Come nasce l’idea di “costruire” i vostri libri?
I nostri libelli creativi nascono da un incontro, un vero e proprio incontro d’amore in cui le passioni di due bipedi si fondono nel tentativo di creare qualcosa di nuovo, qualcosa che emozioni e dia piacere. Quindi, nel nostro caso, abbiamo la passione per la scrittura e quella per la manipolazione cartacea, per il collage, per il ribaldo ribaltamento di cartoline e immagini pubblicitarie.
Come nasce l’idea? Prendi uno scrittore, prendi un’artista riciclatrice, prendi il loro incontro, il loro desiderio di abbandonare qualunque forma di lavoro che preveda sbadigli e frustrazione, ed ecco che ottieni le nostre prime cartoline truccate, i nostri primi biglietti poetici che vendevamo in strada durante i festival, i concerti, i mercatini a Milano. È stata un’esperienza forte e bella. Lella creava immagini, soprattutto con la tecnica del collage e io, Fabio, scrivevo testi provocatori, poetici, ironici che si adattassero a quell’immagine. Mi divertivo un sacco, giocavo con le parole, con le rime, con le assonanze, con i doppi e tripli sensi. La strada è una scuola straordinaria, in quel periodo abbiamo prodotto tantissimo, abbiamo affinato le tecniche, abbiamo portato alla gente quello sapevamo fare, quello che amavamo fare.
I libelli creativi sono stati la naturale evoluzione di quelle provocazioni poetiche, ma nascono in un secondo momento, dopo l’esperienza con l’editoria ordinaria.
Quale è stato il vostro primo “libello”? Qual è la scintilla che origina un singolo “libello”?
Abbiamo cominciato pubblicando libri con piccoli editori e l’esperienza è stata fondamentale, ci ha permesso di esplorare dall’interno un mondo che ci aveva sempre attratto e incuriosito. Poi, quando è venuto il momento di presentare “L’irresistibile tenerezza della spazzatura (germogli di post-ambientalismo)” è scattato qualcosa.
Devi sapere che eravamo negli anni novanta e ancora non si parlava tanto di decrescita, di riciclo, di frugalità e quindi abbiamo pensato a questo testo sulla figura dei raccoglitori urbani: gente che recupera, aggiusta, scambia e vende ciò che viene condannato al termine spazzatura. Però volevamo che il messaggio fosse un po’ più radicale e così abbiamo deciso che il libro doveva essere realizzato solo con materiale di scarto. La copertina, il filo per cucire i fogli, le immagini, tutto materiale di scarto. È così che è nato il primo libello. È così che abbiamo scoperto che non si trattava più di libri, ma di pezzi unici con manipolazioni, interventi, collage, oggetti inseriti; insomma la festa della creatività che sventolava tra le pagine di un’opera irripetibile, ma anche di un esemplare facente parte di una tiratura.
La scintilla che origina un singolo libello è sempre in equilibrio tra ciò che trovi e ciò che hai in mente di scrivere, è un gioco di chiaroscuri tra forma e contenuto, è un’armonia che deve mantenere in vita l’oggetto libro e la sua anima. Noi, seguendo la dada-strada dei primi coraggiosi sperimentatori, vogliamo dimostrare che un libello creativo può essere realizzato con qualunque cosa. Come dicevi abbiamo utilizzato i biglietti del tram, ma anche le cartoline, le lastre radiografiche, i pacchetti di fiammiferi, la tappezzeria, gli scatoloni dei supermercati, i cartamodelli, i cataloghi di moda, gli scarti tipografici, le scatole dei cioccolatini... L’elenco è veramente infinito. Quando troviamo qualcosa da recuperare pensiamo subito ad un possibile libello e quando ci viene in mente qualcosa da scrivere pensiamo subito ad un possibile recupero.
Di “libelli” si può vivere, nel senso più “materialistico” del termine? La vendita di un libro, oltre che gioia per chi lo fa e chi lo acquista (che già è tanto), produce il pagamento delle bollette?
Questa è la domanda più difficile, e naturalmente ce la pongono spessissimo. L’unica possibile risposta è: dipende! Dipende dall’entità e della quantità di bollette, dipende dallo stile di vita, dipende, soprattutto, dalle tue priorità. Per noi mantenersi significa principalmente mantenere un buon livello di libertà, di realizzazione personale e di felicità. Quindi la nostra editoria creativa ci basta. Tieni conto che da qualche anno abitiamo sulle colline, coltiviamo un orto, raccogliamo noci, nocciole, castagne, erbe selvatiche; tieni conto che uno dei nostri ultimi libelli si intitola “Facile Felice Frugale”; tieni conto che amiamo molto la filosofia Wabi-Sabi, quella che dice: riducete all’essenziale, ma senza eliminare la poesia.
