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venerdì 12 marzo 2010

Il libro del giorno: Il cattivo soggetto di Cavalluzzi-Rubini-Starnone (Manni editori)

Il cattivo soggetto è don Lucio, prete in crisi mistica. O forse Mimì Festa, irresistibile farabutto.
Di certo non Odette, incantevole cantante. Il cattivo soggetto è anche la vita che mescola continuamente il Bene dubbioso e fragile e il Male furbo, che assolve e si autoassolve.
È chiesa, prete, bandito, sangue: si guarda scrittura, si vedono mondi. Attraverso un campionario di personaggi, con un ritmo cinematografico, questa commedia gioca continuamente tra il grottesco e il giallo incalzando il lettore con una serie di situazioni a volte comiche, a volte commoventi, sempre avvincenti. La storia è quella di un uomo del Sud, Mimì Festa, che scappa da un passato nero e da una famiglia di malviventi che lo vogliono ammazzare.
Nella sua fuga incontrerà il prete di una piccola e tranquilla contrada, diventerà suo amico, ritroverà una donna e suo figlio e dovrà fare i conti con un’umanità che fino a poco prima sentiva estranea.

Argomento: Narrativa/Collana: Pretesti

Carlo Flamigni, Circostanze casuali (Sellerio editore)




















Come nella migliore tradizione del giallo, una persona conosciuta e rispettabile in società come il notaio Annibale Ricci Ribaldi (in realtà uomo laido e dai tanti vizi), con l’ “aggravante” di essere per giunta ricco di famiglia, viene trovato senza vita nel suo studio. Sorte analoga a distanza di poco tempo spetta all’ostetrica che ha fatto nascere i suoi figli. Un caso intricato e singolare, che viene affidato al questore Primo Casadei e la sua “progenie” di bizzarri investigatori. Quando si parla di un genere letterario come il Giallo, si deve sapere che fondamentalmente esso tende a rappresentare specularmente la vita, con tanto di intrecci di accadimenti casuali e fatti volontari, di tutta una serie di casualità che generano una serie di caoticità fastidiose che spesso però in maniera del tutto autonoma trovano il loro ordine e la loro esatta collocazione. Ovvero per dirla con la teoria del caos, un sistema dinamico si dichiara caotico quando a variazioni infinitesime delle condizioni degli ingressi, corrispondono variazioni finite in uscita. Di Carlo Flamigni, so che vive e lavora a Forlì e che è professore di Ginecologia e Ostetricia presso l'Università di Bologna. Di lui ho letto “Un tranquillo paese di romagna” appartenente in tutto e per tutto a quei polizieschi lontani sia dal thriller d’azione che dal giallo enigmistico e che mi è piaciuto veramente tanto. Ora torna con “Circostanze Casuali” sempre per i tipi di Sellerio, con l’evidente intenzione da parte dell’autore che questo lavoro letterario non venga letto come un semplice giallo. Romanzo non solo ricco di sesso, ma anche di particolareggiate digressioni di natura sessuale che è meglio lasciare in mano del lettore, per non perdersi il gusto di tutta un’atmosfera fatta di questo, ma anche di malelingue, livori di provincia, e numerosi caratteri vividi, innaffiati da un retrogusto “dolcenero” di Sangiovese. Di solito molti scrittori di giallo sembrano perdere il focus dello stile per cercare di trovare soluzioni scritturali che siano attinenti solo alla suspence e ai colpi di scena, ma non è il caso di Flamigni, che nonostante quella filosofia di vita al sapore di “non ti curar di loro, ma guarda e passa” e che si insinua tra le fitte maglie di questo lavoro (cosa che tra l’altro in tempi come i nostri ricchi di tanto rumore non guasterebbe), Flamigni cura tutto l' intreccio narrativo, realizzando dunque un libro davvero ben scritto e coinvolgente, che segue un intreccio generale (l'inchiesta poliziesca) nelle cui svolte sono intrappolati tanti personaggi i cui destini si gonfiano in una specie di tumultuosa fiumana del destino.

Carlo Flamigni vive e lavora a Forlì. Professore di Ginecologia e Ostetricia presso l'Università di Bologna, è stato Presidente della S.I.F.E.S. ed è membro del Comitato Nazionale per la bioetica.Presidente onorario dell'A.I.E.D., si occupa principalmente di Fisiopatologia della riproduzione e di Endocrinologia ginecologica. Con “Sellerio” ha pubblicato “Un tranquillo paese di Romagna” (2008).

giovedì 11 marzo 2010

Il libro del giorno: q.b. La cucina quanto basta di Sapo Matteucci (Laterza)

Delizioso, irresistibile, quasi un romanzo: un prontuario di cucina quotidiana per trarsi d’impaccio da ogni emergenza gastronomica. E non solo.
Vi piace mangiare, avete i vostri piatti preferiti e cucinarne degnamente alcuni è il vostro più grande desiderio ma non sapete nemmeno fare le uova strapazzate? I vostri amici sono soliti presentarsi alla porta inattesi, spesso di domenica, e preferibilmente ore pasti, mandandovi nel panico? Amate la buona cucina e provate una certa felicità di fronte a un piatto preparato con cura, specie se accompagnato dal vino giusto, ma la vostra inettitudine ai fornelli è ormai leggenda? ‘Sfamarsi’ da soli è proprio triste? Vorreste essere ricordati e non dimenticati, per un risotto? Siete ancora sotto shock per il vostro ultimo tracollo culinario? La cucina della zia è davvero irripetibile? Questo è il libro perfetto per voi. Arguto, originale, tutto da leggere, zeppo di idee inconcepibilmente semplici, q.b. di Sapo Matteucci è scritto per quelli che, a dirla tutta, non saprebbero cucinare (e forse non avrebbero nemmeno il tempo per imparare a farlo davvero) o temono se stessi in cucina, ma non per questo hanno intenzione di privarsi di un piacere tanto sociale, mondano, raffinato quanto intimo, estetico, esistenziale. Concreto e quotidiano.

Sapo (Saporoso) Matteucci, giornalista, ha lavorato per “Il Globo”, “Bell’Italia” e ha collaborato con “Traveller”. È vissuto a Firenze, Milano, Roma e Torino, dove ha lavorato nella casa editrice Einaudi. Attualmente è direttore responsabile della rivista della Società Italiana Autori ed Editori “Vivaverdi” e collaboratore di “Nuovi Argomenti”. Tra i fornelli c’è sempre stato ma finora solo gli intimi conoscevano le sue ricette.

