allargata, quella cioè di un destino comune che l’umanità si gioca contro una sofferenza non più solo individuale, ma fondamentalmente collettiva, dalla cui morsa non si esce con una cura ma con una riconciliazione nei confronti dell’esperienza del dolore. Questo è non solo costitutivo della vita, ma rappresenta la condizione che ci mette di fronte al nostro limite mortale, ovvero l’impossibilità di scelta, l’ineludibilità della sofferenza e della morte, di cui l’angoscia è l’avvisaglia.



Ma se le pratiche psicoterapeutiche colgono l’angoscia nevrotica nell’eziologia del passato del paziente, la pratica filosofica coglie l’angoscia esistenziale non attraverso l’analisi di una sintomatologia, bensì in ordine allo sfondo a cui tali sintomi rinviano, che è poi lo sfondo dell’esistenza percepita come assoluta precarietà. “Qui la pratica analitica è impotente, mentre la pratica filosofica ha ancora una parola da dire” scrive Galimberti. E la dice attraverso il discorso della grecità classica e della sua antropologia filosofica basata su un rapporto con gli dei dell’Olimpo che non rappresentava una vera e propria fede religiosa, ma un monito continuo a vivere “secondo misura” (katà métron) e all’insegna di quella virtù (areté) che è in primo luogo eccellenza, ovvero realizzazione della propria natura e atteggiamento indomito verso di essa. Galimberti contrappone a una tradizione etica giudaico-cristiana, un’etica propria della cultura greca.



La prima – la cui laicizzazione è rappresentata dalla stessa psicoanalisi – interpreta il senso dell’esistenza come un’espiazione di una colpa e quindi vede nella sofferenza un passaggio temporaneo e identifica la stessa vita terrena come malata, patologica, mentre la seconda iscrive la sofferenza umana in un orizzonte liberato da quella pedagogia del dolore di Francesco di Sales, in cui elementi quali l’abnegazione di sé, il portare la croce, l’attesa della salvezza, siano il viatico di una presunta liberazione futura, ma, al contrario, all’interno di una condizione di consapevolezza per la quale il dolore è sentito come l’ineluttabilità di una legge di natura. Per corroborare questa tesi, Galimberti delinea, nella parte centrale del libro, una intelligente storia analitica della psicoanalisi e dell’ermeneutica filosofica attraverso un ricchissimo excursus che parte da Nietzsche e Freud, passa per Lacan e Jung e attraverso la trattazione dell’analisi esistenziale di Binswanger e di Jaspers, arriva alla costruzione di un discorso sulla cura del sé e sull’etica del viandante. In questo senso il libro può essere considerato quasi un manuale ante litteram per una disciplina che necessita di sistemazioni teoretiche, e la ricchezza storiografica con la quale si dà atto del cammino che la psicoanalisi ha compiuto fino a oggi, rende un valore aggiunto a un testo che vale quanto pesano le sue 460 pagine.

Strano, che proprio uno studioso che, oltre che filosofo, è anche psicoanalista junghiano, abbia realizzato questa amorevole invettiva nei confronti di una pratica come quella psicoanalitica che, probabilmente, dopo più di un secolo dalla sua nascita, pare richiedere una sdrammatizzazione e un addolcimento umanistico.

giovedì 13 agosto 2009

Il libro del giorno: Nausicaä di Hayao Miyazaki (Panini Comics)

Dopo che la civiltà industriale, un tempo prospera e gloriosa, finì inghiottita dalle tenebre del tempo, la superficie terrestre fu invasa da una gigantesca foresta fungifera che emetteva miasmi velenosi: il Mare della Putrefazione. Gli uomini si trasferirono nelle poche terre risparmiate dalla foresta e li vissero nei regni da loro stessi fondati. La Valle del Vento è un piccolo regno abitato da appena 500 persone, protetto dall'inquinamento del Mare della Putrefazione grazie ai venti che soffiano dal mare. Principessa di questo regno incontaminato è la giovane Nausicaä...

" - Ma se fossimo noi umani il vero inquinamento di questo pianeta? -. Una domanda che è una visione del mondo. Una filosofia di vita. Si può partire da questa frase di Nausicaä, la protagonista della saga a fumetti omonima, per parlare del suo creatore, Hayao Miyazaki, il mito vivente per i cultori dei cartoni animati e dei manga giapponesi".

di Roberto Arduini tratto da L'Unità del 13/08/09, p. 40

Panini Comics: http://www.paninicomics.it/web/guest/paninicomics/news

La Panini Comics ristampa, a 10 anni dalla prima edizione,Nausicaä di Hayao Miyazaki, uno dei capolavori del fumetto che in Giappone viene considerato un'opera letteraria

Il segreto del cuore di Ruediger Schache (Macro edizioni)

Macro edizioni presenta in Italia, un nuovo bestseller “Il Segreto del Cuore” ci parla della forza nascosta in noi, fondamentale per riuscire a essere i protagonisti principali della nostra vita. Si tratta di un’opera che in pochissimo tempo ha travolto le classifiche di vendita tedesche, arrivando a vendere oltre 500.000 copie. Ma non è tutto. Verrà tradotto in Spagna, Portogallo, Paesi Bassi, Grecia, Repubblica Ceca e Slovacca, Polonia, Russia, Korea e Lituania, e poi ancora in Francia, USA e Ungheria. Lo strabiliante successo di quest’opera è dovuta al fatto che si incanala perfettamente nel progetto editoriale che è stato avviato a livello internazionale dal famigerato “The Secret” e dal New Thought in genere. Ora avendo presente il prodotto “The Secret” che è stato immesso nel mercato italiano, si potrà notare osservando quest’opera come dal formato, alla veste grafica, all’impaginazione si sia voluto già coinvolgere direttamente il lettore affezionato al genere, in una “zona comfort” di riconoscibilità, tale da comunicare la continuità perlomeno di contenuti . L’obiettivo questa volta non sono energie vibrazionali cosmiche, ma interiori: Ruediger Schache spiega come attrarre nella vita le persone che si desiderano. Se dovessimo analizzare gli aspetti che riguardano più strettamente il linguaggio, potremmo senza dubbio sostenere che esso è semplice, immediato, di facile comprensione da chiunque abbia un livello base di istruzione. I concetti sono estremamente chiari anche se non costituiscono certo una novità, per quanti già siano addentro agli argomenti, vuoi per studi personali, vuoi per individuali percorsi di crescita ed evoluzione spirituali. Ma il valore dell’opera rimane immutato, anche perché i dieci “segreti” e i consigli limpidamente esposti dall’autore, per mettere in atto gli “insegnamenti” appena appresi, sono graduali e arricchiti da una folta serie di testimonianze indispensabili per dare un’idea concreta dell’applicazione. Nel libro si parla di affari di cuore, e di tutti i nessi e connessi, dalle relazioni sentimentali, al senso dell’esistenza. I rapporti amorosi, secondo Ruediger Schache, sono lo specchio di ciò che noi (consciamente o inconsciamente) siamo in un dato momento. Attiriamo persone, situazioni, oggetti che rappresentano quello che realmente ci serve. E se le cose non vanno è perché non ci siamo dati ancora il permesso di essere amati, e dunque nutriamo costantemente le nostre paure, facendole crescere, e dando loro un potere enorme. In fondo l’obiettivo delle nostre vite è che siano degne di essere vissute, e dunque impieghiamo tutta la nostra attenzione e cura ad apprendere e migliorarci, ma soprattutto ciò che ci fa stare bene è il desiderio di amare ed essere amati. E tutti noi siamo dotati di un magnete (sembra che rappresenti per l’autore una sorta di strumento in grado di produrre un’energia emotiva le cui peculiarità sono simili ad una vera e propria calamita) che utilizziamo per dirigere le nostre azioni nel miglior modo possibile. Secondo l’autore dunque non è possibile rimanere ancorati ai nostri ricordi, che non hanno più ragione d’esistere nel presente, per cui si può ricominciare qui e ora. Se ci si lega in qualche modo ai ricordi, occorre farlo pensando a quelli positivi, che aumentano il nostro benessere psico-fisico. Fondamentale inoltre per Ruediger Schache fidarsi certo dell’intelletto, ma necessario affidarsi alle nostre sensazioni, che ci condurranno verso una vita ricca di soddisfazioni in tutti i campi.

“Le persone e gli avvenimenti che compaiono nella vostra vita nascondono importanti motivi, significati e spiegazioni. Per questo sbagliamo quando pensiamo che incontri e rapporti siano casuali: tutto dipende da una forza potente che ci collega e favorisce determinate conoscenze e relazioni. Leggendo Il segreto del cuore avrai l’opportunità di conoscere e utilizzare questa forza e attirare nella tua vita le persone e gli eventi che più desideri”

ISBN: 9788862290517

Prezzo € 15,81
invece di € 18,60 (-15%)


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mercoledì 12 agosto 2009

L' amore crudele di Silvana Mazzocchi e Patrizia Pistagnesi (Baldini Castoldi Dalai) a Capalbio

Modena, una donna muore e suo marito mette in scena una rapina con delitto. Le indagini segnano il passo, ma la sorella Luisa, volitiva e indipendente, pur non credendo ai sospetti che si addensano intorno al cognato, decide di andare fino in fondo. Spinta dall'inesorabile necessità di capire le verità nascoste, quel le intime e inconfessabili che alimentano le relazioni umane, ricostruirà a poco a poco i meccanismi psicologici, le ragioni profonde e le oscure contraddizioni che condizionano la realtà. Luisa indaga, interroga, ricorda. E il passato diventa presente: Marta e Carlo si incontrano e si abbandonano a una passione irrefrenabile, vanno a vivere insieme e hanno un figlio. Lui dirige l'azienda familiare, un'impresa tessile, messa in crisi dai nuovi mercati globali. Presto tutto cambia. Carlo, complice la sua famiglia patriarcale, in nome dell'amore crudele, costringe Marta alla sottomissione. Con allusioni, parole e comportamenti la allontana dal lavoro, dai suoi cari, dagli amici. L'arrivo della seconda figlia peggiora le cose, e dalle Iiti continue si arriva alla violenza fisica.

martedì 18 agosto 2009, h. 18.00, Capalbio, Piazza magenta

Il libro del giorno: Amore chimico di Davide Venticinque (Gruppo Albatros Il Filo)

L'amore al tempo della droga non è che un modo per toccarsi senza essere davvero vicini. Un tacito accordo solo apparentemente crudele, che lascia liberi ventenni come Matteo di oscillare nel lucido sbando. In cerca, senza troppa convinzione, del proprio centro di gravità permanente. "Amore chimico" è la storia di giovani in cerca di risposte e identità, in precario equilibrio sul filo della vita.

