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giovedì 4 giugno 2009

Il libro del giorno: Nomi, cose, città. Viaggio nell'Italia che compra di Arnaldo Greco (Fandango)

Italia 2009. Nonostante la crisi l'italiano medio è ancora un consumatore da primato. Compra e vende, spesso, senza avere i soldi per farlo. Attraverso otto reportage dallo sguardo lieve e ironico Greco racconta questo aspetto del paese impazzito. Un viaggio con il quale scopriamo tic, mode, novità, luoghi assurdi e manie, ma anche lati meno illuminanti del nuovo consumismo. Un incredibile centro commerciale del napoletano, Vulcano Buono, che si pone di far concorrenza al Vulcano cattivo, le boutique dell'alta cucina e i mercati di quartiere del milanese. Cosa comprano gli italiani appena superato il confine di Austria e Slovenia, i mercati di una cittadina di provincia dopo l'arrivo delle badanti, quali prodotti scegliamo per i neonati e come, appena nato, un neonato diventi un consumatore, la spesa su internet, la corsa isterica al cibo "che fa bene", l'Italia del tempo libero e i suoi mille Festival. Tra un bordello sloveno, una bancarella di frutta sudamericana nel centro di Milano, un felice reparto di neonatologia e la casa di una vecchietta che vive con la sua ucraina, storie dall'Italia di oggi che compra, cambia abitudini, ma non si arrende.

"Anche durante l'attuale gravissima crisi economica il mondo dei consumi si presenta come una realtà articolata e vitale, che si presta a essere descritta nei suoi aspetti più caratteristici. Seguendo l'esempio di tanti scrittori del passato, si cimenta in questa impresa nel suo libro d'esordio Nomi, cose, città anche il giovane Arnaldo Greco, autore di diversi racconti usciti sulla rivista Nuovi Argomenti. La descrizione di Greco è particolarmente ricca, e spazia dai centri commerciali dell'area napoletana ai consumi degli italiani che da Gorizia vanno a fare compere oltre confine, dalle spese delle badanti ai giochi d'azzardo, dal commercio elettronico ai beni riservati ai neonati"

di Vanni Codeluppi tratto da Il Manifesto del 4/06/2009 p. 12

casa editrice Fandango: http://www.fandango.it/default.asp

Nomi, cose, città. Viaggio nell'Italia che compra di Arnaldo Greco
2009, 209 p., brossura, Editore Fandango Libri (collana Galleria Fandango)

mercoledì 3 giugno 2009

Miracoli di Stuart Wilde (Macro edizioni)

Se credete che soltanto esseri sovrumani siano in grado di fare miracoli, non avete letto Stuart Wilde e il suo “Miracoli” per Macro edizioni. Nulla a che fare con magia o stregoneria, non occorrono spiritus loci, non occorre leggere Cornelio Agrippa e il suo De Philosophia Occulta, e dunque nessun patto col diavolo e nessuna evocazione di spiriti o entità di altre dimensioni. E allora in cosa consistono i miracoli di cui parla Wilde? Si tratta di un potere naturale insito nell’uomo, che fa parte del suo genoma, che è ad esso connaturato. Questo lavoro guida il lettore non solo a riconoscerlo ma anche a metterlo in pratica giorno dopo giorno. Ma andiamo con ordine. Se pensate di non riuscire a realizzare nella vostra vita tutto quello che vi eravate prefissi, se pensate di attirare solo il 10% delle opportunità che il mondo vi può offrire, se insomma per un solo momento vi sia passato per la mente che non meritiate successo, ricchezza e buona salute, insomma che avete sulla vostra testa un gigantesco tappo che non vi fa volare alto, sappiate che con questo libro qualcosa cambierà. Se volete considerarlo un semplice manuale d’auto-aiuto, fate pure; se volete considerarlo una cialtroneria fate pure; se pensate che la new age abbia già fatto “troppi danni” non esitate a esprimere considerazioni di tal sorta. Ma una cosa vi suggerisco di fare: leggetelo! Stuart Wilde, un utopista nel senso vero del termine, vi aiuterà a capire come i limiti della mente siano valicabili, sapendo in fondo che non facciamo altro che usare un mediocre 5%. Che dubbi ed esitazioni non fanno altro che attirare ulteriori dubbi ed esitazioni. Questo incredibile autore vi accompagnerà lungo un itinerario di conoscenza fatto anche di prove ed errori, ma che ve li farà comprendere per accedere ad una nuova dimensione della vostra vita e renderla splendida e rendervi consci del vostro illimitato potere. Un libro davvero interessante che non appena letto vitrasmetterà una grandissima gioia! Se avete attirato questo libro avete già fatto il vostro primo miracolo!

Stuart Wilde, uno dei più famosi esponenti dell New Age, è nato a Farnham, in Inghilterra, da padre inglese e madre italiana. E' stato un conferenziere tra i più famosi nel mondo anglosassone: USA, Gran Bretagna e Australia. Conduceva corsi memorabili per lo sviluppo personale in località selvagge con mezzi e tecniche fuori dal comune. In questi ultimi anni con le sue straordinarie ricerche ha suscitato ostilità che lo hanno indotto a vivere quasi nella clandestinità. Ha una casa a Londra e una grande villa in Australia con pareti che si spostano e altri congegni speciali e dove ha subito alcuni degli attacchi da entità non umane che descrive nel libro I Gladiatori di Dio. Autore molto prolifico, ricco di humor, pungente ed emozionante, ha all’attivo quindici libri tradotti in dodici lingue, tra cui La Forza, Miracoli e Affermarsi.

Come far accadere quello che vuoi
ISBN: 9788875079154

Prezzo € 5,95
invece di € 7,00 (-15%)


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VOGLIA DI EVENTI A FAVORE DELL’ABRUZZO

www.vogliadieventi.it … il wiki-portale che raccoglie tutti gli eventi di tipo culturale, eno-gastronomico, musicale, artistico, che si svolgono su tutto il territorio Italiano, selezionati e divisi per regione, mette a disposizione i suoi mezzi per contribuire ad una sempre più veloce ripresa del Turismo in Abruzzo e propone un’iniziativa a favore delle strutture ricettive Abruzzesi.
WWW.VOGLIADIEVENTI.IT offre la possibilità a tutte le strutture ricettive dell’Abruzzo (Alberghi, b&b, Agriturismi, etc.) di avere uno spazio pubblicitario gratuito per un anno nella sezione “Strutture Convezionate – Dove dormire”, in cui poter inserire una descrizione, le foto della struttura, i costi e i pacchetti promozionali previsti per l’estate 2009.
Inserire le strutture sul portale darà maggiore visibilità, darà la possibilità di invitare e coinvolgere un numero sempre maggiore di turisti, per lanciare il messaggio che L’Abruzzo è sempre vivo e attivo, è bello da visitare in tutte le sue forme e che la ripresa di questa terra ha bisogno di ripartire dalle sue principali attività , tra cui il turismo svolge un ruolo fondamentale.

Per aderire all’iniziativa e per maggiori informazioni potete contattare la redazione all’indirizzo redazione@vogliadieventi.it

Seconda lettura di Vito Antonio Conte su "I Bruchi" di Giovanni Bernardini (Manni)

Avevo letto qualcosa di Giovanni Bernardini su antologie e altro. Poi “Provincia difficile”, un vecchio libro del 1969, trovato in un banchetto di libri usati. L'ho conosciuto personalmente l'anno scorso, davanti al bel camino acceso della “Serrizùla”, quando si sradicò dai suoi tanti malanni fisici, da lui stesso elencati a mò di esorcismo, e ci concesse una parte di sé, leggendoci -tra l'altro- un suo racconto pubblicato su “L'Albero”, la storica rivista di Girolami Comi. Devo conservarne una copia autografata da qualche parte, tra le infinite carte che conservo quasi maniacalmente. Tante carte. Troppe. Nonostante il mio periodico selezionare, eliminare, disfarmi. C'è che dovrei -come pure mi è già accaduto di fare- liberarmi di tutto. Carte, libri, quaderni, zibaldoni, agende, copie, fotocopie, oggetti e chincaglieria d'ogni tipo e andare via. Dovrei andare via. Vorrei andare via. Sparire, perdermi, ricominciare. Forse. C'è che qualcosa in un modo qualunque è morta. C'è che è viva più che mai. Dovrei andare altrove. Disfarmi di questa vita e andare via. Questa vita che amo. Qualche giorno addietro, ho finito di leggere l'ultimo libro di Giovanni Bernardini, “I bruchi ovvero Il ragazzo in fondo al mare”, edito da Manni. Ho detto l'ultimo: credo di sbagliare: Mimma mi dice che n'è stato appena pubblicato un altro. Mi dice anche il titolo, ma non lo ricordo. E non ho voglia di cercarlo. Adesso, dopo una funzione religiosa in swahili per un grande uomo, con canti che mi hanno aperto il cuore, già spezzato di suo e d'altro, ascolterò la voce di lei e non aggiungerò niente (...), dirò qualcosa, invece, su “I bruchi”. Titolo che mi piace poco. Molto di più mi piace il sottotitolo “Il ragazzo in fondo al mare”. È un romanzo schizoide e razionale, è schizzato e naturale, è folle e meditato, è vecchio e nuovo, è patologico e sano, è antico e moderno. È tutto. È niente. È memoria che vuole affogare la memoria. È memoria che vuol ricordare la memoria. È un atto dovuto a se stesso. È un atto doveroso verso qualcun altro. È un atto voce del verbo dare. Rendere, meglio, a sé e agli altri. Ma, soprattutto, è una scrittura fuori dagli schemi, fuori da ogni schema, fuori da qualsiasi possibile schema. E non chiedetemi di spiegare ciò che dico. So ch'è così. Lo sento. È istinto il mio. Potrei cercare le ragioni per quanto dico, ve le potrei indicare. Potrei farlo. Ma oggi non è cosa. E non lo sarà più. Ché di questo libro parlo oggi e mai più. Fidatevi di quel che dico. Fidatevi di me. Non ho mai raccontato fandonie. Per questo, anche quando capita che sto male, vivo bene. Questo libro è fuori, scritto da uno ch'è fuori, come si può essere soltanto quando non si deve rendere più conto a nessuno, tranne a Uno, ma con quell'Uno hai rapporti talmente chiari che non ci potranno mai essere equivoci, né fraintesi, ché ci si conosce bene ormai. Questo libro è fuori, scritto da uno ch'è fuori, come si può essere soltanto quando sei ultraottuagenario e somigli a un novenne: ne hai viste tante e tali che non te ne può fottere più di niente di quel che per una vita forse t'ha intristito, t'ha fatto male, t'ha dato scazzo, t'ha angosciato, t'ha addolorato... E le cose della vita continuano a toccarti, eccome se ti toccano, ma dentro c'è la forza di un bambino, quell'incoscienza così saggia che te la fa dire tutta esattamente siccome è, come vuoi ed è la parte migliore che c'è. C'è il talento e anni e anni di studi di ricerche di conoscenze di esperienze di sofferenze di gioie di soddisfazioni. Poi c'è qualcosa che ha spazzato via tutto: tabula rasa. Tutto dimenticato. Rimangono gli strumenti. E quel talento. Gli strumenti per dare forma al talento, fermandolo in una creazione d'arte. E il divertimento: quello impareggiabile irraggiungibile e ineguagliabile di un bambino. E allora il linguaggio (a tratti anche ricercato, aulico e barocco) è così fresco confidenziale ed essenziale che ti fa arrivare dritto alle viscere temi d'una pesantezza inaudita con la leggerezza pari al dire di mio figlio Federico quando mi racconta le ultime notizie scolastiche o calcistiche (e Federico a giorni avrà nove anni). Un dire meraviglioso, fiabesco, disarmante, ingenuo e vero. Così “Il ragazzo in fondo al mare” è la metafora che svela la cecità di un'epoca, l'ignoranza del passato, l'illusione del ventennio, con i suoi sogni e i suoi incubi, la vita e la morte, l'anacronismo di un impero e la grande disfatta, lo scintillìo dell'apparenza e le nubi funeree dei tanti crimini: quelli di tutte le guerre, del primo regime totalitarista (nato e coniato in Italia) e di tutti quelli successivi, d'ogni colore e in ogni angolo del mondo. “I bruchi” sono la causa e l'effetto dei fasti e del disfacimento prodotti dal fascismo, sono la patologia di quel sistema politico, sono lo schifo sotteso ai proclami, sono i risultati del grande imbroglio, sono le brutture e le storture d'ogni politica che pensa a sé e non ai governati, sono quel che porta la “guerra guerreggiata”; “Il ragazzo in fondo al mare” è il naufrago di quel periodo! È quel che resta in tutti quelli che grazie all'accettazione di sé, vuoi per fatto genetico vuoi per scelta vuoi per entrambe, non hanno mai smesso di guardare all'altro e l'hanno guardato sempre e comunque al di là d'ogni parvenza... Quella del ventennio, del primo totalitarismo (termine inesistente prima), è stato il primo esempio di politica fatta utilizzando i mass-media (fotografia e radio), è storia di cui si continua a parlare in tutti i modi possibili: attualmente c'è un quotidiano (se non erro) che regala dei diari di Mussolini (mai menzionato nel libro...) o qualcosa del genere. Se ne parla troppo? Se ne parla male? Se ne parla bene? Sarebbe meglio non parlarne più? Non appartengo alla schiera di quelli che sostengono che se di qualcosa non si parla significa cancellarne l'esistenza. E, quindi, nel caso dell'argomento in parola, è bene. E nemmeno alla schiera di quelli che di qualcosa di cui non si parla e si dovrebbe bisogna parlarne a tutti i costi pur di affermarne l'esistenza. E, dunque, in generale, non parlarne è male. In realtà non appartengo a schiera alcuna. Sono un uomo libero che dice e scrive quel che pensa (dopo aver contato sino al numero necessario) e che crede fermamente che ognuno possa dire ciò che vuole (nei limiti del lecito e del legittimo...) intorno a ciò che gli pare. Sta a me, come a ognuno di voi, far debito e appropriato uso di critica e decidere da quale parte stare. Senza scomodare il Male e il Bene. Io sto dalla parte di Giovanni Bernardini, ma non del Bernardini de “I bruchi”, non dalla parte della fobia, ma del Bernardini de “Il ragazzo in fondo al mare”, dalla parte della follia, di quella ch'è prossima alla salvezza (o, per dirla con l'Autore, della pazzia che confina con la saggezza). Io sto dalla parte dello zio un po' scemo, quello che con i gessetti colorati disegnava sui muri il ragazzo in fondo al mare abbracciato a una sirena e sotto scriveva AMORE.