Lovesickness di Michele Caccamo (Gradiva Publications)

Ormai posso dire non solo di conoscere la poesia di Michele Caccamo, ma anche di reputarmi un forte sostenitore della modalità espressiva che trasmette in quel suo fare versi singolarissimo. Finalmente ho tra le mani l’ultimo suo lavoro edito da Gradiva Publications in New York (di cui ho apprezzato da tempo il percorso editoriale) dal titolo “Lovesickness”. La cura editoriale e traduttiva è di Irene Marchegiani, e l’intervento post-fattivo di Maria Grazia Calandrone. Questo poeta, perché di poeta originale e “dulcissimo” si tratta, continua a stupire per alcuni aspetti che ora dimostrerò e legati soprattutto a quest’ultima raccolta poetica. La precedente produzione (penso a “Chi mi spazierà il mare” per i tipi di Zona e “La stessa vertigine, la stessa bocca” per i tipi di Manni) manifesta da subito un gioco ritmico dove le giustapposizioni di senso, gli accostamenti, le cesure, le metafore crude e ardite, risultano dense di un forte imprinting novecentesco. Sono poesie quelle della precedente produzione sature non solo di una insopprimibile malinconia e melancolia, ma manifestanti una tensione metafisica che fa sentire il poeta ora succube della terra ora padrone del cielo. Non insegue più dunque il vorace desiderio di corpi e pelle che si muovono nel suo ideale spazio lirico, non desidera più trasformare la sua poesia in una specie di bilancia che tenta di porre nel giusto equilibrio eros e amore, non vuole solo abbeverarsi del silenzio di una forte introspezione. Questa raccolta di versi invece è un inno alla speranza, un inno alla ricontestualizzazione del proprio slancio vitale nell’hic et nunc, un desiderio dialogante immenso e prepotente con il Divino, il Sacro, che è Donna, che è Maria, che è trans/gender, che è polifronte, che è Mistica. In questo dialogo sovrannaturale, Caccamo è cieco, come lo era Omero, e canta dell’eterna lotta tra angeli e demoni, tra sacro e profano, tra miseria e morte, tra infero e superno. Ma sa il nostro poeta che “come in alto, così in basso” e dunque in questo gioco di eterne finzioni, la fiducia nella parola deve essere massima, e in grado di creare paesaggi meravigliosi, chiari, tangibili dove i comandamenti dell’Amore creano una scienza esatta fatta di lirismo e trasfigurazione. Ma la vera legge, a mio avviso, che governa l’universo per versi di Michele Caccamo, è l’interrogarsi sulla finalità ultima e sulla plausibilità ultima del nostro esistere, quasi che questo domandare senza posa, imponga una indomita inquietudine che neanche l’Amore più alto potrà sedare. “Amore/noi viviamo in avvenire/come superstiti linee di gesso/ come fossimo un vento/fermato indurito/un tempo a due teste/ come ci fosse una distanza/tra stagni e stagni/ non ci fosse alcun fenomeno.” (pag. 94)


mercoledì 10 marzo 2010

Scassata dentro di Enzo Mansueto (D'If edizioni) alla Libreria Gutenberg di Lecce il 13 marzo















SCASSATA DENTRO
esplora l’universo poetico di Enzo Mansueto, agghiaccian-te e disincantato, suturando con metrica rigorosa e rabbia autentica testi editi e inediti in un nuovo organismo poetico destinato all’esecuzione.

Umanità alienata, orizzonti metropolitani, televisione, squallori notturni, algido lirismo, per un libro poetico dall’impatto forte, riflessivo, disturbante… Il cd allegato contiene le liriche del libro sonorizzate dai musicisti Davide Viterbo e Angelo Ruggiero, artefici, assieme all’autore, del progetto La Zona Braille. L’impianto sonoro varia dall’elettronica digitale e concreta alla composizione acustica, alle chitarre elettriche post-rock, intessendo in un flusso musicale mobile e autonomo la parola poetica.

Gli autori
Enzo Mansueto (Bari 1965), poeta, critico letterario e musicale, saggista, insegnante, ha fondato nel 1980 la band post-punk The Skizo, raccontata in Lumi di Punk (Agenzia X, Milano 2006). Ha partecipato a varî festival, reading e performance. Vincitore della terza edizione del premio di poesia «Laura Nobile» (Siena 1993), ha pubblicato le raccolte poetiche Descrizione di una battaglia (Scheiwiller – All’insegna del pesce d’oro, Milano 1995) e Ultracorpi (Edizioni d’if, Napoli 2006).

Davide Viterbo (Bari 1963), violoncellista, chitarrista, compositore, produttore, fondatore di diverse formazioni musicali, dagli Skizo ai Nura, ha collaborato con numerosi artisti. È in procinto di pubblicare l’opera strumentale Distant City.

Angelo Ruggiero (Bari 1961), cantautore, ha vinto nel 1991 il «Premio Recanati». Ha pubblicato gli album Regina dei Gatti (Musicultura-BMG 1993) e L’amore che non si può dire (Sottosuono 2005).

SCASSATA DENTRO” di ENZO MANSUETO (D’If edizioni)
Libreria Gutenberg, via Cavallotti 1 a Lecce sabato 13 marzo 2010 h. 18.30

in foto Enzo Mansueto (al centro) con il gruppo La Zona Braille

Il libro del giorno: Flashforward, avanti nel tempo di Robert J. Sawier (Fanucci editore)

Cosa succederebbe se l’umanità intera avesse la possibilità di vedere un frammento del proprio futuro? Il futuro dipende completamente da noi o è già stato scritto? E una volta conosciuto, lo accetteremo passivamente o decideremo di cambiarlo in ogni caso? A queste domande risponde Robert Sawyer con un romanzo avvincente, che affronta con competenza e profondità questioni di interesse scientifico e filosofico, come la responsabilità individuale e collettiva, la causalità degli eventi, la natura umana, riuscendo a innovare la migliore tradizione della grande fantascienza classica di Isaac Asimov e Robert Heinlein. Un’ulteriore conferma della statura di un autore giustamente considerato tra i migliori, che con Flashforward - Avanti nel tempo affronta uno degli argomenti più classici di tutta la fantascienza, ispirandosi al tema di Herbert George Wells nel romanzo La macchina del tempo. Flashforward è adesso anche una serie televisiva di successo, in onda su Fox, con protagonista Joseph Fiennes. Questo è il romanzo più amato e avvincente di Robert J. Sawyer, che adesso è anche una serie televisiva di successo in onda su Fox.

Robert J. Sawyer è oggi considerato uno dei massimi autori di fantascienza. Su Solaria sono usciti Avanti nel tempo (Solaria 6, giugno 2000), perfetto mix di avventura ed estrapolazione scientifica e sociale, e Processo alieno, originale legal thriller di stampo fantascientifico

La sposa gentile di Lia Levi (edizioni e/o)

Chissà per quale strana ragione del Destino, con Lia Levi ho avuto sempre a che farci, vuoi perché qualcuno mi consigliava un suo libro, vuoi perché mi sia trovato da spettatore (nelle rare occasioni in cui mi sono spostato da Lecce) ad assistere alla presentazione di un suo libro. Mi ha sempre sbalordito la dolcezza del suo sguardo, il suo sorriso accogliente, e i suoi modi gentili da donna di altri tempi. Mi piacciono i suoi racconti densi nel respiro di una scrittura che sa alternare leggerezza, piacevolezza e gusto sopraffino con grande maestria, in grado di eseguire ritratti dell’anima degni del più grande pittore contemporaneo. Insomma Lia Levi è una delle nostre scrittrici più interessanti.
Di origini piemontesi, Lia Levi vive a Roma dove per ben trent'anni è stata a capo del mensile ebraico “Shalom”. A Roma dalla prima infanzia, la signora Levi ha vissuto in questa città la maggior parte degli accadimenti più nefasti della storia del nostro paese: quelli segnati dalle “leggi razziali” del 1938. Ho seguito le sue vicende editoriali per la casa editrice E/O da “Il mondo è cominciato da un pezzo” sino a quest’ultimo lavoro e devo dire che non ha mai tradito le mie aspettative. “La Sposa Gentile”, fondamentalmente prende spunto da un intreccio familiare ambientato nel secolo scorso che ha come sottofondo una vicenda vera: l’avversato matrimonio di un giovane banchiere, figlio della borghesia ebraica piemontese, con una contadina cattolica. E’ la storia di Amos, giovane banchiere ebreo di una cittadina piemontese, che vuole diventare qualcuno e vuole mettere su famiglia. Una famiglia però di solido stampo patriarcale.
Si innamora fortemente di Teresa, una contadina cristiana del luogo, che diverrà il motivo principale per cui il loro matrimonio sarà caldamente osteggiato dalla comunità ebraica. Ma la forza dell’amore di Teresa per il suo uomo, porterà la giovane donna ad una scelta difficile ma ineludibile: quella di voler diventare anche lei ebrea. L’intera vicenda narrata nelle pagine di questo deliziosissimo lavoro, va dai primi del novecento sino alle leggi razziali del 1938, con un sottofondo di vicende politiche e di costume includenti l’età giolittiana, le prime agitazioni femministe per il diritto di voto alle donne, l’avvento del fascismo. Romanzo dunque storico e sentimentale, con protagonista un bellissimo modello di donna, Teresa, originale e in grado di accettare ciò che non conosce e di aprirsi senza pregiudizi e remore al nuovo che la vita le offre. Imperdibile!

