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domenica 7 giugno 2009

Il libro del giorno: In clandestinità. Mr Pall incontra Mr Mall di Vinicio Capossela e Vincenzo Costantino ( Feltrinelli)

"Pagine in forma di round, perché la boxe è un po' la metafora della vita. Un incontro dopo l'altro. Il gong e ancora il gong, e noi sempre più suonati, destinati tutti a diventare vecchie glorie, orfani dei riflettori della nostra gioventù." Vinicio Capossela e Vincenzo Costantino "Cinasky" in un libro a quattro guantoni in forma di round. Due amici, due "compagni di sbronze" - Mr Pall e Mr Mall -, complementari e indivisibili come la scritta sul pacchetto di sigarette, alle prese con l'epica della quotidianità. Ubriacature e abbandoni, solitudine e vagabondaggi notturni, scorribande negli ipermercati e vecchie auto scassate e, su tutto, l'amicizia che sempre salva e tiene a galla.

"Quindici serrati round, capitoli di vita, cenni autobiografici, esperienze extra-ordinarie da cui provengono magnifiche prose musicali, euforiche congetture da periferia, le telefonate a Mr. Buk, alias Charles Bukowski e infine l'odio verso il mondo e l'amore per ciò che lo fa dimenticare: l'alcol"

di Marco Philopat tratto da XL di La Repubblica, anno IV, n.46, p. 192

casa editrice Feltrinelli: http://www.feltrinellieditore.it/

In clandestinità. Mr Pall incontra Mr Mall
di Capossela Vinicio e Costantino Vincenzo
2009, 219 p., brossura, Editore Feltrinelli (collana I narratori)

sabato 6 giugno 2009

Leggere:tutti (Agra editrice): una rivista per chi ama i libri e il mondo che vi ruota attorno!

In Italia si legge poco, pochissimo. In Italia si produce tanto, tantissimo. E centinaia di migliaia sono nel nostro paese le case editrici, o quelle presunte tali, che ogni settimana immettono sul mercato una gran quantità di libri, la cui qualità talvolta è dubbia. Da un altro punto di vista però, e forse in maniera paradossale, le iniziative di pubblica uscita promosse da enti pubblici e privati, per la promozione della cultura, del libro, degli autori sono in crescita esponenziale. Quasi che sia più il desiderio di “ascoltare” il libro, piuttosto che leggerlo. Oggi come oggi potrebbe risultare plausibile un rilancio della lettura e una ventata di freschezza nel mondo dell’editoria, ma se non vi è una sensibilizzazione maggiore delle istituzioni verso le problematiche di un mondo complesso come il panorama editoriale italiano, di strada se ne fa ben poca. Sarebbe allora sufficiente solo una politica di attenzione da parte delle istituzioni, o forse che senza l’iniziativa privata si navigherebbe ancora in una notte così oscura dove non si riuscirebbero a scorgere nemmeno i profili delle vacche? Ebbene Agra editrice di Roma, ha creato un interessante mensile (prima era in distribuzione gratuita presso tutte le più importanti librerie d’Italia, ora lo si può trovare in edicola alla modica cifra di 1 euro, e ve lo garantisco sono spesi bene) che secondo la sua mission istituzionale ha come obiettivo quello di incentivare la lettura. Ma non solo! A mio avviso è difficile potersi orientare nel mondo della piccola e media editoria, e magari trovare nei tanti cataloghi di queste aziende, qualche deliziosa pubblicazione, di alto livello, o che magari soddisfi anche i cosiddetti lettori forti. Leggere:tutti assolve anche alla funzione di vera e propria bussola per chi ama la pagina stampata a qualsiasi latitudine la si voglia intendere. E dunque ecco una rivista accattivante per grafica e per qualità tipografica, che parla di libri (dalla saggistica alla narrativa, dall’economia al marketing, dall’editoria per ragazzi , alla poesia) e di tutto quello ruota attorno ai libri: scrittori, case editrici, librerie, biblioteche, istituzioni, culturali, e-commerce. In più, come se non fosse già immenso il lavoro di questa redazione, ogni mese vengono segnalati i programmi delle principali rubriche televisive e radiofoniche dedicate al libro e a tutto quanto avviene nei principali Paesi europei attraverso corrispondenti da Londra, Parigi, Berlino e Madrid. Una rivista davvero da non perdere!

Autori e collaboratori: Simonetta Alfaro, Domenico Altavilla, Sergio Auricchio, Barbara Bechelloni, Lucia Castagna, Ennio Cavalli, Gabriella Cerami, Roberto Cicala, Andrea Coco, Roberta D’Angelo, Barbara De Amicis, Claudio Deplano, Paolo Di Paolo, Marzia Fabiano, Pina Freni, Melo Freni, Anna Garbagna, Massimo Gatta, Alessandra Graziani, Antonio Iannotta, Giorgio Labella, Antonello Luna, Susanna Mancinotti, Gian Carlo Marchesini, Mimmo Mastrangelo, Luigia Mazzocchia, Gaetano Menna, Francesco Pascarito, Marco Piscitello, Sara Porreca, Giuseppe Quatriglio, Sergio Redaelli, Roberto Sarti, Francesca Scaringella, Giulio Serra, Simone Smart, Patrizia Tagliamonte, Elisa Zanola

Il libro del giorno: Felicità artificiale. Il lato oscuro del benessere di Ronald Dworkin (Tropea editore)


È sancito da un celebre articolo della Costituzione degli Stati Uniti d'America, che la felicità è un diritto di tutti. Ironicamente, però, e forse proprio per la natura indefinibile e soggettiva di questa aspirazione dell'animo umano, la felicità ha smesso di essere il frutto delle richieste che l'individuo rivolge alla propria esistenza per assumere quasi le inquietanti sembianze di un prodotto esterno. Ora alienata nella forma di psicofarmaci, nel mito delle terapie alternative o nelle pratiche ossessive tipiche della cultura del fitness, del benessere o della chirurgia estetica, è esposta alla spinta riduzionista della scienza e all'opportunismo dell'industria farmaceutica, è assorbita come oggetto del discorso ideologico delle religioni e del loro tentativo di riconquistare un terreno perduto. Sulla felicità hanno inoltre fatto leva il riscatto della categoria medica così come il grande mercato dei trend pseudo-culturali e degli stili di vita. Con coerenza e onestà intellettuale, questo libro mostra come sia avvenuto tutto ciò, individuando responsabilità e conseguenze sociali di tale processo; non parla, invece, della felicità che si vorrebbe né di come ottenerla, astenendosi dal fornire facili ricette, modelli preconfezionati e ancor più fuorvianti mistificazioni teoriche. Fra casi cimici, analisi culturale e indagine sociologica, Dworkin aiuta a prendere coscienza del rischio che corre la felicità.

"La felicità è davvero alienata nel mito delle terapie alternative o nella cultura del fitness, del benessere o della chirurgia estetica?"

di Francesca Bolino
tratto dall'Almanacco dei libri de La Repubblica
del 6/06/09, p. 36

editore Marco Tropea: http://www.marcotropeaeditore.it/

Felicità artificiale. Il lato oscuro del benessere di Ronald Dworkin
2009, 316 p., brossura, Editore Tropea (collana I Trofei)

venerdì 5 giugno 2009

Il segreto del cuore di Schache Rüdiger (Macro Edizioni)

Tutti facciamo il possibile per trascorrere una vita appagante e ricca di significato. Ci sforziamo di apprendere e migliorare ma, più di ogni altra cosa, vogliamo amare ed essere amati. "Il segreto del cuore" ci rivela come utilizzare la forza che è in ognuno di noi e come riuscire così a determinare ciò che avviene nella nostra vita. Rüdiger Schache riassume in dieci punti fondamentali l'essenza della sua ampia e profonda saggezza e dei suoi lunghi anni di studi e ricerche, fornendoci indicazioni pratiche e suggerimenti ispirati da numerosi esempi tratti dalla vita reale. Ogni segreto che questo libro svela è un piccolo tesoro che ci viene messo a disposizione per vivere con più consapevolezza le straordinarie capacità che ognuno di noi ha di attirare nella propria vita le persone che desidera.

ISBN: 9788862290517

Prezzo € 15,81
invece di € 18,60 (-15%)


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Milano in Bionda 2009

Una terrazza sui Navigli, diciannove scrittori noir e una bionda gelata: ecco il mix perfetto del Milano In Bionda giallo e noir festival che, dopo il grande successo della prima edizione, ritorna anche quest’anno sabato 20 giugno alle ore 21 sulla Terrazza Eventi della Libreria del Corso in Corso San Gottardo 35 a Milano.

Semplice ma collaudata la formula del Milano In bionda, il festival, nato da un’idea dello scrittore Paolo Roversi, organizzato dalla MilanoNeraE20 e la Libreria del Corso in collaborazione con la Birra Menabrea:

19 autori di gialli, noir e storie nere avranno cinque minuti a disposizione per raccontare la loro ultima fatica e bersi una birra in diretta.

E per il pubblico birra gratis, offerta da chi di luppolo se ne intende: la Premiata fabbrica di Birra F.lli Menabrea, che vanta 160 anni di vita.


Sarà una serata all’insegna del giallo e del nero, i due colori della MilanoNera EVENTI, la società nata per volontà di Paolo Roversi e di undici storici collaboratori del web press noir MilanoNera per promuovere e divulgare la cultura gialla attraverso la promozione artistica e l’organizzazione di eventi, quali presentazioni e anteprime di libri, corsi di scrittura creativa, incontri con i più importanti autori nazionali e internazionali, festival letterari.
E per tutti coloro che non potranno essere presenti a Milano la serata si replicherà anche l’11 luglio a Bergamo con la prima edizione del Bergamo in Bionda.

Gli ospiti di quest’anno saranno:

Davide BARILLI
Alessandro BERTANTE
Alessandro BONGIORNO
Patrizia DEBICKE
Matteo DI GIULIO
Stefano DI MARINO
Andrea FERRARI
Paolo FRANCHINI
Francesco GALLONE
Tito GILIBERTO
Paolo GRUGNI
Lello GURRADO
Adele MARINI
Giancarlo OLIANI
Giampaolo ROSSETTI
Paolo ROVERSI
Simone SARASSO
Antonio STEFFENONI
Giorgio TOMESANI

Buona Birra a tutti!

