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mercoledì 1 marzo 2023

REALME GT3

Se stai cercando un telefono che possa ricaricarsi rapidamente e che abbia molta potenza, REALME GT3 è un'ottima opzione. La tecnologia di ricarica UltraDart da 150 W può caricare la batteria fino al 50% in soli 5 minuti. Il chipset 5nm Dimensity 8100 5G ha una CPU a sei core e una GPU a sei core per prestazioni ultraveloci. Il processore del display dedicato inserisce i frame intermedi in modo intelligente, aumentando i frame rate fino a 120 fps e determinando un significativo miglioramento della fluidità e della chiarezza. Il pannello posteriore del GT Neo 3 è realizzato in vetro satinato AG con un profilo elegante. La superficie liscia e raffinata riduce i riflessi e riduce al minimo le impronte digitali,


 

Ragazzo di luna di Alexander Korotko ( I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno)

Korotko si riferisce alla demenza del tempo in modo trascendente, mentre l’intelligenza e la coscienza sono il frutto di uno sforzo che è necessario compiere: bisogna interrompere il sogno per potersi svegliare. Svegliarsi per poter incontrare il procuratore, il capo-redattore che incarna una forza distruttrice e al tempo stesso creatrice. Tuttavia, quando nulla dipende da te, hai paura. Ti si corregge, ti si dà un altro nome, ti si dà e ti si toglie il denaro, la posizione, la condizione e non rimane nulla all’infuori del sogno lunare, che sicuramente ti salva e allora nemmeno la morte di un vicino ti sconvolge più. Siamo davvero esseri umani? Cantiamo l’inno alla nobile follia dei temerari e ci logoriamo perché ci è stato cambiato il nome o è stato tolto un paragrafo al nostro testo. (dalla prefazione di Andreï Bitov)


Alexander Korotko oggi è autore di una trentina di libri (opere poetiche e di prosa). I suoi testi sono inseriti in antologie, almanacchi e riviste letterarie. Le sue poesie sono state tradotte in ebraico, inglese, francese, tedesco, polacco, greco e ucraino. È membro dell’Unione degli scrittori d’Israele, dell’Accademia Europea delle scienze, delle arti e delle lettere, vincitore del premio letterario dell’Accademia Mihai Eminescu (Romania, 2017) e del premio letterario «L’amour de la liberté » (Paris, 2017). Alexander Korotko ha lavorato con successo a generi diversi di poesia e di prosa. Suoi testi sono stati messi in scena e alcune poesie sono state musicate da compositori di fama e sono entrate nel repertorio di cantanti famosi.

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Lessons: the new novel from the author of Atonement by Ian McEwan

Discover the Sunday Times bestselling new novel from Ian McEwan.


Lessons is an intimate yet universal story of love, regret and a restless search for answers.

While the world is still counting the cost of the Second World War and the Iron Curtain has descended, young Roland Baines's life is turned upside down. Stranded at boarding school, his vulnerability attracts his piano teacher, Miriam Cornell, leaving scars as well as a memory of love that will never fade.

Twenty-five years later, as the radiation from the Chernobyl disaster spreads across Europe, Roland's wife mysteriously vanishes and he is forced to confront the reality of his rootless existence and look for answers in his family history.

From the fall of the Berlin Wall to the Covid pandemic and climate change, Roland sometimes rides with the tide of history but more often struggles against it. Haunted by lost opportunities, he seeks solace through every possible means ¬- literature, travel, friendship, drugs, politics, sex and love.

Roland's story asks can we take full charge of the course of our lives without damage to others? And what can we learn from the traumas of the past?

**A GUARDIAN AND THE TIMES BOOK OF THE YEAR**

'McEwan's writing is as elegant and ideas-packed as ever' The Times

'Lessons triumphantly achieves its primary aim of conveying the "commonplace and wondrous" intertwining of global history and everyday life' Daily Telegraph

'McEwan's wry humanity and gentle amusement at his own generation proves irresistible and a joy to read' Antony Beevor,
Spectator, *Books of the Year*

 


 

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venerdì 25 settembre 2015

NASCE ROMA ACTORS ACADEMY: dal Salento a Roma con l’attrice leccese Rossana Ferrara nella scuola per il cinema e il teatro


"Gli attori hanno il privilegio di regalare sogni e amore a persone che non conoscono, che non hanno mai incontrato, ma la vita è un film molto più grande di uno spettacolo cinematografico." Nicole Kidman (citazione)