martedì 9 marzo 2010

La Balena Mangialibri















Da giovedì 11 a domenica 14 marzo presso i Magazzini Ex Upim di Lecce si terrà la prima edizione di Balena Mangialibri - Festival di Letteratura e Illustrazione per l’Infanzia. La manifestazione è organizzata dall’Associazione Fermenti Lattici nell’ambito del progetto regionale “Principi Attivi – Giovani Idee per una Puglia Migliore” nella sua edizione 2009/2010, in collaborazione con Lupo Editore, Manifatture Knos, Cooperativa CoolClub, Farm e Festival Maggio all’Infanzia, con il patrocinio di Unicef, Provincia di Lecce e Comune di Lecce.
Balena Mangialibri è un festival nato per avvicinare i bambini alla letteratura e all’illustrazione attraverso il contatto diretto con l’oggetto-libro e tramite numerose attività: tre mostre d’illustrazioni, una video performance a tema, laboratori creativi, workshop, incontri letterari per grandi e bambini. In questa prima edizione saranno presenti con le loro ultime novità più di trenta case editrici italiane specializzate in pubblicazioni per l’infanzia.
Grande attenzione è inoltre riservata alle scuole primarie e dell’infanzia per le quali è stato predisposto lo speciale percorso didattico K-Bambini che prevede la visita guidata alle mostre, la partecipazione ai laboratori curati dalle Manifatture Knos e gli incontri con autori e illustratori. Luogo biblico, luogo fiabesco, luogo d’orrore ma anche di meditazione, il ventre della balena ospitò il profeta Giona che ne rimase imprigionato per ben tre giorni e tre notti. Molti secoli dopo una balena inghiottì Pinocchio e l’enorme stomaco divenne per Mastro Geppetto il luogo dell’attesa dell’incontro tanto desiderato col figlio. Il grembo della balena è immagine del ventre materno dove si gesta una nuova vita o del luogo ritirato dove si pensa ad un cambio di esistenza. Ispirandosi a questo immaginario l’associazione Fermenti Lattici vuole trasformare la pancia di questa strana balena in uno spazio d’incontro e di scambio che possa restituire un mondo pieno di libri e di bambini lettori. Tra gli ospiti del festival Arianna Papini, Giordano Aterini, Simone Nuzzo, Livio Sossi, Cristiana Valentini, Philip Giordano, Federica Iacobelli, Maddalena Gerli e molti altri autori e illustratori. Le mostre allestite saranno quattro: L’Equilibrio dei Sogni, in collaborazione con L’Istituto Europeo di Design di Milano; Big Faces, a cura di Big Sur Immagini e Visioni e in collaborazione con Gruppo Alternanza Scuola Lavoro del Settore Grafico Pubblicitario e Istituto d'Istruzione Superiore A. De Pace di Lecce; La Baleine Arc-En-Ciel, ovvero La Balena Arcobaleno, video performance interattiva che l’eclettico artista francesce Le Singe Vert ha progettato per i bambini del Festival; la Gattoteca dell’artista fiorentina Arianna Papini che comprende ventuno opere realizzate negli ultimi tre anni di lavoro i cui soggetti sono gatti. Inoltre nel corso del Festival saranno presentate le due nuove produzioni della casa editrice salentina Lupo: I Prepotenti, primo titolo della collana 33x33 che si propone di affrontare in chiave fiabesca, questioni attuali e di rilevanza sociale quali il rispetto del bene comune, l’ecologia, l’educazione alla legalità; Sotto mentite Spoglie nuovo numero della rivista UnduetreStella.
Il festival si chiuderà domenica 14 marzo con una lunga festa tra l’ex Upim e la vicina Piazza Sant’Oronzo dove busker, mimi e saltimbanchi animeranno la domenica del festival. Nel pomeriggio si terrà invece Favole Burro e Marmellata, una merenda durante la quale Balena Mangialibri incontrerà i bambini che hanno partecipato all’iniziativa L’incredibile viaggio di un libro in Book-Crossing partita nelle settimane precedenti alla manifestazione.
Balena Mangialibri è una balena bianca, verde, rosa, azzurra, a seconda delle occasioni colora ciò che ha intorno, è grande come Moby Dick, famelica come quella di Pinocchio e nella sua pancia accadono cose fantastiche. Attenti a non nuotarle troppo vicino, potrebbe scambiarvi per un libro.

Le scuole possono prenotare il percorso K-Bambini via mail scrivendo a info@balenamangialibri.it o telefonicamente allo 0832.092717 /340.4722974

Il libro del giorno: Tibet addio di Massimo Di Paola (Mursia)

«È il paese dove la natura è più selvaggia,

la luce del sole più intensa, l’aria più limpida
e frizzante, lo spazio più ampio
e gli uomini più buoni.»

Il Tibet, con tutte le sue contraddizioni, le sue meraviglie, le sue zone oscure, visto con gli occhi partecipi e commossi di un chirurgo romano che per sei mesi ha vissuto nel «paese sopra le nuvole» per istruire giovani medici tibetani e cinesi. Un incarico accettato per «curiosità» che si trasforma con il passare delle settimane in un’esperienza straordinaria tra lama, eremiti, malati, medici tradizionali, cantastorie, bambini sorridenti, commercianti, rigidi funzionari cinesi.
Un diario di viaggio che porta il lettore attraverso altopiani sconfinati, grotte oscure e città millenarie su cui pesa l’incuria: luoghi dove gli stranieri abitualmente non camminano ma in cui sopravvive il fascino di una cultura antichissima e di una medicina naturale che rischiano di scomparire sotto lo sguardo distratto del mondo.

Massimo Di Paola, nato a Roma nel 1948, laureato in Medicina, ha conseguito due specializzazioni chirurgiche. Ha partecipato a iniziative di formazione di chirurghi di Paesi emergenti in Madagascar, Somalia, Gibuti, Eritrea, Tibet, Iraq e Albania, dove è stato anche consulente del ministro della Sanità Kristo Pano nella riorganizzazione del sistema sanitario del Paese. I suoi progetti di qualità e umanizzazione del ricovero ospedaliero hanno vinto numerosi premi.