"L'amore ai tempi della droga è Amore chimico, primo romanzo di Davide Venticinque, studente salentino a Bologna, ma non agli esordi con la scrittura. I sensi viaggiano in balia delle alterazioni stupefacenti, Matteo e Lana travolti da passione irrefrenabile, lui convinto di non innamorarsene, lei che non lascerebbe mai Marco. Nel libro scorre sul filo del rasoio la vita da studenti fuori sede affiancata a quella dei lavori precari, tra capatine al bar con i vecchi bolognesi e feste di tre giorni, puzzolenti d'acido e trance finchè il romanzo non prende una piega che il lettore prima o poi si aspetta. Al giro di boa solo una stella cadente"

di Marina Greco tratto da QuiSalento del 15-31/08/09, p. 68

Gruppo Albatros Il Filo : http://www.ilfiloonline.it/

Amore chimico di Davide Venticinque
2009, 158 p., brossura, Gruppo Albatros Il Filo (collana Nuove voci)

Visita di Stato di Alfredo Annicchiarico (Lupo editore). Rec. di Silla Hicks

Se mi ricordo di quant’era bella Alida Valli: certo che sì. E ho anche visto qualche film con Amedeo Nazzari, e Clara Calamai primo seno nudo del cinema italiano. Quello che non ho imparato a scuola – ben poco, tecniche di disegno a parte – l’ho imparato da seconde e terze e centesime visioni, con la tessera Dante Alighieri che con qualche spicciolo ti faceva entrare alle retrospettive, erano gli anni ’80 e non avevo il Moncler ma avevo visto De Sica e Rossellini, e un pomeriggio di sabato che davano Rashomon seduto accanto a me ho trovato Luca, che studiava al classico e voleva fare il regista, ma poi ha preso 60 e vinto un concorso in banca.
Adesso, almeno una volta al mese ceno a casa sua e di Gloria, e mentre i suoi figli fanno casino cerchiamo di parlare, davanti a un DVD di Kim Ki Duk, in genere, ma era Sciuscià il nostro film: il resto, Blade Runner compreso, m’ha intriso dopo.
Siamo una strana coppia, io e Luca, che non mi arriva alla spalla e ha 39 di scarpe eppure è solido come io – trenta centimetri almeno e 40 kg circa più di lui – non saprò mai essere.Gli devo molto, di quello che scriverò di questo libro. Perché è stato lui, a ricordarmeli, i telefoni bianchi, e a raccontarmi di Claretta e della sorella aspirante attrice, e dell’alcova del duce, e di tutta la propaganda sul suo vigore che ha curiosi parallelismi con quanto è sui giornali in questi giorni.
Ed è di questo che parla, questo giallo ambientato nel pieno dell’era littoria, alla vigilia di una visita del Führer che dovrebbe essere perfetta propaganda di regime e rischia invece di arrivare importuna, nel bel mezzo di un intricato groviglio di gerarchi, attricette, picchiatori, e ovviamente poliziotti ovviamente tenebrosi e tormentati (e chi non lo sarebbe, se avesse sposato la Sidney Bristow di Alias?). Una storia che ha di Camilleri, senza il sole che abbaglia di Montalbano e i suoi arancini, ma anche della Dalia Nera, e intendo il film con Hillary Oscar Swank elegantissima in velluto De LaRenta, purtroppo, è da credere, visto che lei è condannata a vincere la serata dell’Academy solo quando indossa quindici chili di muscoli e se si fa massacrare nel finale.
E su tutto questo, echi di Pericle il Nero, e persino di D’Annunzio, se non altro nella scelta dei nomi, chè Aspasia certo gli sarebbe piaciuto, per non dire di Vinzio.
Il fatto – un corpo ritrovato sulla spiaggia del litorale romano, una vedova allegra, il suo amante perfetto capro espiatorio e un commissario ribelle e in preda ai ricordi – obbedisce alle regole del giallo dalla zarina Agata in poi, come le spiega Carlo Lucarelli: ma l’Italia che ne esce assomiglia spaventosamente a quella di oggi, tanto che mutatis mutandis potrebbe essere un istant book.
Perché questo Impero di colonie è un’Italietta, che dietro gli altoparlanti della retorica nasconde tangentopoli, vallettopoli, i terreni pruriti del clero e i più recenti festini: solo il commissario almodovariamente sull’orlo di una crisi di nervi è inverosimile, tutto il resto è reale. Se non avessi letto sul risvolto di copertina che è questo libro è del 2007 penserei a una pasquinata in codice, e nemmeno cifrato, se persino io – che di politica italiana davvero non so niente – sono riuscito ad identificare quasi tutti.
Una fantastica satira, pungente e disillusa, che – pene d’amore perdute di Vinzio Ferrari a parte, che poi è un nome che è una contraddizione in termini, la Rossa di Schumi e la vittoria/sconfitta, Vinzio da Vittorio? O da Vinto? – nemmeno i fratelli Guzzanti al top della forma, con un piglio di denuncia da fare un baffo a “La casta”.
Sorvolo sui dialoghi che qua e là smaccatamente contemporanei (cazzo, come al limite e allucinante, sono linguisticamente figli degli anni ’70), sui troppi aggettivi/troppi avverbi (ma questa è davvero questione di gusti) e su alcuni gineprai del plot, tipo la spia di sua maestà. Questi sono dettagli.
Perché non è un giallo, in realtà, e non è nemmeno ambientato ai tempi del regime. È una sorta di quartina di Nostradamus che in anticipo ha tracciato – romanzandoli, ma solo un po’ - gli eventi di questa estate 2009.
Mi piacerebbe sapere se nella caccia al “chi-è-chi” c’ho preso. Certo, nessun produttore è stato trovato morto seminudo in spiaggia. Ancora, per lo meno. Ma dev’essere per forza un produttore? E per forza morto? Perché di grassoni seminudi (o tutti nudi) se ne sono visti parecchi. E anche di festini. Proprio alla vigilia di una visita importante. Anche se fortunatamente non esiste più nessun Führer. Però, ho sentito parlare di G8…

TELEFONI BIANCHI, CIOÈ GIALLI(VISITA DI STATO SECONDO SILLA HICKS)

martedì 11 agosto 2009

Il libro del giorno: Il potere del cane di Don Winslow (Einaudi)

Art Keller è un poliziotto ambizioso, con una mentalità da crociato, deciso a combattere in prima fila la guerra che gli Stati Uniti hanno lanciato contro il traffico internazionale di droga. Miguel Angel Barrera è il boss della Federación, il cartello che riunisce tutti i narcos messicani, e i suoi nipoti, Adàn e Raùl, smaniano all'idea di ereditarne l'impero. Nora Hayden, dopo un'adolescenza complicata, è diventata una prostituta d'alto bordo, sempre in bilico tra il cinismo più spinto e un insolito senso morale. Padre Parada è un sacerdote nato e cresciuto in mezzo al popolo, potente quanto incorruttibile. Sean Callan è un ragazzo irlandese di Hell's Kitchen che si è trasformato quasi per caso in un killer spietato, al soldo della mafia. Sono tutti, in modo diverso, coinvolti nel mondo feroce del narcotraffico messicano: una guerra senza esclusione di colpi, che coinvolge sicari senza scrupoli e politicanti corrotti, i servizi segreti americani e la mafia, tra inganni, tradimenti, vendette spietate. Una guerra dove non esiste innocenza possibile, e dove è sempre in agguato, pronto a esplodere, il male assoluto: quella demoniaca crudeltà di uomini e cose cui una millenaria tradizione ha saputo dare un solo nome, evocativo quanto misterioso. Il potere del cane.

"Dopo anni di mera buona scrittura e grande capacità di costruire trame su nulla di interessante o i soliti seriale killer che stavano incrinando il rapporto con il pubblico europeo ormai stanco del puro intrattenimento arriva un romanzo geniale che rimmarrà comunque nella storia e nella memoria dei lettori"

di Massimo Carlotto tratto da Il Manifesto del 11/08/09, p. 3

casa editrice Einaudi: http://www.einaudi.it/


Il potere del cane di Don Winslow
2009, 714 p., Einaudi (collana Einaudi. Stile libero big)

Torpedo, vol. 1 (Edizioni BD). Di Vito Antonio Conte

Sto pensando di raccogliere i brevi racconti che ho scritto nel tempo, sparsi un po' dovunque, per una serie di coincidenze che non credo possano interessarvi e che, comunque, ora non dirò. C'è che -adesso- mi piace (anche) leggere testi brevi (poesia, storie... magari a fumetti), come quelle di “Torpedo” (Volume 1, Edizioni BD, 2007, pag. 141, € 15,00). Torpedo è il nome di battaglia di Luca Torelli, personaggio creato da Jordi Bernet, disegnatore professionista sin dall'età di quindici anni, autore spagnolo che (unanimemente) è quello che meglio ha evocato le atmosfere del cinema noir, non disdegnando incursioni nel fumetto umoristico (“Chiara di Notte”) e noto anche per aver disegnato (per Bonelli) il “Texone”, “L'uomo di Atlanta”. Le vicende di Torpedo sono state disegnate anche da Alex Toth, uno dei giganti del fumetto, specializzato in adattamenti di film e serie televisive (una delle sue opere più famose è “Zorro”). Le storie di questo fumetto sono sceneggiate da Enrique Sànchez Abulì. Luca Torpedo è uno di quegli uomini che tra il bene e il male ha scelto il male perché la scelta, nel tempo e nel luogo in cui vive, è pressoché obbligata. Le tavole di questo fumetto, infatti, raccontano storie frequentate da una masnada di delinquenti e criminali di ogni taglia, infami, affaristi (grandi e piccoli), puttane e poliziotti corrotti, che girano (armati) per i bassifondi di New York nella seconda metà degli anni trenta. Questa giungla fumosa e sporca di rar'altra umanità è dominata dal nostro killer di professione, tale diventato per reazione ai soprusi subiti da ragazzino da parte di un poliziotto che presto diventerà la sua prima vittima (senza mandante). Mi viene in mente quando, quasi nudo sul lettino ortopedico di un'altra parte di mondo, per risolvere un problema di sciatica post agonistica, lei mi chiese che lavoro facessi e io le risposi: il killer! Non vi racconto il resto, vi dico soltanto che smise di parlare: usò la bocca per far altro. Ma nemmeno di questo vi dirò. Una carognata direte. Niente in confronto alle avventure di Torpedo. Sentite questo incipit: “Se l'avessi fatta secca, ora non bacerei le sue labbra carnose... né mi spupazzerei il suo corpo. Le ho detto che sono uno sbirro, e lei l'ha bevuta. Caso vuole che io sia l'esatto contrario... Quelli che mi conoscono e che non l'hanno ancora pagato con la vita mi chiamano Luca... Luca "Torpedo". Il lavoro mi era stato commissionato da tale Bergson. Mille bigliettoni. Per una cifra simile ammazzerei anche mio padre, pace all'anima sua. Ma non mia madre, poveretta, che era una santa. Mi disse dove e quando l'avrei incontrata. Era una bomba, tipo quelle dei film. Fu molto puntuale. Il che non è poco, trattandosi di una femmina. Era uno schianto. Mirai al volto e pensai ai mille verdoni. Solitamente funziona. Ma feci cilecca, non mi era mai successo. Invece di ammazzarla, la seguii. La abbordai e...”. Il bello del fumetto è che puoi mettere la tua immaginazione di lettore di fronte a quella del disegnatore. Le parole lasciano più spazio alle proprie immagini. Ma quando le immagini già ci sono, allora puoi dilettarti a giocare mettendo a confronto quelle che pensi e che sono evocate dal testo con quelle del disegnatore: possono sovrapporsi; più spesso divergono. In ogni caso, quelle del fumetto (di qualunque fumetto) raramente aderiscono (diversamente dal cinema, in cui alle immagini si aggiunge l'animazione) alla realtà, per quanto reale possa essere la storia narrata. È la magia del fumetto. Dopo, quando chiudi il libro, rimane sempre un nonsoché di sospensione tra l'onirico e la realtà. E mi piace. Mi piace moltissimo. Ch'è l'unica vita possibile. Tornando a Torpedo c'è da aggiungere che, al di là delle facili intuizioni sul tipo con cui si ha a che fare, come tutti i duri per necessità, fa fuori altrettanti tipacci di cui nessuno sentirà la mancanza e, comunque, lungi dall'essere un qualsivoglia eroe, Luca Torelli (italiano emigrato in America) colpisce per l'ironia con cui si muove nella vita e nella morte e, ancor più, per la capacità di sorridere di se stesso. Storie pesanti narrate con leggerezza. Lettura consigliata dai quattordici ai quarantotto anni. Io sto al limite e, infatti, passo a leggere altro. Vi farò sapere.