Come funziona la vostra attività? Avete una rete di collegamenti?
Avete collaborazioni e/o collaboratori?
La nostra vita non ha una reale suddivisione in tempi di lavoro e tempi di divertimento. I libelli nascono in un’atmosfera casalinga tra una pastasciutta e una tisana; magari l’idea viene mentre andiamo a prendere l’acqua alla fonte o quando vediamo un magnifico cartone colorato e buttato fuori da un supermercato. L’editoria creativa è parte integrante del nostro stare su questo mondo.
Per la distribuzione non abbiamo intermediari, preferiamo un rapporto diretto con gli eventuali fruitori quindi andiamo alle fiere e alle rassegne della piccola editoria indipendente, ma anche alle fiere e alle feste del riciclo, del consumo critico, della decrescita...E poi c’è il sito dove è possibile vedere le foto di tutti i libelli, abbiamo da poco superato i cento titoli.
Quando si crea una sintonia ci piace molto lavorare con altre persone perché il libello, così, si arricchisce e mostra un livello creativo più ampio scatenando reazioni felicemente feconde. Proprio per questo realizziamo anche libelli collettivi. Seguendo lo stile della mail-art proponiamo una tematica e, chi desidera aderire, può mandarci il suo intervento scritto, disegnato, fotografato...Alla fine, mettiamo insieme il materiale e facciamo una piccola tiratura. Chi ha partecipato riceve uno degli esemplari prodotti.
Esistono figure che possono paragonarsi al collezionista per quanto riguarda le vostre produzioni?
Si certo, i collezionisti sono attratti principalmente dai pezzi unici o dalle tirature numerate. Soprattutto in Francia o in Inghilterra il concetto di libro travalica il solito volume da tipografia e quindi gli amatori sono molto interessati alle infinite e bizzarre variazioni sul tema. Qui in Italia forse è ancora presto, la gente è troppo legata al nome famoso da vetrina, o da trasmissione da salotto. Fortunatamente ci sono le persone giovani che riescono ad apprezzare la provocazione grafica, il riciclo artistico, la leggerezza di un’editoria diversa, lo straniamento generato dall’utilizzo di materiali improbabili che dissacrano e rinnovano il vecchio concetto di libro. In effetti produciamo tirature particolarmente elaborate, ma abbiamo anche libelli agili e frizzanti come i mail-book che sono assaggi di saggi sdraiati tra due cartoline. Sono molto provocatori, i titoli spaziano da La sfiga non esiste a Ozio estremo, da Mistica dello scrocco a Elogio della fuga...
Ci sono altri come voi?
Siamo convinti che la biodiversità editoriale, anche in Italia, sia ancora viva e vegeta e, di conseguenza, diamo per scontato che molte altre persone utilizzino la propria creatività per inventare, ribaltare e scomporre in mille palline colorate il concetto stesso di libro. Il punto è che queste persone, spesso, non escono allo scoperto.
Il desiderio di farsi il proprio libro è un fatto naturale, circola frizzante e vivace nel sangue di quasi tutti quelli che amano scrivere, disegnare, fotografare, cucire, tagliuzzare ed esprimersi con le tecniche più disparate. Purtroppo, però, il mito dello Scrittore Famoso che firma copie e guadagna treni di soldi, ha monopolizzato l’immaginario fino a bloccare totalmente lo spirito giocoso e avventuroso che dovrebbe caratterizzare qualunque progetto editoriale. È questo il vero guaio, il vero problema dell’editoria. Noi cerchiamo in tutti modi di risvegliare l’immaginario di chi scrive! Abbiamo anche realizzato un romanzo (Il pianeta degli scrittori e delle scrittrici) i cui personaggi sono tutti scrittori e, tutti, hanno validi motivi per uccidere lo Scrittore Famoso. I personaggi/scrittori sono tanti quante sono le lettere dell’alfabeto e, i loro nomi e cognomi, iniziano con la relativa lettera (Alonso Alani, Beba Berti, Camelia Calci...). Sono tutti scrittori estremi, particolari, ribelli che, in fondo, non riescono ad accettare un’unica definizione del concetto stesso di scrittore.
Comunque, frequentando con il nostro stand parecchie fiere del libro, ci capita spesso di parlare con persone che hanno il classico “manoscritto” nel cassetto e, a tutti, proponiamo di farsi il proprio libro, di autoprodursi la prima piccola tiratura creativa, di passare all’azione.
E poi siamo alla perenne ricerca di colleghi. Per ora ne abbiamo trovati ben tre: