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sabato 25 giugno 2011

Real Life di Christopher Brookmyre (Meridiano Zero)












Lo Spirito Nero è un mercenario omicida, l’incarnazione del terrorismo allo stato puro: nessun progetto di conquista o rivendicazione politica, semplicemente l’autore degli attentati più agghiaccianti degli ultimi anni. E ora ha in mente un obiettivo in terra britannica che farà dimenticare l’11 settembre. Il bersaglio è ancora sconosciuto, ma i servizi segreti inglesi hanno saputo con certezza che si trova in Scozia. Fra i componenti della squadra speciale che viene approntata d’urgenza c’è Angelique De Xavia, tormentata e bellissima, letale nelle arti marziali, unica donna in una task force solo maschile. Sarà grazie alle sue intuizioni e a una colorata banda di personaggi – un genio fallito dei videogame, una coppia di ragazzini terribili scappati da scuola e la vedova di un marito mai morto – che Angelique riuscirà a ricostruire l’identità dello Spirito Nero e a mettersi sulle sue tracce. Con un intreccio magistrale e sanguinoso, spruzzato d’umorismo dark e sarcasmo, l’autore scozzese compone un plot ipercinetico che infila spettacolari sequenze d’azione e colpi di scena, false piste e vicoli ciechi, in un romanzo adrenalinico che cresce in modo esponenziale fino al pirotecnico finale a sorpresa.
“TSS. La morte era ancora poco per loro. Davvero. Quegli stronzi si meritavano di vivere in eterno. Una massa di schiavi sonnambuli di periferia nelle loro colonie penali finto stile Tudor. Una galera dove non c’era nemmeno bisogno di muri perché ai detenuti avevano fatto un tale lavaggio del cervello da convincerli che lì ci volevano stare. Incarcerati per le loro ambizioni, nel frattempo si propagavano e autoreplicavano stupidamente, trasmettendo il loro DNA di supina sottomissione alla prossima generazione di prigionieri dallo sguardo vitreo. E ogni giorno si svegliavano e pregavano che il giorno della loro emancipazione non giungesse mai: “Signore Iddio, proteggici dall’unicità. L’eterno conformismo dona a noi, e liberaci dalla distinzione. Amen”. Ne aveva uno in culo proprio in quel momento, che gli lampeggiava con gli abbaglianti della sua MX3, gli occhi e le narici che si dilatavano a tempo con le luci ammonitrici. Un assoluto coglione. Rischiare la vita nel tentativo di completare il sorpasso prima che finisse la seconda corsia, in modo da essere avanti di una macchina, una macchina, alla coda per il semaforo. Cosa si doveva pensare del valore della vita che stava rischiando? Appunto. Tristi Stronzi Suburbani. Quella era la ragione vera per cui la gente si accoltellava per un sorpasso. La furia dell’automobilista frustrato non era un prodotto del traffico in aumento (anche se il fattore un-passeggero-per-macchina era comune a entrambi), ma rappresentava il massimo avvicinamento a un qualche senso di sfida, l’ultimo residuo spettrale della volontà di autoaffermazione. Era l’unica occasione che avevano di esprimere un qualche senso di identità: dietro il volante, da soli, a combattere per la precedenza con il resto dei senza volto. Se riesci a sorpassare il tizio che ha una macchina 9 più grande, più nuova, più lucida della tua, ti puoi dimenticare di tutti gli altri modi molto più autentici in cui quello ti sta lasciando indietro a mangiare la polvere. Qualcuno ti taglia la strada, ti impedisce di avanzare, e trasferisci su di lui tutte le tue frustrazioni perché ti ricorda quanti ostacoli si frappongono tra dove ti trovi nella vita e dove vorresti veramente essere. La macchina davanti a te è la tua mancanza di fiducia in te stesso, eredità della tua madre iperprotettiva. La macchina davanti a te è la tua paura del confronto, dono del tuo tremebondo, sconfitto padre. La macchina davanti a te è la scuola dove non sei potuto andare, il golf club di cui non sei diventato membro, la loggia massonica a cui non appartieni. La macchina davanti a te è tua moglie e i tuoi figli e i rischi che non puoi correre perché hai delle responsabilità. Ma la cosa veramente tragica è che della macchina davanti hai bisogno, hai bisogno di quell’ostacolo, perché ti permette di non affrontare il fatto che non lo sai dove vorresti essere. Se ti avventurassi oltre la colonia penale saresti perso. È un mondo pauroso là fuori. Non ti ci troveresti. Per questo vengono spesi miliardi ogni anno per pubblicizzare come totem di gusto personale e discernimento macchine praticamente identiche l’una all’altra. Toyota, Nissan, Honda, Ford, Vauxhall, Rover, tutti con la loro monovolume, la loro coupé, la loro familiare, ogni modello difficilmente distinguibile da quelli della concorrenza se non per il marchio. E negli spot vedi uomini dalla mascella quadrata che salvano bambini, combattono con gli squali, scopano come eroi omerici, qualunque cosa per distrarre l’attenzione dalla macchina in sé. “La nuova Vauxhall. I fanali sono leggermente diversi da quelli della Nissan. Perché tu sei leggermente diverso.” E forse no, eh? Ed è qui che entrano in scena i gipponi e le quattro ruote motrici. Tizi che usano un fuoristrada per andare da casa al videonoleggio; l’unico momento in cui la macchina esce effettivamente dalla pubblica strada è quando viene parcheggiata sul vialetto davanti alla loro ‘casetta da sogno’ di cartongesso e compensato, o quando viene portata in officina dopo una curva a più di sessanta chilometri all’ora che ti ricorda che l’aerodinamica vale più della massa bruta. A volte c’è una monovolume per la moglie, oppure una familiare, a seconda del salario. E così risparmi e ti ammazzi di lavoro e baci culi per pagarti quella MRII o CRX o GTI, per tenerti stretto a una qualche patetica illusione di perdurante virilità. Sì, magari hai moglie, bimbi, mutuo e i suoceri a cena ogni domenica, ma una parte di te non sarà mai domata. Chi vuole un’altra fetta di Viennetta Algida?”