Storia del mondo arabo a cura di Ulrich Haarmann (Einaudi)

Tra il VII e l’VIII secolo gli arabi conquistano buona parte del Mediterraneo e dell'Asia, destando per la rapidità delle loro azioni grande stupore. I diversi califfati succedutisi da Maometto in poi, sono stati creatori e testimoni di una civiltà di gran lunga superiore a quella europea, e formatasi in tempi relativamente brevi. Una cultura quella islamica, ricca di tensioni interne ma soprattutto nella sua storia, piena di conflitti con mondi non musulmani e in perenne sfida e confronto con il mondo occidentale. Un confronto che nella più immediata contemporaneità è costato caro al mondo arabo visto che con la recente crisi finanziaria il tasso di disoccupazione ha raggiunto circa il 13% e che tenderà ad aumentare per la fine del 2010, nonchè perdite per ben 3 trilioni di dollari secondo quando dichiarato nel 2007 dai più illustri rappresentanti del mondo arabo riuniti in un meeting economico pan-arabo a Dubai. Per conoscere tutto questo e molto di più di un mondo a noi contingente sotto molti punti di vista, consigliamo un classico editato dal 1987 già diverse volte: “Storia del mondo arabo” pubblicato da Einaudi a cura di Ulrich Haarmann, e a cura di Francesco Alfonso Leccese per l’edizione italiana. Nuovi autori si affacciano in questa nuova edizione dove la complessità e le svariate problematiche del mondo arabo vengono analizzate sino agli anni 2000. Da evidenziare tra gli interventi quello di un esperto dell’Islam contemporaneo, come Reinhart Schultz, ordinario presso l’Università di Berna. La qualità del lavoro in questione è veramente grandiosa vuoi per rigore metodologico, vuoi per un grande respiro di analisi storica del mondo arabo, non più dunque secondo criteri legati allo sterile succedersi di dinastie, o ad un semplice studio dell’omogeneità antropologico-linguistica di quella zona geografica. L’approccio viene a strutturarsi secondo un processo d’indagine legato anche e forse soprattutto al fitto rapporto esistente tra logiche di potere e fenomenologie sociali nell’Islam. Vorrei segnalare i capitoli relativi ai secoli XIX e XX del mondo arabo, lo sutdio della formazione degli stati moderni in quell’area, la prima Guerra del Golfo. Studio originale questo dato alle stampe da Einaudi soprattutto per lucidità nel cogliere tutti quei condizionamenti che sono frutto di alternanti questioni oscillanti tra dogmatismo religioso e potere politico

Gli interventi presenti nel volume sono di : Monika Gronke, Ulrich Haarmann, Heinz Halm, Barbara Kellner-Heinkele, Helmut Mejcher, Tilman Nagel, Albrecht Noth, Alexander Schölch, Reinhard Schulze, Hans-Rudolph Singer, Peter von Sivers, Ulrich Haarmann

lunedì 8 marzo 2010

Il libro del giorno: Il frutteto di Vittorino Curci (LietoColle)

La raccolta propone testi prodotti dall'autore nel biennio 2007-2009. La scrittura di Curci è inconfondibile e originale nello sviluppo di testi in versi e in prosa secondo un'architettura che comprime in sintesi il pensiero per poi estenderlo in narrazione poetica.

L'IDEA DEL FUTURO NEL PASSATO

L'impulso dei minuti sulla mia strada senza luna/(dove guardo il tutto incerto di una folla silenziosa/nel sospiro che giudica il mondo). I frutti maturano/nel candido fulgore dei mattini. /I fatti sono questi./C'erano altri che avevano più fretta di noi./Battevano i pugni sulle porte razionando l'aria./Due di loro, supplichevoli, aggiungevano lacrime/alla pioggia. L'immotivata tensione della scena/irrompeva in luoghi e giorni del passato/dove i monaci-viandanti, le torri di sughero e i leprotti/sui treni, erano tutti/nel mezzoforte della voce, nel movimento delle braccia/in un racconto di guerra.

Succede spesso che i vecchi siano buoni profeti/(specialmente se hanno messo molto a capire)./Ma nel fiato della terra si è sempre soli./E io pensavo a cose a cui non avevo/mai pensato. A figurazioni che fanno razzia del tempo/senza farci soffrire.

Vittorino Curci è nato e vive a Noci, in provincia di Bari. Con LietoColle ha pubblicato "La stanchezza della specie" nel 2005 e "Un cielo senza repliche" nel 2008.

"Bianca come il latte, rossa come il sangue" di Alessandro D'Avenia (Mondadori)




















Leo ha sedici anni: vuole stare con gli amici, giocare a calcetto, e non si separa mai dal suo iPod. Di scuola neanche a parlarne, e i docenti non sono altro che dinosauri destinati all’estinzione. Leo viene a sapere che sta per arrivare un supplente di storia e filosofia, e quale occasione migliore, pensa il ragazzo, di fargli capire al prof. “nuovo di zecca”, che anche lui è uno di cui non ci si deve fidare più di tanto perché sta dall’altra parte della barricata, e merita dunque una certa attenzione con tanto di “cerbottanate” preparate ad hoc . Ma la storia è diversa: questo prof. carica di passione le sue lezioni, sollecita l’attenzione e la cura per il sapere e per i propri sogni. Tutto bello certo, ma col bianco che si fa, pensa Leo, che si fa con quel vuoto che sembra ingoiare tutto. Col rosso invece tutta un’altra faccenda: il colore dell'amore, della passione, del sangue; rosso come i capelli di Beatrice, il suo sogno. Un sogno però difficile da coccolare, da tenere tra le braccia, quando scoprirà che il bianco sta per divorare Beatrice, facendola ammalare, regalandole un male duro da inghiottire. Questo splendido libro racconta un anno della vita di un adolescente che oscilla tra ingenuità, voglia di speranza e disperazione, quel tipo di disperazione che un po’ tutti abbiamo problematicamente vissuto sulla nostra pelle. Già perché è facile identificarsi con Leo, sentirlo parte di se stessi, assaporare i suoi pensieri che ci proiettano in altri tempi, e in altri odori, colori e nostalgie. Alessandro D’Avenia ha tutte le carte in regola per diventare un grande scrittore, non certo perché è stato pubblicato da Mondadori. E’ riuscito a strutturare un’opera che si fa leggere volentieri, che arricchisce interiormente il lettore (direi quasi terapeutico) e soprattutto fa pensare in maniera positiva. “Bianca come il latte, rossa come il sangue” oltre ad essere un romanzo di formazione, è un testo scanzonato e brillante, intimo e tormentato allo stesso tempo, che può piacere anche agli adulti, che ne troveranno anzi sicuramente beneficio. Un libro insomma che non può lasciare indifferenti ed anche se pieno di parolacce amalgamate sapientemente con tanto di forza evocativa e immagini poetiche, si insinua nel cuore con delicatezza insegnando che se si vuole capire il perché di molte cose nella vita bisogna assumersi il rischio di tutto anche del dolore.

domenica 7 marzo 2010

Il libro del giorno: Ad personam di Marco Travaglio (Chiarelettere)


"Che un miliardario con aereo privato, mass media privati, partito privato e cimitero privato pretenda anche una giustizia privata è perfettamente nella logica."