MilanoNera web press
Data: sabato 20 giugno 2009
Ora: 21.00 - 23.00
Luogo: Libreria San Gottardo, corso San Gottardo 35
Milano

Notte di nebbia in pianura di Angelo Ricci (Manni)

Angelo Ricci, è un avvocato di Novara, nato nel 1964. “Notte di nebbia in pianura” è il suo primo lavoro. Le vicende narrate appartengono al sub-universo di una qualsiasi provincia italiana, che talvolta può incrociare le nostre esistenze attraverso un trafiletto di cronaca nera sulle pagine di un quotidiano, o nei casi più eclatanti, tra le prime notizie date da un tg nazionale. Notizie che alla fine si perdono in un momentaneo malumore, per poi scomparire negli archivi della nostra memoria. E parlo di un sub-universo non a caso, dal momento che gli elementi che lo compongono rivelano realtà altre, totalmente diverse rispetto a quelle che fanno parte della maggior parte dei tracciati biografici di ognuno di noi, forse agli antipodi sotto alcuni aspetti come quelli sociali e culturali. Quello che Ricci racconta è un mondo a parte, grigio, anonimo, brutale nella completa assenza di valori e cultura, che la piccola borghesia di provincia (indistintamente potrebbe essere qualsiasi interland milanese, vercellese, brianzolo) sembra tollerare benissimo. Questo lavoro sicuramente è un esordio molto interessante soprattutto per due aspetti: il primo riguardante l’incalzante giustapposizione di piani sequenza, proprio da regista cinematografico di grande esperienza; il secondo riguardante una logica dell’interpunzione, del periodare, e della resa semantica che s’incunea magistralmente nella descrizione di un orizzonte degradato e degradante. Altra peculiarità in tal senso, la copiosa ripetizione quasi mantrica di frasi, come se il sistema della narrazione andasse in cortocircuito. Potrebbe essere in futuro considerato l’antesignano archetipico del romanzo per eccellenza della provincia italiana? Senza ombra di dubbio. Ma più di tanto non mi sento di scrivere, dal momento che pur sempre di esordio si tratta. Aspettiamo i suoi prossimi lavori. Ogni personaggio descritto dall’autore è non presente a se stesso, in quanto le sue emozioni le sue sensazioni sono come deprivate di qualsiasi slancio vitale, come se recitasse un copione su un palco dinanzi ad una platea invisibile. E forse la causa non è da ricercarsi in un malessere esistenziale tout court, quanto perché la sostanza in cui sono immersi – il “latte grigio” come definisce la nebbia Angelo Ricci – rende molto più semplice l’abbandono in un nulla senza centro né principio! La nebbia nasconde, avvolge, occulta tutto dalle emozioni alla vita intera. I personaggi: un ragazzo perde sua madre, e diventa passivo spettatore di una vita monotona e incolore che non lascia nemmeno un ricordo significativo dopo l’ultimo e definitivo addio, quasi fosse routine; Sticazzi ecolalico cazzeggiatore alcolico da Ceres in endovena perenne; un giovane carabiniere alle prese con una certa Sandri Anna, indolente italiana che si trova invischiata in un presunto giro di terrorismo islamico; il bauscia Panza, descritto insieme ai suoi amici e alle sue amichette ucraine, magistralmente; una emigrata dell’Europa dell’Est, e della viziata e viziosa Italia che ha incontrato e ossessionata dalle doppie e dagli articoli della nostra lingua. Insomma un affresco intrigante di un’italietta piccola piccola!

Il libro del giorno: Esbat di Lara Manni (Feltrinelli)

Ha cinquant'anni, disegna manga, è conosciuta con il nome di Sensei - maestra - e ha fan sparsi ovunque nel mondo. Inventa storie piene di buoni sentimenti ambientate in mondi fantastici, e da anni disegna La leggenda di Moeru, un manga di successo planetario di cui ora si sta accingendo a finire le ultime tavole. La Sensei è una donna superba che gestisce il proprio successo con orgoglio e sapienza: poche apparizioni pubbliche la avvolgono in un'aura di mistero e le permettono di non entrare in contatto coi propri lettori che disprezza profondamente. Una notte di luna piena, proprio mentre sta per mettere la parola fine al suo manga più celebre, riceve la visita di un ospite inatteso: è Hyoutsuki-sama, principe demoniaco antagonista di Moeru. La Sensei crede di essere impazzita, ma ben presto si convince che Hyoutsuki-sama è un'entità reale, che ha abitato per anni il mondo che ha creato e che ora ha attraversato per reclamare un finale diverso. La Sensei se ne innamorala l'amore con lui e gli propone un patto: un finale diverso in cambio di altri sei mesi in cui il demone verrà richiamato e sarà a sua disposizione per una notte al mese. Per far ciò è necessario eseguire un rito - Esbat - che richiede alla Sensei di sacrificare parti del proprio corpo. Dopo essersi tranciata alcune dita di una mano e di un piede, la Sensei decide di "sacrificare" i propri fan, che attira a casa con la promessa di un disegno autografo.

"Non è il primo ( e non sarà l'ultimo) romanzo nato in rete che arriva in libreria. Esbat è una fan fiction, cioè una storia liberamente ispirata a un manga. E' uscito a puntate su internet nel 2007 e per un anno è stato discusso con entusiasmo sul web"

di Brunella Schisa tratta da Il Venerdì di Repubblica n. 1107 p.102

casa editrice Feltrinelli: http://www.feltrinellieditore.it/

Esbat di Lara Manni, 2009, 276 p., brossura
Editore Feltrinelli (collana I canguri)

giovedì 4 giugno 2009

Spazio Z.I.P. di Frascati presenta King Lear di William Shakespeare

Laboratorio teatrale per ragazzi Mercuzio & Co.
giovedì 4 giugno 2009 e venerdì 5 giugno 2009 alle ore 21.00
Spazio Z.I.P., via Mamiani, 4/6 - Frascati, Italy


Il laboratorio teatrale per ragazzi Mercuzio & Co.

presenta

KING LEAR
di William Shakespeare

regia di Francesca Tomassoni
direzione musicale a cura di Xavier Rebut

Con:
Tommaso Bragatto Lear Lear
Camilla Carè Lear Lear, Fool
Francesco Colasanti Lear Lear, Fool
Daniele Coresi Lear Kent
Sanja Gargano Lear Lear, Kent
Ilaria Giordani Lear Goneril
Carola Masi Lear Cordelia
Sara Scagliotti Lear Gloucester, Edmund, Edgar
Sarah Shubert Lear Regan, Fool, Kent


Solo quando siamo disposti a perdere le nostre illusioni comincia qualcosa di vero.
L'ordine naturale viene sconvolto da uno stralcio di luce...tutto quello che c'era fino a ieri oggi non c'è più, la vera Natura dell'uomo viene a galla e il mondo si capovolge. La grande Ruota della Fortuna gira fino a impazzire..."Prendi il mio cappello...ne avrai bisogno" il consiglio del Fool a zietto Lear. Un'opera oscura e divertente dove la follia fa le veci della menzogna, ciò che è dentro viene fuori e e ciò che c'è fuori è la Tempesta...cedere al proprio cuore o esiliarlo per sempre, questa la domanda. Cosa ha a che fare oggi una pièce come questa con dei ragazzi?
Perché mettere in scena il Lear? Questa la grandezza degli autori immortali: che parlano proprio a noi, oggi. Ad ognuno di noi. Le convinzioni si sgretolano ed il Lear comincia la sua avventura. Perdere tutto per trovare qualcosa di più grande...Essere come uno zero senza cifre, un nulla. Il mondo prende a girare al contrario, proprio come dovrebbe essere: i ciechi vedono, i re sono in miseria, chi è in prigione è libero di volare e i giovani... soprevviveranno per raccontare!

MARAVA’ PIEDI DI GOMMA di Gianni De Santis (Lupo Editore). Recensione di Silla Hicks

Premetto che - da camionista - mi fanno comodo gli audiolibri, almeno da quando il dolore nella musica – in qualsiasi musica – è diventato così forte che non riesco più a stare con la radio accesa, e leggere di notte quando mi fermo mi stanca. (Non è da me, lo so, come so che questa non è vita, ma non ne ho altre, e ormai non penso nemmeno più possa essere diverso, il mio corpo ha ripreso il coraggio di dormire e la necessità di stare sveglio, per quanto sia difficile sopravvivo, ed è tutto).
Però riconosco che leggere la carta è un’altra cosa, e difatti questo libro l’ho ascoltato, e poi l’ho letto, e sulla carta le parole hanno tutto un altro suono, un altro senso, sono lì, e sei tu a scegliere quando fermarti e quando ripartire, ed il tono da usare, anche: mi dispiace, lo so che sul CD le voci sono di attori e che di sicuro cadenzano il ritmo meglio di quanto possa fare io, ma so anche che un libro è di chi lo legge, se si decide di pubblicarlo, e quindi credo anche che ciascuno abbia il diritto di ritagliarselo addosso, di appropriarsi della storia, e farne ciò che vuole. La storia: all’inizio ricorda un po’ il cacciatore di aquiloni, parla di quell’amicizia che è essere fratelli di chi abbiamo scelto e ci ha scelto, miracolo possibile solo quando si è bambini. E loro due, Antonio e Raffaele, sono bambini, appunto, che insieme crescono in un mondo rurale e primitivo – l’esplosione del padre di uno dei due per la gomma bucata della bici è proto-umana se non dis-umana e basta – da cui insieme tentano di proteggersi e da cui insieme sognano di andarsene, di volare via, sulla luna dove gli astronauti rimbalzano coi loro piedi di gomma.
Finché non succede qualcosa che spezza loro le ali una volta per tutte, e si ritrovano inchiodati a una sedia a rotelle, per cause diverse ma tutti e due insieme, di nuovo, abbracciati ai loro sogni morti, e a questo punto subentra il mare dentro, tanto più che uno dei due s’è fracassato la schiena con un tuffo mal riuscito, e nell’acqua ha incontrato all’improvviso la faccia cattiva della vita, dopo cui niente è più uguale. Non discuto la scelta “buona” (politically correct, dicono oggi) di far trovare un senso a quello che il senso non ce l’ha, io, che non ho fede né speranze, e ho amato negli occhi disperati di Berdem/Ramon Sanpedro il mare cui decide di tornare, perché è quello che al suo posto farei io.
Come non discuto la forma epistolare, anche se oggi come oggi sarebbe stato più credibile un flusso di mail (va bene, io non ho il gusto per gli espedienti letterari, e anche quello del pupazzo-confidente non m’ha entusiasmato, ma è un problema mio) e anche se alla fine non si tratta di lettere ma di pagine di diario, un soliloquio in cui il dramma si scolora nella speranza di tornare a volare di nuovo. Quello di cui mi interessa parlare, piuttosto, è di quello che resta sullo sfondo, e da cui vengono gli spunti più interessanti, quello che io chiamo “quel che rimane” quando il libro l’ho chiuso.
Il mondo in cui i personaggi si muovono, in primo luogo, che è un sud primordiale, sonnacchioso e feroce, un mondo dentro il mondo tutto resta fermo anche mentre cambia, pastoia per i sogni dei due protagonisti e per chiunque altro vi resti invischiato, claustrofobico e livido pur sotto un sole che abbaglia.
E poi l’emigrazione, lo sradicamento precoce, tema che purtroppo porto cucito addosso, io che ho fatto il cammino inverso, sì, ma ugualmente senza che fossi io a sceglierlo, e con uguali conseguenze di emarginazione e incapacità d’integrarsi, perché i pregiudizi verso lo straniero/diverso sono sempre uguali, e la stupidità di chi li coltiva anche. E l’incapacità di confrontarsi con l’amore, anche: se c’è un rigo che vale tutto il libro, è a pagina 115, L’AMORE NON È UN SENTIMENTO MA UN BISOGNO/TORMENTO, scritto in maiuscolo, peraltro, perché è l’inizio di un paragrafo, in realtà, ma a me piace pensare per scelta consapevole che si tratti di verità folgorante e assoluta.
Maria: forse l’unica che davvero si ribella e paga la sua ribellione sulla propria pelle, perché in un mondo arcaico essere uomo è una lotta, ma essere donna può essere solo sconfitta.
È lei che mi resta, di questo libro. Lei, l’unica che ha davvero creduto di avere piedi di gomma. Non è rimasta bambina, no: non si è arresa, che è cosa diversa.
Così, è lei che mi resta, di questo libro.
Non la speranza che si possa imparare serenamente a rassegnarsi quanto piuttosto l’ammirazione per chi sceglie di non farlo, comunque vada a finire.
Chi sceglie il coraggio di provare a cambiare la propria vita, e non importa se ci riesce, almeno ci avrà provato, ci credo poco alla serena rassegnazione, io, o meglio non voglio crederci, io sono ancora negli occhi di Sanpedro, quando parla del mare, di come continui a sentirlo dentro, e sono sicuro che mentre s’addormentava abbia sentito l’acqua, non sono capace di dire “così sia”.
Ma questo è altro, da questo libro e dal suo senso.
Anche se in un certo modo ne fa parte, perché un libro è di chi lo legge, ed è questo, per me, quel che rimane.