venerdì 24 giugno 2011

Il libro del giorno: Uomini da mangiare di Christine Leunens traduzione di Maurizia Balzelli (Meridiano Zero)












Rinchiusa nella dispensa, la piccola Kate fissa con astio le ombre dei prosciutti appesi. Sua madre, un’irascibile vedova lituana, la rinchiude lì per costringerla ad abbandonare la sua innata avversione per il cibo. Nella penombra maleodorante di umidità e cipolle, Kate strizza forte gli occhi finché il buio comincia a respirare e a muoversi come una nuvola di farfalle: le tenebre sono vive, e danzano per lei. Nell’oscurità riesce a sentire il battito del suo cuore e può abbandonarsi a complicate fantasie. La mente di Kate è fervida e impaziente, ma nessuno si preoccupa di rispondere alle sue domande sul mondo, e così lei si crea delle idee tutte sue su quello che gli uomini e le donne fanno quando sono soli. Gli innamorati si mangiano. Affamati gli uni degli altri si staccano morsi di frutti proibiti che crescono sotto i loro vestiti. Per questo Kate ha paura di mangiare. I suoi occhi sgranati una volta hanno visto un uomo e una donna preda della passione: si consumavano a vicenda sulle lenzuola di un letto, come se fosse una tavola apparecchiata. C’è un’intera cosmogonia nel mondo di Kate: forse tutto l’universo è commestibile. Forse mangiare ed essere mangiati è il solo prodigioso modo di perpetrare la vita. Ma è nel giorno della sua prima comunione che tutto le appare finalmente chiaro. Sentendo sciogliersi in bocca quel fragile velo di pane, Kate inizia per la prima volta ad aver fame; proprio quando il suo corpo sta diventando quello di una donna e l’adolescenza la sospinge verso i segreti chiusi nelle bocche degli adulti. Christine Leunens, penna ironica e torrenziale, dà vita a un trasgressivo romanzo di formazione, in cui le metafore dell’inconscio si materializzano, si condensano e restituiscono intatte le nostre tentazioni primordiali.
"— Tu! Mangia!
— Ma non va giù…
— Solo metti in bocca e inghiotti! — urlò mia madre. Mi cacciai in bocca un altro centimetro di banana lebbrosa e pregai perché la smettesse di fissarmi in quel modo. Il boccone raggiunse la riserva stagnante che spostavo da destra a sinistra per convincerla dei miei sforzi.
— E niente castania, per favore.
La castania cui mia madre alludeva era la sacca guanciale dove immagazzinavo gli alimenti indesiderati. Lei mi pizzicò la guancia e la strizzò finché il cibo, ammorbidito dalla saliva, slittò sotto il palato.
— Quanto ci vuole?
— Sto masticando.
— Vuoi che conto fino tre?
Aveva deciso che non c’era niente da masticare. Secondo la sua logica e le leggi della fisica, quel pus da lebbrosi poteva scivolare con facilità lungo qualsiasi piano inclinato. Avrei preferito che al posto del mio tubo digerente ci fosse stato lo scarico del lavandino.
— Uno. Due…
Infilai il dito nella polpa e cominciai a togliere le parti scure e molli che qualcuno aveva avuto la grande idea di paragonare a dei lividi, e intanto facevo del mio meglio per smettere di immaginare che la banana fosse l’avambraccio di Miriam e quelle che rimuovevo le piaghe purulente sotto le sue croste. Quelli che io consideravo lividi, per mia madre erano mangiabilissima polpa. La banana mi fu strappata di mano e se non avessi girato la testa in tempo me la sarei presa in faccia. In meno di una settimana, camminavo dritto quanto un marinaio ubriaco. Andai a lamentarmi da mia madre; lei soppesò le mie gambe e mi disse di mangiare di più. Stavo portando in casa la spesa quando caddi sul vialetto d’ingresso e mi scheggiai un incisivo. Lei mollò papaia, finocchi e pacchi di farina integrale a metà prezzo e corse a controllare le mie vaccinazioni della polio. Il dottore mi premette un bastoncino da ghiacciolo sulla lingua, mi visitò gli occhi e le orecchie con una luce. Mi disse di star ferma e con un arnese molto appuntito estrasse dal mio orecchio una cosa giallastra che a me pareva pus secco.
— Mi spiega come diavolo ci è finita la banana qui dentro?!
Di solito la gente quando si arrabbia strizza gli occhi; il dottor Kreushkin invece li spalancò, mettendo in mostra i bordi rosati delle palpebre inferiori, che mi hanno sempre fatto pensare
al prosciutto.
— Oh, questa bambina fa tutto per non mangiare. Mi farà invecchiare prima di tempo.
Mia madre fece spallucce, poi si riaggiustò il fazzolettino tra i seni. Chissà perché, le gocce di sudore sul labbro le davano meno fastidio. Il dottor Kreushkin abbassò gli occhi su di me con mal celato disgusto. Io increspai il mento e ingoiai il mio amor proprio. Non avevo il permesso di contraddire mia madre, vale a dire che in pratica dovevo mentire."

Le Perline Colorate di Maria Grazia Casagrande



"Cerco di dar voce alle tante voci che mi circondano sui tram, in metropolitana, in attesa dal dentista. E' tutto un mondo sommerso di dolore profondo che non sà o non può venire a galla. E allora io mi faccio tramite!... "(Maria Grazia Casagrande)

giovedì 23 giugno 2011

Europe - The Final Countdown



Music video by Europe performing The Final Countdown. (C) 1986 SONY BMG MUSIC ENTERTAINMENT. On Youtube/Vevo

Il libro del giorno: Christine Koschel, Nel Sogno in bilico (Mursia)



















È stato pubblicato in questi giorni il volume di Christine Koschel, Nel sogno in bilico, a cura di Amedeo Anelli, per i tipi di Mursia, nella collana Argani diretta da Guido Oldani. La nostra redattrice Christine Koschel è fra i maggiori poeti tedeschi del Secondo Novecento; nel risvolto di copertina Guido Oldani scrive: «Si vive con un dizionario di alcune decine di parole. Tutto al contrario per Christine Koschel; lei sa che il poeta è una piccola isola in un oceano di termini, da cui pescarne pochi, e ad uno ad uno, con la fatica della lenza, usando per esca il proprio animo, perché il cesto si colmi lentamente, apertis verbis, e solo quando occorra veramente. Una poetessa inestricabile dalla sua biografia, il cui lavoro poetico è quasi scambiabile vicendevolmente con la sua persona o personalità, così appartata e il cui parlarne richiede quasi già una certa violazione. L’infanzia della piccola Christine è segnata dalle drammatiche conseguenze della Seconda guerra mondiale. Giovane poetessa, emigrerà in controtendenza, verso sud, a Roma, dove l’amicizia con Ingeborg Bachmann e con Cristina Campo – unitamente alla sua vocazione intrinseca – la terranno al riparo dalla sterile agevolata salotteria e, fino ad oggi, dall’attenzione di troppa editoria. È un «poids égoûtté» la scrittura della Koschel, fra i più significativi poeti del nostro tempo, con anche momenti come di residualità tutta europea dell’esperienza, dove ogni parola in più appesantirebbe vanamente il bagaglio del pellegrinare della poesia. Se dovessi fare qualche eventuale riferimento italiano ai suoi versi, penserei a certi vociani o al riservatissimo Roberto Rebora, nipote del più noto Clemente.Ma si sa, la Koschel ha avuto anche a che fare con il fecondo Gruppo 47, in Germania. Viene a mente allora, per i suoi testi, la delicatezza di un cespuglio invernale; non ha senso ricercarvi una ricchezza floreale. Pure, una gelata improvvisa fa sbocciare, da quei segni di matita, una delicatissima galaverna. Ne viene un imprevedibile giardino di bianco, sia di concretezza che di avvolgente sognabilità».
A portare in italiano i suoi traduttori storici in un’opera corale che dà il senso del lavoro dialogico di ascolto e interrelazione fra culture che il tradurre stesso rappresenta. Le traduzioni intrecciano generazioni di germanisti: Maria Teresa Mandalari, Maura Del Serra, Anita Raja, Silvio Aman, Daniela Marcheschi, Enrico Piccinini, Paola Quadrelli; raccolgono accanto a nuove traduzioni i testi usciti nelle riviste «AC», «Kamen’», “«Poeti e Poesia» ed in altri luoghi.
Christine Koschel è nata a Breslavia, in Slesia, nel 1936. Finiti gli studi ha lavorato a Monaco come aiuto regista teatrale e cinematografico. Nel 1961 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie, Den Windschädel tragen. Trasferitasi a Roma nel 1965, ha collaborato ad antologie e riviste italiane e internazionali e ha curato con Inge von Weidenbaum l’opera di Ingeborg Bachmann in quattro volumi per la casa editrice Piper di Monaco. Tra le sue raccolte poetiche, Pfahlfuga (con una nota di Ilse Aichinger, 1966), Zeit von der Schaukel zu springen (1975), Das Ende der Taube (1992), Ein mikroskopisch feiner Riss (2002), L’urgenza della luce (a cura e con un saggio introduttivo di Amedeo Anelli, traduzione di Cristina Campo, 2004), Einen Lidschlag offen (2009).
Christine Koschel, Nel Sogno in bilico,
a cura Amedeo Anelli
MURSIA, pp. 66 - € 15,00

Dal Salento a Cannes...l’art director a caccia del Leone










È in corso e terminerà il 25 giugno prossimo la 58esima edizione del “Cannes Lions”, Festival Internazionale della Creatività di Cannes, da sempre il più importante e prestigioso concorso pubblicitario al mondo. Basta nominare alcuni dei vincitori delle precedenti edizioni per farsi un’idea dell’importanza del riconoscimento: Ikea, Unilever, Volkswagen, Procter & Gamble, Adidas, Sony Computer Entertainment, BMW AG, Nike, Swatch Group, Sony Corporation e Virgin Group.

Tra le poche presenze per l’Italia segnaliamo, nella shortlist dei primi sette classificati per la categoria MEDIA LIONS/Best Localised Campaign, l’art director Marco Cantalamessa, di origine marchigiana ma salentino d’adozione (nella foto), che riceve questa nomination per la campagna pubblicitaria per il noto marchio di abbigliamento Diesel realizzata come art director dell’agenzia milanese BCube (gruppo Leo Burnett).

La campagna è stata giocata su elementi volutamente legati al territorio; infatti le affissioni che hanno campeggiato in tutta Italia declinavano una storia con slogan dialettali, nessuna regione esclusa. Marco Cantalamessa è attivo a Lecce, dal marzo scorso, insieme all’art director salentina Annalisa Martinucci e al direttore clienti Lorenzo Martinucci, con Rebel Comunicazione, una nuova agenzia pubblicitaria con sede a Lecce. I due direttori creativi, dopo un’importantissima esperienza di più di dieci anni di lavoro presso autorevoli agenzie pubblicitarie milanesi, curando clienti del calibro di Coca-Cola, BMW, Mini, Barilla, Feltrinelli, hanno deciso di creare un progetto proprio, animati dalla voglia di portare tutto il proprio bagaglio tecnico sul territorio salentino. L’agenzia si vuole porre sul mercato come un’alternativa in grado di fornire una consulenza completa e professionale, sempre attenta alle novità di un settore in continua evoluzione. Nel frattempo Cantalamessa, insieme ai suoi soci, si gode il notevole posizionamento al Festival Cannes Lions e spera di essere uno dei vincitori.

Info:

http://www.canneslions.com/work/media/entry.cfm?entryid=20398&award=99

Dìa de los muertos di Kent Harrington (Meridiano Zero)





















Il día de los muertos: il giorno dei morti, grande festa popolare messicana, sta per arrivare. A Tijuana, sotto un sole torrido e impietoso, l’agente della DEA Vincent Calhoun aspetta il ritorno della suerte, la fortuna che sembra averlo abbandonato. In quella terra di confine, lui ha già perso molto: la fiducia, l’onestà, e montagne di dollari alle corse dei cani. Calhoun è un senza legge, un coyote che trasporta illegalmente clandestini negli Stati Uniti. Ma ora è convinto di aver avuto la dritta giusta, di avere in tasca la scommessa vincente. Si sbaglia. E mentre lo strozzino con cui è indebitato può ricattarlo, imponendogli di condurre oltre confine un passeggero molto scomodo, ecco comparire, come una visione dal deserto infuocato, la ragazza che un tempo lo ha rovinato…
Sudore, polvere, sole accecante. Come in un film di Sam Peckinpah, non c’è scampo dalla resa dei conti. Come in un romanzo di Jim Thompson, non si può stare univocamente dalla parte del bene o del male. Si procede su un sentiero di sabbia rovente, scrutando il deserto con occhio febbricitante. Duro e disperato, Vincent Calhoun è l’eroe maledetto che accetta l’ultima scommessa, è il cuore perduto che ritrova i ricordi. Il giorno dei morti è arrivato: lui, solo, deve trovare il proprio riscatto.


"Tijuana, Messico – 1 novembre, ore 14.00
Era la sua capacità tutta speciale di vendicarsi e fartela pagare cara, quello che più lo preoccupava di Tijuana. Con un’aria disinvolta e abbronzata, dietro gli eleganti occhiali avvolgenti, Vincent Calhoun scese dal marciapiede per lanciarsi nel traffico della piazza centrale, facendo entrare immediatamente in azione i clacson. Fermò le automobili alzando le mani e i guidatori videro un americano grande e grosso, con un copricapo da legionario e un abito di cotone bianco, che continuava l’attraversamento della piazza ignorando il fuoco di fila di occhiate malevole. A nessuno passò per la testa l’idea di protestare. A Tijuana c’era gente con cui era preferibile non correre rischi. Da quelli che avevano l’aspetto di Calhoun, giocatori, rettili del deserto, ci si teneva lontani. Una volta entrato nel fresco anello d’ombra che delimitava la piazza, Calhoun si sentì offrire i tre articoli più venduti in città dagli uomini d’affari della prima linea. — Donne, erba o pastiglie… Ho una bella bambina, amico… Te lo succhia fino a tirarti scemo — gli disse un ragazzino seduto su una panchina, il volto ombreggiato dalle fronde degli alberi. Calhoun ignorò l’offerta e continuò ad attraversare la piazza lungo la terra di nessuno fatta di asfalto e luce
violenta. Il caldo penetrante, vivo, gli camminava al fianco come un matto scappato dal manicomio, saliva dal cemento abbagliante e gli passava attraverso le suole delle scarpe. I piedi gli bruciavano come se stesse camminando scalzo, sulla spiaggia. Gli passò per la testa l’idea che in quella piazza, nell’enormità di quello spazio ritagliato nel cuore della città, ci fosse qualcosa di crudele e indio in maniera quintessenziale, qualcosa di cerimoniale. Faceva pensare ai sacrifici umani. Forse la città era davvero ancora tolteca, pensò. Gli operai stavano appendendo luci e festoni sul palco dell’orchestra in vista delle celebrazioni. Una volta dall’altra parte, Calhoun si fermò davanti al chiosco dei giornali all’angolo e comprò il Diario de la Sierra, con gli orari e le quote delle corse a Caliente. In prima pagina il titolo a caratteri cubitali annunciava: LA POLIZIA CERCA FRANK GUZMAN IN TUTTA LA CITTÀ.
— Quando sei nato? — chiese all’edicolante cercando di vederlo nel caotico interno del chiosco. L’uomo, nella sua conchiglia fatta di assicelle, la sola minuscola zona d’ombra nella strada rumorosa, alzò gli occhi. L’americano grande e grosso lo scrutava. L’abito di cotone bianco era immacolato e nelle lenti gialle degli occhiali si rifletteva la sfera del sole.
— ¿Cómo…? — La testa del messicano era incorniciata di riviste femminili che avevano in copertina ragazze dai voluminosi sederi coperti da succinti pantaloncini. Un autobus municipale passò rombando accanto al chiosco e coprì la strada di fumi neri di scarico.
— Amigo… che giorno sei nato? — ripeté Calhoun gridando per sovrastare il frastuono prodotto dall’autobus. Tentò un sorriso che non gli riuscì.
— Mi serve un numero fortunato, — spiegò. — Per le corse.
— Sono nato quando hanno tirato giù Gesù Cristo dalla croce per fregargli il portafoglio, — disse l’uomo, e rise. Batté un colpo sul banco per dare più enfasi alla battuta, convinto di essere stato molto divertente. Calhoun proseguì lungo il marciapiede in direzione del Playa Azul. D’un tratto gli si era chiarito il fatto che Tijuana aveva vinto. Che ritrovare un po’ di fortuna non era più in suo potere. L’aveva esaurita, la suerte. Era evidente. Non ce n’era più. Ognuno dispone di una
certa quantità di fortuna e basta. La sua era finita, tutta, fino all’ultima goccia."

mercoledì 22 giugno 2011

Walter Veltroni a La Feltrinelli Point a Lecce















A Lecce, il 24 giugno 2011 alle ore 18.30 in via Felice Cavallotti 7/a apre la Feltrinelli Point
e Walter Veltroni, ospite d’eccezione, incontrerà i lettori del suo ultimo lavoro “L’inizio del buio” (Rizzoli). La Feltrinelli di Lecce non ha ancora aperto e già può vantare una lunga storia.
È infatti dal 2001 che Francesco Fiorentino e sua moglie Luigina Carlucci operano come librai in Lecce, da quando, in via Liborio Romano 23, aprirono la libreria Icaro. La loro libreria si propose immediatamente come un luogo completamente nuovo per la città, diventando in pochi anni, con oltre diecimila tesserati, uno dei luoghi più amati dai salentini e dai turisti, un posto dove darsi appuntamento, dove andare a bere qualcosa, a chiacchierare, a incontrare persone e libri. Merito della qualità della proposta culturale, senza dubbio, ma anche di un modo di proporsi mai supponente o intellettualistico, ma piuttosto semplice, aperto, disponibile.
Nel 2003 la libreria si ingrandisce con l’acquisizione dei locali adiacenti, e incrementa lo spazio di vendita, potenziando il settore dei testi giuridici e quello dei ragazzi, cui a partire del 2008 si affiancherà un’animatissima caffetteria.
Insieme al Fondo Verri, per tre anni dal 2006 al 2008, la Icaro organizza con grande successo la manifestazione "Gran Bazar dell’editoria locale e del libro in tasca", ospitando autori come Carofiglio e il collettivo Wu Ming. Mentre per tutto l’anno in libreria si susseguono incontri di rilievo, con autori del calibro di Marc Augè, Josè Saramago, Maurizio Maggiani, Vittorio Arrigoni tra gli altri.

Da oggi la libreria Icaro chiude i battenti, si trasferisce e assume una nuova insegna per diventare una nuova libreria, rinnovata nel look e nella struttura organizzativa. Oggi la vecchia Icaro diventa una Feltrinelli Point.
Al suo interno un ricco assortimento di libri di tutti i generi, di tutte le sigle editoriali, per tutti i gusti e le esigenze, integrato da un reparto dedicato all’home entertainment e da un settore di cartoleria di qualità. La direzione della libreria sarà affidata a Luigina Carlucci, che proseguirà anche l’intensa attività di incontri e presentazioni.
La Feltrinelli Point è la nuova insegna del gruppo, che raccoglie librerie in franchising in tutta Italia, offendo a librai-imprenditori già esperti e radicati nel proprio territorio l’insieme di competenze, servizi (dagli ordini speciali per i titoli non direttamente presenti in negozio a tutti i vantaggi della Carta Più Feltrinelli, all’integrazione con il sito di vendita online lafeltrinelli.it) ed economie di scala di una grande catena nazionale.


Orari di apertura:
Lunedì / Venerdì: 09.00/21.00
Sabato: 09.00/23.00
Domenica: 16.30/23.00

Direttore Luigina Carlucci – Responsabile libri Francesco Fiorentino
Via Felice Cavallotti 7/a
Telefono 0832331999
lecce@feltrinellifranchising.it

Bronski Beat - Tell Me why

Fonte Youtube/MasterChief1801

Il libro del giorno: Tutte le cose ritornano di Loredana Costantini (Youcanprint)