Michele Serra


Corrompere giudici e testimoni, falsificare bilanci, frodare il fisco. E non essere processati. Sedici anni di leggi prêt-à-porter (1994-2010) ad personam, ma anche ad personas, “ad aziendam”, “ad mafiam” e “ad castam” per pochi potenti illustri. Dai decreti Conso e Biondi dopo Tangentopoli alla Bicamerale (“Il piano di rinascita democratica? Me lo stanno copiando con la bozza Boato”, esultava Licio Gelli). Per continuare con le leggi sul falso in bilancio, le rogatorie, le intercettazioni, con le norme pro Sofri e Dell’Utri, pro Sismi e Telecom, e con i condoni fiscali ed edilizi, con l’indulto del centrosinistra, con i lodi Schifani e Alfano, gli illegittimi impedimenti e il processo breve che fulmina gli scandali Mills, Cirio, Parmalat, Fiorani, Unipol, Calciopoli e le truffe della clinica Santa Rita. Tutti salvi. Sedici anni per tornare a Tangentopoli e a Mafiopoli, cancellando Mani pulite e la Primavera di Palermo, e beatificando Craxi, corrotto e latitante.


Marco Travaglio, editorialista e cofondatore de “Il Fatto Quotidiano”, collaboratore

fisso di Annozero, ha scritto fra l’altro "Mani sporche" (con G. Barbacetto e P. Gomez), "Se li conosci li eviti" (con Gomez), "Italia Annozero" (con Vauro e B. Borromeo), "Bavaglio" e "Papi" (con P. Gomez e M. Lillo), tutti editi da Chiarelettere. Per Editori Riuniti ha pubblicato una nuova edizione de "L'odore dei soldi" (con E. Veltri). Di grande successo il suo tour teatrale con "Promemoria" (Libro e dvd, Promomusic). Da poco in libreria il dvd "Democrazya 2009" (Casaleggio Associati). Cura anche un blog, voglioscendere.it, con Gomez e Pino Corrias.


"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distionzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali".

Art. 3 della Costituzione italiana

L'Accademia dei Vampiri di Richelle Mead (Rizzoli)

“Piegai la testa di lato e scostai i capelli, lasciando scoperto il collo. La vidi esitare, ma la vista del mio collo e di ciò che le offriva fu troppo convincente. Un’espressione affamata, le attraversò il viso, e le sue labbra si schiusero, un poco, snudando i canini…”
Se dobbiamo parlare di “politicamente corretto” dovrei essere sincero e dire che lo è solo questo primo volume della serie Vampire Academy (negli Usa già al quinto volume) della scrittrice Richelle Mead, visto che tutti le altre pubblicazioni utilizzano un linguaggio a volte nudo e crudo e descrivono scene per niente adatte al pubblico di “giovani adulti” a cui ipoteticamente è destinata l’opera. “L’accademia dei vampiri” è nel nostro paese edito da Rizzoli. L’originalità di questa scrittrice sta soprattutto nell’aver creato due tipologie di vampiri assai differenti tra loro: i primi sono i Moroi buoni, vivi e soggetti alla Morte come tutti gli altri comuni mortali, tollerano la luce del sole e si nutrono solo del sangue di “volontari”; i secondi sono gli Strigoi, non-morti e immortali, insolenti, perfidi, notturni e desiderosi di nutrirsi sangue Moroi. L’alternativa genomatica è rappresentata dai Dhampir metà vampiri e metà umani, che sono stati “programmati” per divenire i guardiani dei Moroi. Queste ultime due specie sono soliti muoversi in coppia, frequentano la stessa accademia, studiano più o meno le stesse materie. Le vicende raccontate in questo libro riguardano la bella Lissa Dragomir, principessa Moroi, “succhiasangue” mortale, vessata dalle minacce degli Strigoi, vampiri più pericolosi, agguerriti, nonchè immortali. Rose, la sua custode, è una Dhampir, “una mezzosangue”. Le due ragazze, dopo due anni a contatto con la dura realtà (viaggiando tra Portland e Chicago) vengono riportate a St. Vladimir's, l'Accademia dei Vampiri. Solo leggendo l’intero romanzo, il lettore potrà scoprire perchè le due ragazze sono fuggite, le gerarchie di casta e i rapporti che ci sono tra i vari studenti dell’accademia, quali sono poteri di cui è dotata Lissa e molto, molto di più il tutto tra una fitta serie di impegni delle protagoniste che comprendono balli, nnamoramenti, flirt con i più anziani, fascinosi coach e conflitti senza esclusione di colpi con gli insidiosi Strigoi . Senza ombra di dubbio si tratta di una bella sorpresa questo romanzo della Mead, sotto ogni punto di vista sia scritturale, che ideativo. La prima cosa che mi è venuta in mente leggendola è che si trattava di un esperimento da laboratorio meravigliosamente riuscito che lo collocava a metà strada tra Harry Potter e Twilight. Ad ogni modo dire che è per un pubblico di 12 anni mi sembra azzardato. Imperdibile per gli amanti del genere!

"Fuori i secondi" di Vito Antonio Conte (Luca Pensa editore) visto da Elisabetta Liguori

Ora lo so che leggere chi ami è più doloroso. Vito Antonio Conte ha mandato in stampa all’inizio dell’anno una nuova raccolta di scritti per Luca Pensa Editore, dal titolo evocativo “Fuori i secondi” ed io da allora mi tormento. Mi tormento perché ormai lo so bene che non potrò far finta di nulla. Non potrò restare indifferente e non rendermi conto di quanto sia cambiata la mia vita negli ultimi dieci anni. Oggi non leggo per leggere, oggi leggo per capire, per confermare, oggi leggo per sopravvivere. Quello di Vito Antonio Conte è esattamente quello che io definirei un manuale di sopravvivenza, infatti. Il manuale di chi sa. Perché diciamolo una volta per tutte: non è che la lettura fortifichi gli animi come a volte si è detto (mentre altre volte si è sostenuto che la scrittura renderebbe più inquieti). Non è vero, ché (ecco lo vedete: uso le causali come fa Vito Antonio e già divento come lui) ci sono letture che mettono in discussione ogni percorso, ogni ricerca. E dall’ultimo passo equivoco poi tocca ricominciare a costruire sovrastrutture, corazze, schermi. Ricominciare sempre, a prescindere dagli esiti.