lunedì 10 agosto 2009

Il libro del giorno: Impronte aliene sul pianeta Terra di Reinhard Habeck (Armenia)

«Oggetti impossibili» è l’espressione coniata per definire gli antichi artefatti rinvenuti in luoghi nei quali non dovrebbero esistere. Spesso rivestono un grande interesse per i creazionisti o per gli studiosi che cercano di riformulare la teoria dell’evoluzione. In diverse circostanze, sono stati usati anche a sostegno della teoria dei cosiddetti «antichi astronauti», legata all’arrivo di creature extraterrestri sulla terra, che, essendo dotate di una tecnologia inimmaginabile, avrebbero trasmesso agli uomini la civiltà.
La casistica dei ritrovamenti è vastissima quanto sorprendente. Basti citare un caso per tutti: l’enigmatico meccanismo di Antikythera. Nel 1900 un pescatore di spugne greco recuperò dal fondale marino un complicato congegno ad alta tecnologia, un vero avo del computer, la cui datazione lo colloca a ben 2100 anni prima! La scoperta appartiene ad una serie di misteriosi ritrovamenti che ci pongono domande scomode sulla storia dell’umanità.

• Come si spiegano gli aeroplani rappresentati in antiche miniature?
• Perché esistono tracce di impronte e opere umane all’epoca dei dinosauri?
• Gli antichi babilonesi avevano scoperto le batterie elettriche?
• Come è possibile che una mappa preistorica assomigli a una foto satellitare?
• Come può una sfera d’acciaio cromato trovarsi all’interno di un’antica statuina di pietra?

"Si tratta di un volume documentatissimo e bene articolato, che offre una serie di potenziali risposte al ben noto discorso sul "Seta" (Search for Extra-Terrestrial Artifacts). La storia ci parla di innumerevoli OOPARTs (Out of place Artifacts), certo, ma la risposta, suggerisce Habeck è là fuori"

di Roberto Pinotti tratto da Notiziario Ufo anno XLII, n. 170, p. 81

casa editrice Armenia: http://www.armenia.it/index.php?osCsid=2fd641a9b757adbdc146efe25d79013b

Kamen' n. 35 rivista di poesia e filosofia

Ricevo con piacere il trentaseiesimo numero (n. 35, Giugno 2009), della prestigiosissima rivista di poesia e filosofia Kamen' con le sezioni di Filosofia, Poesia, Poetiche. La sezione di Filosofia offre una selezione di Scritti sull'Umorismo dal 1860 al 1930. La rivista «Kamen'» intende aderire al progetto internazionale di ricerca intitolato «Estudos sobre o Humor/ Studies on Humour/Studi sull'Umorismo». Il progetto - che coinvolge attivamente personalità dirilievo internazionale ed università o istituzioni culturali europee prestigiosissime tra cui alcune anche africane, è coordinato da Luisa Marinho Antunes, vice-rettore dell'Università di Madeira e redattore di «Kamen'». Ad una nota introduttiva di Daniela Marcheschi seguono testi di Léon Dumont, Le risible da "Théorie Scientifique de la Sensibilité" (1875); Gaetano Trezza, L'Umorismo (1885) La sezione di Poesia riguarda direttamente Romeo Giovannini. Di Romeo Giovannini si presentano una selezione dalle Anacreontiche ed altre imitazioni dalla lirica greca. Nella Nota in minore Amedeo Anelli spiega le ragioni e l'importanza della scelta. La sezione di Poetiche invece costituisce l'Annuario dedicato ad Edgardo Abbozzo a cinque anni dalla morte. La sezione è a cura di Amedeo Anelli; ad una scelta di aforismi inediti dell'autore, si ripubblica il saggio di Marcello Venturoli dal titolo L'Arte è Alchimia.

Kamen' n. 35 - Giugno 2009
pp. 120 - € 10,00
Editrice Vicolo del Pavone

http://www.vicolodelpavone.it/

domenica 9 agosto 2009

Ricordanze alla Galleria Il Grifone di Lecce

Mercoledì 12 agosto alle ore 21.00 presso la galleria Il Grifone di Lecce si aprirà la mostra “Ricordanze” che sarà visitabile fino al 30 agosto. Un percorso nella memoria antica dei luoghi fisici e dell’anima con le tele e i colori di Monica Taveri, la terracotta di Ilenia Durante, le carte di Ambra Biscuso e le parole di: Daniela Cecere, Anna Colaci, Andrea Laudisa , Maurizio Muscettola, Luca Nicolì, Nino Palumbo, Maria Pia Romano, Ivan Serra
L’allestimento sarà curato da Andrea Scolavino introdurrà Rosanna Gesualdo.

Scrive la Gesualdo: “Ricordare, nell’etimologia della parola il senso di queste opere. Dal latino, recordari, comp. Di re-, che indica movimento contrario, e un derivato di cor, cordis “cuore” che per gli antichi era sede della memoria. Mostrarsi da monstrum, segno.
Ricordare rappresenta un movimento contrario al cuore, in effetti spesso vediamo solo ciò che siamo pronti a vedere. Solo allora possiamo andare a cercare ciò che avevamo occultato all’anima e solo allora siamo pronti a renderlo manifesto a noi stessi.
La memoria è un obbligo, ricordare, una pratica feroce. ….
La memoria, il suo sedimentarsi è cosa per viaggiatori differenti. Bisogna avere il coraggio di arrivare al centro del cordis, del cuore. Gli artisti sono viaggiatori differenti, appuntano i luoghi, annotano le emozioni su supporti labili, così fragili e al contempo uniche nel rivelare la forza di uno sguardo. E così, gli occhi trafitti dell’artista, miracolosamente sopravvissuti alla visione di troppe vicende non si piegano alla cecità. L’artista, prosegue il suo viaggio anche quando tutto appare nascosto sino a quando un’altra luce si accende, quella del ricordo.
Allora, proseguendo lentamente nel viaggio intrapreso, oltrepassando un velo dopo l’altro, riflesso dopo riflesso fa eco la Ricordanza … il solo pronunciare questa parola pare evocare il respiro di una sinfonia dolcissima. In verità, non v’è nulla di più feroce del rievocare. Poiché aprire lo scrigno dei ricordi è simile ad aprire il vaso di Pandora. La memoria è la meta di un viaggio la cui destinazione finale non è nota alla partenza.
Allora i colori e i grigi, il sedimentarsi delle carte, della terra, delle tele, strati e sedimenti di parole, l’apice delle passioni e l’abisso dei tradimenti.
I luoghi mutevoli, cedevoli allo sguardo talvolta carezzevole altre reso feroce dalla crudezza del ricordo. Ed è lo sguardo dell’artista a registrare il passo del narrato, la metratura ampia del vissuto, con la mano sapiente di chi non cerca la preziosità dei materiali, anzi tutt’altro. ….
L’artista infrange gli specchi del vivere perché sa, i vissuti gliel’hanno marchiato a fuoco sul derma dell’anima, che per comprendersi deve distruggere l’unità per poi ricomporla in un’altra forma … troverà da sé quale…

Open Space Il Grifone, Via Palmieri, 20, Lecce
Mercoledì 12 agosto 2009 - Ore 21,00
presenta “RICORDANZE”
nascondersi per mostrarsi di Monica Taveri, Ilenia Durante e Ambra Biscuso
Introduce Rosanna Gesualdo
Allestimento Andrea Scolavino


info:
Ambra Biscuso | 3395607242 | ambrabiscuso@hotmail.it

Il libro del giorno: Incredibile ma vero! di Hartwig Hausdorf (Armenia)

Il mondo che conosciamo non esiste. Nulla sarà più vero e tutto possibile. Fatti e avvenimenti da togliere il fiato. Esiste veramente accanto al nostro mondo una realtà parallela sconosciuta e inspiegabile? La risposta ci è data dall'autore Hartwig Hausdorf.

"Il tedesco Hartwig Hausdorf è un autore noto ed esperto nel campo del mistero. Il suo INCREDIBILE MA VERO! dal significato sottotitolo "fatti misteriosi e realtà inspiegabili del nostro mondo" (Armenia editore, Milano, euro 14,50) costituisce un saggio intrigante ed aggiornato che spazia a 360° nella vasta fenomenologia dell'insolito. Si va così dai vecchi enimgmi a recenti rompicapo rimasti senza spiegazione: dai fenomeni fortiani alla cronaca impossibile ed attuale quali i fuochi di Canneto di Caronia"

di Roberto Pinotti tratto da Ufo Notiziario (Acacia edizioni)anno XLII, n.170, p. 81

casa editrice Armenia: http://www.armenia.iy/index.php?osCsid=311e957e3ba97f523cfd9e9cabca27b8

LA SALA DELLE INDULGENZE. Di Maria Zimotti

Il Gargano è un posto mistico. Grosse chiazze di pietra e cemento sono spalmate sui suoi pendii. Nel mezzo boschi che invitano all'ascesi. Paesaggio sempre da scoprire specialmente per chi lo guarda nella duplice veste di indigena e turista. Ciò fa diventare inevitabilmente ciceroni compiaciuti. Nell'anno Mille ci passò San Francesco da queste parti. Se ci si addormenta nel silenzio della Foresta Umbra si sentono ancora i calpestii dei pellegrini che stanno nelle stanze del tempo trasportate dall'inconscio. San Giovanni Rotondo: non si perde occasione per rimarcare il fatto che la sconosce da prima, da prima del Mac Donald's piantato tra i parcheggi per i pullman che ormai arrivano quasi fino a Manfredonia. "Casa Sollievo della Sofferenza": il nome già da sè allevia le ferite. Il Grand Hotel delle prestazioni sanitarie fa bella mostra di sè con i suoi marmi bianchi attaccato alla collina su cui si sono espansi poliambulatori nel corso dei suoi ormai quattro decenni di vita. Davanti, viavai continuo di macchine e pedoni e sembra di essere sulla Costa Azzurra.
Sacro e profano nel merchandasing dell'omino con le stimmate che marchia la vita quotidiana di questi posti e non solo. "Cartoleria Padre Pio ", "Centro estetico Padre Pio" e via andando col franchising della ditta Padre Pio, marchio di garanzia su tutto ciò che si può fabbricare ad uso e consumo degli sciami di persone che ininterrottamente attraversano queste strade da qui all'eternità.
"L'unica cosa che mi manca da vedere è: " Casa di tolleranza Padre Pio". La sarcastica affermazione si leva blasfema tra la massa indistinta che si infila nell'imbuto del percorso obbligato verso la cella di Padre Pio con i suoi feticci pervicacemente sigillati per sfidare la polvere del tempo. Occhiate di blanda disapprovazione dai moderni pellegrini catapultati qui dal battage mediatico del santo dei Vip. Una comparsata a San Giovanni Rotondo è come una comparsata al Festival di Cannes.
Perciò, casa di tolleranza magari no, ma qualche velina redenta la si può pure trovare. Ci sono infatti due tocchi di ragazze che sono ferme all'entrata della chiesa per ritirare i coprinudità indispensabili perchè la casa di Dio non sia offesa dalla vista della deprecabile pelle femminile.
Bambine, sembrano bambine con la snaità insita nelle gambe che si muovono giocose senza apparente malizia e nei capelli lunghi che chissà quante volte hanno fatto ondeggiare davani allo specchio sognando di continuare a giocare davanti a una telecamera. E' la luce indolente di fine estate che illumina la prospettiva della nuova chiesa ad opera di Renzo Piano. Il vento sale dal golfo e il nuovo che si vede, dalla chiesa al nuovo centro oncologico cancellano dalla memoria mediatica l'immagine della chiesetta da cui si affacciava Padre Pio in una delle poche immagini in bianco e nero subito dopo la guerra. I mercanti sono sempre fuori dal tempio e i turisti procedono nei soliti rituali. E' questo il nostro tempo e qui, in questo ex paesino di montanari come l'abbiamo sempre chiamato con disprezzo noi residenti in riva al lago, il turismo della religione e la religione del turismo trasmettono ininterrottamente lo show. Il fiume dei visitatori, passato attraverso il condotto di corridoi che si si strozza davanti alla cella di padre Pio, è ora arrivato a prendere fiato nella cripta della chiesa dove la tomba del santo è ripresa H24 da una telecamera che trasmette sul satellite: Tele Padre Pio, naturalmente. Milioni di vite passate da qui non hanno niente a che vedere con la spiritualità ma comunque danno un senso di eternità. Chiunque, da qualsiasi parte del mondo, può essere arrivato qui e se i respiri lasciassero segni si potrebbe trovare l'orma di quel ragazzo incrociato in un treno o di quella vecchia amica di scuola. L'apoteosi del connubio tra il cattolicesimo e il suo antico vizio a monetizzare la grazia divina avviene alla fine del viaggio attraverso le reliquie del santo. E' una stanza che assomiglia tanto alla sala d'aspetto di un aereoporto. Arrivi e partenze di anime da tutto il mondo. Pit stops ai banconi che vendono frasi, ex voto, talismani, lasciapassare per il perdono nell'aldilà, non si sa mai. Tutto come in una catena di montaggio, con il mumerino e le code incanalate come a Gardaland. E poi fuori, a respirare di nuovo l'aria dolce di queste colline che profumano di mare, consci di avere fatto quello che andava fatto, di essere venuti almeno una volta a San Giovanni Rotondo, come i musulmani almeno una volta vanno alla Mecca.

sabato 8 agosto 2009

Il libro del giorno: Il ladro di anime di Sebastian Fitzek Elliot (collana Scatti)

Tutto accade in una notte, la Vigilia di Natale. In una lussuosa clinica psichiatrica fuori Berlino, mentre la neve scende copiosa rendendo il luogo ancora più isolato, medici e pazienti si rendono conto con orrore che il maniaco che da tempo terrorizza la città, il cosiddetto "Ladro di anime", si trova all'interno della struttura. Di lui si conoscono soltanto i tremendi effetti provocati da un misterioso trattamento in grado di spezzare la volontà delle sue vittime, riducendole a meri involucri umani, e gli ambigui indovinelli che lascia dietro di sé come macabra firma. L'unica via di salvezza sarà affrontarlo tutti insieme: ma il piccolo gruppo, guidato da Caspar, ricoverato in seguito a un'inspiegabile amnesia che ha cancellato completamente il suo passato, si troverà a far fronte a qualcosa di assolutamente inaspettato e terribile. Mentre il tempo scorre inesorabile nel tentativo di neutralizzare il Ladro di anime, Caspar viene folgorato con sempre maggior frequenza da scene della sua vita precedente, che progressivamente fanno luce sulla sua identità e sulla sua drammatica storia personale, costringendolo a uno sconvolgente viaggio negli abissi più oscuri della propria psiche...

"Se si soffre di cuore o si è spesso preda di incubi lo psychothriller del berlinese Sebastian Fitzek Il ladro di anime - elliot edizioni, pp. 300, euro 17,50, ottima traduzione di Monica Pesetti - potrebbe essere letale. Ci vuole una salute di ferro per resistere ai colpi di scena, alle violenze, alla tensione elettrizzante che il trentottenne autore di bestseller dell'orrore - dal 2006 ne ha già sfornati altri tre fra cui La terapia uscita da Rizzoli - mette in scena"

di Luigi Forte tratto da Tuttolibri de La Stampa del 8/08/09, p. III

casa editrice Elliot: http://www.elliotedizioni.com/catalog/pags/

Il ladro di anime di Sebastian Fitzek
Elliot (collana Scatti)

Terence Koh: se fosse un fiore sarebbe un crisantemo bianco. Di Maria Beatrice Protino















È performer, scultore, artista visivo e party boy, ma soprattutto è il paladino dell’ondata new gothic e la controversa supernova dell’arte contemporanea: nativo di Beijing – Cina – ma cresciuto a Vancouver – Canada – sta diventando tanto popolare quanto criticato. In una sua mostra a Londra nel 2008 è stato la causa della querela esposta dalla signora Emily Mapfua contro un centro espositivo di arte contemporanea per aver offeso il pubblico pudore e la morale comune esponendo appunto 74 opere dell’artista cinese, opere in cui – a detta dell’artista - si intendeva focalizzare dal punto di vista del punk e del sesso tutti i personaggi esposti, per cui tutti erano dotati di eccellenti erezioni: dal Cristo a Mickey Mouse a E.T.
Conosciuto anche come “asianpunkboy” dagli addetti ai lavori, crea libri e riviste fatti a mano, dipinti, fotografie, sculture e installazioni. La maggior parte del suo lavoro è frutto di singolari influenze pornografiche e punk, tra fisicità e desiderio: un linguaggio particolarissimo fatto di opere bianche, eteree e spettrali e opere nere, che richiamano lo stile punk black.
L'intera arte di Koh include spesso allusioni a sessualità, etnicità e all'adolescenza, e sfocia in un dilemma esistenziale che oscilla tra due poli contrastanti quali la ricerca del piacere e la mortalità.
L'uso di materiali come cenere, capelli, farfalle e gioielli suggerisce una sensazione di fugacità, mentre l'uso di elementi quali batterie, lampadari, insegne al neon e busti greci è riconducibile al desiderio di trasmettere divertimento e potere. Comune a tutte le sue opere è l'impiego di colori monocromatici come il nero peccaminoso, il bianco purificante e la luce della polvere di diamanti.
Ospite del padiglione danese alla 53° Biennale di Venezia, presenta i suoi due non colori, il bianco e il nero, di cui ha fatto la sigla del proprio lavoro, sospeso tra scultura – materiali preferiti: sperma, polvere, cioccolato, feci, cenere, gesso – e performance: un misto di ritualità e pornografia, di purezza zen e insistenza scatologica sulle più basse funzioni corporali.
Ha una età indefinita che si aggira intorno alla trentina ed è circondato da un alone di mistero, perché, come ogni artista fingitore che si rispetti, indulge nella menzogna più d'ogni altra cosa. D’altro canto, è una fiammeggiante icona di stile: asessuato e teatrale, sempre in bianco o nero totali. Ama la moda e ama parlarne – ma non si ritiene semplicisticamente una faschion victim - come ama vestirsi da donna e sogna – come ha dichiarato in un’intervista per IL SOLE 24 ORE – di sperare che «prima di morire tutti i miei vestiti e i costumi che ho creato vengano esposti nella rotonda del Guggenheim di New York»: davvero modesto.

venerdì 7 agosto 2009

Per la Rassegna Lupi di mare domani a Torre S. Giovanni Raffaele Polo e Francesco Del Prete

L’ultimo menhir si legge in un paio di comode ore e non devi consultare il Novissimo Dizionario della Lingua Italiana. Voglio dire che si tratta di un racconto che, pur affrontando temi complessi, quali l’esoterismo, l’amore, l’età ultima, la follia e il contrario di tutto ciò, è reso in una lingua colloquiale e senza concessioni a certi inutili barocchismi e/o altre trovate letterarie o pseudo tali. C’è, in questo racconto velato di mistero, tutta l’energia che non ti aspetti, giocata nel paradosso tra i piccoli gesti quotidiani e i grandi temi esistenziali, accentuato dall’età senile del protagonista (e dalla completa assenza di ricordare qualunque passato) e da quel che gli capita. Il tutto tra un vecchio rebus e il nuovo numero della Settimana Enigmistica. Tra amori improbabili e persone reali. Tra vie visibili e campagne elettorali occulte. Tra la consapevolezza di essere tutti, in un modo qualunque, un po’ pazzi e non volerlo ammettere. Tra chi lo è davvero e ne soffre e diventarlo per finta e finalmente ch’è l’unica salvezza. Tra correnti sotterranee invisibili ma vere e un omicidio inesistente e sognato. Proprio come in un film. (Vito Antonio Conte)
“Eccolo, il menhir. Nella sua semplicità, una pietra alta e liscia, che sorprendeva perché, in effetti, non si sapeva nulla di quel simulacro di migliaia di anni fa. Né era sicuro che quella pietra fosse rimasta proprio là, in quel punto preciso, per tutto quel tempo. Stava qui attorno, certamente. Ma che sia rimasto proprio qui, equidistante dai muretti a secco e dalle case che sono vicine, non è plausibile. Tra l’altro, c’è una colata di cemento alla base, a segnalare l’intervento dell’uomo che non rispetta certo l’identità e il significato di una pietra che… Mi sono avvicinato e ho proteso la mano per appoggiarla contro la pietra liscia, nell’intento di sentire qualcosa. Un’impressione, magari, di vibrazioni lontane”.