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Il libro del giorno: Real world di Natsuo Kirino (Neri Pozza)

In un affollato quartiere residenziale di Tokyo quattro studentesse trascorrono un'estate caldissima preparandosi ad affrontare gli esami per l'ammissione all'università. Sono molto diverse tra loro: Toshi è affidabile e sicura, Yuzan riservata e malinconica, Terauchi ha un grande talento per gli studi, Kirarin occulta dietro la sua dolcezza un'attrazione morbosa per i comportamenti estremi. Un rumore inconsueto che proviene da un appartamento stravolge improvvisamente il loro destino: il vicino di casa, un liceale che le quattro amiche chiamano il Vermiciattolo, ha ucciso la madre ed è scappato con la bici e il cellulare di una di loro. In fuga dalla polizia, il giovane assassino inizia a contemplare affascinato il proprio volto riprodotto in fotografie e servizi televisivi, assapora l'improvvisa visibilità mediatica, il racconto della sua vita riscritto da giornalisti e reporter, e asseconda la curiosità collettiva intorno alle ragioni che lo hanno spinto a uccidere. Il pigro distacco del giovane si trasforma progressivamente in una consapevolezza crudele: insensibile alle conseguenze del suo crimine, vuole che le ragazze scrivano per lui un manifesto filosofico che esalti la lucida follia delle sue azioni... Immerse in una vita di chat, sms e Reality TV, le quattro adolescenti scoprono un mondo scabroso e brutale. Una realtà popolata di ragazzi in attesa di un esempio, di una guida che li riscatti dalla noia di un sistema che non sa comprendere la loro diversità.

casa editrice Neri Pozza: http://www.neripozza.it/

"Anche il Giappone ha una regina del delitto. Il suo nome è Natsuo Kirino"

Tommaso Pincio tratto da La Repubblica del 3/06/09 p. 42

Real world di Natsuo Kirino
2009, 281 p., brossura, traduzione a cura di Coci G.
Editore Neri Pozza (collana Bloom)

martedì 2 giugno 2009

Lecce – Tokyo: Filo diretto con Undiciottavi Records












11/8 Records continua la sua collaborazione per la realizzazione dei remake per le colonne sonore della filmografia giapponese.
E proprio il suo direttore artistico, Cesare Dell’Anna con il progetto musicale ZinA, torna a collaborare con i più grossi studi cinematografici di animazione Giapponese.
OnePeace Sound Design infatti, ha contattato per l’Italia, Dell’Anna con il suo progetto dalle sonorità Afro-Funky, per arrangiare la famosa colonna sonora di uno dei più famosi lungometraggi di Ghibli Studio: “Laputa castello nel cielo”.
Ghibli Studio è il famosissimo studio cinematografico di animazione giapponese, fondato dal celebre regista Hayao Miyazaki, già autore di Heidi, Conan il ragazzo del futuro, Anna dai capelli rossi, ecc. La colonna sonora di “Laputa castello nel cielo” è stata inserita in una raccolta di pezzi arrangiati da gruppi selezionati direttamente dalla produzione e su loro stessa iniziativa: “One in a Million”, distribuito da Happinet Corporation.
Quest’anno è la volta di “Mobile Suit Gundam” , prodotta dalla Sunrise, conosciuto come in Italia con il nome di “Gundam il Guerriero”, di Yoshiyuki Tomino.
L’opera che sarà realizzata sotto forma di medley della colonna sonora giapponese di Takeo Watanabe sarà ri-suonata in stile “ZinA” ed è realizzata per festeggiare il compimento del 30 anni del leggendario Robot che ha milioni di fans in tutto il mondo, in pubblicazione per i primi di luglio.

Info: 11/8 Records
Corte dei Mesagnesi n. 31 73100 Lecce - Italia
tel e fax +39.0832.305693
www.11-8records.com info: contacts@11-8records.com

Barbara Bonanni

Barbara Bonanni, nasce a Roma in un gennaio freddo e grigio, sotto il segno dell'acquario. Creatura sensibile, eterea, estroversa, amante della creatività, a 15 anni abbraccia da subito il mondo dell'arte, iscrivendosi al IV liceo artistico di Roma. Amante del canto e della musica studia con interesse e passione il pianoforte con il mezzosoprano Mascia Foschi.
Non appena terminati gli studi, intraprende una nuova strada che la porta a seguire un corso di teatro, nonostante il suo amore per il design e per la pittura. Con grande sorpresa ed ottimi risultati,viene scelta per una commedia teatrale ed è lì che capisce che quel che era il suo mestiere, oramai era diventato un vizio, e quel vizio così come un fulmine a ciel sereno, era diventato il suo mestiere: l'attrice!
Nel 1999 viene scelta dalla compagnia Attori e Tecnici di Attilio Corsini per debuttare sul palcoscenico del Teatro Vittoria con " I NewYorkesi ", testo tratto dal film di Woody Allen "Manhattan", sempre per la regia dello stesso Corsini.
Con la compagnia Attori e Tecnici interpreta altri tre personaggi per altre tre commedie. Decide, dopo due anni di "tournèe"di proseguire gli studi per il Design, specializzandosi in questa branca. Nel 2001 viene scelta per la serie tv "Un posto al sole". Intanto frequenta la scuola di teatro "training studio"di L.Curreli, seguendo il metodo adottato da Lee Strasberg , e il famigerato metodo Stanislavkji. Nel 2001 si sposa con il suo primo amore - il cinema - interpretando il ruolo di Anna nel film "PAZ! Il film!" ( regia di Renato De Maria) , ruolo a lei caro come dichiara al quotidiano Il Tempo: “…il mio primo ciak,il mio primo film; è un pò come il primo amore: non si scorda mai! Nel 2002 al suo secondo film per il cinema, lavora con veri disabili come attori "Piovono Mucche" dove interpreta Beatrice, una seduttrice in carrozzina,per la regia di Luca Vendruscolo: “Un ruolo difficile,dove però ho imparato molto dagli attori non attori,soprattutto che la vera disabilità è di testa,i veri disabili a volte siamo noi”. (Conferenza stampa Torino Film Festival)
Interpreta vari video clip per musicisti come BluVertigo , per la regia di Asia Argento), o Tiromancino per la regia Cosimo Alemà. Nel 2003 gira un video per un 'artista americana, per la regia Abel Ferrara, e ritorna al teatro con una commedia di Angelo Orlando “Barbara” una sorta di aspettando Godot con Valerio Mastandrea e Rolando Ravello, per la regia di A.Orlando. Subito dopo ecco che la Bonanni la vediamo nel film "Il siero della vanità" per la regia di Alex Infascelli. La vediamo inoltre protagonista nel 2004 del "Cuore non duole" regia di Maria Sole Tognazzi, dove parteciperà alla sezione Giovani Talenti Italiani alla 61° Mostra Internazionale del Cinema Italiano. Ritorna infine alla tv interpretando "Doppio agguato" regia Renato De Maria con Isabella Ferrari e Luca Zingaretti. E subito dopo a tambur battente, "Distretto di polizia" regia di Lucio Gaudino.
Ritorna al teatro con "Bersaglio Mobile" rassegna di corti teatrali al Teatro Colosseo. Nel 2003 ritorna alla pittura partecipando con tre opere pittoriche al" Riparte”, nel 2005 espone la sua opera, composta da nove tele, (parte del ricavato va in beneficenza ai bambini dello Tsunami )accanto al giovane artista romano Mauro Pallotta. Decide poi di dedicarsi al canto, registrando due cover, una in particolare " Come toogheter "(www.myspace.com/labibidellemoscherosa). La vediamo poi con il pancione nel video clip di Max Pezzali. Infatti Barbara nel 2008 si prende un anno sabatico, interpretando il ruolo più importante della sua vita ovvero quello di madre.