UN TUFFO FUORI DAI SOGNI
(MARAVA’ PIEDI DI GOMMA, di Gianni De Santis, Lupo Editore, Copertino, 2009)

Il libro del giorno: Nomi, cose, città. Viaggio nell'Italia che compra di Arnaldo Greco (Fandango)

Italia 2009. Nonostante la crisi l'italiano medio è ancora un consumatore da primato. Compra e vende, spesso, senza avere i soldi per farlo. Attraverso otto reportage dallo sguardo lieve e ironico Greco racconta questo aspetto del paese impazzito. Un viaggio con il quale scopriamo tic, mode, novità, luoghi assurdi e manie, ma anche lati meno illuminanti del nuovo consumismo. Un incredibile centro commerciale del napoletano, Vulcano Buono, che si pone di far concorrenza al Vulcano cattivo, le boutique dell'alta cucina e i mercati di quartiere del milanese. Cosa comprano gli italiani appena superato il confine di Austria e Slovenia, i mercati di una cittadina di provincia dopo l'arrivo delle badanti, quali prodotti scegliamo per i neonati e come, appena nato, un neonato diventi un consumatore, la spesa su internet, la corsa isterica al cibo "che fa bene", l'Italia del tempo libero e i suoi mille Festival. Tra un bordello sloveno, una bancarella di frutta sudamericana nel centro di Milano, un felice reparto di neonatologia e la casa di una vecchietta che vive con la sua ucraina, storie dall'Italia di oggi che compra, cambia abitudini, ma non si arrende.

"Anche durante l'attuale gravissima crisi economica il mondo dei consumi si presenta come una realtà articolata e vitale, che si presta a essere descritta nei suoi aspetti più caratteristici. Seguendo l'esempio di tanti scrittori del passato, si cimenta in questa impresa nel suo libro d'esordio Nomi, cose, città anche il giovane Arnaldo Greco, autore di diversi racconti usciti sulla rivista Nuovi Argomenti. La descrizione di Greco è particolarmente ricca, e spazia dai centri commerciali dell'area napoletana ai consumi degli italiani che da Gorizia vanno a fare compere oltre confine, dalle spese delle badanti ai giochi d'azzardo, dal commercio elettronico ai beni riservati ai neonati"

di Vanni Codeluppi tratto da Il Manifesto del 4/06/2009 p. 12

casa editrice Fandango: http://www.fandango.it/default.asp

Nomi, cose, città. Viaggio nell'Italia che compra di Arnaldo Greco
2009, 209 p., brossura, Editore Fandango Libri (collana Galleria Fandango)

mercoledì 3 giugno 2009

Miracoli di Stuart Wilde (Macro edizioni)

Se credete che soltanto esseri sovrumani siano in grado di fare miracoli, non avete letto Stuart Wilde e il suo “Miracoli” per Macro edizioni. Nulla a che fare con magia o stregoneria, non occorrono spiritus loci, non occorre leggere Cornelio Agrippa e il suo De Philosophia Occulta, e dunque nessun patto col diavolo e nessuna evocazione di spiriti o entità di altre dimensioni. E allora in cosa consistono i miracoli di cui parla Wilde? Si tratta di un potere naturale insito nell’uomo, che fa parte del suo genoma, che è ad esso connaturato. Questo lavoro guida il lettore non solo a riconoscerlo ma anche a metterlo in pratica giorno dopo giorno. Ma andiamo con ordine. Se pensate di non riuscire a realizzare nella vostra vita tutto quello che vi eravate prefissi, se pensate di attirare solo il 10% delle opportunità che il mondo vi può offrire, se insomma per un solo momento vi sia passato per la mente che non meritiate successo, ricchezza e buona salute, insomma che avete sulla vostra testa un gigantesco tappo che non vi fa volare alto, sappiate che con questo libro qualcosa cambierà. Se volete considerarlo un semplice manuale d’auto-aiuto, fate pure; se volete considerarlo una cialtroneria fate pure; se pensate che la new age abbia già fatto “troppi danni” non esitate a esprimere considerazioni di tal sorta. Ma una cosa vi suggerisco di fare: leggetelo! Stuart Wilde, un utopista nel senso vero del termine, vi aiuterà a capire come i limiti della mente siano valicabili, sapendo in fondo che non facciamo altro che usare un mediocre 5%. Che dubbi ed esitazioni non fanno altro che attirare ulteriori dubbi ed esitazioni. Questo incredibile autore vi accompagnerà lungo un itinerario di conoscenza fatto anche di prove ed errori, ma che ve li farà comprendere per accedere ad una nuova dimensione della vostra vita e renderla splendida e rendervi consci del vostro illimitato potere. Un libro davvero interessante che non appena letto vitrasmetterà una grandissima gioia! Se avete attirato questo libro avete già fatto il vostro primo miracolo!

Stuart Wilde, uno dei più famosi esponenti dell New Age, è nato a Farnham, in Inghilterra, da padre inglese e madre italiana. E' stato un conferenziere tra i più famosi nel mondo anglosassone: USA, Gran Bretagna e Australia. Conduceva corsi memorabili per lo sviluppo personale in località selvagge con mezzi e tecniche fuori dal comune. In questi ultimi anni con le sue straordinarie ricerche ha suscitato ostilità che lo hanno indotto a vivere quasi nella clandestinità. Ha una casa a Londra e una grande villa in Australia con pareti che si spostano e altri congegni speciali e dove ha subito alcuni degli attacchi da entità non umane che descrive nel libro I Gladiatori di Dio. Autore molto prolifico, ricco di humor, pungente ed emozionante, ha all’attivo quindici libri tradotti in dodici lingue, tra cui La Forza, Miracoli e Affermarsi.

Come far accadere quello che vuoi
ISBN: 9788875079154

Prezzo € 5,95
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VOGLIA DI EVENTI A FAVORE DELL’ABRUZZO

www.vogliadieventi.it … il wiki-portale che raccoglie tutti gli eventi di tipo culturale, eno-gastronomico, musicale, artistico, che si svolgono su tutto il territorio Italiano, selezionati e divisi per regione, mette a disposizione i suoi mezzi per contribuire ad una sempre più veloce ripresa del Turismo in Abruzzo e propone un’iniziativa a favore delle strutture ricettive Abruzzesi.
WWW.VOGLIADIEVENTI.IT offre la possibilità a tutte le strutture ricettive dell’Abruzzo (Alberghi, b&b, Agriturismi, etc.) di avere uno spazio pubblicitario gratuito per un anno nella sezione “Strutture Convezionate – Dove dormire”, in cui poter inserire una descrizione, le foto della struttura, i costi e i pacchetti promozionali previsti per l’estate 2009.
Inserire le strutture sul portale darà maggiore visibilità, darà la possibilità di invitare e coinvolgere un numero sempre maggiore di turisti, per lanciare il messaggio che L’Abruzzo è sempre vivo e attivo, è bello da visitare in tutte le sue forme e che la ripresa di questa terra ha bisogno di ripartire dalle sue principali attività , tra cui il turismo svolge un ruolo fondamentale.

Per aderire all’iniziativa e per maggiori informazioni potete contattare la redazione all’indirizzo redazione@vogliadieventi.it

Seconda lettura di Vito Antonio Conte su "I Bruchi" di Giovanni Bernardini (Manni)