Eva e Leandra si preparano all'ennesima cena, che consumeranno da sole o insieme a qualche amico che verrà a trovarle. Eva e Leandra sono morte e, nonostante questo piccolo particolare, vivono una realtà abbastanza affollata. Ortensia è una ragazza spigliata che ogni tanto, senza preavviso, sviene in preda a colpi di sonno; Stefano, suo fratello, ha immolato se stesso al “dio Apple”, sotto forma di cuffiette Ipod perennemente ficcate nelle orecchie; i due fratelli si vedranno costretti a crescere in fretta a causa dell'improvvisa scomparsa del padre. Ortensia aiuterà sua madre a 'crescere' grazie all'amicizia di una zia simpatica e disinibita di nome Carmen.
I loro incontri sono pretesti per cene elaboratissime e deliziose nelle quali si allestisce un piccolo teatro della crudeltà, dove Piero e Rocco, i malcapitati di turno, devono sopportare la forza del sesso debole, rappresentato da Eva e Leandra, salvo poi intrattenerle con le loro disquisizioni filosofiche. Ci sono scene spassose, comiche, a volte più crude, e c'è addirittura un personaggio che non accetta la sua condizione e decide che vuole ritornare indietro, tra i vivi, per recuperare un pezzo di sé...rivelandoci che la psicologia non si arresta sulla soglia della vita.
“Tutte le cose ritornano” è una commedia agrodolce sul senso della vita, rapida e veloce come un film, con un 'al di là' che si rivela frivolo e un 'al di qua' a volte insondabile. Su questi due binari si sviluppa l’incedere narrativo di Loredana Costantini, che parla della morte descrivendola con una giusta dose di umorismo, sarcasmo, riuscendo a sdrammatizzare l’evento ultimo dell’esistenza per renderlo sensibilmente deglutibile a “noi comuni mortali”. Libro assolutamente consigliato

Ziska. La strega delle piramidi di Marie Corelli (Castelvecchi)












Armand Gervase è uno che il successo lo ha avuto sempre a portata di mano: fama, successo, donne, denaro. Ma non solo. Egli è un artista di fama internazionale, che espone i suoi lavori nelle più prestigiose “case d’arte” del mondo. L’opera più conosciuta è un suo ritratto di donna dell’Antico Egitto, con tanto di particolari talmente aderenti alla realtà di quell’epoca, che lo zampino del “supernatural” è palese. Come ha potuto dunque dipingere un simile ritratto? Stati alterati di coscienza dovuti alla sua vita depravata e decadente, o comunicazione con altri mondi e dimensioni? Armand Gervase poi al Cairo, sarà sedotto da Ziska, donna di incredibile fascino in grado di ammaliare chi l’ascolta con vicende – come quella, triste, degli amanti Araxes e Charmazel – provenienti dal millenario regno dei faraoni. Piccolo particolare … Ziska è identica alla donna del suo celeberrimo quadro. Bellissimo romanzo a metà strada tra horror e gothic novel, rivela un mondo tutto da scopire, grazie alla splendida penna di Marie Corelli.
“La Grande Piramide si ergeva buia contro il cielo, e sulla sua punta era sospesa la luna. Come un relitto scagliato a riva da una tempesta titanica, la Sfinge, a riposo tra le onde sinuose della sabbia grigiastra che la circondava, per una volta sembrava in uno stato di dormiveglia. Il volto solenne che impassibile aveva visto gli anni andare e venire, gli imperi sorgere e tramontare e generazioni di uomini vivere e morire, parve abbandonare per un istante la sua tipica espressione di saggezza speculativa e di sdegno profondo, lo sguardo gelido sembrò abbassarsi, la bocca austera accennare un sorriso. L’aria era ferma e soffocante, e nessuna presenza umana disturbava il silenzio. Eppure, verso mezzanotte, si alzò all’improvviso una voce come di vento nel deserto che, gridando forte Arasse! Arasse! e poi gemendo, sembrò sprofondare con un’eco lancinante negli intimi recessi dell’immenso sepolcro egiziano. L’orario e il chiaro di luna tramavano il loro mistero: il mistero di un’ombra e di una forma che sfiatò come un sottile vapore dai portali dell’antico tempio della morte e, trascinandosi di poco in avanti, si definì nella bellezza visionaria di un profilo di donna – una donna i cui capelli scuri ricadevano pesanti come gli scampoli neri delle bende di un cadavere sepolto ormai da tempo; una donna i cui occhi brillarono d’un fuoco sacrilego quando alzò il viso alla luna bianca e segnò l’aria con le sue braccia spettrali. La voce dirompente sussultò nella quiete ancora una volta. «Arasse... Arasse! Sei qui e non mi sfuggi! Nella vita, fino alla morte; e dalla morte di nuovo alla vita! Ti trovo e ti seguo! Ti seguo! Arasse...». L’orario e il chiaro di luna tramavano un mistero; ma prima che la sbiadita aurora opalina animasse il cielo di sfumature rosee e ambrate, l’ombra era svanita. La voce non si sentì più. Lentamente il sole issò il bordo del suo stemma dorato sull’orizzonte e la grande Sfinge, destandosi dal suo breve e apparente torpore, posò il suo eloquente sguardo d’eterno disprezzo fra le distese di sabbia e i ciuffi di palme verso la scintillante cupola di El- Azhar, luogo di intensa devozione e insegnamento, dove ancora gli uomini s’inginocchiavano a pregare supplicando l’Ignoto di salvarli dall’Occulto. A tratti si sarebbe creduto che il mostro scolpito con l’enigmatico volto di donna e il corpo di leone rimuginasse qualcosa in quell’enorme testa di granito. Quando la gloria del mezzogiorno esplose sul deserto e illuminò le ampie fattezze della Sfinge col suo splendore rovente color zafferano, quelle labbra crudeli sorridevano ancora come se avessero smania di parlare e di formulare l’enigma tremendo del lontano passato: il mistero che uccise!”.