L’idea della scuola nasce dalla volontà e dall’entusiasmo di creare una formazione innovativa, unica e altamente professionale. La formazione è il pilastro principale di ROMA ACTORS ACADEMY, la quale punta su una formazione d’eccellenza, avvalendosi di un corpo docenti altamente qualificato e di grandissima esperienza. Lo scopo primario della scuola è di mettere in “azione il proprio talento”, coltivando una passione con studio accurato ed attento per farla divenire una professione. La scuola si rivolge ad aspiranti attori ed attrici che intendono seguire un percorso completo di formazione attoriale e parallelamente anche ad attori ed attrici che decidono di perfezionarsi con stage e workshop tenuti da professionisti del settore (registi , casting director) di levatura nazionale. La mission del percorso formativo è quella di fornire tutti gli strumenti pratici per imparare a recitare nel rispetto della naturalezza e della verità interpretative. Le lezioni, infatti, sono costituite oltre che da una parte teorica, anche e soprattutto da un aspetto pratico che mette in primo piano l’utilizzo della macchina da presa come strumento inscindibile dello studio recitativo.” Rossana Ferra e Ivano Rapa (Direzione artistica ROMA ACTORS ACADEMY)

Info

cell. 340.9140429


mercoledì 1 agosto 2012

venerdì 15 aprile 2011

Il libro del giorno: Storie dal Salento di Raffaele Polo (Lupo editore)











In questo libro sono compresi gli scritti principali che Raffaele Polo ha ambientato nel “suo” Salento. Inediti, correzioni e aggiornamenti che rendono il testo fluido ed attuale. C’è il seguito de “Il silenzio del Pesciolino Rosso”, ovvero “I disegni di Albarosa” con la riproduzione delle opere originali. E anche per “L’isola delle Pazze” è prevista un’aggiunta con nuovi spunti ...e prospettive. Ma la cosa più consigliabile sta nel considerare questi scritti come un vero e proprio cantiere aperto. Ce ne sono e ce ne saranno altri, che aggiungeranno tessere colorate a questo mosaico che si va componendo e che, come la tela di Penelope, pare non debba mai terminare di ripercorrersi. Immergersi in queste storie vuol dire comprendere l’anima del Salento, dei suoi abitanti, della sua contemporaneità. Scoprire un luogo affascinante e misterioso che nessuna carta geografica può delimitare. Scrive l’autore: “Ho raccolto alcune storie dal Salento, nel tentativo, nell’illusione che la lettura di queste pagine possa dare un’idea di questa terra, che io, come tanti, mi illudo di conoscere; ma che, in realtà, è un vero e proprio mistero, ricchissimo di sollecitazioni e curiosità. Basta fermarsi ad osservare il pinnacolo di un campanile o il fregio di un portone e ci si incammina subito in un percorso fiabesco surreale che chissà dove può portarci. Ho vissuto in questa Terra respirando il profumo del mare e della campagna, ascoltando il dolce idioma dei suoi abitanti, ammirato dalla bellezza e dalla cultura che promana da ogni piccola realtà del suo tessuto. Ho sperato, per lungo tempo, di poter cantare l’incredibile fascino che il Salento offre ai visitatori. Ma ho capito, quando era forse troppo tardi, che l’omaggio più vero, più sincero, più giusto da fare a questi luoghi è di fermarsi. Fermarsi e stare ad ascoltare. Il vento, i rumori della quotidianità, i sospiri e le voci. Ascoltare con il cuore, con il sentimento. E accorgersi che non si può descrivere tutto questo. Non si può neppure tentare di spiegare perché, adesso, mi viene da piangere così, senza motivo. Forse perché sono diventato vecchio ma sento ancora che la vita è bella, e mi dispiace andarmene perché devo abbandonare questi luoghi, questi volti, questi sorrisi. Restano le Storie. Le Storie dal Salento che sono il mio testamento, il mio microscopico contributo alla Memoria dei Padri, dei Nonni, dei nostri Avi che, anche loro, erano tutti, ma proprio tutti, innamorati della propria terra.
Raffaele Polo (Piacenza, 1952) è uno scrittore e giornalista italiano. Ha cominciato la sua attività di scrittore nel 1985, scrivendo testi pubblicati da case editrici come Cingolani Editore, Edizioni del Grifo, Editore La Notizia, Acustica Edizioni, Lupo Editore e Edizioni Antica Roma.

giovedì 1 ottobre 2009

Dal 10 ottobre, con i libri e per i libri, apre in via Cavallotti la Gutenberg a Lecce.

Dal 10 ottobre, con i libri e per i libri, apre la Gutenberg a Lecce. La nostra libreria ha un sogno. Vivere della stessa vita dei libri che accoglie, divenendo parte di un processo di mediazione di parole e idee. Nella convinzione che nulla più di un libro ci rende consapevoli di appartenere ad una comune umanità, illuminata e tormentata dalle medesime speranze e angosce, abbiamo voluto dare inizio a questa nuova avventura, che è commerciale ed esistenziale allo stesso tempo. Da sempre avvicinarsi ad un buon libro significa avvicinarsi a noi stessi, alle differenze di cui siamo fatti, alle nostre zone più oscure, come a quelle più luminose; a quella parte di noi ancora capace di sognare, amare, temere, credere, disperarsi e reagire. Un buon libro, infatti, non si legge: vi si precipita. E’ potenzialmente contagioso e infinito e può generare infiniti altri libri. E’ carne, ossa, sangue e spirito, così come chi lo legge, per questo la scelta che presuppone, sia nel momento della scrittura che in quello della lettura, è sempre una necessità. Un buon libro genera uomini nuovi. Provoca reazioni. Costruisce legami prima inimmaginabili. Ecco, questo è per noi il libro. Con il libro e per il libro, noi oggi scegliamo di diventare parte attiva del meccanismo creativo e consapevole che la lettura consente. Scegliamo di partecipare alla creazione di nuovi e necessari legami tra gli uomini ed al loro possibile cambiamento. Scegliamo con forza e con tutti i mezzi a nostra disposizione. Su circa 100 metri quadrati di superficie complessiva, una particolare attenzione sarà dedicata al settore dei giovani lettori, alla stampa illustrata, all’arte ed alla piccola editoria, con l’intenzione caparbia di occuparsi contestualmente del territorio, dando voce allo stesso – alla sua luce come alle ombre, alla marginalità quanto all’orgoglio, ai confini da superare non meno che alle relazioni più ampie ancora da costruire - attraverso la parola scritta. Pensiamo a laboratori, percorsi creativi guidati ed altre forme di sostegno a progetti diversificati di crescita intellettuale, nell’idea di una cammino ambizioso, ma possibile perché condiviso. In altre parole, con passione e leggerezza vorremmo fare la nostra piccola parte: contribuire a diffondere, agevolare e stimolare, la scelta dei libri adatti a ciascuno di noi, perché l’intreccio tra la curiosità dei sogni e i diversi contatti umani, ci pare oggi il gioco più necessario all’umanità tutta.

Teresa, Caterina ed Elisabetta

lunedì 31 agosto 2009

UNA PULP FICTION IN BREVE: DOVUNQUE ADESSO. Intervento di Angela Leucci























“Dovunque adesso”, cortometraggio girato in un Salento privo di cliché, raduna personaggi e sentimenti inediti di un universo parallelo di pistole, soldi e musica rock.
“Ci sono giornate buone e giornate cattive. Poi ci sono giornate così, in cui tutti cercano di fregarti”.
Questa espressione riassume bene il plot del cortometraggio “Dovunque adesso” di Simone Covini, su sceneggiatura di Armando Pirozzi, con la colonna sonora dei Deasonika, interpretato, tra gli altri, dall'attrice Regina Orioli. Il corto è stato girato nel Salento, presso una struttura ricettiva di Poggiardo e l'Arci “I sotterranei” di Copertino, oltre che qualche scena sulla litoranea adriatica. Non è una novità che il Salento faccia da sfondo a grosse produzioni nazionali, ma a differenza di fiction e pellicole per il grande schermo girate in questi anni, in “Dovunque adesso” non c'è il Salento di sole, mare e vento, se non in un monologo dialettale all'interno dell'albergo, o in questa litoranea un po' anonima, che potrebbe essere anche Grecia o Croazia. Trovarsi dovunque, proprio come nel titolo. Una rock band, un boss con i suoi scagnozzi, un concierge innamorato di una cameriera prostituta per solitudine e per necessità, due ragazze allo sbando e un ragazzino con tanti problemi si incontrano e scontrano continuamente sulla scena. E poi spari, omicidi, e una valigia piena di denaro, in perfetto stile Quentin Tarantino degli esordi, che tuttavia passa in secondo piano: a fare la parte del leone in fondo sono i sentimenti, la rabbia del boss, la paura dei rocchettari tenuti sotto scacco dai gangster e la voglia di riscatto dei più bistrattati, fino a un inevitabile climax che fa porre una domanda: che siano proprio i più innocenti a essere i più colpevoli?

venerdì 7 agosto 2009

Per la Rassegna Lupi di mare domani a Torre S. Giovanni Raffaele Polo e Francesco Del Prete

L’ultimo menhir si legge in un paio di comode ore e non devi consultare il Novissimo Dizionario della Lingua Italiana. Voglio dire che si tratta di un racconto che, pur affrontando temi complessi, quali l’esoterismo, l’amore, l’età ultima, la follia e il contrario di tutto ciò, è reso in una lingua colloquiale e senza concessioni a certi inutili barocchismi e/o altre trovate letterarie o pseudo tali. C’è, in questo racconto velato di mistero, tutta l’energia che non ti aspetti, giocata nel paradosso tra i piccoli gesti quotidiani e i grandi temi esistenziali, accentuato dall’età senile del protagonista (e dalla completa assenza di ricordare qualunque passato) e da quel che gli capita. Il tutto tra un vecchio rebus e il nuovo numero della Settimana Enigmistica. Tra amori improbabili e persone reali. Tra vie visibili e campagne elettorali occulte. Tra la consapevolezza di essere tutti, in un modo qualunque, un po’ pazzi e non volerlo ammettere. Tra chi lo è davvero e ne soffre e diventarlo per finta e finalmente ch’è l’unica salvezza. Tra correnti sotterranee invisibili ma vere e un omicidio inesistente e sognato. Proprio come in un film. (Vito Antonio Conte)
“Eccolo, il menhir. Nella sua semplicità, una pietra alta e liscia, che sorprendeva perché, in effetti, non si sapeva nulla di quel simulacro di migliaia di anni fa. Né era sicuro che quella pietra fosse rimasta proprio là, in quel punto preciso, per tutto quel tempo. Stava qui attorno, certamente. Ma che sia rimasto proprio qui, equidistante dai muretti a secco e dalle case che sono vicine, non è plausibile. Tra l’altro, c’è una colata di cemento alla base, a segnalare l’intervento dell’uomo che non rispetta certo l’identità e il significato di una pietra che… Mi sono avvicinato e ho proteso la mano per appoggiarla contro la pietra liscia, nell’intento di sentire qualcosa. Un’impressione, magari, di vibrazioni lontane”.

Raffaele Polo (Piacenza, 1952) è uno scrittore e giornalista italiano. Vive e lavora a Lecce. Nei romanzi ha scelto sempre l'inconfondibile stile di ambientazione delle vicende nella sua terra, il Salento, con personaggi realmente esistenti, inseriti in un contesto fantastico ma contemporaneo.

L’Ultimo Menhir di Raffaele Polo (Lupo editore) Performance musicale di Francesco Del Prete (primo violino della Notte della Taranta)

Sabato 8 agosto 2009 h. 22,00, Gazebo Libreria Antica Roma, corso Annibale
Marina di Torre S. Giovanni (Ugento)


Info: Lupo editore, via Prov.le Copertino Monteroni, tel. 0832/931743
www.lupoeditore.com

sabato 18 luglio 2009

Rossano Astremo, 101 cose da fare in Puglia almeno una volta nella vita (Newton Compton). Anteprima dell'autore

Carpignano Salentino è un paese di quattromila anime, in provincia di Lecce, distante 15 chilometri da Otranto. Nel 1974, da maggio ad ottobre, Carpignano ospitò Eugenio Barba e il suo Odin Teater. In quel periodo la compagnia teatrale danese era in tournee formativa e scelse Carpignano come base delle sue attività. Dopo un iniziale periodo di seminari ed incontri, Barba propose l’idea di scambiare le tradizioni locali di musiche e danze con gli spettacoli del suo gruppo. Immaginate ora la presenza, nelle strade di un piccolo paesino del Salento, dove gran parte dei suoi abitanti non sapeva ancora né leggere e né scrivere, di spettacoli teatrali d’avanguardia. L’iniziale reazione dei carpignanesi fu d’incomprensione. Questo sino a quando un gruppo di amici diede vita ad una festa paesana improvvisata, in cui a farla da padrona furono musiche e balli tradizionali, assaggi di prodotti tipici preparati in famiglia e vino locale. Era l’11 agosto del 1974. Barba ebbe il merito di condurre gli abitanti di Carpignano fuori dalla monotonia dei una vita spesa nei campi e diede la dimostrazione del fatto che rivivere la propria cultura può dare gioia e felicità, anche se solo per una notte. Questa è l’origine della Festa te lu mieru (Festa del vino), che dal 1975 si ripete ogni anni nella prima settimana di settembre. Definita la “madre di tutte le sagre”, la Festa te lu mieru accoglie ogni anno migliaia di visitatori provenienti da tutta la regione, i quali si riversano nelle due piazze del paese, Piazza Duca D’Aosta e Largo Madonna delle Grazie, dove sono presenti centinaia di stand enogastronomici e i palchi in cui s’inscenano spettacoli con pizziche e tarante a scandire il ritmo dell’evento. Occasione ghiotta questa per gustare i piatti tipici del Salento, dai pezzetti di cavallo al sugo alla carne arrostita, dalle friselle ai fagioli, dalle pitte (piatto tipico salentino realizzato con patate) alle uliate (pane con olive), dalle pittule fritte (frittelle salate) alle porzioni di patatine fritte di cui ogni anno ne vengono distribuite oltre centomila, il tutto annaffiato dal vino locale distribuito a fiumi. È una sagra, questa di Carpignano, che coinvolge e travolge ed anche chi si reca con le migliori intenzioni sarà vinto dal potere dionisiaco che conquista tutti i partecipanti.
Restare sobri sarà un’impresa ardua.