Il libro del giorno: Appena ho 18 anni mi rifaccio (Bompiani) di Cristina Tagliabue Silveri

Hanno tra i 16 e i 18 anni, sono benestanti e, per lo più, bei ragazzi e belle ragazze. Per il loro compleanno, per la maggiore età, per l'esame di maturità chiedono un solo dono, l'esaudimento di un desiderio che si portano dietro da anni, oppure da giorni. Chiedono un piccolo o grande ritocco estetico: i piedi per sembrare come la Barale, che li ha perfetti; le labbra, tipo Scarlett Johanson; la maggior parte il seno, come quello di Jessica Alba o dell'amica con cui fanno palestra o con cui vanno in discoteca. Hanno smesso di credere al corpo come a un dato di natura. Sono smaliziati, irruenti, incoscienti: "la cosa più importante è piacere e non rimanere indietro." Così iniziano a modificarlo, il corpo, appena ne hanno coscienza. Soffrono le pene dell'inferno, alzano la soglia di sopportazione del dolore fisico, rinunciano al motorino pur di avere un corpo il più simile possibile a quello dei loro sogni. E se pure colui o colei che amano e da cui sono amate tentano di convincerle-li che stanno bene esattamente come madre natura le ha fatte-li ha fatti, loro non ci credono, devono apparire come l'immagine che hanno in testa

"(...) spesso i media affrontano l'argomento, non senza sforare sul macabro quando il bisturi meite tragicamente qualche vittima della sua - presunta - vanità. Ma la Tagliabue, ed è questa la caratteristica del suolibro d'esordio, va oltre i flash di notizia per arrivare in fondo, conducendo una vera e propria indagine su minorenni e neomaggiorenni che non si sentono a proprio agio con il proprio corpo"

di Antonello Guerrera tratto da Il Riformista del 2/06/2009 p. 21

casa editrice Bompiani: http://bompiani.rcslibri.corriere.it/bompiani/

Appena ho 18 anni mi rifaccio. Storie di figli, genitori e plastiche di Cristina Tagliabue Silveri, 2009, 236 p., brossura
Editore Bompiani (collana Grandi asSaggi)

lunedì 1 giugno 2009

Rimedi Casalinghi di Angela Pneuman (Minimum Fax) alla libreria Giufà di Roma

«Questi meravigliosi racconti sono pieni di intelligenza e di eleganza. Angela Pneuman è senz'altro una delle giovani scrittrici di maggior talento che ci siano in circolazione».

Lorrie Moore

«Un'autrice solida, attenta e dotata di grande umorismo, che vale la pena di leggere e di tenere d'occhio in futuro».

The Believer

Otto racconti che hanno come protagoniste figure femminili colte nell'età delicata e crudele che sta fra l'infanzia e l'adolescenza, e i loro rapporti con le madri e i padri, le amiche, il corpo, il sesso e la fede religiosa. La Pneuman non ha paura di creare situazioni estreme e tragicomiche (tartarughe usate come armi, cucine come sale operatorie, ortaggi come strumenti di iniziazione) e di armare le sue giovani eroine di mazze da golf o psicosi da immacolata concezione; ma la sua bravura sta soprattutto nel disegnare dietro le vicende surreali i sottili rapporti psicologici fra i personaggi: il mescolarsi di amore e odio, il collidere di aspirazioni, fallimenti e bisogni in cui ogni lettore non può fare a meno di immedesimarsi. Un immaginario potente e una finezza psicologica degna di maestre del racconto come Alice Munro e Flannery O'Connor per uno degli esordi più indimenticabili dell'anno.

mercoledì 3 giugno 2009
Start h. 19.00

Libreria Giufà, via degli Aurunci, 38, Roma, Italy

Con l'autrice intervengono Tiziana Lo Porto, Rosella Postorino e Martina Testa

Angela Pneuman, Rimedi casalinghi, (Home Remedies) - Minimum fax
227 pagine - aprile 2009
ISBN 978-88-7521-209-4
traduzione di: Martina Testa

Gemini di Fabio Rossi (Lupo editore)

E’il mio genere, d’accordo. Amo autori come Isaac Asimov, Ken Follett o Richard Matheson, adoro film come “Ventotto settimane dopo” per la magistrale regia di Juan Carlos Fresnadillo. In teoria non dovrei sbilanciarmi più di tanto quando recensisco titoli che si nutrono di atmosfere e sfumature appartenenti a latitudini della scrittura a me così care, dal momento che rischierei di avere uno sguardo troppo corto e forse un tantino miope nel parlare di narrazioni a me più congeniali. Eppure in questo caso sento di sbilanciarmi, di poterlo fare tranquillamente. E’ il caso del primo lavoro di Fabio Rossi dal titolo molto accattivante, ovvero “Gemini” (Lupo editore), e dalla copertina (illustrazione a cura di Giovanni Nori, grafica di Paolo Guido) in bianco, rosso e nero, secondo gli ultimi trend cromatici del design e dell’arte contemporanea da due anni a questa parte. Fabio Rossi è riuscito ad affascinarmi con la sua scrittura, fresca, incalzante nel ritmo, mai ridondante. Un sentire la parola e il suo potere immenso di resa immaginifica, non è solo questione di mestiere: quando si crea un contesto narrativo, si struttura una trama, la complessità dell’operazione in sé, che non deriva solo da una padronanza del mezzo tecnico, è anche il risultato di una capacità quasi immaginifico-predittiva di altre dimensioni e altri universi. Non è mistica della scrittura: è Visione! E “Gemini” è un romanzo che si muove a ridosso di due universi paralleli (partendo da una base teorica dei viaggi nel tempo a metà strada tra le fondamenta della fisica quantistica e i multiversi di Stephen Hawking secondo il quale l'universo non ha confini nello spazio-tempo, e dunque secondo il suo modello del non-contorno, esisterebbero punti di contatto tra diverse dimensioni dove altri noi e altre realtà accadono simultaneamente ma con possibili e infiniti sviluppi fenomenologici) dove nel primo in una natura selvaggia e ostile, un giovane uomo, un giovane cacciatore, si misura a mani nude con il suo destino, che lo ha portato sulle tracce di chi ha massacrato senza troppi scrupoli e con una ferocia inaudita il suo clan, nel suo villaggio natìo; nel secondo veniamo catapultati nel sottosuolo di Europa (l’unica megalopoli ad aver conservato le tracce di una vecchia civiltà e sinceramente mi ricorda un po’ Resident Evil ) dove si trova Babilonia, un laboratorio scientifico in cui ci si dedica a ‘Gemini’, il progetto nato da una scoperta sconvolgente ed elaborato da Ulisse, sociologo dell’evoluzione, con ’obiettivo di bloccare la deriva antropologica nella quale l’uomo si è andato a ficcare con le sue mani , giungendo sull’orlo dell’auto-distruzione. Un cammino, forse, senza ritorno, dove le viscere della terra possono nascondere qualcosa di mostruoso. Un libro da leggere e gustare, non solo per il fatto che ti tiene incollato alle pagine, ma anche perché l’autore è stato in grado di creare una fitta interconnessione di spunti di riflessione provenienti dalla sociologia e dall’antropologia culturale ed evolutiva … anche se parliamo di quelle del futuro ovviamente!

Il libro del giorno: Il Prete grasso di Piero Manni (collana I Chicchi di Manni)

Manni racconta il Cristianesimo contadino, contaminato delle tradizionali religioni naturalistiche animistiche, di miti pagani, di riti magico-astrali-divinatori; i poveracci che vanno a messa prima, onorano i santi e invitano anche se li odiano i preti al pranzo di matrimonio, che votano lo scudo crociato per ottenere la pensione d'invalidità in attesa di Baffone; e racconta l'infanzia di un fanciullo, e poi di un altro, e di un altro ancora, a comunicare con le api o a consentirsi giochi impertinenti; insomma, l'infanzia di una civiltà già antica millenni, che bestemmia i suoi santi e cucina per loro le tagliatelle coi ceci.

"Un libricino che si legge d'un fiato, e già dalle prime pagine regala il piacere di un linguaggio diretto ma dai termini ricercati. Un Salento che non c'è più si dipana tra le pagine di Il Prete grasso di Piero Manni per la collana Chicchi di Manni. Una trentina di pagine e si torna indietro in un tempo in cui i bambini avevano un rapporto così privilegiato con la natura da potersi permettere di accarezzare le api"

di C.D. tratto da QuiSalento - giugno 2009, p. 36

casa editrice manni: http://www.mannieditori.it/index_x.asp

Il prete grasso di Piero Manni
2009, 32 p., brossura, Editore Manni (collana Chicchi)

domenica 31 maggio 2009

Il libro del giorno: Islabonita di Nico Orengo (Einaudi)

La Riviera luccicante degli anni Venti, tra i balli e il casinò, le spiagge e i campi da golf, è lo scenario di questa storia in cui cospirazioni di corte, trame massoniche e manovre dei Servizi segreti sospingono i destini dei personaggi in un gioco che può rivelarsi mortale. È a Sanremo infatti che soggiorna Maometto VI, sultano in esilio. E poco distante, a Bordighera, ha la sua dimora la regina madre Margherita di Savoia. Ma quando il medico del sultano muore in circostanze misteriose, Fatima viene fatta fuggire dalla corte perché ha visto qualcosa che non doveva vedere. Sotto una copertura insospettabile si nasconde a Isolabona, paesino dell'entroterra ligure che "crede nella Madonna e nel silenzio". Qui trascorre le sue giornate aspettando Michel e l'ineluttabile compiersi del destino, mentre dal grammofono di Ricò, all'ingresso del paese, escono le note malinconiche di una canzone sudamericana che inspiegabilmente si interrompe sempre prima della fine. Ma il nascondiglio di Fatima si fa sempre meno sicuro: sono in troppi a voler conoscere il suo segreto. A partire da Gino Cariolato, lo chauffeur-coiffeur della regina, che invidioso delle sue doti di pettinatrice rischia di mettere a repentaglio la vita del sultano.