Avevo letto qualcosa di Giovanni Bernardini su antologie e altro. Poi “Provincia difficile”, un vecchio libro del 1969, trovato in un banchetto di libri usati. L'ho conosciuto personalmente l'anno scorso, davanti al bel camino acceso della “Serrizùla”, quando si sradicò dai suoi tanti malanni fisici, da lui stesso elencati a mò di esorcismo, e ci concesse una parte di sé, leggendoci -tra l'altro- un suo racconto pubblicato su “L'Albero”, la storica rivista di Girolami Comi. Devo conservarne una copia autografata da qualche parte, tra le infinite carte che conservo quasi maniacalmente. Tante carte. Troppe. Nonostante il mio periodico selezionare, eliminare, disfarmi. C'è che dovrei -come pure mi è già accaduto di fare- liberarmi di tutto. Carte, libri, quaderni, zibaldoni, agende, copie, fotocopie, oggetti e chincaglieria d'ogni tipo e andare via. Dovrei andare via. Vorrei andare via. Sparire, perdermi, ricominciare. Forse. C'è che qualcosa in un modo qualunque è morta. C'è che è viva più che mai. Dovrei andare altrove. Disfarmi di questa vita e andare via. Questa vita che amo. Qualche giorno addietro, ho finito di leggere l'ultimo libro di Giovanni Bernardini, “I bruchi ovvero Il ragazzo in fondo al mare”, edito da Manni. Ho detto l'ultimo: credo di sbagliare: Mimma mi dice che n'è stato appena pubblicato un altro. Mi dice anche il titolo, ma non lo ricordo. E non ho voglia di cercarlo. Adesso, dopo una funzione religiosa in swahili per un grande uomo, con canti che mi hanno aperto il cuore, già spezzato di suo e d'altro, ascolterò la voce di lei e non aggiungerò niente (...), dirò qualcosa, invece, su “I bruchi”. Titolo che mi piace poco. Molto di più mi piace il sottotitolo “Il ragazzo in fondo al mare”. È un romanzo schizoide e razionale, è schizzato e naturale, è folle e meditato, è vecchio e nuovo, è patologico e sano, è antico e moderno. È tutto. È niente. È memoria che vuole affogare la memoria. È memoria che vuol ricordare la memoria. È un atto dovuto a se stesso. È un atto doveroso verso qualcun altro. È un atto voce del verbo dare. Rendere, meglio, a sé e agli altri. Ma, soprattutto, è una scrittura fuori dagli schemi, fuori da ogni schema, fuori da qualsiasi possibile schema. E non chiedetemi di spiegare ciò che dico. So ch'è così. Lo sento. È istinto il mio. Potrei cercare le ragioni per quanto dico, ve le potrei indicare. Potrei farlo. Ma oggi non è cosa. E non lo sarà più. Ché di questo libro parlo oggi e mai più. Fidatevi di quel che dico. Fidatevi di me. Non ho mai raccontato fandonie. Per questo, anche quando capita che sto male, vivo bene. Questo libro è fuori, scritto da uno ch'è fuori, come si può essere soltanto quando non si deve rendere più conto a nessuno, tranne a Uno, ma con quell'Uno hai rapporti talmente chiari che non ci potranno mai essere equivoci, né fraintesi, ché ci si conosce bene ormai. Questo libro è fuori, scritto da uno ch'è fuori, come si può essere soltanto quando sei ultraottuagenario e somigli a un novenne: ne hai viste tante e tali che non te ne può fottere più di niente di quel che per una vita forse t'ha intristito, t'ha fatto male, t'ha dato scazzo, t'ha angosciato, t'ha addolorato... E le cose della vita continuano a toccarti, eccome se ti toccano, ma dentro c'è la forza di un bambino, quell'incoscienza così saggia che te la fa dire tutta esattamente siccome è, come vuoi ed è la parte migliore che c'è. C'è il talento e anni e anni di studi di ricerche di conoscenze di esperienze di sofferenze di gioie di soddisfazioni. Poi c'è qualcosa che ha spazzato via tutto: tabula rasa. Tutto dimenticato. Rimangono gli strumenti. E quel talento. Gli strumenti per dare forma al talento, fermandolo in una creazione d'arte. E il divertimento: quello impareggiabile irraggiungibile e ineguagliabile di un bambino. E allora il linguaggio (a tratti anche ricercato, aulico e barocco) è così fresco confidenziale ed essenziale che ti fa arrivare dritto alle viscere temi d'una pesantezza inaudita con la leggerezza pari al dire di mio figlio Federico quando mi racconta le ultime notizie scolastiche o calcistiche (e Federico a giorni avrà nove anni). Un dire meraviglioso, fiabesco, disarmante, ingenuo e vero. Così “Il ragazzo in fondo al mare” è la metafora che svela la cecità di un'epoca, l'ignoranza del passato, l'illusione del ventennio, con i suoi sogni e i suoi incubi, la vita e la morte, l'anacronismo di un impero e la grande disfatta, lo scintillìo dell'apparenza e le nubi funeree dei tanti crimini: quelli di tutte le guerre, del primo regime totalitarista (nato e coniato in Italia) e di tutti quelli successivi, d'ogni colore e in ogni angolo del mondo. “I bruchi” sono la causa e l'effetto dei fasti e del disfacimento prodotti dal fascismo, sono la patologia di quel sistema politico, sono lo schifo sotteso ai proclami, sono i risultati del grande imbroglio, sono le brutture e le storture d'ogni politica che pensa a sé e non ai governati, sono quel che porta la “guerra guerreggiata”; “Il ragazzo in fondo al mare” è il naufrago di quel periodo! È quel che resta in tutti quelli che grazie all'accettazione di sé, vuoi per fatto genetico vuoi per scelta vuoi per entrambe, non hanno mai smesso di guardare all'altro e l'hanno guardato sempre e comunque al di là d'ogni parvenza... Quella del ventennio, del primo totalitarismo (termine inesistente prima), è stato il primo esempio di politica fatta utilizzando i mass-media (fotografia e radio), è storia di cui si continua a parlare in tutti i modi possibili: attualmente c'è un quotidiano (se non erro) che regala dei diari di Mussolini (mai menzionato nel libro...) o qualcosa del genere. Se ne parla troppo? Se ne parla male? Se ne parla bene? Sarebbe meglio non parlarne più? Non appartengo alla schiera di quelli che sostengono che se di qualcosa non si parla significa cancellarne l'esistenza. E, quindi, nel caso dell'argomento in parola, è bene. E nemmeno alla schiera di quelli che di qualcosa di cui non si parla e si dovrebbe bisogna parlarne a tutti i costi pur di affermarne l'esistenza. E, dunque, in generale, non parlarne è male. In realtà non appartengo a schiera alcuna. Sono un uomo libero che dice e scrive quel che pensa (dopo aver contato sino al numero necessario) e che crede fermamente che ognuno possa dire ciò che vuole (nei limiti del lecito e del legittimo...) intorno a ciò che gli pare. Sta a me, come a ognuno di voi, far debito e appropriato uso di critica e decidere da quale parte stare. Senza scomodare il Male e il Bene. Io sto dalla parte di Giovanni Bernardini, ma non del Bernardini de “I bruchi”, non dalla parte della fobia, ma del Bernardini de “Il ragazzo in fondo al mare”, dalla parte della follia, di quella ch'è prossima alla salvezza (o, per dirla con l'Autore, della pazzia che confina con la saggezza). Io sto dalla parte dello zio un po' scemo, quello che con i gessetti colorati disegnava sui muri il ragazzo in fondo al mare abbracciato a una sirena e sotto scriveva AMORE.

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Il libro del giorno: Real world di Natsuo Kirino (Neri Pozza)

In un affollato quartiere residenziale di Tokyo quattro studentesse trascorrono un'estate caldissima preparandosi ad affrontare gli esami per l'ammissione all'università. Sono molto diverse tra loro: Toshi è affidabile e sicura, Yuzan riservata e malinconica, Terauchi ha un grande talento per gli studi, Kirarin occulta dietro la sua dolcezza un'attrazione morbosa per i comportamenti estremi. Un rumore inconsueto che proviene da un appartamento stravolge improvvisamente il loro destino: il vicino di casa, un liceale che le quattro amiche chiamano il Vermiciattolo, ha ucciso la madre ed è scappato con la bici e il cellulare di una di loro. In fuga dalla polizia, il giovane assassino inizia a contemplare affascinato il proprio volto riprodotto in fotografie e servizi televisivi, assapora l'improvvisa visibilità mediatica, il racconto della sua vita riscritto da giornalisti e reporter, e asseconda la curiosità collettiva intorno alle ragioni che lo hanno spinto a uccidere. Il pigro distacco del giovane si trasforma progressivamente in una consapevolezza crudele: insensibile alle conseguenze del suo crimine, vuole che le ragazze scrivano per lui un manifesto filosofico che esalti la lucida follia delle sue azioni... Immerse in una vita di chat, sms e Reality TV, le quattro adolescenti scoprono un mondo scabroso e brutale. Una realtà popolata di ragazzi in attesa di un esempio, di una guida che li riscatti dalla noia di un sistema che non sa comprendere la loro diversità.

casa editrice Neri Pozza: http://www.neripozza.it/

"Anche il Giappone ha una regina del delitto. Il suo nome è Natsuo Kirino"

Tommaso Pincio tratto da La Repubblica del 3/06/09 p. 42

Real world di Natsuo Kirino
2009, 281 p., brossura, traduzione a cura di Coci G.
Editore Neri Pozza (collana Bloom)

martedì 2 giugno 2009

Lecce – Tokyo: Filo diretto con Undiciottavi Records












11/8 Records continua la sua collaborazione per la realizzazione dei remake per le colonne sonore della filmografia giapponese.
E proprio il suo direttore artistico, Cesare Dell’Anna con il progetto musicale ZinA, torna a collaborare con i più grossi studi cinematografici di animazione Giapponese.
OnePeace Sound Design infatti, ha contattato per l’Italia, Dell’Anna con il suo progetto dalle sonorità Afro-Funky, per arrangiare la famosa colonna sonora di uno dei più famosi lungometraggi di Ghibli Studio: “Laputa castello nel cielo”.
Ghibli Studio è il famosissimo studio cinematografico di animazione giapponese, fondato dal celebre regista Hayao Miyazaki, già autore di Heidi, Conan il ragazzo del futuro, Anna dai capelli rossi, ecc. La colonna sonora di “Laputa castello nel cielo” è stata inserita in una raccolta di pezzi arrangiati da gruppi selezionati direttamente dalla produzione e su loro stessa iniziativa: “One in a Million”, distribuito da Happinet Corporation.
Quest’anno è la volta di “Mobile Suit Gundam” , prodotta dalla Sunrise, conosciuto come in Italia con il nome di “Gundam il Guerriero”, di Yoshiyuki Tomino.
L’opera che sarà realizzata sotto forma di medley della colonna sonora giapponese di Takeo Watanabe sarà ri-suonata in stile “ZinA” ed è realizzata per festeggiare il compimento del 30 anni del leggendario Robot che ha milioni di fans in tutto il mondo, in pubblicazione per i primi di luglio.

Info: 11/8 Records
Corte dei Mesagnesi n. 31 73100 Lecce - Italia
tel e fax +39.0832.305693
www.11-8records.com info: contacts@11-8records.com