(Carpignano Salentino . Cercare di restare sobri alla Festa te lu mieru di Rossano Astremo - per concessione dell'autore)

Rossano Astremo, 101 cose da fare in Puglia almeno una volta nella vitacollana Centouno n. 25, Newton Compton
Dal 30 luglio in libreria

lunedì 13 luglio 2009

Pierluigi Mele, Da qui tutto è lontano (Lupo Editore 2009, pp. 224, con audio-libro cd). Dal 20 luglio in libreria

C’è voluto del tempo. Quindici anni a mettere il punto alla fine. C’è voluto del gioco. Quel gioco che spinge a stupirsi e dannarsi per ciò che verrà oppure no. Il gioco libero. I personaggi si sono perduti e così ritrovati lungo il cammino. Loro a dettare il passo. Loro ad osare. Perché quei personaggi sono forme di una sola figura. Loro a scoprire cose che credevo dimenticate. C’è voluta paura dei propri fantasmi, sino a guardarli con occhi sereni. C’è voluto tutto l’amore per la musica, i colori, l’infanzia, il sorriso. C’è voluto qualcuno accanto che ci credesse davvero. C’è voluto il tempo che occorre. Anche quello per accettare i rifiuti, tanti. Anche questi sono serviti. Il libro non sviluppa un’unica trama, ne miscela diverse, di storie. Fa la spola fra terra e visione, desiderio e reale, amore e memoria, sarcasmo e dolcezza. Si serve di solitarie, estreme figure per dire del tempo, di questo nostro tempo. Questo, orfano di rivolta, dissenso, utopia. Questo, dove i simboli sono bagattelle di sagra. Si serve del sud come perdita, sogno, chimera. Solo il luogo ha un nome concreto, Torre S. Emiliano. Ma è un luogo di fabula. Un luogo di dentro. Si serve di odori perché le parole da sole non sanno né possono dire. Si serve del potere, innanzitutto, ma come metafora di un certo destino. Come filo rosso che stringe il racconto. Non è in poesia, il libro, ma se ne serve lisca per lisca. Non è propriamente romanzo, ma si nutre di letteratura che è vita. Neppure teatro, ma ne segue il fraseggio. Per annodare man mano ogni filo, e alla fine tutto torna dov’era.
Mi avevano chiesto un intervento e non so come stilarlo altrimenti. Mi avevano detto “sei libero, scrivi ciò che ti pare”. Posso dire che parlo di un sogno, nel libro, e che ne aspetto il distacco per saperne di più. Aspetto che si perda lontano come un aquilone sfuggito di mano. Aspetto che qualcuno, più in là, lo raccolga. E allora estraggo un passo dal libro che offre il senso di tutto. Quello che ora dedico a voi. «Credo nel sole, le nuvole, il vento, la neve, la stagione improvvisa che torna, la luna nel pozzo e nei conti che tornano. Credo nei colori, e con questo mio nero li stringo tutti. Credo nell’illusione delle parole, ma credo che un canto valga più di tutti i libri che leggeremo. Credo che la poesia viva dovunque, che sia lei a cercarci, che si tuffi nei versi come ultima spiaggia. Credo in chi si commuove per le sciocchezze e ride senza motivo come un idiota nei campi. Credo nella semplicità e la invidio. Credo in chi non ho mai veduto eppure conosco da sempre, in chi alla fatica sfiorisce ma intanto cammina. Credo in chi ascolta, nei vecchi che svelano siccità e abbondanza con il fiuto dei cani. E soprattutto, credo nel giorno in cui nelle prime file delle autorità siederanno i bambini».