"Lo scrittore e giornalista Nico Orengo è morto ieri all'ospedale Molinette di Torino, dove era ricoverato per una crisi cardiaca. Nato a Torino nel 1944, aveva lavorato all'Einaudi dal 1964 al 1977, entrandoquindi alla Stampa. Dal 1989 al 2007 ha diretto l'inserto settimanale Tuttolibri"

tratto da La Stampa del 31/05/09, p. 42

casa editrice Einaudi: http://www.einaudi.it/

Islabonita di Nico Orengo
2009, 159 p., rilegato - Editore Einaudi

Considerazioni psicoanalitiche sull'opera di Michelangelo. Di Maria Beatrice Protino

È di Stefano Calamandrei, specialista in Psichiatria, l’articolo dedicato all’opera di Michelangelo e pubblicato su Florilegio 2003, ed. Nicomp L.E., a seguito degli incontri di Arte e Psicologia che da qualche anno la Biblioteca degli Uffizi ospita. L’associazione, creata ad uopo, di storici d’arte, psichiatri e psicologi conduce delle «incursioni borderline in ambienti scientifici autonomi e diversi» per favorire quella interdisciplinarietà culturale atta ad interpretare forse o a scoprire addirittura i percorsi psicologici dei singoli artisti, per svelarne le interne contraddizioni o i lampi di quella genialità che li ha condotti alla soglia dell’immortalità. Michelangelo ha affrontato un tema molto moderno, percepito oggi in tutta la sua drammaticità e divenuto senz’altro il contenuto centrale dell’arte contemporanea: la rappresentazione del bambino insufficientemente stimolato, con un Sé indebolito, vulnerabile. «La creatività artistica ha un carattere spesso coatto e involontario – scrive C. – tanto che in molti artisti la sua assenza produce una depressione che affonda negli strati più profondi della loro personalità. Frammenti infantili, lasciati indietro durante una crescita non ottimale, possono rimanere esclusi dalla struttura attiva e produttiva della mente, più superficiale e cosciente, e legati a qualcosa di più profondo e non integrato».
M. ha elaborato il tema dominante della maternità e della morte per tutta la sua vita artistica. Ma la sua creatività ha avuto una nota di ripetitività, anche se sofisticata ed elaborata, data dall’abbraccio tra madre e figlio raffigurandolo come una holding insoddisfacente: questo è accaduto sia che eseguisse una maternità – si veda ad esempio la Madonna della Scala, la Madonna di Bruges - sia che scolpisse la Pietà, cioè una madre che culla il figlio morto.
Come spiega C., ognuno di noi, per tutta la vita, cerca di integrare la propria personalità di ciò che possono essere considerate le mancanze interiori… Nel farlo ha anche bisogno degli altri esseri umani; ha bisogno di provare emozioni; ha necessità di scambi affettivi. Eppure è vero che si impara a stare con gli altri solo dopo aver imparato a stare con se stessi. Quest’ultima è un’acquisizione complessa - che si compie nel periodo dai sei mesi ai due anni - che la nostra mente deve apprendere attraverso un contatto stretto e la presenza di un’altra persona, una persona che svolga il compito di una sorta di mediatore di fronte alla disperazione che arriverebbe inevitabile dalla solitudine e dal nulla. L’altra persona è appunto la madre, per cui l’immaturità dell’Io del bambino viene equilibrata dall’Io della madre, proprio perché lo stare soli ma con un’alta persona permette al bambino di introiettare – dice C. - quella capacità di sostegno, come se il bambino si creasse una madre interiore, una funzione interna. Per tutto il resto della vita non faremmo altro che continuare ad addomesticare quel senso di solitudine grazie a quella capacità di auto-sostegno ormai strutturata interiormente.
Naturalmente, se questo passaggio non avviene, non si riesce ad entrare in relazione con gli altri in maniera soddisfacente e nemmeno a stare bene da soli, ma nasce un senso di risentimento e dipendenza comunque mai soddisfacente, per cui le angosce di separazione non elaborate diventano una ricerca estenuante della soddisfazione mancata dell’infanzia. Il sostenere della madre, cd. Maternage, si orientano essenzialmente a creare un ambiente adatto a venire incontro alle esigenze del bambino, che si raffigura soprattutto col tenere in braccio. Ed è appunto l’essere tenuti in braccio, o meglio, il non esserlo, il tema caro a M. La raffigurazione del rapporto madre-neonato vede spesso il bambino sofferente tenuto in braccio da una donna distratta ed assente. Certo, questo distacco può essere interpretato in maniera diverse. Se analizziamo l’opera in chiave religiosa, potremmo ritenere che la Madonna è pensierosa perché consapevole del destino del figlio. Ma se facciamo riferimento a tutta la produzione di M. e, soprattutto, se guardiamo alla sua infanzia, trascorsa presso una famiglia di scalpellini dove fu messo a balia, per tornare poi nel nucleo familiare originale solo verso i due anni, probabilmente riusciremo a trovare anche altre motivazioni, magari più complesse. Nella Madonna della Scala, eseguita probabilmente dall’artista all’età di quindici-diciassette anni, Michelangelo raffigura una donna con un bambino in braccio: lei appare molto distaccata, sembra pensare a qualcos’altro mentre il bimbo si volta verso di lei ed esprime fatica ad autosostenersi e angoscia a cercarla. La madre scopre un po’ il seno per allattare il figlioletto e sembra accudirlo con gesti istintivi ma forzati e con un dito gioca con la veste, dando l’impressione di essere assorbita in una fantasticheria che la conduce altrove. Queste caratteristiche torneranno sempre in tutte le Madonne che l’artista rappresenterà. Nella Pietà, scolpita nello stesso periodo della Madonna di Bruges, ha un’iconografia nordica e aveva preso ispirazione da un testo di Simeone Metafraste del X sec. che narrava di come la Vergine avesse tenuto il figlio morto sulle sue ginocchia ricordandosi di come lo aveva cullato da piccolo. La Madonna è una donna giovanissima, tanto da apparire quasi coetanea al Cristo morto, critica alla quale M. rispondeva considerando che le donne caste mantengono sempre un aspetto giovanile. Michelangelo, inizialmente, scolpì la Pietà per adornare la sua tomba e pose dietro la coppia madre-figlio - le cui teste si fondevano là dove si toccavano - un San Nicodemo, una figura paterna che sostiene le altre due, figura probabilmente da interpretarsi come una raffigurazione di se stesso che sostiene la coppia. Un’altra considerazione di C. è condotta sul lavoro non-finito che M. ha lasciato fin dalle sue prime opere: «Il non finito esprime quell’abbraccio, quell’integrazione cercata, il dualismo madre-figlio, anche se viene messo in evidenza soprattutto il rapporto con qualcosa che spaventa, con la tentazione». Se si pensa alla Tauromachia, può riscontrarsi quasi un Io che si emancipa, emerge dal caos e si volge alla strutturazione. Ma è un divenire che parte dal non-finito, appunto, costituito da un insieme di frammenti confusi, in lotta tra loro, con centauri uomini e centauri donne e figure non distinguibili, opera sulla quale Michelangelo ritornò spesso come a parafrasare la sua crescita personale, l’ affinarsi della sua personalità.
Michelangelo continuerà a raffigurare o a scolpire la difficoltà dell’Io ad emergere, senza una madre davvero presente, attanagliato da un senso di abbandono e solitudine sofferente, che forse, come già aveva evidenziato Freud, sarebbe stato poi il vero tema caro a M., cioè la rappresentazione del controllo dell’ira e della frustrazione provati nel sentirsi rifiutato dalla madre.

sabato 30 maggio 2009

Scritto sul corpo di Jeanette Winterson (Oscar Mondadori). Rec. di Vito Antonio Conte

