domenica 14 marzo 2010

Due creativi in libertà di Angela Leucci




Giovanni e Francesco sono due ragazzi. Sono molto giovani, ma questo non conta, perché quando si ha un sogno fin da bambini si finisce per trascurare il tempo che passa. E allora Giovanni e Francesco, dopo il liceo, vanno a Roma, alla facoltà di Arti e Scienze dello Spettacolo presso l'università La Sapienza, dove apprendono tecnica, fotografia e tutto quello che serve per trasformare il loro sogno in realtà. Ma quello del filmaker è un lavoro che si deve avere nel sangue, perché un bravo regista o un bravo sceneggiatore devono visualizzare la scena nella loro mente prima di girarla. E, in fondo, la tecnica non è tutto, e talvolta, nel senso lynchiano del termine, finiamo per temere che la tecnologia ci allontani da un sensibile sentire, dal cuore.

Giovanni (Vincenti) e Francesco (Luperto) sono in postproduzione con due nuovi cortometraggi, di cui uno in tandem, e l'altro del solo Luperto. Quest'ultimo corto, che ha visto la collaborazione storica dello studioso Salvatore Coppola, è un documentario ispirato alla figura del sindacalista salentino Pietro Refolo, in esilio in Francia durante il secondo conflitto mondiale, per sfuggire alla repressione fascista. Una figura interessante quella di Refolo, che “non si mise mai il cappello”, per così dire, non si piegò mai rinnegando i propri ideali, una figura da ammirare indipendentemente dalle nostre tendenze politiche. “Il mio desiderio non è spinto da ideali politici di parte – ha spiegato il giovane regista alla Gazzetta del Mezzogiorno – ma dalla volontà che la memoria storica su chi ha combattuto per la libertà, anche del nostro Salento, non vada perduta”.

Ma veniamo al corto che vede la regia a quattro mani di Vincenti e Luperto, dal titolo “Sua mafiesità”, una storia ambientata nel Salento, che parla del Salento attraverso i suoi luoghi e la sua “lingua”, l'idioma dialettale che fa sì che la narrazione sia più realistica. In “Sua mafiesità” non c'è nulla di reale, al di là dei possibili riferimenti a fatti a persone, che i due disseminano nel filmato, e che sono meramente casuali o forse no. Una tecnica che si ispira a quella modaiola di Quentin Tarantino, parodiato, portato all'eccesso fino quasi alla derisone, con un corollario, l'interpretazione magistrale, seriosa e seria a un tempo, di Simone de Lorenzis, attore, come si diceva al tempo del Neorealismo, “preso dalla strada”.

Questi due giovani registi hanno saputo raccogliere in pieno la parabola postmoderna e fanno sfoggio di quell'Orfeo, smembrato sì da donne tracie e da flussi di coscienza, ma ricoperto di sangue rigorosamente finto. Entrambi i corti saranno distribuiti dal prossimo aprile nei circuiti underground.

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