martedì 21 giugno 2011

Marco Presta domani alla Feltrinelli di Bari





















Marco Presta autore per Einuadi di "Un calcio in bocca fa miracoli" (Einaudi) incontrerà i lettori domanni 22 giugno alla Feltrinelli di Bari in via Melo 117 alle 17,30. “Che Presta fosse bravo lo sapevamo già. Ma qui è stato super. Quasi quasi gli chiedo il bis.” [Luciana Littizzetto ]

“Sono un vecchiaccio. Dovrei dire che sono una persona anziana, come mi hanno insegnato i miei genitori per i quali chiunque, anche un infanticida antropofago, arrivato a una certa età meritava rispetto. La verità, però, è che sono un vecchiaccio. Mi lavo poco, mi rado una volta alla settimana e giro per il quartiere indossando un cappotto che, dopo la mia prostata, è la cosa piú malridotta che mi porto dietro. Negli ultimi quindici anni mi sono lasciato andare, come fanno certi calciatori quando capiscono che la partita è persa e allora smettono di giocare e cominciano a dare calcioni agli avversari.” Il protagonista di questo libro è un vecchio scorbutico, vitale, simpaticissimo, che fa i conti con l'ostinazione della sua prostata, con un'insana passione per la portinaia e con la sua amicizia per Armando, aspirante Cupido in pensione. L'ironia e il caratteraccio invecchiando migliorano come la grappa, per questo ci diverte così tanto la sua voce cinica, borbottante, capace di battute fulminanti sempre in bilico tra la sciocchezza e il colpo di genio. Dentro quella voce, poi, ne sentiamo guizzare un'altra che conosciamo bene: quella di Marco Presta, autore della trasmissione cult «Il ruggito del coniglio».

Marco Presta è uno dei migliori autori e conduttori radiofonici italiani. In coppia con Antonello Dose anima da molti anni la mattinata di Radio 2 con «Il ruggito del coniglio». Scrive su «Il Messaggero» e su «Il Misfatto », allegato satirico de «il Fatto Quotidiano». Con Aliberti Editore ha pubblicato la raccolta di racconti Il paradosso terrestre (2009). Per Einaudi ha pubblicato nel 2011 “Un calcio in bocca fa miracoli”.

Info: www.einaudi.it

Billy Idol - Eyes Without A Face



Music video by Billy Idol performing Eyes Without A Face. Youtube/Emi music

Il libro del giorno: 10 BUONI MOTIVI PER ESSERE CATTOLICI di Valter Biraghi e Giulio Mozzi (Laurana editore)














«Viviamo in un continuo cicaleccio, in un rumore di fondo fatto di stupidaggini. Qualcuno cerca di ingannarci, di farci credere che non siamo cristiani. Perché? Perché un cristiano non ha paura. E questo mondo è dominato dalla paura. L’Apocalisse è diventata la cifra del futuro. Ma apocalisse, in greco, vuol dire rivelazione». (Tullio Avoledo, dalla prefazione)
Nell’Italia dei nostri giorni che cosa sia il cattolicesimo nessuno lo sa davvero. Certo, si conosce la storia di Gesù per come ci è stata raccontata da bambini e per come viene ricordata ogni tanto dalla televisione. Certo, si trovano numerose chiese in tutte le nostre città. Certo, a Natale e a Pasqua si sta a casa dal lavoro, si festeggia e magari si va pure a messa. In più capita che il Papa o qualche rappresentante delle gerarchie si esprima pubblicamente e di volta in volta noi o rigettiamo o reputiamo importante quel che è stato detto. Ma che cosa sia il cristianesimo, e cosa ci sia scritto dentro quello spesso librone che è la Bibbia, ci sfugge. Ecco allora che arriva un libro dal titolo provocatorio ma dai contenuti serissimi: "10 BUONI MOTIVI PER ESSERE CATTOLICI", scritto da Valter Binaghi e Giulio Mozzi, prefazione di Tullio Avoledo. Un libro che ci racconta una grande storia d’amore, quella tra un Creatore e le sue creature. Storia d’amore che ha, come tutte le storie d’amore, i suoi momenti felici e le sue cadute. E storia in cui l’Amante sa essere spietato nelle sue punizioni a tal punto da mandare il Diluvio Universale, ma anche così appassionato da volersi fare carne e provare il grande mistero dell’uomo: la morte.
In Italia, non c’è religione che sia più sconosciuta del cattolicesimo. Il dibattito pubblico si sfoga a commentare le prese di posizione della gerarchia pro o contro le politiche del governo, o a rivangare interminabili discussioni attorno alla morale sessuale. Ma il cattolicesimo è tutt’altra cosa: è, prima di tutto, una storia d’amore, difficile e contrastata come tutte le storie d’amore, tra un Creatore e le sue creature. È la storia di un’attesa della fine. È la storia di un Dio che contempla con meraviglia gli uomini e decide di sperimentare Egli stesso il loro grande mistero: la vita nella carne e la morte.
Ci volevano due scrittori per arrischiarsi nel tentativo di raccontare l’immaginario cattolico inteso come un contenitore pieno di storie che hanno a che fare con noi tutti. Cattolici essi stessi, non hanno voluto scrivere un ennesimo catechismo conformistico o alternativo. Non hanno voluto né compiacere la gerarchia né dispiacere a essa.
Hanno voluto piuttosto mostrare come l’essere cristiani cattolici sia oggi, in Italia, la più radicale diversità sperimentabile.
Valter Binaghi è nato nel 1957. Insegna storia e filosofia in un liceo della provincia di Milano, dove vive con moglie e due figli. Tra i suoi romanzi: Robinia Blues (Dario Flaccovio, 2004), La porta degli Innocenti (Dario Flaccovio, 2005), I tre giorni all’inferno di Enrico Bonetti cronista padano (Sironi, 2007), Devoti a Babele (Perdisa Pop, 2008) e I custodi del talismano (SottoVoce, 2010).
Giulio Mozzi è nato nel 1960. Ha pubblicato sei raccolte di racconti, di cui una, Il male naturale, è stata riproposta da Laurana Editore a gennaio 2011 con successo di pubblico e di critica. Con Clementina Sandra Ammendola ha curato l’inchiesta Abitare. Un viaggio nelle case degli altri (Terre di mezzo, 2010). Del 2009 è il pamphlet Corpo morto e corpo vivo. Eluana Englaro e Silvio Berlusconi (Transeuropa).