“Perché è la perdita la misura dell'amore?”: questa domanda, ma potrebbe pur'essere una constatazione (e tante altre cose), è anche l'incipit di una storia densissima, una storia che non è una storia, una storia ch'è tante storie, una storia che leggo non per scelta e nemmeno casualmente, ma per dono di chi l'ha letta (quasi) per caso (frutto d'un altro dono) e ha visto l'immagine di sé riflessa dentro... Una storia che non mi prende, non so perché (o, forse, sì). Ma mi fa pensare. Non so perché si scrive una storia così (o, forse, sì). So perché la leggo: voglio vedere anch'io quell'immagine. Da una prospettiva differente. È una storia dell'amore, non d'amore, ma dell'amore, una storia dell'amore universale, non “la” storia dell'amore universale, ma “una” storia dell'amore universale, dell'amore che non si può dire, di quello difficile da raccontare, che cerchi di renderlo in una storia ma quella (volente o nolente) svicola via, non ne vuole sapere di aderire a quel che è, per quanto attingi dappertutto e i richiami si moltiplicano all'infinito, ma quel tutto non s'incastra, non dice niente, anzi diverge, s'allontana da quel che è e che vorresti fotografare, ma sulla carta -piuttosto che una finitezza- rimangono soltanto tratti sfumati, ché non ci sono parole e qualunque espediente è inadeguato per disegnarla e darle il pur minimo contorno. Non si può definire l'infinito. Lo si può intuire. Forse. Lo si può ascoltare. Lo si può sentire. E condividere. A volte. Ché non puoi dire di tutte le altre storie per far capire la diversità di questa storia, ché non puoi narrare del mondo, dei cieli, delle terre, dei mari, dell'oltre, degli uomini, delle donne, di tutti gli uomini che hai conosciuto, di tutte le donne che hai conosciuto, per spiegare quanto è raro quest'amore! E non basta invocare la bellezza delle stagioni per dipingere la bellezza di quest'amore e non c'è da guardarsi intorno e dentro e altrove per far comprendere quel che sai e quanto ti sfugge per colorare l'improvviso ch'è fragore assordante e quiete indicibile di quest'amore che arriva senza annuncio che ti coglie come scossa d'alta tensione quando compare lei. Lei che già sapeva lei che ti amava già senza saperlo lei che non osava confessarlo neanche a se stessa e che ha avuto l'ardire di dirlo a te lei che non voleva ma che non poteva far tacere quell'amore lei che adesso lo vuole con ogni parte di sé lei che intanto ti era scoppiata dentro spezzato il cuore impazzito ogni atomo frantumata l'essenza e non servono più virgole inutili i punti non c'è bisogno di parentesi nessun segno grafico accapo per niente nessuna interpunzione alcunché che possa in un modo qualunque staccare parole dalle parole respiro dal respiro voce dalla voce pelle dalla pelle anima dall'anima fiato dal fiato labbra dalle labbra natura dalla natura occhi dagli occhi capelli dai capelli carne dalla carne sorriso dal sorriso non si può frenare la piena di un fiume non puoi ripararti dal monsone lui spira tagliente da terra verso l'oceano e dall'oceano verso terra neppure il millenario albero cavo può accoglierti ché questo amore tracima e ti porta con sé non puoi liberarti dalla costanza smisurata dell'aliseo non c'è tregua nel vento dell'amore non c'è ortodossia nella forza degli elementi che possa mutarne il corso non c'è temporale senza devastazione non esistono argini quando la pioggia diventa torrenziale ma anche quell'acqua può essere calda nel gelo dell'inverno più inverno se lasci straripare quell'amore sì che rompa ogni terrena costruzione e non puoi fuggirlo non puoi limitarlo non puoi costringerlo un amore così quando arriva se arriva non conosce leggi un amore così quando arriva se arriva non ha ragione un amore così quando arriva se arriva ignora qualsiasi forma è contenuto assoluto è galoppo di cavalli selvaggi lunghe criniere in faccia ai confini noti scalpitìo assordante e polvere che s'alza fin quando chi governa quell'impeto maestoso unico tra simili riceve un segno proprio quel segno esattamente quel segno e lo trasmette agli altri inarrestabili per il resto che s'acquietano a guardare oltre quella fatalità un amore così è fulmine che genera luce è fuoco che avvampa e divampa è dolore incandescente è fiamma che cauterizza la ferita è gioia lancinante è andare incontro al sole senza motivo stringersi le mani sfiorarsi di baci mordersi il morso graffiare il gatto godendo l'irto pelo e fusa e fusa e fusa è andare così incontro al sole e penetrare tra le ciglia scovando colori mai visti è perdersi nelle infinitesime goccioline di nebbia di una città sconosciuta nel mentre su quel ponte sopra un altro corso umido hai perduto il senso e sai che potrebbe crollare ad ogni istante anche se il tuo peso è leggero come di nuvola araba ma insostenibile come di piombo notturno a Gaza un amore così è tutte le latitudini che hai toccato ed è soprattutto i poli che mai ti è stato dato di avvicinare e chissà forse un giorno chissà forse una notte di luna e di stelle chissà avresti potuto ma ti è mancato qualcosa e l'hai perduto hai perduto quell'amore hai perduto lui hai perduto lei non importa chi non importa uomo o donna ché era proprio quell'amore l'unico amore precisamente quell'amore ed è quell'assenza non il dolore ma quell'assenza che non sopporti non la sopporti proprio non la sopporti più ché l'hai detto l'hai detto bene l'hai detto senza scampo nonostante i troppi manuali che c'è un abisso tra il dolore e l'assenza ché l'assenza è vuoto e “il dolore finisce... ma il vuoto non viene mai colmato”. E puoi scrivere che “L'amore è la sola cosa più forte del desiderio e l'unica vera ragione per resistere alle tentazioni”, puoi far dire a Louise “Non ti lascerò più andar via” e inventarti che “Quello che si rischia è misura di quel che si vale” e (dopo di me, prima di me o insieme a me, cosa importa?) “Vorrei sentire ancora la tua voce”, ma poi – te lo devo dire Jeanette- tu non sai cos'è la felicità, perché l'altro sei tu! Questo ho pensato fortemente a un certo punto. Senza cercare nulla su di te... Poi però so che hai giocato, un gioco brutale e bellissimo, come quell'amore: maledizione e miracolo. Come l'ultima immagine che regali, Jeanette Winterson, in questo libro, “Scritto sul corpo” (Oscar Mondadori, €? Non lo so, ve l'ho detto, è un regalo!), “La storia comincia qui, in questa stanza spoglia. Le pareti stanno esplodendo... Oltre la porta c'è il fiume, ci sono le strade; lì saremo noi. Quando usciamo, possiamo portare il mondo con noi, e prendere il sole sottobraccio. Ora sbrigati, si sta facendo tardi. Non so se questo è un lieto fine, ma eccoci nella piena libertà dei campi”. E chiunque tu sia, donna o uomo, non importa, non importa perché -come aveva giurato- lei (Louise) è ancora con te. E se, come te, “non credo alla letteratura che diventa vita”, sono convinto che la realtà spesso supera la fantasia e, a volte, l'anticipa... Poi inizio a leggere anche “Il sesso delle ciliegie”, sempre di Jeanette Winterson, e nelle prime pagine, tra l'altro, incontro questo pensiero: “Ogni viaggio ne cela un altro nella sua rotta: il sentiero che non è stato seguito e l'angolo dimenticato”. E mi piace. Mi prende. Subito. Continuo ad andare... con te e con quest'altra immagine di te, con te che sei parte di questa scrittura, con te che sei parte di quest'amore.

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Scritto sul corpo di Winterson Jeanette
2000, 210 p., 8 ed.
Editore Mondadori (collana Piccola biblioteca oscar)

Il libro del giorno: La danza del gabbiano di Andrea Camilleri (Sellerio)

Prima di morire i gabbiani agitano freneticamente le ali in una sorta di danza macabra. Montalbano si lascia incantare dal gabbiano morente dalla finestra della sua casa di Marinella, ma fa presto a dimenticarlo. Sta infatti per andare in vacanza con Livia che è già giunta a Vigàta. Solo un salto al commissariato per lasciare tutto in ordine e poi finalmente partire.
Giunto in ufficio Montalbano chiama i suoi a raccolta. Manca solo Fazio, il più fedele e puntuale dei suoi uomini. Non è tornato a casa, il cellulare è muto; il timore diventa allarme.
Il commissario ripercorre le più recenti tracce di Fazio: è stato visto per l’ultima volta al molo, aveva appuntamento con un vecchio compagno di scuola, un ex ballerino finito nei pasticci. Qualcuno poi l’ha notato in campagna, in una zona disseminata di pozzi artesiani, forse un cimitero di mafia. E in effetti un primo cadavere affiora…
Un giallo tutto d’azione, con un Montalbano turbato per la sorte di uno dei suoi, e in corsa contro il tempo.
E Livia? Anche il lettore, come Montalbano, sembra essersene dimenticato, ma non è certo uscita di scena...

I romanzi gialli con protagonista Salvo Montalbano finora pubblicati da questa casa editrice sono: La forma dell’acqua, Il cane di terracotta, Il ladro di merendine, La voce del violino, La gita a Tindari, L’odore della notte, Il giro di boa, La pazienza del ragno, La luna di carta, La vampa d’agosto, Le ali della sfinge, La pista di sabbia, Il campo del vasaio, L’età del dubbio.

venerdì 29 maggio 2009

TRICASE COMICS 09


TRICASECOMICS
30 e 31 MAGGIO 2009


PALAZZO GALLONE
(start 30 Maggio 2009 ore 15:00)


STANZA ADIACENTE SALA DEL TRONO:

ESPOSIZIONI TAVOLE E BOZZETTI ORIGINALI DEI SEGUENTI AUTORI:

Emilio Urbano (Walt Disney) – Alessio Fortunato (Eura Editoriale) – Giuseppe De Luca (Nemrod della Starcomics – Domenico Rosa (Illustratore de “Il Sole 24 ore”) – Lupiae Comix (Scuola di fumetto) – Il Regno delle Arti.

SABATO 30 MAGGIO 2009

ORE 15.30 SALA DEL TRONO

PROIEZIONE FILM DI ANIMAZIONE
“GOLDRAKE ALL’ATTACCO” (Regia Go Nagai)


ORE 17.00 SCUDERIE PALAZZO GALLONE

WORKSHOP A CURA DI ALESSIO FORTUNATO (Disegnatore della Eura Editoriale) E DI GIUSEPPE DE LUCA (Disegnatore di Nemrod della Starcomics)
“IL FUMETTO REALISTICO DALLA SCENEGGIATURA SCRITTA ALLE TAVOLE DISEGNATE”

ORE 18.00 SCUDERIE PALAZZO GALLONE


WORKSHOP A CURA DI LUPIAE COMIX (Scuola di fumetto)
“LE RIVISTE DEL FUMETTO – CONTENITORE DAGLI ANNI SETTANTA AD OGGI”


ORE 19.30 SALA DEL TRONO
CONFERENZA STAMPA CON GLI AUTORI


ORE 21:00 PIAZZA PISANELLI

CONCERTO DEI RAGGI FOTONICI
(Autori ed Interpreti originali di Sigle tv per RAI, Disney, Sky)

Domenica 31 Maggio 2009


ORE 10.00 SALA DEL TRONO

PROIEZIONE FILM DI ANIMAZIONE
“LA CITTA’ INCANTATA” (Regia Hayao Miyazaki)


ORE 15.00 SALA DEL TRONO

PROIEZIONE FILM ANIMAZIONE
IL GIGANTE DI FERRO (Brad Bird)


ORE 16.30 SCUDERIE PALAZZO GALLONE

WORKSHOP A CURA DI EMILIO URBANO (Walt Disney)
“SCOPRIAMO IL FUMETTO DISNEY CON I MERAVIGLIOSI PERSONAGGI DI TOPOLINO & CO”
A SEGUIRE KETTY FORMAGGIO (McK Edizioni) SPIEGHERA’ IL RUOLO DEL COLORISTA NEL FUMETTO
E NELL’ILLUSTRAZIONE

ORE 18.00 SCUDERIE PALAZZO GALLONE

WORKSHOP A CURA DI DOMENICO ROSA (Illustratore de “Il sole 24 ore”)
DISEGNARE SENZA SCHEMI PARTENDO DALL’IMMAGINE E FINENDO ALLA NARRAZIONE

ORE 21.00 PIAZZA PISANELLI

SPETTACOLO “GENTE DI CARTOONIA
(lo show dei cartoni animati – conducono i Raggi Fotonici)

IN CASO DI PIOGGIA LA MANIFESTAZIONE SI TERRA’ COMPLETAMENTE ALL’INTERNO DI PALAZZO GALLONE

Il libro del giorno: È un problema tuo di Filippo La Porta, Gaffi Editore in Roma

Un viaggio ironico nelle secche dell'omologazione linguistica, analizzando genesi e storia di frasi fatte e modi di dire. Nel mirino i tic della lingua quotidiana. Brevi capitoli in cui si delinea una critica divertita ma radicale delle mitologie e dei conformismi che risuonano in fraseologie standardizzate. "È un problema tuo" "Tuttaposto" "Non c'è problema". Nelle radio, in tv, nei bar, nelle strade, si sentono ripetere ossessivamente queste e altre espressioni. È come un ronzio ininterrotto, corale, una koinè semplificante dietro cui si nasconde forse un vuoto insondabile. Alle divagazioni socio-morali di Filippo La Porta si aggiungono le vignette esilaranti di Dario Frascoli.

casa editrice Gaffi: http://www.accainco.it/

"Il saggista e critico Filippo La Porta si addentra nel repertorio delle frasi fattee dei tic, vizi e vezzi linguistici dell'Italia postmoderna (...)".

di Massimiliano Panarari tratto da Il Venerdì di Repubblica n.1106 p. 110

È un problema tuo di Filippo La Porta, 2009
106 p., ill., brossura, Gaffi Editore in Roma (collana Sassi)

giovedì 28 maggio 2009

Mario Salina con le sue Visioni Suburbane a Palazzo Sasso (Ravello)

Con una personale dal titolo “VISIONI SUBURBANE”, il prossimo 6 giugno 2009 Mario Salina presenterà il suo ultimo ciclo di opere nella splendida cornice di Palazzo Sasso a Ravello. Verranno esposti una serie di dipinti di vari formati, eseguiti nel corso del 2008 e di questi ultimi mesi. I soggetti sono figure in atteggiamenti semplici e quotidiani, colte in primo piano e in gran parte accomunate da un contesto dove domina l’elemento dell’acqua, da sempre amato dall’artista: Bagnante, Figura in riva al mare, Il pescatore, Il ponte, Pugile, Uomo di periferia, Uomo e cane. Dipinte come di consueto ad acrilico su tela, le opere raggiungono un delicato equilibrio fra i toni freddi (blu, verdi e grigi), in apparenza dominanti, e i toni caldi bruni e rosa, il tutto percorso da luminosi accenti di bianco. Ogni singolo pezzo è l’esito di una lunga elaborazione, che tuttavia conserva traccia dei passaggi precedenti, anche grazie al puntuale utilizzo degli stracci, laddove l’artista intende cancellare, e all’originale intervento di pennelli “modellati” dallo stesso Salina, dove invece vuole generare particolari effetti. Rispetto ai dipinti del 2007, che pure affrontavano tematiche affini utilizzando una tecnica analoga (Sali-scendi, Porto del sud, Lupo di mare e Canicola), in queste ultime tele si assiste al rafforzamento della sintesi delle figure e alla loro progressiva fusione con il paesaggio, quest’ultimo non più soltanto suggerito da singole presenze (un edificio, un animale ....), ma ormai semplicemente evocato da poche macchie di colore.
Segno evidente che Salina è sempre più concentrato sulla pittura e si sta indirizzando verso una sintassi più densa.