Barbara Bonanni

Barbara Bonanni, nasce a Roma in un gennaio freddo e grigio, sotto il segno dell'acquario. Creatura sensibile, eterea, estroversa, amante della creatività, a 15 anni abbraccia da subito il mondo dell'arte, iscrivendosi al IV liceo artistico di Roma. Amante del canto e della musica studia con interesse e passione il pianoforte con il mezzosoprano Mascia Foschi.
Non appena terminati gli studi, intraprende una nuova strada che la porta a seguire un corso di teatro, nonostante il suo amore per il design e per la pittura. Con grande sorpresa ed ottimi risultati,viene scelta per una commedia teatrale ed è lì che capisce che quel che era il suo mestiere, oramai era diventato un vizio, e quel vizio così come un fulmine a ciel sereno, era diventato il suo mestiere: l'attrice!
Nel 1999 viene scelta dalla compagnia Attori e Tecnici di Attilio Corsini per debuttare sul palcoscenico del Teatro Vittoria con " I NewYorkesi ", testo tratto dal film di Woody Allen "Manhattan", sempre per la regia dello stesso Corsini.
Con la compagnia Attori e Tecnici interpreta altri tre personaggi per altre tre commedie. Decide, dopo due anni di "tournèe"di proseguire gli studi per il Design, specializzandosi in questa branca. Nel 2001 viene scelta per la serie tv "Un posto al sole". Intanto frequenta la scuola di teatro "training studio"di L.Curreli, seguendo il metodo adottato da Lee Strasberg , e il famigerato metodo Stanislavkji. Nel 2001 si sposa con il suo primo amore - il cinema - interpretando il ruolo di Anna nel film "PAZ! Il film!" ( regia di Renato De Maria) , ruolo a lei caro come dichiara al quotidiano Il Tempo: “…il mio primo ciak,il mio primo film; è un pò come il primo amore: non si scorda mai! Nel 2002 al suo secondo film per il cinema, lavora con veri disabili come attori "Piovono Mucche" dove interpreta Beatrice, una seduttrice in carrozzina,per la regia di Luca Vendruscolo: “Un ruolo difficile,dove però ho imparato molto dagli attori non attori,soprattutto che la vera disabilità è di testa,i veri disabili a volte siamo noi”. (Conferenza stampa Torino Film Festival)
Interpreta vari video clip per musicisti come BluVertigo , per la regia di Asia Argento), o Tiromancino per la regia Cosimo Alemà. Nel 2003 gira un video per un 'artista americana, per la regia Abel Ferrara, e ritorna al teatro con una commedia di Angelo Orlando “Barbara” una sorta di aspettando Godot con Valerio Mastandrea e Rolando Ravello, per la regia di A.Orlando. Subito dopo ecco che la Bonanni la vediamo nel film "Il siero della vanità" per la regia di Alex Infascelli. La vediamo inoltre protagonista nel 2004 del "Cuore non duole" regia di Maria Sole Tognazzi, dove parteciperà alla sezione Giovani Talenti Italiani alla 61° Mostra Internazionale del Cinema Italiano. Ritorna infine alla tv interpretando "Doppio agguato" regia Renato De Maria con Isabella Ferrari e Luca Zingaretti. E subito dopo a tambur battente, "Distretto di polizia" regia di Lucio Gaudino.
Ritorna al teatro con "Bersaglio Mobile" rassegna di corti teatrali al Teatro Colosseo. Nel 2003 ritorna alla pittura partecipando con tre opere pittoriche al" Riparte”, nel 2005 espone la sua opera, composta da nove tele, (parte del ricavato va in beneficenza ai bambini dello Tsunami )accanto al giovane artista romano Mauro Pallotta. Decide poi di dedicarsi al canto, registrando due cover, una in particolare " Come toogheter "(www.myspace.com/labibidellemoscherosa). La vediamo poi con il pancione nel video clip di Max Pezzali. Infatti Barbara nel 2008 si prende un anno sabatico, interpretando il ruolo più importante della sua vita ovvero quello di madre.

Il libro del giorno: Appena ho 18 anni mi rifaccio (Bompiani) di Cristina Tagliabue Silveri

Hanno tra i 16 e i 18 anni, sono benestanti e, per lo più, bei ragazzi e belle ragazze. Per il loro compleanno, per la maggiore età, per l'esame di maturità chiedono un solo dono, l'esaudimento di un desiderio che si portano dietro da anni, oppure da giorni. Chiedono un piccolo o grande ritocco estetico: i piedi per sembrare come la Barale, che li ha perfetti; le labbra, tipo Scarlett Johanson; la maggior parte il seno, come quello di Jessica Alba o dell'amica con cui fanno palestra o con cui vanno in discoteca. Hanno smesso di credere al corpo come a un dato di natura. Sono smaliziati, irruenti, incoscienti: "la cosa più importante è piacere e non rimanere indietro." Così iniziano a modificarlo, il corpo, appena ne hanno coscienza. Soffrono le pene dell'inferno, alzano la soglia di sopportazione del dolore fisico, rinunciano al motorino pur di avere un corpo il più simile possibile a quello dei loro sogni. E se pure colui o colei che amano e da cui sono amate tentano di convincerle-li che stanno bene esattamente come madre natura le ha fatte-li ha fatti, loro non ci credono, devono apparire come l'immagine che hanno in testa

"(...) spesso i media affrontano l'argomento, non senza sforare sul macabro quando il bisturi meite tragicamente qualche vittima della sua - presunta - vanità. Ma la Tagliabue, ed è questa la caratteristica del suolibro d'esordio, va oltre i flash di notizia per arrivare in fondo, conducendo una vera e propria indagine su minorenni e neomaggiorenni che non si sentono a proprio agio con il proprio corpo"

di Antonello Guerrera tratto da Il Riformista del 2/06/2009 p. 21

casa editrice Bompiani: http://bompiani.rcslibri.corriere.it/bompiani/

Appena ho 18 anni mi rifaccio. Storie di figli, genitori e plastiche di Cristina Tagliabue Silveri, 2009, 236 p., brossura
Editore Bompiani (collana Grandi asSaggi)

lunedì 1 giugno 2009

Rimedi Casalinghi di Angela Pneuman (Minimum Fax) alla libreria Giufà di Roma

«Questi meravigliosi racconti sono pieni di intelligenza e di eleganza. Angela Pneuman è senz'altro una delle giovani scrittrici di maggior talento che ci siano in circolazione».

Lorrie Moore

«Un'autrice solida, attenta e dotata di grande umorismo, che vale la pena di leggere e di tenere d'occhio in futuro».

The Believer

Otto racconti che hanno come protagoniste figure femminili colte nell'età delicata e crudele che sta fra l'infanzia e l'adolescenza, e i loro rapporti con le madri e i padri, le amiche, il corpo, il sesso e la fede religiosa. La Pneuman non ha paura di creare situazioni estreme e tragicomiche (tartarughe usate come armi, cucine come sale operatorie, ortaggi come strumenti di iniziazione) e di armare le sue giovani eroine di mazze da golf o psicosi da immacolata concezione; ma la sua bravura sta soprattutto nel disegnare dietro le vicende surreali i sottili rapporti psicologici fra i personaggi: il mescolarsi di amore e odio, il collidere di aspirazioni, fallimenti e bisogni in cui ogni lettore non può fare a meno di immedesimarsi. Un immaginario potente e una finezza psicologica degna di maestre del racconto come Alice Munro e Flannery O'Connor per uno degli esordi più indimenticabili dell'anno.

mercoledì 3 giugno 2009
Start h. 19.00

Libreria Giufà, via degli Aurunci, 38, Roma, Italy

Con l'autrice intervengono Tiziana Lo Porto, Rosella Postorino e Martina Testa

Angela Pneuman, Rimedi casalinghi, (Home Remedies) - Minimum fax
227 pagine - aprile 2009
ISBN 978-88-7521-209-4
traduzione di: Martina Testa

Gemini di Fabio Rossi (Lupo editore)

E’il mio genere, d’accordo. Amo autori come Isaac Asimov, Ken Follett o Richard Matheson, adoro film come “Ventotto settimane dopo” per la magistrale regia di Juan Carlos Fresnadillo. In teoria non dovrei sbilanciarmi più di tanto quando recensisco titoli che si nutrono di atmosfere e sfumature appartenenti a latitudini della scrittura a me così care, dal momento che rischierei di avere uno sguardo troppo corto e forse un tantino miope nel parlare di narrazioni a me più congeniali. Eppure in questo caso sento di sbilanciarmi, di poterlo fare tranquillamente. E’ il caso del primo lavoro di Fabio Rossi dal titolo molto accattivante, ovvero “Gemini” (Lupo editore), e dalla copertina (illustrazione a cura di Giovanni Nori, grafica di Paolo Guido) in bianco, rosso e nero, secondo gli ultimi trend cromatici del design e dell’arte contemporanea da due anni a questa parte. Fabio Rossi è riuscito ad affascinarmi con la sua scrittura, fresca, incalzante nel ritmo, mai ridondante. Un sentire la parola e il suo potere immenso di resa immaginifica, non è solo questione di mestiere: quando si crea un contesto narrativo, si struttura una trama, la complessità dell’operazione in sé, che non deriva solo da una padronanza del mezzo tecnico, è anche il risultato di una capacità quasi immaginifico-predittiva di altre dimensioni e altri universi. Non è mistica della scrittura: è Visione! E “Gemini” è un romanzo che si muove a ridosso di due universi paralleli (partendo da una base teorica dei viaggi nel tempo a metà strada tra le fondamenta della fisica quantistica e i multiversi di Stephen Hawking secondo il quale l'universo non ha confini nello spazio-tempo, e dunque secondo il suo modello del non-contorno, esisterebbero punti di contatto tra diverse dimensioni dove altri noi e altre realtà accadono simultaneamente ma con possibili e infiniti sviluppi fenomenologici) dove nel primo in una natura selvaggia e ostile, un giovane uomo, un giovane cacciatore, si misura a mani nude con il suo destino, che lo ha portato sulle tracce di chi ha massacrato senza troppi scrupoli e con una ferocia inaudita il suo clan, nel suo villaggio natìo; nel secondo veniamo catapultati nel sottosuolo di Europa (l’unica megalopoli ad aver conservato le tracce di una vecchia civiltà e sinceramente mi ricorda un po’ Resident Evil ) dove si trova Babilonia, un laboratorio scientifico in cui ci si dedica a ‘Gemini’, il progetto nato da una scoperta sconvolgente ed elaborato da Ulisse, sociologo dell’evoluzione, con ’obiettivo di bloccare la deriva antropologica nella quale l’uomo si è andato a ficcare con le sue mani , giungendo sull’orlo dell’auto-distruzione. Un cammino, forse, senza ritorno, dove le viscere della terra possono nascondere qualcosa di mostruoso. Un libro da leggere e gustare, non solo per il fatto che ti tiene incollato alle pagine, ma anche perché l’autore è stato in grado di creare una fitta interconnessione di spunti di riflessione provenienti dalla sociologia e dall’antropologia culturale ed evolutiva … anche se parliamo di quelle del futuro ovviamente!

Il libro del giorno: Il Prete grasso di Piero Manni (collana I Chicchi di Manni)

Manni racconta il Cristianesimo contadino, contaminato delle tradizionali religioni naturalistiche animistiche, di miti pagani, di riti magico-astrali-divinatori; i poveracci che vanno a messa prima, onorano i santi e invitano anche se li odiano i preti al pranzo di matrimonio, che votano lo scudo crociato per ottenere la pensione d'invalidità in attesa di Baffone; e racconta l'infanzia di un fanciullo, e poi di un altro, e di un altro ancora, a comunicare con le api o a consentirsi giochi impertinenti; insomma, l'infanzia di una civiltà già antica millenni, che bestemmia i suoi santi e cucina per loro le tagliatelle coi ceci.

"Un libricino che si legge d'un fiato, e già dalle prime pagine regala il piacere di un linguaggio diretto ma dai termini ricercati. Un Salento che non c'è più si dipana tra le pagine di Il Prete grasso di Piero Manni per la collana Chicchi di Manni. Una trentina di pagine e si torna indietro in un tempo in cui i bambini avevano un rapporto così privilegiato con la natura da potersi permettere di accarezzare le api"

di C.D. tratto da QuiSalento - giugno 2009, p. 36

casa editrice manni: http://www.mannieditori.it/index_x.asp

Il prete grasso di Piero Manni
2009, 32 p., brossura, Editore Manni (collana Chicchi)

domenica 31 maggio 2009

Il libro del giorno: Islabonita di Nico Orengo (Einaudi)

La Riviera luccicante degli anni Venti, tra i balli e il casinò, le spiagge e i campi da golf, è lo scenario di questa storia in cui cospirazioni di corte, trame massoniche e manovre dei Servizi segreti sospingono i destini dei personaggi in un gioco che può rivelarsi mortale. È a Sanremo infatti che soggiorna Maometto VI, sultano in esilio. E poco distante, a Bordighera, ha la sua dimora la regina madre Margherita di Savoia. Ma quando il medico del sultano muore in circostanze misteriose, Fatima viene fatta fuggire dalla corte perché ha visto qualcosa che non doveva vedere. Sotto una copertura insospettabile si nasconde a Isolabona, paesino dell'entroterra ligure che "crede nella Madonna e nel silenzio". Qui trascorre le sue giornate aspettando Michel e l'ineluttabile compiersi del destino, mentre dal grammofono di Ricò, all'ingresso del paese, escono le note malinconiche di una canzone sudamericana che inspiegabilmente si interrompe sempre prima della fine. Ma il nascondiglio di Fatima si fa sempre meno sicuro: sono in troppi a voler conoscere il suo segreto. A partire da Gino Cariolato, lo chauffeur-coiffeur della regina, che invidioso delle sue doti di pettinatrice rischia di mettere a repentaglio la vita del sultano.

"Lo scrittore e giornalista Nico Orengo è morto ieri all'ospedale Molinette di Torino, dove era ricoverato per una crisi cardiaca. Nato a Torino nel 1944, aveva lavorato all'Einaudi dal 1964 al 1977, entrandoquindi alla Stampa. Dal 1989 al 2007 ha diretto l'inserto settimanale Tuttolibri"

tratto da La Stampa del 31/05/09, p. 42

casa editrice Einaudi: http://www.einaudi.it/

Islabonita di Nico Orengo
2009, 159 p., rilegato - Editore Einaudi

Considerazioni psicoanalitiche sull'opera di Michelangelo. Di Maria Beatrice Protino

È di Stefano Calamandrei, specialista in Psichiatria, l’articolo dedicato all’opera di Michelangelo e pubblicato su Florilegio 2003, ed. Nicomp L.E., a seguito degli incontri di Arte e Psicologia che da qualche anno la Biblioteca degli Uffizi ospita. L’associazione, creata ad uopo, di storici d’arte, psichiatri e psicologi conduce delle «incursioni borderline in ambienti scientifici autonomi e diversi» per favorire quella interdisciplinarietà culturale atta ad interpretare forse o a scoprire addirittura i percorsi psicologici dei singoli artisti, per svelarne le interne contraddizioni o i lampi di quella genialità che li ha condotti alla soglia dell’immortalità. Michelangelo ha affrontato un tema molto moderno, percepito oggi in tutta la sua drammaticità e divenuto senz’altro il contenuto centrale dell’arte contemporanea: la rappresentazione del bambino insufficientemente stimolato, con un Sé indebolito, vulnerabile. «La creatività artistica ha un carattere spesso coatto e involontario – scrive C. – tanto che in molti artisti la sua assenza produce una depressione che affonda negli strati più profondi della loro personalità. Frammenti infantili, lasciati indietro durante una crescita non ottimale, possono rimanere esclusi dalla struttura attiva e produttiva della mente, più superficiale e cosciente, e legati a qualcosa di più profondo e non integrato».
M. ha elaborato il tema dominante della maternità e della morte per tutta la sua vita artistica. Ma la sua creatività ha avuto una nota di ripetitività, anche se sofisticata ed elaborata, data dall’abbraccio tra madre e figlio raffigurandolo come una holding insoddisfacente: questo è accaduto sia che eseguisse una maternità – si veda ad esempio la Madonna della Scala, la Madonna di Bruges - sia che scolpisse la Pietà, cioè una madre che culla il figlio morto.
Come spiega C., ognuno di noi, per tutta la vita, cerca di integrare la propria personalità di ciò che possono essere considerate le mancanze interiori… Nel farlo ha anche bisogno degli altri esseri umani; ha bisogno di provare emozioni; ha necessità di scambi affettivi. Eppure è vero che si impara a stare con gli altri solo dopo aver imparato a stare con se stessi. Quest’ultima è un’acquisizione complessa - che si compie nel periodo dai sei mesi ai due anni - che la nostra mente deve apprendere attraverso un contatto stretto e la presenza di un’altra persona, una persona che svolga il compito di una sorta di mediatore di fronte alla disperazione che arriverebbe inevitabile dalla solitudine e dal nulla. L’altra persona è appunto la madre, per cui l’immaturità dell’Io del bambino viene equilibrata dall’Io della madre, proprio perché lo stare soli ma con un’alta persona permette al bambino di introiettare – dice C. - quella capacità di sostegno, come se il bambino si creasse una madre interiore, una funzione interna. Per tutto il resto della vita non faremmo altro che continuare ad addomesticare quel senso di solitudine grazie a quella capacità di auto-sostegno ormai strutturata interiormente.
Naturalmente, se questo passaggio non avviene, non si riesce ad entrare in relazione con gli altri in maniera soddisfacente e nemmeno a stare bene da soli, ma nasce un senso di risentimento e dipendenza comunque mai soddisfacente, per cui le angosce di separazione non elaborate diventano una ricerca estenuante della soddisfazione mancata dell’infanzia. Il sostenere della madre, cd. Maternage, si orientano essenzialmente a creare un ambiente adatto a venire incontro alle esigenze del bambino, che si raffigura soprattutto col tenere in braccio. Ed è appunto l’essere tenuti in braccio, o meglio, il non esserlo, il tema caro a M. La raffigurazione del rapporto madre-neonato vede spesso il bambino sofferente tenuto in braccio da una donna distratta ed assente. Certo, questo distacco può essere interpretato in maniera diverse. Se analizziamo l’opera in chiave religiosa, potremmo ritenere che la Madonna è pensierosa perché consapevole del destino del figlio. Ma se facciamo riferimento a tutta la produzione di M. e, soprattutto, se guardiamo alla sua infanzia, trascorsa presso una famiglia di scalpellini dove fu messo a balia, per tornare poi nel nucleo familiare originale solo verso i due anni, probabilmente riusciremo a trovare anche altre motivazioni, magari più complesse. Nella Madonna della Scala, eseguita probabilmente dall’artista all’età di quindici-diciassette anni, Michelangelo raffigura una donna con un bambino in braccio: lei appare molto distaccata, sembra pensare a qualcos’altro mentre il bimbo si volta verso di lei ed esprime fatica ad autosostenersi e angoscia a cercarla. La madre scopre un po’ il seno per allattare il figlioletto e sembra accudirlo con gesti istintivi ma forzati e con un dito gioca con la veste, dando l’impressione di essere assorbita in una fantasticheria che la conduce altrove. Queste caratteristiche torneranno sempre in tutte le Madonne che l’artista rappresenterà. Nella Pietà, scolpita nello stesso periodo della Madonna di Bruges, ha un’iconografia nordica e aveva preso ispirazione da un testo di Simeone Metafraste del X sec. che narrava di come la Vergine avesse tenuto il figlio morto sulle sue ginocchia ricordandosi di come lo aveva cullato da piccolo. La Madonna è una donna giovanissima, tanto da apparire quasi coetanea al Cristo morto, critica alla quale M. rispondeva considerando che le donne caste mantengono sempre un aspetto giovanile. Michelangelo, inizialmente, scolpì la Pietà per adornare la sua tomba e pose dietro la coppia madre-figlio - le cui teste si fondevano là dove si toccavano - un San Nicodemo, una figura paterna che sostiene le altre due, figura probabilmente da interpretarsi come una raffigurazione di se stesso che sostiene la coppia. Un’altra considerazione di C. è condotta sul lavoro non-finito che M. ha lasciato fin dalle sue prime opere: «Il non finito esprime quell’abbraccio, quell’integrazione cercata, il dualismo madre-figlio, anche se viene messo in evidenza soprattutto il rapporto con qualcosa che spaventa, con la tentazione». Se si pensa alla Tauromachia, può riscontrarsi quasi un Io che si emancipa, emerge dal caos e si volge alla strutturazione. Ma è un divenire che parte dal non-finito, appunto, costituito da un insieme di frammenti confusi, in lotta tra loro, con centauri uomini e centauri donne e figure non distinguibili, opera sulla quale Michelangelo ritornò spesso come a parafrasare la sua crescita personale, l’ affinarsi della sua personalità.
Michelangelo continuerà a raffigurare o a scolpire la difficoltà dell’Io ad emergere, senza una madre davvero presente, attanagliato da un senso di abbandono e solitudine sofferente, che forse, come già aveva evidenziato Freud, sarebbe stato poi il vero tema caro a M., cioè la rappresentazione del controllo dell’ira e della frustrazione provati nel sentirsi rifiutato dalla madre.

sabato 30 maggio 2009

Scritto sul corpo di Jeanette Winterson (Oscar Mondadori). Rec. di Vito Antonio Conte

“Perché è la perdita la misura dell'amore?”: questa domanda, ma potrebbe pur'essere una constatazione (e tante altre cose), è anche l'incipit di una storia densissima, una storia che non è una storia, una storia ch'è tante storie, una storia che leggo non per scelta e nemmeno casualmente, ma per dono di chi l'ha letta (quasi) per caso (frutto d'un altro dono) e ha visto l'immagine di sé riflessa dentro... Una storia che non mi prende, non so perché (o, forse, sì). Ma mi fa pensare. Non so perché si scrive una storia così (o, forse, sì). So perché la leggo: voglio vedere anch'io quell'immagine. Da una prospettiva differente. È una storia dell'amore, non d'amore, ma dell'amore, una storia dell'amore universale, non “la” storia dell'amore universale, ma “una” storia dell'amore universale, dell'amore che non si può dire, di quello difficile da raccontare, che cerchi di renderlo in una storia ma quella (volente o nolente) svicola via, non ne vuole sapere di aderire a quel che è, per quanto attingi dappertutto e i richiami si moltiplicano all'infinito, ma quel tutto non s'incastra, non dice niente, anzi diverge, s'allontana da quel che è e che vorresti fotografare, ma sulla carta -piuttosto che una finitezza- rimangono soltanto tratti sfumati, ché non ci sono parole e qualunque espediente è inadeguato per disegnarla e darle il pur minimo contorno. Non si può definire l'infinito. Lo si può intuire. Forse. Lo si può ascoltare. Lo si può sentire. E condividere. A volte. Ché non puoi dire di tutte le altre storie per far capire la diversità di questa storia, ché non puoi narrare del mondo, dei cieli, delle terre, dei mari, dell'oltre, degli uomini, delle donne, di tutti gli uomini che hai conosciuto, di tutte le donne che hai conosciuto, per spiegare quanto è raro quest'amore! E non basta invocare la bellezza delle stagioni per dipingere la bellezza di quest'amore e non c'è da guardarsi intorno e dentro e altrove per far comprendere quel che sai e quanto ti sfugge per colorare l'improvviso ch'è fragore assordante e quiete indicibile di quest'amore che arriva senza annuncio che ti coglie come scossa d'alta tensione quando compare lei. Lei che già sapeva lei che ti amava già senza saperlo lei che non osava confessarlo neanche a se stessa e che ha avuto l'ardire di dirlo a te lei che non voleva ma che non poteva far tacere quell'amore lei che adesso lo vuole con ogni parte di sé lei che intanto ti era scoppiata dentro spezzato il cuore impazzito ogni atomo frantumata l'essenza e non servono più virgole inutili i punti non c'è bisogno di parentesi nessun segno grafico accapo per niente nessuna interpunzione alcunché che possa in un modo qualunque staccare parole dalle parole respiro dal respiro voce dalla voce pelle dalla pelle anima dall'anima fiato dal fiato labbra dalle labbra natura dalla natura occhi dagli occhi capelli dai capelli carne dalla carne sorriso dal sorriso non si può frenare la piena di un fiume non puoi ripararti dal monsone lui spira tagliente da terra verso l'oceano e dall'oceano verso terra neppure il millenario albero cavo può accoglierti ché questo amore tracima e ti porta con sé non puoi liberarti dalla costanza smisurata dell'aliseo non c'è tregua nel vento dell'amore non c'è ortodossia nella forza degli elementi che possa mutarne il corso non c'è temporale senza devastazione non esistono argini quando la pioggia diventa torrenziale ma anche quell'acqua può essere calda nel gelo dell'inverno più inverno se lasci straripare quell'amore sì che rompa ogni terrena costruzione e non puoi fuggirlo non puoi limitarlo non puoi costringerlo un amore così quando arriva se arriva non conosce leggi un amore così quando arriva se arriva non ha ragione un amore così quando arriva se arriva ignora qualsiasi forma è contenuto assoluto è galoppo di cavalli selvaggi lunghe criniere in faccia ai confini noti scalpitìo assordante e polvere che s'alza fin quando chi governa quell'impeto maestoso unico tra simili riceve un segno proprio quel segno esattamente quel segno e lo trasmette agli altri inarrestabili per il resto che s'acquietano a guardare oltre quella fatalità un amore così è fulmine che genera luce è fuoco che avvampa e divampa è dolore incandescente è fiamma che cauterizza la ferita è gioia lancinante è andare incontro al sole senza motivo stringersi le mani sfiorarsi di baci mordersi il morso graffiare il gatto godendo l'irto pelo e fusa e fusa e fusa è andare così incontro al sole e penetrare tra le ciglia scovando colori mai visti è perdersi nelle infinitesime goccioline di nebbia di una città sconosciuta nel mentre su quel ponte sopra un altro corso umido hai perduto il senso e sai che potrebbe crollare ad ogni istante anche se il tuo peso è leggero come di nuvola araba ma insostenibile come di piombo notturno a Gaza un amore così è tutte le latitudini che hai toccato ed è soprattutto i poli che mai ti è stato dato di avvicinare e chissà forse un giorno chissà forse una notte di luna e di stelle chissà avresti potuto ma ti è mancato qualcosa e l'hai perduto hai perduto quell'amore hai perduto lui hai perduto lei non importa chi non importa uomo o donna ché era proprio quell'amore l'unico amore precisamente quell'amore ed è quell'assenza non il dolore ma quell'assenza che non sopporti non la sopporti proprio non la sopporti più ché l'hai detto l'hai detto bene l'hai detto senza scampo nonostante i troppi manuali che c'è un abisso tra il dolore e l'assenza ché l'assenza è vuoto e “il dolore finisce... ma il vuoto non viene mai colmato”. E puoi scrivere che “L'amore è la sola cosa più forte del desiderio e l'unica vera ragione per resistere alle tentazioni”, puoi far dire a Louise “Non ti lascerò più andar via” e inventarti che “Quello che si rischia è misura di quel che si vale” e (dopo di me, prima di me o insieme a me, cosa importa?) “Vorrei sentire ancora la tua voce”, ma poi – te lo devo dire Jeanette- tu non sai cos'è la felicità, perché l'altro sei tu! Questo ho pensato fortemente a un certo punto. Senza cercare nulla su di te... Poi però so che hai giocato, un gioco brutale e bellissimo, come quell'amore: maledizione e miracolo. Come l'ultima immagine che regali, Jeanette Winterson, in questo libro, “Scritto sul corpo” (Oscar Mondadori, €? Non lo so, ve l'ho detto, è un regalo!), “La storia comincia qui, in questa stanza spoglia. Le pareti stanno esplodendo... Oltre la porta c'è il fiume, ci sono le strade; lì saremo noi. Quando usciamo, possiamo portare il mondo con noi, e prendere il sole sottobraccio. Ora sbrigati, si sta facendo tardi. Non so se questo è un lieto fine, ma eccoci nella piena libertà dei campi”. E chiunque tu sia, donna o uomo, non importa, non importa perché -come aveva giurato- lei (Louise) è ancora con te. E se, come te, “non credo alla letteratura che diventa vita”, sono convinto che la realtà spesso supera la fantasia e, a volte, l'anticipa... Poi inizio a leggere anche “Il sesso delle ciliegie”, sempre di Jeanette Winterson, e nelle prime pagine, tra l'altro, incontro questo pensiero: “Ogni viaggio ne cela un altro nella sua rotta: il sentiero che non è stato seguito e l'angolo dimenticato”. E mi piace. Mi prende. Subito. Continuo ad andare... con te e con quest'altra immagine di te, con te che sei parte di questa scrittura, con te che sei parte di quest'amore.

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Scritto sul corpo di Winterson Jeanette
2000, 210 p., 8 ed.
Editore Mondadori (collana Piccola biblioteca oscar)

Il libro del giorno: La danza del gabbiano di Andrea Camilleri (Sellerio)

Prima di morire i gabbiani agitano freneticamente le ali in una sorta di danza macabra. Montalbano si lascia incantare dal gabbiano morente dalla finestra della sua casa di Marinella, ma fa presto a dimenticarlo. Sta infatti per andare in vacanza con Livia che è già giunta a Vigàta. Solo un salto al commissariato per lasciare tutto in ordine e poi finalmente partire.
Giunto in ufficio Montalbano chiama i suoi a raccolta. Manca solo Fazio, il più fedele e puntuale dei suoi uomini. Non è tornato a casa, il cellulare è muto; il timore diventa allarme.
Il commissario ripercorre le più recenti tracce di Fazio: è stato visto per l’ultima volta al molo, aveva appuntamento con un vecchio compagno di scuola, un ex ballerino finito nei pasticci. Qualcuno poi l’ha notato in campagna, in una zona disseminata di pozzi artesiani, forse un cimitero di mafia. E in effetti un primo cadavere affiora…
Un giallo tutto d’azione, con un Montalbano turbato per la sorte di uno dei suoi, e in corsa contro il tempo.
E Livia? Anche il lettore, come Montalbano, sembra essersene dimenticato, ma non è certo uscita di scena...

I romanzi gialli con protagonista Salvo Montalbano finora pubblicati da questa casa editrice sono: La forma dell’acqua, Il cane di terracotta, Il ladro di merendine, La voce del violino, La gita a Tindari, L’odore della notte, Il giro di boa, La pazienza del ragno, La luna di carta, La vampa d’agosto, Le ali della sfinge, La pista di sabbia, Il campo del vasaio, L’età del dubbio.

venerdì 29 maggio 2009

TRICASE COMICS 09


TRICASECOMICS
30 e 31 MAGGIO 2009


PALAZZO GALLONE
(start 30 Maggio 2009 ore 15:00)


STANZA ADIACENTE SALA DEL TRONO:

ESPOSIZIONI TAVOLE E BOZZETTI ORIGINALI DEI SEGUENTI AUTORI:

Emilio Urbano (Walt Disney) – Alessio Fortunato (Eura Editoriale) – Giuseppe De Luca (Nemrod della Starcomics – Domenico Rosa (Illustratore de “Il Sole 24 ore”) – Lupiae Comix (Scuola di fumetto) – Il Regno delle Arti.

SABATO 30 MAGGIO 2009

ORE 15.30 SALA DEL TRONO

PROIEZIONE FILM DI ANIMAZIONE
“GOLDRAKE ALL’ATTACCO” (Regia Go Nagai)


ORE 17.00 SCUDERIE PALAZZO GALLONE

WORKSHOP A CURA DI ALESSIO FORTUNATO (Disegnatore della Eura Editoriale) E DI GIUSEPPE DE LUCA (Disegnatore di Nemrod della Starcomics)
“IL FUMETTO REALISTICO DALLA SCENEGGIATURA SCRITTA ALLE TAVOLE DISEGNATE”

ORE 18.00 SCUDERIE PALAZZO GALLONE


WORKSHOP A CURA DI LUPIAE COMIX (Scuola di fumetto)
“LE RIVISTE DEL FUMETTO – CONTENITORE DAGLI ANNI SETTANTA AD OGGI”


ORE 19.30 SALA DEL TRONO
CONFERENZA STAMPA CON GLI AUTORI


ORE 21:00 PIAZZA PISANELLI

CONCERTO DEI RAGGI FOTONICI
(Autori ed Interpreti originali di Sigle tv per RAI, Disney, Sky)

Domenica 31 Maggio 2009


ORE 10.00 SALA DEL TRONO

PROIEZIONE FILM DI ANIMAZIONE
“LA CITTA’ INCANTATA” (Regia Hayao Miyazaki)


ORE 15.00 SALA DEL TRONO

PROIEZIONE FILM ANIMAZIONE
IL GIGANTE DI FERRO (Brad Bird)


ORE 16.30 SCUDERIE PALAZZO GALLONE

WORKSHOP A CURA DI EMILIO URBANO (Walt Disney)
“SCOPRIAMO IL FUMETTO DISNEY CON I MERAVIGLIOSI PERSONAGGI DI TOPOLINO & CO”
A SEGUIRE KETTY FORMAGGIO (McK Edizioni) SPIEGHERA’ IL RUOLO DEL COLORISTA NEL FUMETTO
E NELL’ILLUSTRAZIONE

ORE 18.00 SCUDERIE PALAZZO GALLONE

WORKSHOP A CURA DI DOMENICO ROSA (Illustratore de “Il sole 24 ore”)
DISEGNARE SENZA SCHEMI PARTENDO DALL’IMMAGINE E FINENDO ALLA NARRAZIONE

ORE 21.00 PIAZZA PISANELLI

SPETTACOLO “GENTE DI CARTOONIA
(lo show dei cartoni animati – conducono i Raggi Fotonici)