La lettura degli scritti di Vito Antonio Conte, in particolare, riporta alle origini. Rende innocenti e come tale più fragili. E’ nudità che si espone e restituisce alla vista le radici, come acqua che cade dall’alto abbondante e, nutrendo la pianta, scopre svuota il vaso che la contiene. Non a caso il luogo principe in cui gli eventi (i pochi), i pensieri (i tanti), le suggestioni contenuti in questa raccolta, trovano corpo è il motel. Il non luogo per eccellenza. Non un “dove” fisico ma un concetto astratto. Un’entità che si oppone agli abituali luoghi antropologici, proprio per il suo non essere identitaria, relazionale in senso sociale, né storica. Un luogo nudo nel quale, meglio che altrove, si può far scrittura. Scrittura radicale. Per comprendere immaginiamo qualcosa di simile a quanto teorizzato da Marc Augè. O qualcosa di vicino allo sguardo di Hopper. Immaginiamo una sosta, un transito, un ristoro solitario. E un uomo che vi scrive dentro. Immaginiamo la scrittura generata da quella nudità, scaturita per reazione grazie alla sensibilità estrema e modernissima (la surmodernità di cui scriveva Augè appunto) che caratterizza alcuni scrittori, a volte incapaci di affidarsi a confini temporali angusti o a banalizzazioni geografiche. Immaginiamo di trovarci in luogo bianco dove tutte le diversità diventano una, semplice, sola vita. Un luogo primitivo ma attuale, colto nell’istante più precario e a quello inchiodato. Immaginiamone lo stordimento e la gioia. Il piacere assoluto e breve. Per Vito Antonio Conte è “non luogo” anche un cellulare, una bicicletta, l’Orient Express, una via come quella dei Cavamonti nella Valle della Cupa. Immaginiamo forme pure, simboliche, incorporee, del sé. Ecco, è quel non luogo a parlare: il poeta è solo un fruitore. La sua unica responsabilità resta quella nei confronti di se stesso e del proprio viaggiare. Nei viaggi di Conte, le luci sono coperte dai foulard. Le parole non hanno maiuscole. La musica canta il mondo. Tutto si muove naturalmente senza fini imposti, al ritmo del respiro e del cuore, e non ha alcun senso chiedere e chiedersi: come stai? Qui la scrittura semplicemente sta. È nelle cose. Si muove con le cose. Le strade sono note, si attraversano con il naso all’insù. E’ il camminare che conta. Non la strada, ma è il ritmo dell’andare, che fa da guida alla narrazione. Questo andare costruisce una certa idea di uomo. Passo dopo passo, l‘uomo di Vito Antonio Conte ha le sue intuizioni jazz (qualcosa che ricorda le acrobazie musicali del sommo maestro Paolo Conte). C’è il mondo in quelle intuizioni. Tondo ed enorme. Come molti di coloro che si dedicano alla scrittura per necessità vitale, Vito Antonio Conte si sforza di raggiungere quella intuizione, di toccarla con le dita nella terra nuda, ma è fatale: ogni volta che egli si avvia sulla sua bicicletta, col vento che gli dà coraggio e abbrivio, finisce sempre per scoprire che l’intuizione è dietro di lui. Irraggiungibile, inviolabile. “Un giorno ti lasciai per un interno folle miraggio e me ne andai lontano. E me ne andai per ogni suolo estraneo cercando amore. E l'amore cercai, l'estate e il verno… e sempre andai cercando amore. Corsi cercando amore, ma l'amor non scorsi, e da casa tornai malato in cuore”, sussurra il Bell’Antonio di Brancati rivelando la sua impotenza. La stessa impotenza della bellezza torna nelle pagine di Vito Antonio Conte con lo stesso struggimento. Non è ovviamente un’impotenza sessuale, ma ugualmente dolorosa, sommersa e dolce. A volte sorniona, a volte incantata. Perché, moderno Sisifo, il vero poeta può raccontare soltanto la sua illusione.

sabato 6 marzo 2010

Il libro del giorno: La morte del Papa di Luis M. Rocha (Cavallo di Ferro)

La Morte del Papa é un thriller storico che denuncia la cospirazione che portò all'assassinio di Papa Luciani. Il romanzo rivela tutte le circostanze che si verificarono nella notte della sua morte, le menzogne e i segreti tenuti nascosti per 28 anni. Sarah Monteiro, giornalista portoghese che vive a Londra, riceve per posta una strana lista di nomi che cambierà tutta la sua vita. Accusata di crimini che non ha commesso, perseguitata dalla polizia, Sarah sarà una fuggitiva inseguita da un’organizzazione segreta della P2, Ultimo Papa, che vuole recuperare quella lista insieme ad altri documenti appartenuti a Papa Luciani. In un susseguirsi di avventure, la donna, insieme a Rafael, un misterioso uomo che incontrerà sul suo cammino e che la porterà da Londra a New York passando per Lisbona e Roma, sfiderà più volte la morte alla ricerca della verità sull'assassinio di Papa Luciani. Thriller dalla suspense inarrivabile, è anche un grande romanzo storico che vuole fare giustizia. Una lettura che farà luce su molti fatti politici italiani degli ultimi trent'anni, un libro formidabile che non può perdere chi vuole conoscere la verità.

Luís Miguel Rocha è nato a Porto. Lavora per le televisioni portoghese e inglese come sceneggiatore. Il suo primo romanzo Um país encantado è stato pubblicato in Portogallo e all'estero con grande successo.

Il carezzevole di Massimo Lugli (Newton Compton)

Negli anni ’70 Roma è stata la città in cui lo scontro fra neofascisti e sinistra extraparlamentare assunse in maniera più evidente logiche e dinamiche di tipo militare. Roma è stata la città in cui si sono viste per la prima volta le dj donne (la prima è stata Marilu' Corradi’). Roma negli anni ’70 ha visto Christo, quell'artista che riuscì a impacchettare tutte le Mura Aureliane, ed è stata testimone del gigantesco sgombero della borgata di Prato Rotondo, un’autentica bidonville situata ai margini della città che era diventata ormai punto di riferimento per la prostituzione e lo spaccio.
Roma negli anni ’70, la Roma dell’omicidio di Aldo Moro, non era una città facile. Bella, dura, crudele e impossibile da liquidare in poche righe. Marco Corvino vive questa Roma, come cronista di primo pelo, neo-assunto in una redazione di un quotidiano della capitale. E la racconta in lungo e largo senza perdere un colpo, nutrendosene come linfa vitale. Poi nella sua vita, entra con una ferocia inaudita il Carezzevole, un killer seriale, che lavora di fino col cervello, architettando per le sue vittime pericolosi labirinti psicologici fatti di trappole, indizi, tranelli. E come se non bastasse seguendo la filosofia mistica cinese tradizionale dei cinque elementi: acqua, terra, fuoco, legno, metallo.
A rendere più intrigante il tutto, “Il Carezzevole” sceglie come sua personale e affidabile cassa di risonanza per amplificare le sue “gesta” proprio Corvino, il quale sarà costretto a toccare il fondo, a scandagliare senza filtri e pudori la parte più oscura di se stesso, prima del “duello” finale. Questa è solo l’inizio della storia de “Il Carezzevole” (Newton Compton) di Massimo Lugli, autore di “La legge di Lupo Solitario” e “L’istinto del Lupo” (finalista al Premio Strega). Questo suo nuovo romanzo è crudo, crudele, scioccante è dire poco, soprattutto per il fatto che nasce da tutto quell’universo della nera, che ancora molti incubi ha da rivelare. Una scrittura, scarnificante, con dialoghi incalzanti e imbottito di una suspence malevola. Bel libro senza ombra di dubbio!

venerdì 5 marzo 2010

Il libro del giorno: Contro l'ora di matematica di Paul Lockhart (Rizzoli)

Regola n°1 - L’equazione (matematica = noia + fatica) è sbagliata.

Regola n°2 - Non esiste nulla di più idealistico e poetico, nulla di più radicale, sovversivo e psichedelico della matematica.

Formule da memorizzare, procedure da seguire, definizioni da ripetere parola per parola, simboli astrusi da manipolare: è questa la matematica? No, è solo la triste caricatura cui l’ha ridotta la scuola. A dirlo è un professore che ha deciso di rivoluzionare i metodi di insegnamento ansiogeni, terroristici, frustranti che il programma gli imporrebbe. Perché la vera matematica è una sublime forma d’arte, è la creazione e l’esplorazione di un mondo immaginario abitato da creature fantastiche, è “poesia della ragione”. Questo piccolo libro ricolmo di passione è insieme una critica impietosa a un’istruzione che uccide ogni piacere della scoperta e un inno gioioso alla libera attività dello spirito.