Mario Salina è nato nel 1963 a Mozzanica (Bergamo), dove vive e lavora. Si è diplomato all'Accademia di Brera nel 1987 e due anni dopo ha esordito con una personale alla Galleria Cannaviello a Milano. Da allora ha partecipato a numerose collettive e ha tenuto un buon numero di personali, ottenendo diversi premi e riconoscimenti.

M A R I O S A L I N A - "VISIONI SUBURBANE"
Inaugurazione: sabato 6 giugno 2009 · ore 19,00
Palazzo Sasso, Via San Giovanni Del Toro, 28, Ravello (SA) · Italia
testo in catalogo: Sara Fontana
progetto: GiaMaArt studio
dal 6 al 25 giugno 2009
direzione: Gianfranco Matarazzo
catalogo edizioni GiaMaArt studio

Gregorio Botta alla Fondazione Volume!

L'artista crea per Volume! un percorso in cui le opere agiscono sulle pareti e nello spazio per mezzo di riflessi e flebili visioni che sublimano la propria fisicità all'interno di un movimento capace di generare flussi di pensiero, in una sorta di processualità circolare. Un gioco di ombre e moltiplicazioni delle forme,dove la visione ricrea un movimento dialettico che lascia emergere l'essenza interna alle cose, l'armonia che le costituisce. Figure e immagini riflesse, apparenza e materia creano un mondo umbratile, come nella sotterranea caverna platonica. La consistenza della materia, la pesantezza del ferro sono trasposti nella leggerezza del colore come nella trasparenza dell'acqua, equilibrati meccanismi capaci di instaurare un dialogo tra luce e ombra, tra visibile e invisibile. La mostra sarà accompagnata da un catalogo in italiano e inglese con testi di Achille Bonito Oliva, Valerio Magrelli, Giangiorgio Pasqualotto e Gregorio Botta.

Gregorio Botta
giovedì 28 maggio 2009/venerdì 26 giugno 2009
Fondazione Volume!
via San Francesco di Sales 86-88, Roma, Italy

Da principio era la neve di Fabio Mele (Lupo editore)

L’11 settembre 2001 ha rappresentato una vera e propria catastrofe “psico-cosmica” come direbbe Manlio Sgalambro, dove il concetto stesso di sicurezza è venuto meno, se si pensa al fatto che la più ricca e potente nazione del mondo sia stata messa in ginocchio da una rete terroristica molto più efficiente e coordinata sul piano operativo di una CIA o di un FBI. Ma questo è solo un pretesto per dire che tutto il retroterra socio-politico-culturale ( con tutti i suoi pro e contro ovviamente) degli anni ‘80 e degli anni ‘90 si è lentamente sgretolato sino a polverizzarsi del tutto, rimanendo solo un debole ricordo di qualcosa di bello ( o brutto a seconda dei punti di vista), che non tornerà più . E dunque tutta una serie di sensazioni di straniamento, precarietà, instabilità, dis-equilibrio si affacciano nella vita non solo delle giovani generazioni, ma anche in quella dei “bamboccioni” di cui tanto si sente parlare da un anno a questa parte. L’orizzonte del futuro, ora è sempre più difficile da delineare, sempre più fosco, e la speranza ancora di qualcosa di certo e solido su cui costruire la propria vita, non è più possibile, e non lo è nemmeno e soprattutto per i protagonisti del romanzo d’esordio di Fabio Mele dal titolo “Da principio era la neve” per i tipi di Lupo editore di Copertino. Alex, Stefano, Aurora, e Sofia, sono personaggi che lavorano nel backstage delle loro esistenze, nel senso che si sentono sempre in bilico tra il prendere sulle proprie spalle la scelta di decisioni mature e responsabili, o ancora lasciarsi trasportare dalla melanconica gioia del vivere giorno per giorno, e delle sognanti elucubrazioni di società giuste, meritocratiche, senza guerre, e senza corruzione. I personaggi che Mele delinea, accolgono la precarietà anche nelle storie d’amore, dove la paura di sbagliare e farsi marchiare a fuoco il nome di una giovane donna o di un giovane uomo, sulla propria pelle, li fa richiudere nella più rassicurante zona comfort dell’amicizia, dove ci può scappare, perché no, anche un rapporto sessuale, tanto tra amici si fa no? Dimensione letteraria alla Sartre? Io non l’ho mai capita, e penso non la capirò mai. Datemi pure del provinciale, ma non posso farci niente! Ad ogni modo in questo lavoro, Lecce la ritroviamo per intero, vista dagli occhi di chi è nato nel 1982, ma che sa cosa sia un Mazinga Z, o un Gigi la trottola, che ascolta Marlene Kuntz e apprezzi Caparezza. Pop certo, e pop diventa anche il capoluogo salentino, dove il must dei gelati è un cono al gusto Pacific Blue, che sembra più il titolo di un serial televisivo americano. Il lettore potrà così sapere di via Trinchese, del “Tabacchi”, di Piazza Mazzini e di altri posti che riconoscerà o imparerà ad apprezzare per la prima volta. Insomma si parla del modo di vivere di ragazzi e ragazze nati dopo gli anni Ottanta, dall’adolescenza che non si ferma ai soli vent’anni, cosciente a corrente alternata dei problemi che vive e di quelli che affliggono la società.
Sullo sfondo del Salento, si stagliano coinvolgenti ed atipiche storie d’amore e di amicizia, in un’inconsueta miscela di musica, poesia e qualche sprazzo di analisi sociologica dell’oggi che non guasta!

Il libro del giorno: L' ultima campagna. Robert F. Kennedy e gli 82 giorni che ispirarono l'America di Thurston Clarke (Il Saggiatore)

La notte fra il 4 e il 5 giugno del 1968 il senatore dello stato di New York Robert F. Kennedy fu colpito a morte nel corridoio delle cucine dell'Hotel Ambassador a Los Angeles. Aveva appena concluso il discorso di ringraziamento per la vittoria delle primarie in California. Era a pochi passi dall'elezione alla presidenza degli Stati Uniti. La parola chiave della sua campagna era stata Hope, speranza. Per curare le ferite di un'America afflitta da tre anni di guerra in Vietnam, da discriminazioni e scontri razziali, da una povertà estrema tenuta nascosta. Speranza in una nuova guida morale per tutto il pianeta. Attorno a Bob Kennedy si erano strette le minoranze etniche e le categorie sociali più povere: chicanos, nativi americani, coltivatori del delta del Mississippi... Per gli afroamericani era la promessa del riscatto. Che cosa aveva fatto Kennedy negli 82 giorni della sua campagna elettorale? Chi era l'uomo a cui l'America guardava con speranza? Che cosa univa quella catena di persone in lutto che, per più di quattrocento chilometri, accompagnò il treno che trasportava la sua salma? Nel rispondere a queste domande, Thurston Clarke ricostruisce le primarie americane del '68, intervista amici, collaboratori, testimoni. Restituisce la figura di un uomo che in quei giorni diede il meglio di sé, che fu riconosciuto dagli elettori come un politico buono e onesto. L'epigono che in sé racchiudeva i destini del fratello John e di Martin Luther King.

casa editrice Il Saggiatore: http://www.saggiatore.it/home_saggiatore.php?

"Un giornalista scorse negli occhi di Kennedy morente una specie di dolce accettazione, come se invece di chiedere Cosa è successo, dicesse Allora ci siamo"

da In venticinque parole rubrica a cura di Antonio D'Orrico
tratto da Corriere della Sera Magazine n. 21 p.120

L' ultima campagna. Robert F. Kennedy e gli 82 giorni che ispirarono l'America
di Clarke Thurston
2009, 367 p., ill., brossura - Editore Il Saggiatore (collana Storia)

mercoledì 27 maggio 2009

Il gregario di Paolo Mascheri (Minimum Fax) al Tuma's bar di Roma

Ventotto anni, una laurea per ereditare controvoglia la professione del padre, il protagonista di questo romanzo conduce un’esistenza fatta di giornate identiche a se stesse. Ha un lavoro e uno stipendio sicuri. È fidanzato con una ragazza che gli garantisce stabilità emotiva e una soddisfacente routine sessuale. Ha abbandonato da tempo le velleità artistiche giovanili.
Una vita normale in un’opulenta città della provincia cronica che tuttavia sembra aver riempito lentamente il protagonista di frustrazioni e cupo malessere. E anche quando proverà a dare una svolta alla propria vita e a emanciparsi da tutto ciò che gli impedisce di diventare adulto (il rapporto fatto di conflitti e amore viscerale con il padre, la stanca relazione con la fidanzata) il protagonista si troverà faccia a faccia con una realtà cinica e miserabile: l’Italia di questi anni.
Ambientato in una Toscana lontana dallo stereotipo del Chiantishire da cartolina, pullulante invece di capannoni industriali, outlet, locali equivoci e ragazze dell’est che inseguono voracemente il benessere, Il gregario è un romanzo sul declino italiano ma anche una profonda riflessione sul devastante e struggente legame tra un padre e un figlio.

giovedì 28 maggio 2009 - Start: h. 20.00
Tuma's bar, via dei Sabelli, 17, Roma, Italy
Intervengono, Gianfranco Franchi, Antonio Veneziani e Andrea Di Consoli


"Pochi scrittori avevano narrato l'impotenza grigia di un'Italia esausta e incarognita, con una prosa così essenziale".

Filippo La Porta
- XL di Repubblica

I Democratici Anonimi

"Per quelli che hanno votato PD ma sono stanchi di farlo. I Democratici Anonimi sono un gruppo di sostegno per chi crede di non poterne fare a meno. Ma se ce l'ha fatta la Montalcini, possiamo farcela anche noi ... " Democratici Anonimi
Il blog: http://boboanchio.blogspot.com/

Il link l'ho ricevuto sul mio profilo di Facebook da Giuseppe Genna. Il video si trova su YouTube. Lo condivido con voi!