Raffaele Polo (Piacenza, 1952) è uno scrittore e giornalista italiano. Vive e lavora a Lecce. Nei romanzi ha scelto sempre l'inconfondibile stile di ambientazione delle vicende nella sua terra, il Salento, con personaggi realmente esistenti, inseriti in un contesto fantastico ma contemporaneo.

L’Ultimo Menhir di Raffaele Polo (Lupo editore) Performance musicale di Francesco Del Prete (primo violino della Notte della Taranta)

Sabato 8 agosto 2009 h. 22,00, Gazebo Libreria Antica Roma, corso Annibale
Marina di Torre S. Giovanni (Ugento)


Info: Lupo editore, via Prov.le Copertino Monteroni, tel. 0832/931743
www.lupoeditore.com

Il libro del giorno: Filologia dell'anfibio di Michele Mari (Laterza)

Già il destino di essere nati non è privo di stranezza, ma all’interno della condizione umana vi è qualcosa di più strano: il servizio militare.
«Cammina e cammina, giungo finalmente alla caserma Gaetano De Cordevolis sede del 23° Battaglione di Fanteria: immensa e scrostata, senza segni di vita. Fra poco sarò dentro, pensavo macchinalmente avvicinandomi al portone, fra poco sarò dentro fra poco...». Un diario-trattato triste e comico, che a passo d’anfibio ripercorre l’esperienza della vita da recluta, fra brandine e armadietti, celle di rigore e marce sotto il sole e la pioggia. Una testimonianza di quella «enorme, flagrante demenza, non priva di una astuzia tignosa, che fa del non-senso il proprio unico senso» e che si chiama servizio militare.

"Lo scrittore Michele Mari racconta in modo autobiografico, l'esperienza straniante - dai tre giorni al congedo - che ha caratterizzato la vita di tanti italiani. E che trovava nel non senso il suo unico fondamento"

di Massimiliano Panarari tratto da Il Venerdì di Repubblica n.1116, p. 90

casa editrice Laterza: http://www.laterza.it/index5.asp

L'anello mancante del segreto di Roy Martina (Bis edizioni)

Ho letto, studiato e cercato di mettere in pratica con risultati più che positivi, quanto riportato tra le pagine del libro “L’Anello Mancante del Segreto” di Roy Martina (Bis Edizioni), un’opera che costruisce nei minimi dettagli quelli che sono gli esercizi pratici per attivare con maggiore funzionalità la “Legge dell’Attrazione”, e soprattutto fornisce innumerevoli spunti di riflessione per non cadere nella spirale di malattie o degenerazioni. Da dove partire … Roy Martina pone come elementi di base assoluti, perché possiamo essere non solo in sintonia con noi stessi ma con l’universo intero, tre aspetti che non si devono nella maniera più categorica trascurare, anzi sono prioritari: la salute, la felicità e il benessere. La nostra forza di volontà attraverso un lavoro quotidiano sul piano fisico e mentale può raggiungere livelli più che soddisfacenti in tali ambiti. Se stiamo bene con noi stessi, potremo essere in grado di giovare agli altri. Come diceva Osho, solo chi è un grande egoista, può aiutare veramente il prossimo. Potrebbe sembrare un controsenso, ma se ci riflettete risulta plausibile. Il nostro sforzo più grande sarà quello di lavorare sul piano del subconscio, che fondamentalmente costruisce ripetizioni su ripetizioni di atteggiamenti e abitudini difficili da sradicare. Martina in quest’opera, a proposito di sub-conscio, ci da un’immagine bellissima ed efficace, affermando che se ci facciamo un po’ caso, la nostra mente è simile ad un iceberg, dove la parte sopra la superficie dell’acqua è pari al 12,5% (il conscio), mentre quella al di sotto dell’acqua è pari all’87,5% (l’inconscio) … tutto quel magma di sensazioni, pensieri, atti mancati che sono nella sfera più profonda del nostro essere, rappresentano un cumulo di energia incontrollabile e dannosa soprattutto per le nostre vite, se non si apprendono gli strumenti idonei a canalizzarla e bloccare gli effetti più nocivi.
E questo per l’autore (difatti fornisce puntuali indicazioni) è possibile se innanzitutto si sceglie una rigorosa riprogrammazione semantico/grammaticale dalla quale verranno banditi sintagmi come “non, né, purtroppo, forse” solo per fare qualche rapido accenno. La riprogrammazione poi deve avvenire attraverso un secondo passaggio che è di riconfigurazione eidetica, un pensiero costante, forte, voluto, deciso (associato ad alcune frasi efficaci da ripetere in più di qualche occasione giornaliera e al di là della propria disponibilità di tempo da dedicare alla ripetizione mantrica) che ci rimanda l’immagine di ciò che vorremmo essere e ottenere. Questa immagine sarà il nostro interruttore, che ci sintonizzerà su vibrazioni positive (aumentando la forza della nostra volontà), che ci permetteranno di essere pronti a Ricevere. Roy Martina sviluppa una vera e propria scala valoriale del “Fitness emozionale” che aiuta il lettore a capire su quale livello energetico si trova, in modo tale da far fronte a inutili dispendi di forze mentali e fisiche. Per attivare la manifestazione di ciò che si desidera, occorre Accettare, noi (con tutta la nostra storia, sotto qualsiasi aspetto), e Accettare dentro di sé la consapevolezza che l’Universo ci fornirà incontri, occasioni, situazioni, indizi in un disegno talmente preciso che sarà impossibile non accorgersi della bontà di ciò che accade. L’autore ha sviluppato poi la cosiddetta “Tecnica del Segreto” per far battere energeticamente all’unisono sia il conscio che il subconsocio, con ciò che ciascuno di noi può desiderare. Un esempio: vogliamo andare a fare un viaggio in un monastero tibetano ma non abbiamo abbastanza soldi. Inspiriamo ed espiriamo lentamente, e profondamente mentre indichiamo con l’indice destro il cuore (si attiva il chakra contribuendo ad aprire maggiormente il proprio subconscio) e mettendo la mano sinistra sulla fronte (connettendo così , tramite forze energetiche, l’emisfero sinistro - l’intelletto - con quello destro - i sentimenti - ) si ripeterà la seguente frase: «Tra poco potrò fare un viaggio in Tibet: i soldi mi arriveranno presto, senza alcuno sforzo». Occorrerà ripeterlo un po’ dì volte al giorno.
Si potrebbe anche non credere a queste cose, ma si percepirà che qualcosa accade dentro di noi rendendoci sempre più sereni: l’importante è ricordarsi di inspirare ed espirare lentamente almeno tre volte. “L'anello mancante del Segreto” è un manuale pratico e semplice per poter attivare la legge dell'Attrazione e ottenere dall'Universo ciò che si desidera. “The Secret” di Rhonda Byrne, è stato un best-seller nell'ambito del self-help. Sulla scia del successo del libro della Byrne sono stati scritti molti libri da autori come Wallace Wattles, Charles Haanel, Prentice Mulford e tanti altri.
Il libro di Roy Martina ha in più che spiega come mettere in pratica gli insegnamenti della Byrne, ne chiarisce le eventuali lacune o le cose non facilmente praticabili e illustra cos'è in pratica la legge dell'attrazione, come funziona e come attivarla al meglio per ottenere i risultati che ci prefiggiamo. E tutto scritto con una chiarezza e semplicità che rende quest’opera un esempio di alta divulgazione per questo campo di studi

Roy Martina, medico olistico, autore, selfness coach e trainer di professionisti del training. La sua passione e missione di vita sono il creare la salute ottimale e la vitalità per le persone, sia emozionale, mentale che fisica. L’altra passione che Roy Martina coltiva ottenendo grandi successi professionali è fare da coach a persone che vogliono essere l’espressione massima di sé stessi, in un modo sano. Rende reale il desiderio che ciascuno ha di avere successo. Ha un’esperienza trentennale come medico alternativo e nella prevenzione delle malattie. Fa da coach a sportivi da 35 anni. Il suo moto è: Esprimiti al tuo meglio - Be the Best you can Be.

Prendi in mano la tua vita e il tuo futuro
ISBN: 9788862280556

Prezzo € 10,20
invece di € 12,00 (-15%)


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giovedì 6 agosto 2009

Comunika.tv

Comunika.tv è la prima Web Tv dedicata alla comunicazione B2B. La sua mission è quella di offrire ai suoi utenti canali di comunicazione diversificati, dove sia possibile fare promozione, informazione e intrattenimento con l’ausilio della rete e delle immagini audiovisive. Comunika.tv nasce per soddisfare le esigenze di un target diversificato, alla ricerca di canali di comunicazione innovativi e ben strutturati basati sul principio dell’infotainment. Comunika.tv vuole essere coinvolgente, professionale e suscitare l’interesse dei suoi interlocutori attraverso l’incontro innovativo di diverse forme di espressione. Al fine di promuovere la cultura della comunicazione, il canale mira a creare occasioni di confronto professionale e di knowledge sharing tra gli utenti del settore.
La struttura dei suoi format esclusivi nasce come risposta alla necessità di offrire un servizio innovativo, in grado di soddisfare le esigenze di molteplici categorie professionali di utenti. L’obiettivo del progetto è infatti quello di creare uno spazio comunicativo digitale che contenga:
- Strumenti comunicativi specifici per ogni settore, in grado di valorizzare e ottimizzare al meglio la comunicazione con l’ausilio di tecniche, tecnologie, testimonianze e potenzialità ancora inespresse;
- Approfondimenti, dossier e servizi audiovisivi relativi all’informazione di settore con un monitoraggio costante delle tematiche più rilevanti.
- Format, stili e linguaggi appositamente creati per una fruizione nel web.

