mercoledì 3 marzo 2010

“Un’estate fa” di Camilla Baresani (Bompiani)

Vi ricordate le parole di Tenco: “ah...l'amore l'amore/ quante cose ti fa fare l'amore,/ ah....l'amore l'amore,/quante parole ti fa dire l'amore,/ quanta vita, quante ore/ dedicate all'amore,/ quante frasi dette al vento/ dedicate all'amore…” Ma l’amore cosa rappresenta veramente, cos’è in definitiva. L’amore dura un attimo, o è per sempre? C’è differenza tra amore e Amore Vero? L’amore va alimentato giorno dopo giorno oppure è qualcosa che c’è o non c’è? Insomma l’amore è una faccenda complicata, ma qualcuno ancora ci crede, anche in tempo di crisi. Lo ha fatto Camilla Baresani con il suo “Un’estate fa” edito da Bompiani e che sta riscuotendo consenso di pubblico e di critica. La vicenda narrata si esaurisce nell’arco di un’estate in un alternarsi godibilissimo di personaggi descritti in perenne fluttuazione tra una dirompente voglia di vita e un’altrettanta fragilità che divora qualsiasi proponimento e volontà, proprio magari nel momento di una scelta delicata. Una sorta di debolezza derivante dall’oblìo dell’abitudine. I protagonisti sono: la milanese Erica, giornalista ferrata sui serial televisivi, coniugata con un veterinario; Gerardo, vecchio amico d’infanzia di Erica, fondatore di un’associazione per la tutela dei diritti dei padri separati; Arnaldo, produttore romano, stritolato dalla relazione ripetitiva e monotona con Stella, ricco di vita sociale ma vuoto nell’anima. Una serie di piccoli siparietti quotidiani che verranno perturbati dall’esplosiva quanto inaspettata storia d’amore che scoppia tra Erica e Arnaldo. Da sottolineare che nella mondanità descritta dalla Baresani, tra località chic come Roma, Milano, Capalbio, Cortina e Venezia, dove si alternano inaugurazioni e presentazioni, aleggia magnificamente e in maniera sontuosa, l’ansia da prestazione di cui è affetta la maggior parte degli uomini e delle donne rampanti. Una buia ossessione che nel suo coattivo ripetersi conduce alla deriva. Ad ogni modo in tutto questo intreccio di intrighi e tradimenti, quel mondo non ne esce poi tanto bene. Quello che questa bravissima scrittrice è stata in grado di realizzare con questo suo ultimo lavoro, va al di là credo del semplice descrivere (narrativo) un mondo che forse oggi appartiene ad una “nicchia” di persone. La Baresani, con un suo modo singolarissimo di scrittura che si lascia gustare come un vino raro e pregiato (che è tale per i pregi che si denotano nel suo carattere e nella sua struttura), sfiora quasi l’antropologia sociale, descrivendo con ironia e sarcasmo una società vacua e desiderante solo di apparire la cui solitudine può essere destabilizzata dalla forza dei sentimenti. Qualche vicinanza con Flaiano e Arbasino per il fatto di andare giù pesante con una critica senza se e senza ma di un mondo radical/chic? Macchè … sullo sfondo solo l’imperativo categorico del non passare inosservati a qualunque costo. Lavoro narrativo elegantemente sublime, da leggere.

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