Il libro del giorno: L' irresistibile eredità di Wilberforce di Paul Torday (Elliot edizioni)

"Non sono un alcolizzato. Ho la passioni per il Bordeaux, tutto qui". Possiamo davvero scegliere chi siamo e cosa vogliamo essere? Wilberforce, schivo e brillante programmatore di computer, pur essendo ancora giovane, ha sempre condotto una vita solitaria e senza affetti: il centro della sua esistenza è il lavoro, l'azienda di software che ha fondato poco più che ragazzo e che lo ha reso milionario. Wilberforce non ha mai coltivato nessuna vera amicizia, e le sue giornate si concludono regolarmente a casa, da solo, di fronte a un pasto precotto. Un pomeriggio però incontra una persona destinata a cambiare il suo destino: l'anziano ed eccentrico Francis Black, nobile decaduto e supremo conoscitore di vini pregiati. Francis introduce Wilberforce alla passione per il Bordeaux e tra i due nasce un'amicizia intensa, speciale, che si rafforza ancora di più quando, grazie a lui, Wilberforce fa la conoscenza dell'affascinante Catherine. Saranno proprio la passione per il vino e l'amicizia con Francis Black a regalare finalmente a Wilberforce il senso del proprio posto nel mondo e a fargli conoscere l'amore, ma saranno anche la causa del suo progressivo sprofondare nella dipendenza alcolica e nell'autodistruzione. Alla morte dell'amico Francis, Wilberforce erediterà la sua leggendaria cantina, e con essa, però, anche i fantasmi che questa nasconde...

casa editrice Elliot: http://www.elliotedizioni.com/catalog/pags/

"La storia dell'Irresistibile eredità di Wilberforce è quella di un uomo che si è fatto da sè. Se ne conosce solo il cognome, è un imprenditore milionario, ha fondato e dirige un'azienda di software. Ma è anche un giovane letteralmente solitario e senza affetti. Che inconra un giorno la sua madeleine nel vino. Un altro copione da maldetto inguaribile romantico? Proprio no."

Stefano Ciavatta da Il Riformista del 27/05/09 p. 19

L' irresistibile eredità di Wilberforce di Paul Torday
2009, 315 p., brossura, Editore Elliot (collana Scatti)

Salomè di Oscar Wilde per la regia di Pierluigi Mele

Lo spettacolo chiude il Laboratorio di Teatro Moderno tenuto dal poeta e regista Pierluigi Mele nel Liceo Capece, giunto quest’anno alla settima edizione. La storia di “Salomé” è nota: una principessa danzatrice chiede al tetrarca Erode la testa del profeta Giovanni, non per compiere la vendetta di sua madre, Erodiade, ma per coronare un proprio sogno di macabra lussuria. Nell’allestimento di Mele la testa del profeta diviene una sfera luminosa, metafora di quella vita “altra”, di quel sogno impossibile di rinascita che ciascuno insegue. Una rilettura drammaturgia moderna della femme fatale di Oscar Wilde, figura decadente della bellezza maledetta e dell’isteria, che qui si trasforma in una giovane donna indifferente al potere, incantata invece dalla vita, lontana dagli stereotipi di dissoluzione e decadenza. Lo spettacolo propone, in un crescendo di intensa poesia, un montaggio visionario e ironico, sorretto da una ricca colonna sonora. Essenziali, tra l’altro, sono i momenti coreografici. La scenografia è essenziale e priva di palco, formata da quattro pedane e da alcuni scanni, giocata intorno alla suggestiva cornice dell’Atrio Capece. L’azione scenica si sviluppa tra l’intero spazio ed il pubblico, e si avvale di una particolare illuminazione scenica. Inoltre, alcuni personaggi dello spettacolo, tra cui Salome ed Erode, sono interpretati da più attrici che si alternano sulla scena, scambiandosi un particolare accessorio, specifico di quel personaggio, e segnalando così i passaggi di ruolo. È importante, in tempi così difficili per la scuola pubblica, ricordare l’impegno del Liceo Capece per l’offerta formativa. Anche nell’anno scolastico appena concluso, infatti, si è rinnovato l’appuntamento con lo spettacolo di teatro moderno, seguito da un pubblico sempre più numeroso e attento alla qualità dei lavori sino ad oggi proposti.

Venerdì 10 giugno alle ore 20.30 nell’Atrio del Liceo Capece a Maglie è di scena lo spettacolo teatrale “Salomé” di Oscar Wilde.

Con - Alice Maruccia, Francesca Nicoletti, Paola Minosi, Alessandra De Luca, Arianna Merico, Natascia Giannini, Ludovica Petracca, Roberta Melissano, Alessia Petracca, Gianluca Panico.

Regia - Pierluigi Mele


Info:
Pierluigi Mele – Via Re di puglia 102, 73020 Castrignano dei Greci (LE)
339.6820463 – e mail: lelune@libero.it


l'opera riportata è di Franz Von Stuck

martedì 26 maggio 2009

Sensaktions alla Living Gallery

Emozioni dal profondo: Massimiliano Manieri, Dario Manco, Marissa Benedict, Matteo Procaccioli, Ilgvars Zalans.

Collezionisti di memorie: Kim Aesun,James Cooper ,Victoria Dearing, Stefan Havadi-Nagy, Minas Halaj,

Jean James, Ben Mitchell, Mario Nimke, Matteo Procaccioli, Shelley Vouga.

Un nuovo senso di spazio: Gennaro Barci, Mirta De Simoni, Giovanni Felle, Remko Leeuw, Samuel Lipp, David Moyano Prieto, Helena Zapke Rodriguez, Benjamin Sohnel.

Si inaugura domenica 31 maggio alle ore 21,00 la mostra d’arte contemporanea “SENSAKTIONS” a cura di Dores Sacquegna.

La mostra gioca sulla riflessione metafisica dell’uomo e dello spazio che lo circonda, sulle emozioni e le sensazioni, il tempo e i luoghi della memoria. L’artista comunica il suo pensiero, il suo essere hic et nunc, l’identità culturale di cui è partecipe, le sensazioni di alienazione, disagio, potenza, dominio, frustrazione, inadeguatezza, piacere, provocazione, alla ricerca costante di una propria identità senza condizionamento alcuno.

La mostra è suddivisa in tre sessioni, ciascuna riconoscibile per le proprie peculiarità e per il modo in cui gli artisti si predispongono nei confronti delle proprie sensazioni (emozioni dal profondo) o dei luoghi e della memoria (collezionisti di memorie) o per la cartografia di una identità culturale in movimento (un nuovo senso di spazio).

La sessione “emozioni dal profondo” si apre con la performance “ L’inizio delle trasmissioni…?” di Massimiliano Manieri (Lecce) che gioca sui flussi di informazione tra il proprio corpo e la macchina, in questo caso dei monitor, dove l'interattività, modella identità complesse, innescando il “funzionamento” di un’altra frequenza di relazione, in uno scambio di percezioni fisiche, psichiche e multimediali.

Dario Manco (Lecce), ci accompagna in un territorio Off Limits, costruito da prossimità spaziali in continua costruzione. Una fusione di perfetta simbiosi tra due realtà: il corpo e la sensorialità.

Sulla relazione fisica tra il corpo umano e sostanze ibride, gioca la ricerca di Marissa Benedict (Usa) il cui corpo diventa un “manufatto” umano, soggetto ad un equilibrio provvisorio, ad una dominazione ed un soggiogamento da parte dell’oggetto.

La definizione di un nuovo senso umano, diventa la soluzione naturale alla proliferazione di una virtualità pluridimensionata nella serie “Cylindrical “ di Patrick Mitch (Alabama), in cui l’artista incapsula in forme sferiche immagini multiple, prese dal voyeurismo di internet. Questi disegni citano trasgressioni, amputazioni, luoghi violati, come svelati da un occhio licenzioso di un guardone o da una lente della macchina fotografica.

Per Matteo Procaccioli (Italia), le figure diventano metafore, si connettono in intrecci di linee di una ricercata casualità, in una dimensione onirica multisensoriale. Per Ilgvars Zalans (Latvia), la vista assume il carattere di dominio e di controllo percettivo; la vista è l'unico senso che crea l'illusione di spazi uniformi e connessi. Negli ultimi decenni la figura dell’artista è divenuta eclettica, volta alla ricerca, alla conservazione, alla catalogazione della storia e del nostro vivere. In questa cartografia della contemporaneità si innesta il discorso sui “collezionisti di memorie” , cioè su coloro che riflettono sull’identità, i luoghi, l’ambiente, la natura,etc. L’artista oggi interpreta il ruolo dello storico, del ricercatore, dell’archivista, dell’editor e/o del collezionista, con riferimenti autobiografici o in linea generale della collettività.

La fotografia, è il mezzo per eccellenza che cattura l’immagine di un momento, di un’emozione, una sensazione che con la sensibilità dell’artista diventa poesia interiore e ci rende unici o blocca le nostre visioni per sempre.In appendice sulle scienze sociali in cui il ruolo dell’artista è quello di “registrare”, salvaguardare, apprezzare il territorio in cui vive e a rispettare le sue leggi. Di questa sessione fanno parte i seguenti artisti: Kim Aesun (Giappone) James Cooper (Bermuda), Victoria Dearing (Usa), Stefan Havadi-Nagy (Germania), Minas Halaj (Armenia), Jean James (Canada), Ben Mitchell (Australia), Mario Nimke (Germania), Matteo Procaccioli (italia), Shelley Vouga (Svizzera). L’arte, si sa, offre diverse prospettive di pensiero. E’ un’architettura dell’interno, uno strumento a disposizione della collettività per capire i meccanismi della vita e/o proporre modelli progettuali raffinati di una colta espressività. Dallo spazio reale dell’opera allo spostamento "virtuale", l'arte è un ponte tra queste due dimensioni, evidenziandone le qualità e i suoi enigmatici dialoghi tra un paesaggio dimensionale e quello immateriale.

In questo contesto “Un nuovo senso di spazio” è la ricerca di questi ultimi artisti.

Gennaro Barci (Italia) presenta i suoi “blending” bi-facciali su plexiglass che restituiscono la fisicità di estensioni o memorie interscambiabili che si trovano nel nostro inconscio e si sublimano in percezioni.

Nel dittico pittorico di Mirta De Simoni (Italia) si assiste ad un mondo in transito che crea nuove estensioni di senso.

Giovanni Felle (Brindisi), con “ora et labora” annulla in un geometrismo rigoroso e bianco, elementi sacri (rosario) e un piccone da campagna, un dualismo quasi cartesiano, enigmatico nella sospensione della dimensione temporale.

Remko Leeuw (Olanda) è uno degli artisti della “BLIK-collective of action painting” gruppo che lavora con le performance d’azione. Le sue opere, fluide come un cortocircuito entrano nello spazio percettivo più intimo dell'individuo, quello fatto dei desideri, dei sogni.