Quelle citate rappresentano le direttrici dell’intero progetto ed esprimono in maniera essenziale la filosofia del nuovo canale.
In Comunika.tv l’impatto emozionale prodotto dall’audiovisivo si unisce all’interattività della rete per offrire sempre nuove modalità di fruizione dei servizi.
Partendo dal presupposto che la televisione nel web deve essere supportata dalla reinvenzione dei linguaggi e degli stili, Comunika.tv vuole proporre anche nuovi contenuti che concorrano alla creazione di una reale opportunità per sperimentare e innovare.

Sito Web: http://www.comunika.tv
Viale di Val Fiorita, 88 - Roma, Italy

Il libro del giorno: Zanzotto Andrea e Breda Marzio, In questo progresso scorsoio. Conversazione con Marzio Breda (Garzanti)

«...in questo progresso scorsoio non so se vengo ingoiato o se ingoio.»

«C’è un volano infernale che gira ed esaspera una certa idea di onnipotenza, una rivoluzione che invade i pensieri e che inquieta e alla quale bisogna opporre resistenza…»

Emergenze climatiche e crisi ambientali, conflitti per l’energia e fondamentalismi religiosi, turbocapitalismo in panne ed eclissi degli idiomi minori: agli esordi del nuovo millennio, ci troviamo di fronte a un «tempo che strapiomba», si aprono nuove difficili sfide, che stiamo affrontando inconsapevoli. Una certa teoria di progresso, sordida e indifferente all’etica, rischia di portarci verso l’autodistruzione. Sono riflessioni come queste ad angosciare oggi Andrea Zanzotto, maestro di coscienza, oltre che autore di versi fra i più importanti e profetici del Novecento. In queste conversazioni, frutto di una lunga amicizia e consuetudine, il poeta ripercorre con Marzio Breda la propria esperienza umana, culturale e creativa. Soprattutto, affronta alcuni temi chiave del nostro presente, quando è più che mai necessario riscoprire il passato per sondare il futuro: paesaggio e linguaggio, storia e memoria, fede e politica, eros e psicoanalisi…

Andrea Zanzotto (Pieve di Soligo, 1921), comincia a insegnare a diciassette anni, attività che prosegue anche dopo la laurea in lettere a Padova. Nel 1951 il suo primo libro di versi, Dietro il paesaggio, cui segue una vasta produzione che culmina nella trilogia composta da Il Galateo in bosco (1978), Fosfeni (1983) e Idioma (1986). Nel 1999 esce l’opera completa di poesie e prose, nei Meridiani Mondatori. Oltre che poeta, Zanzotto è autore di racconti e di importanti saggi critici.

Marzio Breda (Conegliano, 1951), laureato in scienze politiche, inviato speciale del «Corriere della Sera». È autore del saggio La guerra del Quirinale (Garzanti, 2006) sulla transizione italiana durante le presidenze Cossiga, Scalfaro e Ciampi. Ha scritto la prefazione per l’antologia di Fernando Pessoa Poesie (RCS 2004). Suo uno studio sulla «biblioteca di Tangentopoli» per l’Almanacco Guanda 2008.

"Il poeta racconta a Marzio Breda quando parlando con Montale cità Aristotele in greco. Gina, cameriera tiranna del Nobel, lo interruppe: - E' dialetto veneto questo? -"

di Antonio D'Orrico tratto da In venticinque parole del Corriere della Sera Magazine n.31/32, p. 112


casa editrice Garzanti: http://www.garzantilibri.it/default.php


Zanzotto Andrea e Breda Marzio,
In questo progresso scorsoio. Conversazione con Marzio Breda (Garzanti)
collana Le Forme, 136 pagine, € 13.00

Anteprima: Krill - Rivista d’immaginario (Lupo editore). Di Mino Degli Atti

Nel centro Manifatture Knos, cantiere delle arti e dei saperi nato a Lecce, si è costituita la redazione di una rivista quadrimestrale (edita da Lupo Editore) dal nome Krill . Il numero 00 è in uscita in questi giorni con il tema “Bene comune”.
Con il termine Krill si indicano i piccoli crostacei che compongono lo zooplancton, cibo primario di balene, mante, squali balena, pesce azzurro e uccelli acquatici. Il loro nome comune (la parola norvegese Krill) significa giovane frittura di pesce. Il Krill, presente in tutti gli oceani del mondo, con particolare concentrazione nelle acque fredde e polari, costituisce il plancton oceanico, quello che alimenta l'ecosistema marino e – alla lunga – globale. È il nutrimento originario.
Il krill è per le balene quello che l’immaginario è per l’essere umano. Ci nutriamo di esseri invisibili e il processo della nutrizione è continuo. L’immaginario è la sintesi di questa opera di continua sollecitazione sensoriale, la lente attraverso la quale il mondo assume una colorazione particolare.
Non crediamo a una differenza tra cultura d'élite e cultura pop.
La nostra proposta è uno spazio di sperimentazione di linguaggi che aboliscano le distinzioni di genere e di classe tra le scritture e tra le scritture e il segno grafico.
L’idea è quella di scegliere, di volta in volta, una parola chiave, un tema monografico che orienti la lettura senza pretese di esaustività.
Vogliamo dedicare questo primo numero al Bene Comune, ovvero l’opera incessante di costruzione di spazi della condivisione che permettano la circolazione di saperi arti e mestieri, vale a dire a quell’ideale che ispira ogni fatto, comportamento, riflessione che implichi la dimensione del condividere. Il Bene Comune è essenzialmente un modo di intendere le relazioni, è un punto di vista critico da cui osservare gli scenari collettivi, e scorgere i cambiamenti, o la perdita di senso. Krill-out, infatti, perchè è tempo di uscire. E’ tempo di lavorare alle relazioni, alla rete della produzione mitopoietica diffusa.
Lontano dalle angustie dei saperi di nicchia, delle scritture accademiche e iperspecialistiche, dei libri impolverati che restano sulle staggiere. Krill nasce dal profondo e nel profondo vuole affondare le mani. Sporcandosele. In tal senso vogliamo muoverci. Provando a dar vita a un'avventura editoriale che coniughi, in tempi di sfiducia e di disincanto, il tentativo di una generazione di appropriarsi nuovamente dell'interpretazione sui suoi prodotti culturali, sul suo tempo e sulle forme del suo immaginario. Sull'immaginario come alimento della nostra esistenza.
Krill out: fuori il nutrimento!

Krill - Rivista d’immaginario
Quadrimestrale – Lupo Editore
Numero 00 – Bene Comune
www.krillproject.it

mercoledì 5 agosto 2009

LA NUCA (CONTROLUCE) di LUISA RUGGIO IL 7 AGOSTO AL LIDO LE DUNE DI PORTO CESAREO




















Il 7 agosto alle ore 21,30 presentazione del volume “LA NUCA” di Luisa Ruggio (edizioni Controluce) presso il lido Le Dune Via dei Bacini, 89, di Porto Cesareo (Lecce) nell'ambito della rassegna "Autori sotto le stelle".

Dopo le calde atmosfere di Afra, Luisa Ruggio torna a incantare i lettori con una favola gotica sul potere del desiderio. Una storia che è anche un commovente omaggio alla scrittura, un tributo alla potenza incantatoria della parola, sull'osmosi tra filosofia occidentale e favola orientale e un falso storico sulla vita immaginaria dell'alchimista di Soleto Matteo Tafuri. Con una prosa poetica che batte un ritmo profondo, La nuca è l'analisi in forma di racconto dell'alchimia segreta che anima tutte le relazioni umane: la fascinazione, qualunque essa sia. La storia, accompagnata dalle musiche di Dario Congedo, è quella di una bellissima adolescente, sospettata di stregoneria perché innamorata delle parole, si traveste da uomo per diventare l'allievo di uno Scriptorium particolare.
Un luogo pieno di libri e inchiostri dove i maestri sono due fratelli. Un alchimista eremita e un arabo che colleziona nuche femminili, alla continua ricerca di quella perfetta per la stesura di un codice fatto di puro erotismo.

Luisa Ruggio, giornalista e scrittrice, vive e lavora a Lecce. Ha scritto saggi sul cinema e la psicanalisi. Il suo romanzo d'esordio, Afra (Besa, 2006), ha vinto tre premi letterari. È autrice del blog dedicato alla scrittura "Dentro Luisa" (www.luisaruggio.blogs.it). La nuca è il suo secondo romanzo.

Il libro del giorno: A duello con la politica. La stampa parlamentare in Italia (1848-1893) di Mauro Forno (Rubbettino)

Gli storici hanno sempre riservato uno spazio limitato alla storia del giornalismo parlamentare e al ruolo di primo piano svolto, all'interno della stampa italiana dell'Ottocento, dai suoi esponenti. Il volume di Forno colloca questo universo in una prospettiva nuova, facendone uno strumento per analizzare le connessioni tra giornalismo, opinione pubblica e istituzioni, per indagare i sistemi di controllo attuati dai governi liberali nel campo dell'informazione, per dare conto dell'impegno profuso dai giornalisti per difendere la professione, anche attraverso la creazione di organizzazioni come l'Associazione della stampa periodica italiana. Fondata nel 1877, tale associazione si spese sin dall'inizio in maniera considerevole per accrescere il peso e il prestigio dei giornalisti e per ridurre il ricorso, ancora frequente alla fine dell'Ottocento, alla pratica del duello: uno strumento ormai sempre meno accettato dalla categoria, nel corso del quale, il 6 marzo 1898, perse la vita Felice Cavallotti, proprio l'uomo che dell'Aspi era stato vicepresidente e uno dei principali animatori.