DAL 20 LUGLIO IN LIBRERIA

mercoledì 24 giugno 2009

Nasce Osservatorio News. L'intervento di Cosimo Pavone sul paradosso della transizione e il Salento

La Puglia strattonata in crisi di fibrillazione e il Salento ormai a testa in giù. E nella pancia del Salento? Il manifatturiero in caduta libera, l'artigianato che s'arrangia, l'agroindustria - in controtendenza - che tiene salde le posizioni, mentre il capitolo del commercio e dei servizi parla di trend contraddittori ma che non lasciano ben sperare. Infine l'araba fenice del turismo, settore chiamato alla prova del fuoco dell'estate imminente. Per tutti, gli effetti a catena che si possono immaginare: tagli all'università, tagli alla ricerca, tagli alla scuola pubblica, occupazione a tutti i livelli in caduta libera, famiglie sempre più povere (in Puglia le famiglie a basso reddito sono il 31,3% contro il 18,4% della media nazionale - fonte Istat). Questo, in estrema sintesi, è lo scenario che ci vanno consegnando giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, osservatori regionali e provinciali istituzionali sullo stato della crisi nell'area pugliese-salentina. Le cifre più fresche sono dell'Istat e della Camera di Commercio di Lecce. Ma ci sono anche le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori che sfornano numeri che danno da pensare. Dunque, il Salento in caduta libera (Pil 2007/2008 a -3,9%) in una Puglia ferita (Pil 2007/2008 a -0,6%) dopo il balzo del biennio 2006-2007 che ha sfornato un Pil regionale a +4% al punto da essere definita "la locomotiva del Sud". E' chiaro a tutti gli osservatori come il tessuto economico pugliese nel suo complesso stia risentendo degli effetti della crisi nazionale al pari delle aree più sviluppate del Nord-Est e del Centro-Nord emiliano. Effetti negativi che lo testimoniano autorevoli esponenti dell'imprenditoria regionale, per fortuna fuori dalle propagande politiche di schieramento - sono stati fortemente contenuti grazie agli investimenti mirati messi in campo dalla Regione Puglia, in tempi non sospetti, a sostegno dell'economia vera. Quella economia che l'assessore Sandro Frisullo chiama, appunto, "la fabbrica": la "roba" di vergania memoria, cose concrete e solide. Non sono chiari, invece, i contorni del tracollo dell'economia nella provincia di Lecce. Certo, i numeri parlano (parlerebbero) chiaro. Ma di che cosa parlano i numeri? Cosa fotografano per davvero? Il tracollo di un'economia, ma di quale economia? Quella arcaica e stantia che inevitabilmente era ed è destinata a soccombere, o la nuova economia che stava prendendo faticosamente forma alla vigilia della crisi internazionale? Per leggere questi fenomeni - lo sanno bene gli economisti più accorti - non servono le fotografie istantanee ma occorrono sequenze di scatti storici, attuali e quindi proiezioni sul futuro vicino e lontano: non solo cifre gettate alla rinfusa nell'arena mediatica e politica, ma sguardi lunghi: in grado di capire, interpretare. Occorrono, in sintesi, analisi qualitative, analisi di nicchie significative, quelle nicchie che forniscono i "segni" su cui le imprese e la politica si devono misurare, prendere decisioni. Sono questi segni che ci possono raccontare il futuro prossimo: sono cose che abbiamo letto sui libri di storia dell'economia, dalla prima rivoluzione industriale ai fenomeni di sviluppo e di recessione anche e soprattutto nelle economie d'area: non solo macroeconomia. Questa "pancia" del Salento, però, non ce la sta raccontando nessuno. Qualche cenno dagli analisti istituzionali, solo timide intuizioni dagli economisti delle nostre università. Tutto qui. Di che stiamo parlando? Di quali nicchie? Stiamo parlando dell'agroindustria, dei segnali apparentemente contraddittori che arrivano da questo comparto che, certo, storicamente in fase di crisi ha un comportamento anticiclico, ma che qui nel Salento dà "strani" segni di vitalità (e di qualità) anche nell'export ai tempi della crisi globale. E, ancora, stiamo parlando della crescita delle imprese alberghiere e della ristorazione (+22,6% dal 2003 al 2008), un dato che vorrà pur dire qualcosa (forse turismo?). Così come qualcosa vorrà dire 'incremento dell'81,8 per cento delle imprese di produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua, dati sempre riferiti al quinquennio 2003-2008. Ci fermiamo qui, tralasciando per ora i "segni" che vengono dal terziario avanzato in tutte le sue contraddittorie articolazioni. E allora? Allora, forse, il disastro Salento non vuol dire banalmente "disastro", ma economia in trasformazione. Dal Tac fasonista, dall'agricoltura di sussistenza, dai servizi generalisti, dal turismo folcloristico e sgarrupato di "lu mare, lu sule, lu ientu", ci si sta muovendo verso le energie rinnovabili, l'agroindustria specializzata e di qualità, verso il terziario avanzato innovativo, la ricerca creativa con annesse nuove tecnologie, fino al turismo delle cose concrete e non della convegnistica parolaia e spendacciona. Il Salento più che in crisi endemica - ma non sta a noi certificarlo - sembra essere stato colto in campo aperto da un brutto temporale proprio mentre si stava cambiando d'abito. E quando ci si cambia d'abito e c'è la tempesta, si sa, ci si bagna con il rischio di beccarsi una qualche malattia. Come uscirne? Cosa fare? Che riparo dare a questo Salento? Noi ci fermiamo qui. Siamo, come dice la testata, un giornale - presto anche quotidiano sul web - che fa e farà da "osservatorio" sul territorio salentino in stretto collegamento alla realtà regionale. Non solo un facile osservatorio "tecnico", ma uno strumento di lettura e di analisi, utilizzando al meglio le energie intellettuali e le competenze tecniche che la ricerca e le professioni sapranno mettere in rete. Il resto tocca alla politica, alle imprese. E naturalmente alle organizzazioni dei lavoratori.