Samuel Lipp (Usa) ci provoca sul senso della parola e del potere con le” twin tower”.

David Moyano Prieto (Spagna), riflette sull’identità con connessioni di linguaggio che illuminano modi e mondi nel loro ipnotico funzionamento.

Helena Zapke Rodriguez (Spagna), vede nella natura una zona quasi di pericolo, una corsia preferenziale con innumerevoli interferenze racchiuse l'una nell'altra, una somma di filtri che si sovrappongono creando le più svariate e stimolanti percezioni.

Benjamin Sohnel (Germania) rappresenta la morfologia di un batterio delle barriere coralline. Lo spazio infatti è costituito da una materia sconosciuta, un effetto "morphing" che lascia intuire l'intima struttura di una forma primordiale.

SENSAKTIONS
Giorni e Orari Visite: dal lunedì al sabato ore 17 – 20 mattina su app.to
31 MAGGIO - 17 GIUGNO 2009

Sede: Primo Piano LivinGallery
Indirizzo: Puglia - Lecce | Viale Guglielmo Marconi 4
Telefono Sede: 0832.304014
Sito Web: www.primopianogallery.com
Email: primopianogallery@gmail.com
Curatori: Dores Sacquegna

I bruchi ovvero il ragazzo in fondo al mare di Giovanni Bernardini (Manni editore, collana Pretesti)

La crisi che colpisce tutta l’Europa dopo la prima guerra mondiale, mostra i suoi effetti ancora più devastanti in Italia. Una guerra di quattro anni, con oltre 600.000 morti, provoca contraccolpi economici, sociali e morali, a cui si sommano risentimenti e rancori, diffusi un po’ in tutti gli strati della popolazione. Serpeggia un generale senso di delusione e molto più spesso di rabbia per l’inconsistenza di tutti quei benefici che si credeva sarebbero stati raggiunti con la vittoria. Questo è il contesto storico, da cui parte il romanzo di Giovanni Bernardini dall’emblematico titolo “I bruchi ovvero Il ragazzo in fondo al mare”(Manni editore, collana Pretesti). Il protagonista principale, Anselmo, nato in un venerdì 13 alle 13, racconta la sua vita, e la storia della sua famiglia negli anni più bui della storia della nostra nazione: l’ascesa al potere di Mussolini e l’ingresso in guerra dell’Italia. Ma le vicende storiche sono solo unno splendido ornamento alla ancora più splendida narrazione di come un bambino diventi prima ragazzo e poi uomo. E così con grande eleganza e magistrale padronanza di uno stile inconfondibile, il lettore partecipa delle gioie e dei dolori della vita di Anselmo, che si sviluppa sotto i suoi occhi: dalle prime esperienze amorose nelle case di tolleranza, alla vita universitaria, agli orrori della trincea, sino al baratro della follia. Un ventennio di storia italiana visti attraverso gli occhi di questo novello Forrest Gump, dal grande cuore, che narra della sua infanzia, della sua Pescara, del suo rapporto con parenti ed amici, della guerra, ma soprattutto che racconta di un’amore smisurato per la vita e per le donne. E i bruchi allora? Un’inquietante citazione del grande Antonio Galateo, introduce il lettore ad un mistero che si cela tra le pagine di quest’opera: “ Produce questa contrada i bruchi… che col solo tatto corrompono ogni cosa, divorano tutto, tutto devastano a guisa di un nemico vincitore”. Si tratta di un romanzo che senza alcun dubbio può essere colto come una magistrale satira del regime fascista, visto dagli occhi dell’autore come grottesco e irreale. Scrive nell’Introduzione Donato Valli: “È come se il pensiero, trasformatosi in scrittura, designasse una fedeltà troppo umana per poter invadere il guscio del surreale. Così il fatto rimane fatto in se stesso, puro nella sua essenzialità, rinsaldato da un tale impegno di fedeltà da sorpassare l’amore della scrittura in sé e traboccare nel piacevole eden d’una sognata surrealtà.”, Ma la bellezza di questo lavoro di Bernardini, forse uno tra i migliori rappresentanti di quella letteratura contemporanea salentina esportabile e apprezzabile anche dalla critica nazionale, sta nel costruire e ricostruire frammenti di memoria, di vita che ci appartengono in maniera totale assoluta, e non solo per i riferimenti storico-culturali che nelle pagine di questo libro si respirano. Vi consiglio caldamente di acquistarlo e leggerlo, perché Bernardini è un autore completo, che riesce a parlare al cuore, e che soprattutto ci lascia a bocca aperta quando in pochi tratti di penna delinea personaggi, storie, vicende, sentimenti … e questo lo può fare solo un grande scrittore!


Giovanni Bernardini
, nato a Pescara, dal dopoguerra opera nel Salento, dove vive a Monteroni di Lecce. Ha pubblicato narrativa, poesia, saggistica e, con Manni, le prose Il bivio e le parole (1989) e i volumi di versi Emblema e metafora (1988) e Nel mistero del tempo (2005).

Il libro del giorno: L' ubicazione del bene di Giorgio Falco, Einaudi (collana Stile libero big)

A venti chilometri in automobile dal lavoro e dal supermercato, come accade ai bordi di ogni metropoli, la città continua e diventa un altro luogo: Cortesforza. Come la contea di Yoknapatawpha in Faulkner e la Regalpetra di Sciasela, Cortesforza è un luogo tanto più vero quanto più è immaginario. Qui si vive un esodo eterno, e la giornata è ridotta a tragitti in tangenziale verso casa. Il lavoro non si vede più, è dappertutto, ha invaso i comportamenti quotidiani, affettivi. Per dare un senso alle proprie esistenze, gli abitanti di Cortesforza accendono un mutuo, traslocano in una zona nuova o "mettono in cantiere un figlio". Ogni volta, però, lo svelarsi improvviso di una seppur piccola possibilità provoca una sconfitta irreversibile. Una commedia umana raccontata con sguardo lucido, impietoso, privo di giudizi. Nessuna apocalisse: solo un'inevitabile, comune disfatta.

casa editrice Einaudi: http://www.einaudi.it/


"In un mondo dove tutto è compresso per un acme istantaneo, dove anche i documentari, sono un serrato montaggio di copule e sbranamenti, non c'è spazio per il Bene, semra dirci la voce cinica di Falco. Ci si deve accontentare dei beni minuscoli, plurali democratici."

di Mauro Covacich tratto da Corriere della Sera del 26/05/09 p. 31

L' ubicazione del bene di Giorgio Falco, 2009, 141 p., brossura
Editore Einaudi (collana Einaudi. Stile libero big)

lunedì 25 maggio 2009

Paolo Valesio, Il braccio indebolito (da Avventure dell'uomo e del figlio, Caramanica editore)



Gli duole il braccio destro come un ramo
che sempre gema sotto la tempesta
è un attrito sottile ma costante
che gli contorna il corpo in-abitato.

All'alba il male serve da richiamo
("vedi? Sei solo nella stanza desta");
braccio piegato sotto il fianco ansante,
arto fantasma - e forte avvinghiato.



Tracciare ogni parola è un tormento
che scorre il polso e i nervi accavallati,
ma egli ha appreso da ciò l'accoglimento

e rende omaggio timido al dolore:
il braccio e lui sono adesso alleati
e da ogni suo dito cresce un fiore.

Abbasso la schiavitù del braccio destro! (F.T. Marinetti)


Paolo Valesio, Avventure dell'uomo e del figlio (Caramanica editore), p. 70

Il libro del giorno: «Qui Brigate Rosse». Il racconto, le voci di Vincenzo Tessandori (Baldini Castoldi Dalai editore)

Quando nel 1977, Vincenzo Tessandori, cronista della "Stampa", scrisse "Br. Imputazione: banda armata", il primo libro sul nucleo originario delle Brigate rosse, pareva una storia chiusa, era soltanto il prologo. Sopravvissuta agli arresti del gruppo storico, l'organizzazione clandestina si è sviluppata per lustri. I brigatisti rossi erano ormai nelle fabbriche, nelle università, nei quartieri disastrati di Roma, nei bassi napoletani, nell'inferno chimico di Porto Marghera. Avevano pianificato la guerra globale al sistema attraverso l'attacco al partito egemone, la Democrazia cristiana, e poi al suo nuovo grande alleato, il Pci, accusato di ammorbidire le richieste e la forza dirompente del proletariato. E furono i protagonisti del fatto più clamoroso accaduto negli anni della prima Repubblica: il sequestro Moro. Tessandori sceglie ora di fare la cronaca ravvicinata della "generazione brigatista". Chi erano, come vivevano, agivano e pensavano i giovani invecchiati all'ombra di una rivoluzione impossibile? Attingendo alle sue personali esperienze, ai dialoghi con i protagonisti, allo studio dei documenti giudiziari e dell'organizzazione, ha cercato non di spiegare ma di calarci nella loro quotidianità, nella loro lucida follia, nella preparazione degli agguati, nei retroscena dei pentimenti, evitando le dietrologie e il gusto dei misteri, riducendo al minimo il suo giudizio ma lasciando parlare i fatti, anche dal versante delle vittime.

casa editrice Baldini Castoldi Dalai editore: http://bcdeditore.it/

"Il caso Moro, i suoi misteri, le mille contraddizioni tra chi tentò di salvare l'uomo politico e chi si oppose, sono il cuore del suo libro. L'inizio della fine di quella follia rivoluzionaria. Con troppi morti. Tessandori, passo dopo passo ce li ricorda tutti"

di Antonio De Florio tratto da Il Messaggero del 25/05/09 p.22

«Qui Brigate Rosse». Il racconto, le voci di Vincenzo Tessandori
2009, 782 p., brossura, Editore Baldini Castoldi Dalai (collana I saggi)

domenica 24 maggio 2009

Il libro del giorno: Elisa Albano, Mai più scema. Come sviluppare l’autostima e trasformarsi in donne vincenti (pp. 200, euro 15), Lupo Editore

Dove vai se l’autostima non ce l’hai? Da nessuna parte, perché l’autostima è la benzina delle nostre azioni ed emozioni e, in fondo, il motore di tutto ciò che ci accade. E se allora nulla di quel che ci accade è come vorremmo è perché siamo a secco di questo straordinario carburante: l’abbiamo consumato, o non l’abbiamo mai avuto. Urge allora un distributore facile da raggiungere, e possibilmente economico: e questo libro di Elisa Albano sembra fatto apposta per questo, tanta benzina per tutte senza spendere una fortuna. (Dall'introduzione di Leda Cesari)

"La tesi di Elisa Albano è quella secondo cui l’autostima è la benzina delle nostre azioni ed emozioni e, in fondo, il motore di tutto ciò che ci accade".

di Stefano Savella tratto da http://www.puglialibre.it/


Elisa Albano, Mai più scema. Come sviluppare l’autostima e trasformarsi in donne vincenti (pp. 200, euro 15), Lupo Editore

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