Invisibile di Paul Auster (Einaudi)




















Sembra che Paul Auster nella sua ultima produzione sia affetto da una strana compulsione all’artificiosità. Ma può darsi che si tratti solo di una semplice suggestione superficiale e nulla più. Ad ogni modo, questo grande scrittore torna al pubblico italiano grazie ad Einaudi, con il suo ultimo lavoro dal titolo “Invisibile”. Il libro anche se ben farcito di svariate situazioni e personaggi, al limite del tecnicismo narrativo, risulta di agevole lettura. Basti solo sapere che i colpi di scena sono numerosissimi e si debbono leggere con estrema attenzione per non perdere nemmeno un passaggio. Non voglio minimamente parlare del fatto che questo grande autore ripercorre tutte quelle tematiche care alla letteratura americana e soprattutto si occupa puntualmente della famigerata rielaborazione del lutto in tutte le sue fasi, anche perché rischierei di essere noioso e pedante. Stiamo parlando di un vero e proprio capolavoro, dove cinismo e toni davvero forti sono amalgamati con grande maestria. Per non farla lunga, il lettore non riesce a staccare gli occhi dal libro fino alla fine.

Ricordo che l’ultimo libro che ho letto di quest’autore è stato "Un uomo nel buio", e devo dire che mi aveva lascito senza fiato. Poi quest’ultimo libro denso, dove l’autore fa agire i suoi personaggi in maniera immensamente lucida, anche nelle situazioni più bizzarre. E questa non può essere che definita grandezza totale. La storia vede come attore principe un poeta americano, Adam, (siamo nel 1967) che scrive le sue memorie ancor prima di morire. Auster è geniale nel far dubitare sulla veridicità delle cose scritte dal poeta in questione, sino all’ultimo. Adam è incestuosamente innamorato della sorella, Adam scopa con la francese Margot più matura di lui e che ha un amante di nome Born. Un “quadrangolare” che offre innumerevoli scenari, e che questo grande scrittore riesce a comporre e scomporre a suo totale piacimento. Che Paul Auster sia difficile da capire è fuori questione, soprattutto perché la sua è una tipologia narrativa complessa, piena di innumerevoli zone d’ombra, che paiono create per disorientare più che guidare il lettore pagina dopo pagina.

Ma per noi è più che sufficiente quanto sostenuto da Clancy Martin del New York Times sull’ultimo lavoro di questa grande, grande penna: «Appena finito di leggere Invisibile, lo si vorrebbe leggere di nuovo perché il romanzo si muove velocemente, con disinvoltura, quasi sinuosamente, e finisci per preoccuparti di avere letto alcuni buoni passi troppo in fretta. La prosa è un esempio della scrittura americana contemporanea al suo meglio: fresca, elegante, vivace. Dà quella illusione di facilità che viene solo da una ferrea disciplina. E come accade spesso quando si è nelle mani dei maestri, si legge la frase successiva quasi senza avere finito quella precedente. Se, come nel mio caso, una delle ragioni per cui leggete è il grande piacere di innamorarvi di una storia, allora leggete Invisibile. È il romanzo più bello scritto da Auster».

giovedì 4 marzo 2010

Il libro del giorno: Ho bisogno del tuo amore di Byron Katie (Edizioni Il punto d'Incontro)



















L’autrice di Amare ciò che è ha introdotto migliaia di persone al suo semplice e profondo metodo per trovare la felicità interrogando la mente. Ora, con Ho bisogno del tuo amore - è vero? Byron Katie esamina una fonte d’ansia molto diffusa: le relazioni con gli altri. Con il suo insegnamento innovativo, Katie ti aiuta a mettere in discussione tutto quello che ti è stato detto di fare per ottenere l’amore e l’approvazione degli altri. Scoprirai così come trovare vero amore e creare rapporti personali sinceri. Ho bisogno del tuo amore - è vero? ti aiuta a illuminare tutte le aree della vita in cui sembra che ti manchi ciò che desideri di più: l’amore del coniuge, il rispetto del figlio, la tenerezza dell’amante o la stima dei superiori. Attraverso la sua penetrante indagine, scoprirai rapidamente la falsità dei modi convenzionali di cercare amore e approvazione. Usando il metodo di Byron Katie, esplorerai le convinzioni che causano dolore, su cui hai basato la tua esistenza, e ti rallegrerai nel vederle evaporare. “Tutti sono d’accordo nel dire che l’amore è meraviglioso, tranne quando è terribile. La gente passa tutta la vita tormentata dall’amore, cercandolo, provando a rimanerci aggrappata o sforzandosi di lasciarselo alle spalle. Non molto distante dall’amore c’è un’altra preoccupazione, quella per l’approvazione e l’apprezzamento. Dall’infanzia in poi, molte persone usano gran parte della propria energia nella ricerca incessante di queste cose e sperimentano diversi metodi per essere notati, per piacere, per impressionare e per guadagnarsi l’amore degli altri, pensando che la vita funzioni così. Può diventare una cosa talmente persistente e indiscutibile che non la notiamo quasi più. Questo libro guarda da vicino le cose che funzionano e che non funzionano nella ricerca di amore e approvazione. Ti aiuterà a trovare un modo per essere più felice in amore e più efficace in tutte le tue relazioni. Quello che imparerai qui ti farà sentire appagato in tutti i tipi di relazioni, compresi l’amore romantico, gli appuntamenti galanti, il matrimonio, il lavoro e l’amicizia”. – Byron Katie

Lulù Delacroix di Isabella Santacroce (collana 24/7, Rizzoli)




















Ho lasciato Isabella Santacroce, a “V.M. 18” edito da Fazi. E mi ci sono voluti quasi tre anni per riprendermi dalla negatività di quel lavoro che parla delle disavventure avventurose della criminale, decadente, folle, lubrica Desdemona in oscuri ambienti collegiali dove con l’aiuto di Cassandra e Animone organizza scene in grado di superare la sfrenata fantasia del marchese Donatien-Alphonse-François de Sade. Un lavoro dai contenuti talmente forti da dover essere consigliato ad un pubblico maturo di più di venticinque anni, dove la crudeltà e il narcisismo della scrittrice, la fanno da padroni grazie anche alla grande abilità scritturale della Santacroce che utilizza la lingua come un martello pneumatico in grado però attraverso un equilibrio perfetto di ricercatezza inferica di scolpire descrizioni minuziose e sconvolgenti di rapporti carnali tra i diversi personaggi, e di collegiali ambienti perfetti nella loro nefandezza rococò. Ora la Santacroce approda a Rizzoli nella collana 24/7 forse la più adatta a contenere un uragano come lei. Il suo nuovo lavoro si chiama “Lulù Delacroix” ed è la storia di questa bambina mostruosa ( da intendersi in questo caso nell’accezione di essere che si presenta con caratteristiche estranee al consueto ordine naturale e come tale induce stupore e paura per la sua straordinarietà) nata a Perfect City una sorta di modello sociologicamente artificiale e artificioso dove ogni cosa è assolutamente perfetta. Lulù possiede due occhi singolarmente più grandi rispetto alla consuetudine, si esprime con rara eleganza, ha una pelle eccessivamente diafana, i genitori la rifiutano, le sorelle Ada e Dolores la rendono oggetto delle più feroci angherie. Lulù non ha scelta, non può averla, in un mondo che non la vuole, un mondo che rispecchia esattamente quello fuori dalle pagine di questo libro dove non c’è posto per i diversamente abili e i diversi in genere. Ciascuno di noi può facilmente trarre una specie di insegnamento da questo personaggio, già perché Isabella Santacroce fa divenire Lulù simbolo di tutto quel coraggio che ci manca nell’affrontare dai piccoli ai più grandi soprusi nella vita di ogni giorno. Lulù nella storia, in questa storia, vince su tutto, dopo l’incontro con Mimì, feticcio menomato e mutilato, vera e propria chiave di volta per tutte quelle vicende fantastiche che vivrà con lei nel “Mondo del Mistero”. Di questo libro non sarà facile innamorarsi, lo dico in anticipo,ma una volta che “l’acido viperinico” della Santacroce entrerà in circolo, resterà per sempre in voi!

mercoledì 3 marzo 2010

Brooklyn brucia per il rock. Intervento di Maria Beatrice Protino



















Al Market Hotel
(www.myspace.com/markethotelnyc),
uno dei locali più cool della scena indie-rock di Brooklyn, alle nove di sera, in un grande loft con colonne di cemento armato tipicamente newyorkesi, luci basse e vecchi divani, si suona rock’n roll dietro un organizer attento come Todd P (ovvero Todd Patrick). Todd P è un 34enne del Texas laureato in letteratura inglese trasferitosi a New York nel 2001 che ha scelto di fare proprio questo nella vita: far suonare le band. Quando arriva a Brooklyn non c’era il fermento musicale che è riuscito a creare col suo lavoro di promoter di eventi in questi anni, anzi, al contrario, ormai il rock’n roll non era più considerato coinvolgente se suonato nei locali. L’idea è stata, quindi, di spostare i concerti dai club a locations davvero underground, forse giocando un po’ sul limite della legalità, ma con l’idea di divertire facendo musica e dal “do it youself”, ovvero dell’etica del “fallo da solo”, organizzando, cioè, tutto in prima persona.

La risposta è stata senz’altro superiore alle aspettative: Todd P riceve moltissime e-mail al giorno di gruppi che mandano i loro pezzi chiedendo di potersi esibire. Probabilmente è una delle migliori cose capitate alla musica rock americana dopo gli anni ottanta-novanta: i tempi di Patti Smith, Debbie Harry e Talking Heads.

Oggi il rock ha lasciato la costosissima Manhattan per trasferirsi proprio dall’altra parte del ponte, dove suonano bands dai nomi più fantasiosi e ossessionati dall’idea di autenticità, come i Dirty Projectors, gli Animal Collective, i Liars. La critica è in estasi e le feste e i concerti di ogni sera creano un fermento creativo sistemico e tipico di Brooklyn, per cui le bands vogliono far parte della comunità e si trasferiscono qui da tutti gli Stati Uniti in cerca di posti in cui suonare. Si sta addirittura studiando un sistema in grado di fare maggiori profitti in modo da prevenire il rischio di perdere le bands accattivate dalle major: un’istituzione centrale, una fondazione sponsorizzata sia dal pubblico che dal privato che mantenga le caratteristiche e la filosofia che hanno decretato la fortuna di questa nuova scena musicale e soprattutto… in jeans stretti rigorosamente hipster.

Il libro del giorno: "Non so che viso avesse. La storia della mia vita" di Francesco Guccini (Mondadori)

Montanaro di pianura, nato a Modena, diffidente, avaro di sé, sobrio e bevitore, pigro e serissimo, ma chiacchierone instancabile, Francesco Guccini ha scelto, per la prima volta, di raccontare la sua vita. E ci è riuscito, in questo libro bello e bizzarro, nell'unico modo per lui possibile: fingendo di parlare d'altro, per dire tutto di sé. Per farlo, Guccini organizza una geografia: Pavana col mulino degli avi, i nonni, le nonne e i bisnonni, il bosco, il fiume, la montagna. Modena, odiata e amata, piccola città bastardo posto. Bologna, l'eletta, in via Paolo Fabbri, una vecchia signora dai fianchi un po' molli col seno sul piano padano e il culo sui colli. E poi gli altri luoghi e i loro aneddoti: le osterie, il giornale per sbarcare il lunario (perché cantare non è mica un mestiere), e le balere, dalla via Emilia al West, con gli orchestrali, le giacche con i lustrini, il rock and roll. E ancora: l'amore per il cinema, con gli amici Luciano Ligabue e Leonardo Pieraccioni, per le chitarre, per i fumetti e per l'ottava rima. E infine: il concerto, il luogo dell'incontro col pubblico, secondo una liturgia ritualizzata che comincia con il c'era una volta di "Lunga e diritta correva la strada" di "Canzone per un'amica" per finire con l'epos trionfale di "Non so che viso avesse" della "Locomotiva".

“Un’estate fa” di Camilla Baresani (Bompiani)

Vi ricordate le parole di Tenco: “ah...l'amore l'amore/ quante cose ti fa fare l'amore,/ ah....l'amore l'amore,/quante parole ti fa dire l'amore,/ quanta vita, quante ore/ dedicate all'amore,/ quante frasi dette al vento/ dedicate all'amore…” Ma l’amore cosa rappresenta veramente, cos’è in definitiva. L’amore dura un attimo, o è per sempre? C’è differenza tra amore e Amore Vero? L’amore va alimentato giorno dopo giorno oppure è qualcosa che c’è o non c’è? Insomma l’amore è una faccenda complicata, ma qualcuno ancora ci crede, anche in tempo di crisi. Lo ha fatto Camilla Baresani con il suo “Un’estate fa” edito da Bompiani e che sta riscuotendo consenso di pubblico e di critica. La vicenda narrata si esaurisce nell’arco di un’estate in un alternarsi godibilissimo di personaggi descritti in perenne fluttuazione tra una dirompente voglia di vita e un’altrettanta fragilità che divora qualsiasi proponimento e volontà, proprio magari nel momento di una scelta delicata. Una sorta di debolezza derivante dall’oblìo dell’abitudine. I protagonisti sono: la milanese Erica, giornalista ferrata sui serial televisivi, coniugata con un veterinario; Gerardo, vecchio amico d’infanzia di Erica, fondatore di un’associazione per la tutela dei diritti dei padri separati; Arnaldo, produttore romano, stritolato dalla relazione ripetitiva e monotona con Stella, ricco di vita sociale ma vuoto nell’anima. Una serie di piccoli siparietti quotidiani che verranno perturbati dall’esplosiva quanto inaspettata storia d’amore che scoppia tra Erica e Arnaldo. Da sottolineare che nella mondanità descritta dalla Baresani, tra località chic come Roma, Milano, Capalbio, Cortina e Venezia, dove si alternano inaugurazioni e presentazioni, aleggia magnificamente e in maniera sontuosa, l’ansia da prestazione di cui è affetta la maggior parte degli uomini e delle donne rampanti. Una buia ossessione che nel suo coattivo ripetersi conduce alla deriva. Ad ogni modo in tutto questo intreccio di intrighi e tradimenti, quel mondo non ne esce poi tanto bene. Quello che questa bravissima scrittrice è stata in grado di realizzare con questo suo ultimo lavoro, va al di là credo del semplice descrivere (narrativo) un mondo che forse oggi appartiene ad una “nicchia” di persone. La Baresani, con un suo modo singolarissimo di scrittura che si lascia gustare come un vino raro e pregiato (che è tale per i pregi che si denotano nel suo carattere e nella sua struttura), sfiora quasi l’antropologia sociale, descrivendo con ironia e sarcasmo una società vacua e desiderante solo di apparire la cui solitudine può essere destabilizzata dalla forza dei sentimenti. Qualche vicinanza con Flaiano e Arbasino per il fatto di andare giù pesante con una critica senza se e senza ma di un mondo radical/chic? Macchè … sullo sfondo solo l’imperativo categorico del non passare inosservati a qualunque costo. Lavoro narrativo elegantemente sublime, da leggere.

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