giovedì 4 giugno 2009

MARAVA’ PIEDI DI GOMMA di Gianni De Santis (Lupo Editore). Recensione di Silla Hicks

Premetto che - da camionista - mi fanno comodo gli audiolibri, almeno da quando il dolore nella musica – in qualsiasi musica – è diventato così forte che non riesco più a stare con la radio accesa, e leggere di notte quando mi fermo mi stanca. (Non è da me, lo so, come so che questa non è vita, ma non ne ho altre, e ormai non penso nemmeno più possa essere diverso, il mio corpo ha ripreso il coraggio di dormire e la necessità di stare sveglio, per quanto sia difficile sopravvivo, ed è tutto).
Però riconosco che leggere la carta è un’altra cosa, e difatti questo libro l’ho ascoltato, e poi l’ho letto, e sulla carta le parole hanno tutto un altro suono, un altro senso, sono lì, e sei tu a scegliere quando fermarti e quando ripartire, ed il tono da usare, anche: mi dispiace, lo so che sul CD le voci sono di attori e che di sicuro cadenzano il ritmo meglio di quanto possa fare io, ma so anche che un libro è di chi lo legge, se si decide di pubblicarlo, e quindi credo anche che ciascuno abbia il diritto di ritagliarselo addosso, di appropriarsi della storia, e farne ciò che vuole. La storia: all’inizio ricorda un po’ il cacciatore di aquiloni, parla di quell’amicizia che è essere fratelli di chi abbiamo scelto e ci ha scelto, miracolo possibile solo quando si è bambini. E loro due, Antonio e Raffaele, sono bambini, appunto, che insieme crescono in un mondo rurale e primitivo – l’esplosione del padre di uno dei due per la gomma bucata della bici è proto-umana se non dis-umana e basta – da cui insieme tentano di proteggersi e da cui insieme sognano di andarsene, di volare via, sulla luna dove gli astronauti rimbalzano coi loro piedi di gomma.
Finché non succede qualcosa che spezza loro le ali una volta per tutte, e si ritrovano inchiodati a una sedia a rotelle, per cause diverse ma tutti e due insieme, di nuovo, abbracciati ai loro sogni morti, e a questo punto subentra il mare dentro, tanto più che uno dei due s’è fracassato la schiena con un tuffo mal riuscito, e nell’acqua ha incontrato all’improvviso la faccia cattiva della vita, dopo cui niente è più uguale. Non discuto la scelta “buona” (politically correct, dicono oggi) di far trovare un senso a quello che il senso non ce l’ha, io, che non ho fede né speranze, e ho amato negli occhi disperati di Berdem/Ramon Sanpedro il mare cui decide di tornare, perché è quello che al suo posto farei io.
Come non discuto la forma epistolare, anche se oggi come oggi sarebbe stato più credibile un flusso di mail (va bene, io non ho il gusto per gli espedienti letterari, e anche quello del pupazzo-confidente non m’ha entusiasmato, ma è un problema mio) e anche se alla fine non si tratta di lettere ma di pagine di diario, un soliloquio in cui il dramma si scolora nella speranza di tornare a volare di nuovo. Quello di cui mi interessa parlare, piuttosto, è di quello che resta sullo sfondo, e da cui vengono gli spunti più interessanti, quello che io chiamo “quel che rimane” quando il libro l’ho chiuso.
Il mondo in cui i personaggi si muovono, in primo luogo, che è un sud primordiale, sonnacchioso e feroce, un mondo dentro il mondo tutto resta fermo anche mentre cambia, pastoia per i sogni dei due protagonisti e per chiunque altro vi resti invischiato, claustrofobico e livido pur sotto un sole che abbaglia.
E poi l’emigrazione, lo sradicamento precoce, tema che purtroppo porto cucito addosso, io che ho fatto il cammino inverso, sì, ma ugualmente senza che fossi io a sceglierlo, e con uguali conseguenze di emarginazione e incapacità d’integrarsi, perché i pregiudizi verso lo straniero/diverso sono sempre uguali, e la stupidità di chi li coltiva anche. E l’incapacità di confrontarsi con l’amore, anche: se c’è un rigo che vale tutto il libro, è a pagina 115, L’AMORE NON È UN SENTIMENTO MA UN BISOGNO/TORMENTO, scritto in maiuscolo, peraltro, perché è l’inizio di un paragrafo, in realtà, ma a me piace pensare per scelta consapevole che si tratti di verità folgorante e assoluta.
Maria: forse l’unica che davvero si ribella e paga la sua ribellione sulla propria pelle, perché in un mondo arcaico essere uomo è una lotta, ma essere donna può essere solo sconfitta.
È lei che mi resta, di questo libro. Lei, l’unica che ha davvero creduto di avere piedi di gomma. Non è rimasta bambina, no: non si è arresa, che è cosa diversa.
Così, è lei che mi resta, di questo libro.
Non la speranza che si possa imparare serenamente a rassegnarsi quanto piuttosto l’ammirazione per chi sceglie di non farlo, comunque vada a finire.
Chi sceglie il coraggio di provare a cambiare la propria vita, e non importa se ci riesce, almeno ci avrà provato, ci credo poco alla serena rassegnazione, io, o meglio non voglio crederci, io sono ancora negli occhi di Sanpedro, quando parla del mare, di come continui a sentirlo dentro, e sono sicuro che mentre s’addormentava abbia sentito l’acqua, non sono capace di dire “così sia”.
Ma questo è altro, da questo libro e dal suo senso.
Anche se in un certo modo ne fa parte, perché un libro è di chi lo legge, ed è questo, per me, quel che rimane.