"Vi si apprendono significative nozioni. Che fin dal 1849, ad esempio, subito dopo lo Statuto albertino il governo si pose il problema di passare di nascosto quattrini ai giornali per condizionarli; o che re Vittorio Emanuele II, al contrario, scriveva al ministro dell'Interno per farli tacere, testualmente: - Mi faccia il piacere di prendere qualche energica determinazione -"

di Filippo Ceccarelli tratto da La Repubblica del 5/08/09, p. 39

casa editrice Rubbettino: http://www.rubbettino.it/rubbettino/public/home.jsp


A duello con la politica. La stampa parlamentare in Italia dalle origini al primo «Ventaglio» (1848-1893) di Mauro Forno (Rubbettino)

“LE COMMEDIE DEL BUIO” di PAOLO FERRANTE (Kipple officina libraria). Rec. di Angelo Petrelli

Partendo dal titolo ambizioso, “Le commedie del buio” di Paolo Ferrante sono un’opera poetica di grande coraggio. Ci riferiamo, ed è il caso di una specifica, a quell’ardire che, in molta parte della produzione letteraria locale, si fa incoscienza e improvvisazione: quest’atteggiamento, nella giovane letteratura salentina (nel suo continuo fervore), si sta trasformando in una costante. Il testo propone oltre ad un impianto in versi, la silloge vera e propria, una corrispondenza grafica; i disegni posti a corollario delle liriche sono dello stesso Ferrante e, a scanso di equivoci, hanno lo scopo di completarne la “poetica”. L’idea alla base della produzione del giovane poeta (classe ’84) è, sulla falsa riga di un manierismo di difficile attuazione, un rifacimento della lirica dei poeti mistici inglesi; cosicché “Le commedie del buio” sono una forma di devozione nei confronti del poeta e pittore inglese William Blake (1757-1827). Il testo, edito dalla piccola editrice milanese “Kipple officina libraria”, vive nella fascinazione della “coscienza mitica” di queste suggestioni letterarie. La particolarità del formato (32x24 cm), la cura del profilo grafico e la tensione emotiva alla base del volume (pp. 32, 8 euro) sono, in termini d’originalità, la nota positiva dell’esordio di Paolo Ferrante. Gli esiti poetici, non sempre soddisfacenti, invece, inficiati proprio dalla difficoltà del cómpito postosi dall’autore, vanno considerati in prospettiva. Alla base di ogni produzione artistica esiste un sogno, una smania che è motore primo di ogni attivismo e iniziativa. Questa forma d’idealismo, è proprio il caso di dirlo, nel nostro contesto storico e sociale, è diventato un valore superficiale e illusorio, in esatta antitesi alla concorrenza materiale e all’antagonismo che si sono imposte a detrimento dello spirito dell’arte. Riconoscendo al lavoro di Ferrante ben altre motivazioni, non possiamo che augurargli, per il futuro, interventi di maggiore maturità e spessore in ambito poetico.

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martedì 4 agosto 2009

Roberto Vecchioni nel Salento per presentare il suo libro "Scacco a Dio" (Einaudi)

E se un giorno Dio, in piena crisi esistenziale, si travestisse da pittore del Rinascimento o da chitarrista rock, da trapezista o da cortigiana, per cercare di comprendere gli uomini, quelle sue creature ribelli che ormai gli sembra di non capire più? Così infatti si presenta il Creatore davanti al «suo primo consigliere» Teliqalipukt, una vecchia conoscenza dei lettori di Roberto Vecchioni. E proprio all'angelo mandato sulla terra per seguire gli uomini, già narratore dei Viaggi del tempo immobile, Dio chiede di spiegarglieli, gli uomini, lui che li ha conosciuti da vicino. Inizia così una sorta di «terapia» in cui Teliqalipukt si fa cantastorie per Dio. Da Catullo a JFK, passando per Shakespeare e Federico II, i protagonisti di queste storie hanno sfidato Dio inventandosi un destino diverso da quello che sembrava già scritto.
Sono grandi uomini che tutti conosciamo, si direbbe. Eppure questa parte della loro storia nessuno ce l'aveva raccontata.

All'incontro, che si terrà martedì 11 agosto alle ore 21,00 presso la Torre Saracena di PortoCesareo, organizzato da Unione dei Comuni Union3, Comune di Porto Cesareo,e con partner Lupo editore, interverranno il presidente della Union3 Fernando Fai, l'assessore alla cultura Union3 Gabriella Greco e lo scrittore Antonio Errico che dialogherà con l'autore.

In libreria SANGUE HABANERO di Gordiano Lupi (Ed. Eumeswil)

Un mistero avvolto tra le braccia di una prostituta cubana, una jinetera, sprofonda nelle contraddizioni del regime castrista.
La Cuba costretta a mangiare col volto nella polvere e quella votata al dio denaro sono un’unica entità in grado di inghiottire ogni anima umana.
Simbolo della contraddizione è un assassino seriale che stronca brutalmente vite di jineteras, donne i cui sogni sono già stati irrimediabilmente stroncati dalle promesse della società nuova.
La protagonista ci insegna che un destino di sesso a pagamento può essere sopportato per dare un futuro al proprio figlio, e che rischiare la vita di fronte a un serial killer può servire per riscattare tutte le prostitute che come lei annientano la propria vita ogni giorno.
I corpi dilaniati di queste povere donne sul lungomare del Malecón indicano la strada per l’indagine della polizia, e indicano al lettore il metodo per interrogarsi sulle contraddizioni di una Cuba agonizzante.

Gordiano Lupi (Piombino, 1960). Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz: Machi di carta (Stampa Alternativa, 2003), La Marina del mio passato (Nonsoloparole, 2003), Vita da jinetera (Il Foglio, 2005), Cuba particular – Sesso all’Avana (Stampa Alternativa, 2007) e Adiós Fidel – all’Avana senza un cazzo da fare (A.Car, 2008). I suoi lavori più recenti sono: Nero Tropicale (Terzo Millennio, 2003), Cuba Magica – conversazioni con un santéro (Mursia, 2003), Cannibal – il cinema selvaggio di Ruggero Deodato (Profondo Rosso, 2003), Un’isola a passo di son - viaggio nel mondo della musica cubana (Bastogi, 2004), Quasi quasi faccio anch’io un corso di scrittura (Stampa Alternativa, 2004 - due edizioni in un anno), Orrore, erotismo e pornografia secondo Joe D’Amato (Profondo Rosso, 2004), Tomas Milian, il trucido e lo sbirro (Profondo Rosso, 2004), Serial Killer italiani (Editoriale Olimpia, 2005), Nemici miei (Stampa Alternativa, 2005), Le dive nude - Il cinema di Gloria Guida e di Edwige Fenech (Profondo Rosso, 2006), Il cittadino si ribella: il cinema di Enzo G. Castellari - in collaborazione con Fabio Zanello - (Profondo Rosso, 2006), Filmare la morte – Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci (Il Foglio, 2006), Orrori tropicali – storie di vudu, santeria e palo mayombe (Il Foglio, 2006), Almeno il pane Fidel – Cuba quotidiana (Stampa Alternativa, 2006), Sexy made in Italy – le regine del cinema erotico degli anni Settanta (Profondo Rosso, 2007), Coppie diaboliche - dal delitto di Marostica al giallo di Omegna - 34 casi di «crimine a due» 1902-2006 (in collaborazione con Sabina Marchesi - Editoriale Olimpia, 2008), Dracula e i vampiri (in collaborazione con Maurizio Maggioni - Profondo Rosso, 2008), Avana killing (Sered, 2008 – in edicola), Mi Cuba (Mediane, 2008) Delitti in cerca d’autore (I.D.I., 2008 – in edicola), Fernando di Leo e il suo cinema nero e perverso (Profondo Rosso, 2009) e Federico Fellini. A cinema greatmaster (Mediane - edizione italiana e inglese).

Ha curato e tradotto Cuba Libre – Vivere e scrivere all’Avana (Rizzoli, 2009), il primo libro italiano di Yoani Sánchez.

Ha preso parte ad alcune trasmissioni TV come Cominciamo bene le storie di Corrado Augias (libro Serial killer italiani), Uno Mattina di Luca Giurato (libro Serial killer italiani), Odeon TV (trasmissione sui Serial killer italiani) e La Commedia all’italiana su Rete Quattro (dove ha parlato di Gloria Guida e di commedia sexy). È stato ospite di alcune trasmissioni radiofoniche in Italia e Svizzera per i suoi libri e per commenti sulla cultura cubana. I suoi libri sono stati oggetto di numerose recensioni e segnalazioni che si possono leggere al sito www.infol.it/lupi.

Il libro del giorno: Biopolitica, bioeconomia e processi di soggettivazione (Quodlibet) A cura di Adalgiso Amendola, Laura Bazzicalupo, Federico Chicc

Negli ultimi anni ha conquistato una decisa centralità, nel dibattito delle idee, il paradigma biopolitico: un paradigma aperto, attraversato da numerose e differenziate interpretazioni, unito dalla convinzione che la vita è diventata, o va diventando, diretto oggetto delle pratiche e delle strategie politiche, oltre le mediazioni classiche offerte dalla tradizione moderna. Filosofi, economisti, sociologi e giuristi, che hanno incrociato in vario modo questo paradigma, hanno confrontato i loro percorsi durante un seminario di studi di cui questo volume sviluppa i temi.
Le quattro sezioni del libro («Crisi del lessico politico-giuridico. Tra codice della norma e codice del governo», «Alienazione e nuove pratiche di oggettivazione del vivente», «Assoggettamento/soggettivazione. Il governo delle vite» e «Democrazia radicale e sfera pubblica. Nuove forme di agire politico») forniscono, più che un percorso lineare e predeterminato, una sorta di cartografia dei luoghi problematici e degli interrogativi aperti che gli approcci biopolitico e bioeconomico cercano oggi di affrontare.

Contributi di Elena Acuti, Adalgiso Amendola, Renata Badii, Giorgio Barberis, Laura Bazzicalupo, Lorenzo Bernini, Marco Bontempi, Vando Borghi, Michele Cammelli, Federico Chicchi, Sandro Chignola, Roberto Ciccarelli, Massimo De Carolis, Lelio Demichelis, Graziella Durante, Olivia Guaraldo, Claudia Landolfi, Maria Laura Lanzillo, Thomas Lemke, Emanuele Leonardi, Sandro Luce, Christian Marazzi, Costanza Margiotta, Ottavio Marzocca, Sandro Mezzadra, Luigi Pannarale, Marco Revelli, Andrea Russo, Anna Simone, Elettra Stimilli, Antonio Tucci, Salvo Vaccaro, Tommaso Vitale.

"Che significato politico ha una riflessione sulla biopolitica, la bioeconomia e i processi di soggetivazione in un'epoca segnata dalla crisi economica? E'questa la principale chiave di lettura per la raccolta di saggi curati da Adalgiso Amendola, Laura Bazzicalupo, Federico Chicchi e Antonio Tucci. Il punto di partenza di tutti gli autori è la crisi del lessico politico-giuridico classico, il punto di arrivo vorrebbe essere una riflessione sulle nuove forme d'agire poltico"

di Stefano Lucarelli tratto da Il Manifesto del 4/08/09, p. 12

casa editrice Quodlibet: http://www.quodlibet.it/

Biopolitica, bioeconomia e processi di soggettivazione (Quodlibet)
A cura di Adalgiso Amendola, Laura Bazzicalupo, Federico Chicchi, Antonio Tucci

Sono un ragazzo fortunato (surf backstage frame) di Marco Montanaro

[certo, alla fine di questo pezzo c’è ancora una domanda nell’aria: e la risposta è no, non userei più un blog per infilarci dei racconti; a ripensarci è un’idea balzana, pittoresca, soprattutto adesso che la scrittura da web è diventata ancora più breve, istantanea; e il pericolo di incappare in qualche casa editrice a caccia di scrittori-blogger mi fa rabbrividire; il mio blog attuale, il malesangue, si occupa d’interviste; e questa è un’altra storia.]

Adesso "Sono un ragazzo fortunato" (Lupo editore) è, prima di tutto, un oggetto. Il libro se ne sta per gli affari suoi, se ne infischia di me. Ogni tanto vado a sfogliarlo, ma il punto cruciale è che ora sto parlando di qualcosa di materiale, concreto. So che c’è tanta gente che scrive per pubblicare: quello che si dovrebbe avere in mente quando si scrive, suppongo, dovrebbe essere già il prodotto finale, in cui è racchiuso ogni passaggio del meccanismo che porta ciò che hai scritto a diventare di carta. Non so se è così, se effettivamente chi scrive ha già in mente ognuno di questi passaggi; mi considero uno che ha scritto un libro – non certo un professionista – senza sapere, all’epoca, che l’avrei pubblicato; sarei disonesto se parlassi d’altro e non del lato concreto della faccenda. Perché mi immagino un po’ nell’ombra, quando scrivo, è un’operazione che si svolge al riparo dagli altri, quasi nascosta; adesso provo a farmi affascinare dal lato concreto, quasi “fisico”, dell’affare. Portare fuori il libro, parlarne con chi ti conosce (e non sospettava), presentarlo in pubblico (non è una cosa che ritengo fondamentale, ma se mi “obbliga” a uno sforzo fisico, e se questo lato fisico completa quello mentale…), insomma: c’è un momento da cui vorrei partire per parlare di Sono un ragazzo fortunato, perché spiega anche a me, tutt’ora, un paio di cose. C’era un racconto che volevo assolutamente tagliare, per intero, in fase di editing; Donatella Neri, che si è occupata del mio libro per Lupo Editore, insisteva perché quel pezzo rimanesse, mentre io lo detestavo. Volevo infilarne un altro, al posto di quello: alla fine, una discreta mediazione, fuori entrambi. Ma Donatella mi scrisse una mail, in cui diceva più o meno: parti dal presupposto che ciò che esce fuori da te, a un certo punto, non appartiene più solo a te stesso. Per me è stato un momento fondamentale: perché, una volta che capisci che sei riuscito a tirar fuori un pezzo di te, le cose devono essere un po’ più lisce.
Quanto al libro in sé, Sono un ragazzo fortunato è soprattutto un libro sulla ricorsività dei meccanismi che governano le storie, e sul ritmo. Un mio professore, all’università, mi disse che la mia scrittura «ha ritmo». Io credo che proprio il ritmo faccia la fortuna di un testo, per la maggior parte. Probabilmente, anche solo a un livello inconscio per il lettore. Si parla molto di questioni di stile – una volta ho persino beccato uno che s’era fissato con l’anacoluto come nuova tendenza tra i giovani scrittori italiani, puah! – e poco di ritmo (che non è solo una sottocategoria dello stile, è chiaro). Il ritmo, a partire dalla punteggiatura, questo fa funzionare un testo – anche un film, a pensarci bene. Allora io ho cercato di lavorare su questo, soprattutto nei racconti Troppi Caffè e Storie d’amore disadorne. Rileggendo il libro, ascoltandolo recitato da altre persone, ecco, mi viene voglia di cambiare alcune parole; di dare una rinfrescatina ad alcuni concetti; ma, per quanto riguarda il ritmo, posso ritenermi tutt’ora soddisfatto. SURF conserva un suo ritmo, il che vuol dire che la mia voce interiore di allora e quella di oggi – sono passati tre o quattro anni da quando l’ho scritto – in qualche modo coincidono – niente schizofrenia. Per il resto, si tratta di finzione: pescare nell’autobiografia è stato comodo, com’è ovvio, ma fino a un certo punto; poi bisogna allontanarsene, prendere il largo, cercare gli angoli di una storia che possano rendere quella storia quanto più universale possibile. Avevo il terrore di annegare nell’autocompiacimento di certe canzoni italiane contemporanee, che dalla loro, però, hanno anche la musica.
Mi fermo qui con l’autoanalisi. Posso solo aggiungere che Sono un ragazzo fortunato fa il tifo per la narrazione di fantasia. È tifo, dunque irrazionale: credo che, citando Wittgenstein, su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere. Perciò non avrei potuto scrivere a proposito della Sacra Corona Unita o sulla diossina di Taranto. Mi piacerebbe scrivere una mia personalissima guida alla Puglia, forse su quella lingua di terra in cui vivo, tra Brindisi e Taranto, sconosciuta ai più, e dimenticata da se stessa. Ma sarebbe la mia visione, riterrei comunque di agire nell’ambito della finzione. Per il resto, tendo a tacere.
Anche sullo scrivere un libro, avrei potuto tacere fino a qualche tempo fa; visto anche il fatto che questa è esperienza comune a molti italiani, soprattutto dopo l’avvento degli scrittori-blogger (il che è un ossimoro). A me, in fondo, è andata bene: avevo scritto alcuni racconti per me stesso – dunque, direi, in un regime di semi-inconsapevolezza – alcuni di questi pubblicati in giro per la rete, altri rimasti nel pc. Così decisi di mettere su un blog a tempo determinato: un racconto a settimana per nove settimane. Pensavo potesse essere un richiamo per un qualche pubblico, l’appuntamento settimanale; invece fu soprattutto un modo per disciplinarmi, per fare in modo che lo scrivere smettesse di essere atto occasionale o dettato da certi umori (da questo punto di vista non so ancora se ho fatto progressi). Dopodiché, un amico che lavorava per Lupo e Coolclub mi suggerì di mandare qualcosa in casa editrice. Mesi dopo fui contattato da Cosimo Lupo, il mitico editore tuttofare, e cominciammo con l’editing e tutto il resto. Poi, la fusione tra Lupo e Coolclub per una nuova collana ed ecco il mio libro.
Non so com’è scrivere appositamente in vista di una pubblicazione; non avevo la smania di “uscire”, soprattutto perché sapevo che avrebbe voluto dire tirar fuori, rendere pubblici alcuni tormenti personali; e invece, ci sto facendo l’abitudine. Capita, quando leggono il tuo libro in pubblico; non puoi farci nulla e puoi persino finire con l’apprezzarlo. Probabilmente, è ciò che devi fare, per quanto possa interessare solo due o tre persone.

lunedì 3 agosto 2009

Il libro del giorno: Arbeleche Jorge, "40 POESIE" (LietoColle). Traduzione e cura di Alessio Brandolini e Martha Canfield

... con umiltà, abbiamo provato a dar voce, con la nostra scelta dei testi e la nostra traduzione, alla voce stessa del poeta, ovvero a imprimere a questo 40 poesie di Jorge Arbeleche la mas­sima compattezza e intensità possibili, riverberando in esso la poetica del maestro, il gusto, il largo respiro, quella scelta d'un linguaggio colloquiale che si contrappone e/o si affianca a un lin­guaggio più alto, che sa inventare calzanti neologismi o costruzio­ni sintattiche nuove ("Come se il vento soffiasse controfreccia") e immagini che volutamente, talvolta, spezzano o rallentano il canto, come un nodo a una corda perfettamente tesa.

Alessio Brandolini

Pájaro apretado

Un pájaro.
Dos piedras.
Un pájaro
apretado
entre dos piedras
aplastado
bajo el aire todo
apretado por los ruidos todos
los ojos
las calles
las bocas como un filo.
Un pájaro apretado.
Un pájaro
y dos piedras.

Uccello prigioniero

Un uccello.
Due pietre.
Un uccello
prigioniero
tra due pietre
schiacciato
sotto l'aria tutto
chiuso dai rumori tutti
gli occhi
le strade
le bocche come lame.
Un uccello prigioniero.
Un uccello
e due pietre.

casa editrice LietoColle: http://www.lietocolle.info/it/

Tre Ombre (Edizioni BD) Storia di una fuga e di una sfida al destino. Di Ilaria Ferramosca*

Cosa può accadere nella tranquilla e felice vita di una piccola famiglia campagnola, se d’improvviso all’orizzonte spuntano tre minacciose e insistenti ombre? Sono queste le premesse della delicata e al contempo inquietante storia, scritta e disegnata da Cyril Pedrosa, giovane autore dall’incantevole sintesi grafica e con un passato da animatore Disney.
Tre ombre è il racconto di un viaggio; un viaggio carico di speranze contro un destino che sembra inseguire in maniera instancabile e incombente i protagonisti della vicenda, tra inquadrature a volte asfittiche e distorte, altre lineari, pulite e dai tratti sottili. Un susseguirsi di foreste, acque, navi, locande, dove tutto è avventura e al contempo prevedibilità.
Joachim è un bambino allegro, che conduce una vita semplice nei pressi di un lago, con i suoi genitori. Le sue stagioni sono scandite dalla semplicità degli eventi naturali: il lavoro nei campi, la pesca al fiume, il bagno in assoluta libertà tra le acque cristalline, le fiabe raccontate dalla mamma. Ma un bel giorno ecco spuntare all’orizzonte, sul dorso delle colline, tre figure scure che paiono fissarlo e presidiare la casa.
La vita della famigliola comincia a essere sempre meno spensierata, il dubbio su chi siano e cosa vogliano le tre ombre, identificate come “cavalieri”, che tanto angosciano il piccolo Joachim, diventa una sorta di ossessione per la giovane madre, che decide di recarsi nella vicina città per chiedere consiglio alla vecchia e saggia Suzette Pique, specialista in “parti dolorosi e demoni interiori”. La verità che l’anziana donna le rivelerà, anziché placare le angosce del dubbio, la trascinerà in inquietudini più grandi. Sarà così l’inizio, per Joachim e suo padre, di un viaggio, una fuga verso una meta imprecisata, un posto lontano dall’altra parte del fiume dove le ombre non potranno trovarli.
Cyril Pedrosa descrive una storia semplice, senza pretesa di chissà quali insegnamenti o grossi colpi di scena, una storia dalla quale non ci si può aspettare null’altro se non quello che esattamente è: una metafora fiabesca, a brevi momenti avventurosa, della vita e dei suoi giochi inattesi. Eppure la sua grande forza sta proprio in questo, nel raccontare la normalità del destino, dell’esistenza e della sua fine, in una corsa attraverso i giorni.

*redazione Talkink

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