IN CASO DI PIOGGIA LA MANIFESTAZIONE SI TERRA’ COMPLETAMENTE ALL’INTERNO DI PALAZZO GALLONE

Il libro del giorno: È un problema tuo di Filippo La Porta, Gaffi Editore in Roma

Un viaggio ironico nelle secche dell'omologazione linguistica, analizzando genesi e storia di frasi fatte e modi di dire. Nel mirino i tic della lingua quotidiana. Brevi capitoli in cui si delinea una critica divertita ma radicale delle mitologie e dei conformismi che risuonano in fraseologie standardizzate. "È un problema tuo" "Tuttaposto" "Non c'è problema". Nelle radio, in tv, nei bar, nelle strade, si sentono ripetere ossessivamente queste e altre espressioni. È come un ronzio ininterrotto, corale, una koinè semplificante dietro cui si nasconde forse un vuoto insondabile. Alle divagazioni socio-morali di Filippo La Porta si aggiungono le vignette esilaranti di Dario Frascoli.

casa editrice Gaffi: http://www.accainco.it/

"Il saggista e critico Filippo La Porta si addentra nel repertorio delle frasi fattee dei tic, vizi e vezzi linguistici dell'Italia postmoderna (...)".

di Massimiliano Panarari tratto da Il Venerdì di Repubblica n.1106 p. 110

È un problema tuo di Filippo La Porta, 2009
106 p., ill., brossura, Gaffi Editore in Roma (collana Sassi)

giovedì 28 maggio 2009

Mario Salina con le sue Visioni Suburbane a Palazzo Sasso (Ravello)

Con una personale dal titolo “VISIONI SUBURBANE”, il prossimo 6 giugno 2009 Mario Salina presenterà il suo ultimo ciclo di opere nella splendida cornice di Palazzo Sasso a Ravello. Verranno esposti una serie di dipinti di vari formati, eseguiti nel corso del 2008 e di questi ultimi mesi. I soggetti sono figure in atteggiamenti semplici e quotidiani, colte in primo piano e in gran parte accomunate da un contesto dove domina l’elemento dell’acqua, da sempre amato dall’artista: Bagnante, Figura in riva al mare, Il pescatore, Il ponte, Pugile, Uomo di periferia, Uomo e cane. Dipinte come di consueto ad acrilico su tela, le opere raggiungono un delicato equilibrio fra i toni freddi (blu, verdi e grigi), in apparenza dominanti, e i toni caldi bruni e rosa, il tutto percorso da luminosi accenti di bianco. Ogni singolo pezzo è l’esito di una lunga elaborazione, che tuttavia conserva traccia dei passaggi precedenti, anche grazie al puntuale utilizzo degli stracci, laddove l’artista intende cancellare, e all’originale intervento di pennelli “modellati” dallo stesso Salina, dove invece vuole generare particolari effetti. Rispetto ai dipinti del 2007, che pure affrontavano tematiche affini utilizzando una tecnica analoga (Sali-scendi, Porto del sud, Lupo di mare e Canicola), in queste ultime tele si assiste al rafforzamento della sintesi delle figure e alla loro progressiva fusione con il paesaggio, quest’ultimo non più soltanto suggerito da singole presenze (un edificio, un animale ....), ma ormai semplicemente evocato da poche macchie di colore.
Segno evidente che Salina è sempre più concentrato sulla pittura e si sta indirizzando verso una sintassi più densa.

Mario Salina è nato nel 1963 a Mozzanica (Bergamo), dove vive e lavora. Si è diplomato all'Accademia di Brera nel 1987 e due anni dopo ha esordito con una personale alla Galleria Cannaviello a Milano. Da allora ha partecipato a numerose collettive e ha tenuto un buon numero di personali, ottenendo diversi premi e riconoscimenti.

M A R I O S A L I N A - "VISIONI SUBURBANE"
Inaugurazione: sabato 6 giugno 2009 · ore 19,00
Palazzo Sasso, Via San Giovanni Del Toro, 28, Ravello (SA) · Italia
testo in catalogo: Sara Fontana
progetto: GiaMaArt studio
dal 6 al 25 giugno 2009
direzione: Gianfranco Matarazzo
catalogo edizioni GiaMaArt studio

Gregorio Botta alla Fondazione Volume!

L'artista crea per Volume! un percorso in cui le opere agiscono sulle pareti e nello spazio per mezzo di riflessi e flebili visioni che sublimano la propria fisicità all'interno di un movimento capace di generare flussi di pensiero, in una sorta di processualità circolare. Un gioco di ombre e moltiplicazioni delle forme,dove la visione ricrea un movimento dialettico che lascia emergere l'essenza interna alle cose, l'armonia che le costituisce. Figure e immagini riflesse, apparenza e materia creano un mondo umbratile, come nella sotterranea caverna platonica. La consistenza della materia, la pesantezza del ferro sono trasposti nella leggerezza del colore come nella trasparenza dell'acqua, equilibrati meccanismi capaci di instaurare un dialogo tra luce e ombra, tra visibile e invisibile. La mostra sarà accompagnata da un catalogo in italiano e inglese con testi di Achille Bonito Oliva, Valerio Magrelli, Giangiorgio Pasqualotto e Gregorio Botta.

Gregorio Botta
giovedì 28 maggio 2009/venerdì 26 giugno 2009
Fondazione Volume!
via San Francesco di Sales 86-88, Roma, Italy

Da principio era la neve di Fabio Mele (Lupo editore)

L’11 settembre 2001 ha rappresentato una vera e propria catastrofe “psico-cosmica” come direbbe Manlio Sgalambro, dove il concetto stesso di sicurezza è venuto meno, se si pensa al fatto che la più ricca e potente nazione del mondo sia stata messa in ginocchio da una rete terroristica molto più efficiente e coordinata sul piano operativo di una CIA o di un FBI. Ma questo è solo un pretesto per dire che tutto il retroterra socio-politico-culturale ( con tutti i suoi pro e contro ovviamente) degli anni ‘80 e degli anni ‘90 si è lentamente sgretolato sino a polverizzarsi del tutto, rimanendo solo un debole ricordo di qualcosa di bello ( o brutto a seconda dei punti di vista), che non tornerà più . E dunque tutta una serie di sensazioni di straniamento, precarietà, instabilità, dis-equilibrio si affacciano nella vita non solo delle giovani generazioni, ma anche in quella dei “bamboccioni” di cui tanto si sente parlare da un anno a questa parte. L’orizzonte del futuro, ora è sempre più difficile da delineare, sempre più fosco, e la speranza ancora di qualcosa di certo e solido su cui costruire la propria vita, non è più possibile, e non lo è nemmeno e soprattutto per i protagonisti del romanzo d’esordio di Fabio Mele dal titolo “Da principio era la neve” per i tipi di Lupo editore di Copertino. Alex, Stefano, Aurora, e Sofia, sono personaggi che lavorano nel backstage delle loro esistenze, nel senso che si sentono sempre in bilico tra il prendere sulle proprie spalle la scelta di decisioni mature e responsabili, o ancora lasciarsi trasportare dalla melanconica gioia del vivere giorno per giorno, e delle sognanti elucubrazioni di società giuste, meritocratiche, senza guerre, e senza corruzione. I personaggi che Mele delinea, accolgono la precarietà anche nelle storie d’amore, dove la paura di sbagliare e farsi marchiare a fuoco il nome di una giovane donna o di un giovane uomo, sulla propria pelle, li fa richiudere nella più rassicurante zona comfort dell’amicizia, dove ci può scappare, perché no, anche un rapporto sessuale, tanto tra amici si fa no? Dimensione letteraria alla Sartre? Io non l’ho mai capita, e penso non la capirò mai. Datemi pure del provinciale, ma non posso farci niente! Ad ogni modo in questo lavoro, Lecce la ritroviamo per intero, vista dagli occhi di chi è nato nel 1982, ma che sa cosa sia un Mazinga Z, o un Gigi la trottola, che ascolta Marlene Kuntz e apprezzi Caparezza. Pop certo, e pop diventa anche il capoluogo salentino, dove il must dei gelati è un cono al gusto Pacific Blue, che sembra più il titolo di un serial televisivo americano. Il lettore potrà così sapere di via Trinchese, del “Tabacchi”, di Piazza Mazzini e di altri posti che riconoscerà o imparerà ad apprezzare per la prima volta. Insomma si parla del modo di vivere di ragazzi e ragazze nati dopo gli anni Ottanta, dall’adolescenza che non si ferma ai soli vent’anni, cosciente a corrente alternata dei problemi che vive e di quelli che affliggono la società.
Sullo sfondo del Salento, si stagliano coinvolgenti ed atipiche storie d’amore e di amicizia, in un’inconsueta miscela di musica, poesia e qualche sprazzo di analisi sociologica dell’oggi che non guasta!

Il libro del giorno: L' ultima campagna. Robert F. Kennedy e gli 82 giorni che ispirarono l'America di Thurston Clarke (Il Saggiatore)

La notte fra il 4 e il 5 giugno del 1968 il senatore dello stato di New York Robert F. Kennedy fu colpito a morte nel corridoio delle cucine dell'Hotel Ambassador a Los Angeles. Aveva appena concluso il discorso di ringraziamento per la vittoria delle primarie in California. Era a pochi passi dall'elezione alla presidenza degli Stati Uniti. La parola chiave della sua campagna era stata Hope, speranza. Per curare le ferite di un'America afflitta da tre anni di guerra in Vietnam, da discriminazioni e scontri razziali, da una povertà estrema tenuta nascosta. Speranza in una nuova guida morale per tutto il pianeta. Attorno a Bob Kennedy si erano strette le minoranze etniche e le categorie sociali più povere: chicanos, nativi americani, coltivatori del delta del Mississippi... Per gli afroamericani era la promessa del riscatto. Che cosa aveva fatto Kennedy negli 82 giorni della sua campagna elettorale? Chi era l'uomo a cui l'America guardava con speranza? Che cosa univa quella catena di persone in lutto che, per più di quattrocento chilometri, accompagnò il treno che trasportava la sua salma? Nel rispondere a queste domande, Thurston Clarke ricostruisce le primarie americane del '68, intervista amici, collaboratori, testimoni. Restituisce la figura di un uomo che in quei giorni diede il meglio di sé, che fu riconosciuto dagli elettori come un politico buono e onesto. L'epigono che in sé racchiudeva i destini del fratello John e di Martin Luther King.

casa editrice Il Saggiatore: http://www.saggiatore.it/home_saggiatore.php?

"Un giornalista scorse negli occhi di Kennedy morente una specie di dolce accettazione, come se invece di chiedere Cosa è successo, dicesse Allora ci siamo"

da In venticinque parole rubrica a cura di Antonio D'Orrico
tratto da Corriere della Sera Magazine n. 21 p.120

L' ultima campagna. Robert F. Kennedy e gli 82 giorni che ispirarono l'America
di Clarke Thurston
2009, 367 p., ill., brossura - Editore Il Saggiatore (collana Storia)

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