UN TUFFO FUORI DAI SOGNI
(MARAVA’ PIEDI DI GOMMA, di Gianni De Santis, Lupo Editore, Copertino, 2009)

mercoledì 27 maggio 2009

Salomè di Oscar Wilde per la regia di Pierluigi Mele

Lo spettacolo chiude il Laboratorio di Teatro Moderno tenuto dal poeta e regista Pierluigi Mele nel Liceo Capece, giunto quest’anno alla settima edizione. La storia di “Salomé” è nota: una principessa danzatrice chiede al tetrarca Erode la testa del profeta Giovanni, non per compiere la vendetta di sua madre, Erodiade, ma per coronare un proprio sogno di macabra lussuria. Nell’allestimento di Mele la testa del profeta diviene una sfera luminosa, metafora di quella vita “altra”, di quel sogno impossibile di rinascita che ciascuno insegue. Una rilettura drammaturgia moderna della femme fatale di Oscar Wilde, figura decadente della bellezza maledetta e dell’isteria, che qui si trasforma in una giovane donna indifferente al potere, incantata invece dalla vita, lontana dagli stereotipi di dissoluzione e decadenza. Lo spettacolo propone, in un crescendo di intensa poesia, un montaggio visionario e ironico, sorretto da una ricca colonna sonora. Essenziali, tra l’altro, sono i momenti coreografici. La scenografia è essenziale e priva di palco, formata da quattro pedane e da alcuni scanni, giocata intorno alla suggestiva cornice dell’Atrio Capece. L’azione scenica si sviluppa tra l’intero spazio ed il pubblico, e si avvale di una particolare illuminazione scenica. Inoltre, alcuni personaggi dello spettacolo, tra cui Salome ed Erode, sono interpretati da più attrici che si alternano sulla scena, scambiandosi un particolare accessorio, specifico di quel personaggio, e segnalando così i passaggi di ruolo. È importante, in tempi così difficili per la scuola pubblica, ricordare l’impegno del Liceo Capece per l’offerta formativa. Anche nell’anno scolastico appena concluso, infatti, si è rinnovato l’appuntamento con lo spettacolo di teatro moderno, seguito da un pubblico sempre più numeroso e attento alla qualità dei lavori sino ad oggi proposti.

Venerdì 10 giugno alle ore 20.30 nell’Atrio del Liceo Capece a Maglie è di scena lo spettacolo teatrale “Salomé” di Oscar Wilde.

Con - Alice Maruccia, Francesca Nicoletti, Paola Minosi, Alessandra De Luca, Arianna Merico, Natascia Giannini, Ludovica Petracca, Roberta Melissano, Alessia Petracca, Gianluca Panico.

Regia - Pierluigi Mele


Info:
Pierluigi Mele – Via Re di puglia 102, 73020 Castrignano dei Greci (LE)
339.6820463 – e mail: lelune@libero.it


l'opera riportata è di Franz Von Stuck

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