Bastardi senza storia di Valerio Gentili (Castelvecchi). Intervento di Nunzio Festa












Il nuovo saggio di Valerio Gentili è un risarcimento. “Bastardi senza storia” è il risarcimento che un giovane studioso, attento osservatore e analista della storia del movimento operaio e della storia dell'antifascismo, porta a migliaia d'antifascisti militanti di tutt'Europa. “Bastardi senza storia. Dagli Arditi del popolo ai combattenti rossi di Prima Linea: la storia rimossa dell'antifascismo europeo” è una ricerca che da anni avrebbero dovuto invece aver scritto una serie di storici, italiani o francesi o tedeschi, per esempio; storici che hanno sotterrato questa verità nei cassetti montanti dalle aderenze a dogmi monetari e partitici. Il libro di Valerio Gentili nasce e cresce grazie alla confutazione, sostenuta ovviamente da materiali su materiali, dell'asserzione pronta a volere i fascismi europei mai combattuti sul fronte della violenza politica da duri avversari. Per la verità, Gentili non approfondisce quanto servirebbe a darci la ragione della scelta trasversalmente intrapresa. Perché Valerio Gentili, prove alla mano, vuole smontare anni su anni e parola per parola una delle menzogne storiche più condizionanti che s'aggirano intorno e dentro l'analisi dei periodi indagati. Siamo certi, leggendo e rileggendo il saggio di Gentili, di come più d'un movimento politico di sinistra, generalmente di matrice comunista e anarchico, sia stato cancellato dalla Storia. Dalla rivisitazione dei decenni che videro vincere fascismi e nazismo. Gentili, facendo luce soprattutto su Francia e Germania, ma riferendo che fu quest'ultimo il paese maggiormente sperimentato, rammenta come e quanto nel corso degli anni, senza tralasciare il destino dell'Italia, nacquero e furono attivi diversi movimenti che contesero ai fasci il monopolio del dominio della violenza, partendo persino da un intero immaginario fatto di simboli, liturgie, marce, divise, slogan. Questi gruppi, il più delle volte, erano fatti dagli ex combattenti della Prima Guerra Mondiale. Poi, ancora, da lavoratori. Fino ai disoccupati. Di straforo, per giunta, si ricordi che a sconfiggere l'avanzare del fascismo di marca britannico furono i disoccupati organizzati in movimento. Con un focus, per il quale non poteva che essere chiamato in causa lo scrittore antifascista Lussu, sulla Spagna non ancora di Franco. Farà molto strano, indubbiamente, leggere nomi e simboli utilizzati. Stonerà, forse, leggere fotografie d'epoca che descrivono un universo tanto militarista. Il punto è, non violenti quali comunque siamo, comprendere che i fascismi, pagati dal potere economico, per farsi spazio picchiavano e uccidevano. Dall'altra parte i coraggiosi raccontati da Gentili. Finalmente.
Bastardi senza storia. Dagli Arditi del popolo ai combattenti rossi di Prima Linea: la storia rimossa dell'antifascismo europeo, di Valerio Gentili, prefazione di Cristiano Armati, con immagini, Castelvecchi (Roma, 2011), pag. 184, euro 16.00.

lunedì 20 giugno 2011

Il libro del giorno: Land grabbing Come il mercato delle terre crea il nuovo colonialismo di Stefano Liberti (Minimum Fax)













Stefano Liberti, giornalista vincitore nel 2010 del prestigioso premio Indro Montanelli torna in libreria dopo A sud di Lampedusa con il primo reportage al mondo sull’allarmante e dilagante fenomeno del land grabbing.
A partire dalla crisi alimentare e finanziaria del 2007, paesi come l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, la Libia, la Corea del Sud, che dispongono di grandi risorse economiche ma non di spazi sufficienti per garantire la sicurezza alimentare ai propri abitanti, hanno cominciato a negoziare l’acquisto e l’affitto di enormi quantità di terra nelle nazioni africane o sudamericane; lo stesso stanno facendo le grandi multinazionali dell’agrobusiness - interessate a creare sterminate piantagioni per la produzione di biocarburanti - nonché una serie di società finanziarie, che hanno compreso che l’investimento in terra può garantire ricavi sempre più alti e sicuri.
Questa corsa all’accaparramento delle terre, detta land grabbing, nasconde però una forma insidiosa di sfruttamento e rischia di instaurare un nuovo colonialismo.
Viaggiando fra le valli dell’Etiopia, le foreste dell’Amazzonia, la borsa di Chicago, le convention finanziarie a Ginevra, gli uffici della FAO, Liberti porta per la prima volta alla luce in ogni sua componente questo fenomeno complesso, e ci spiega come i legami fra politica internazionale e mercato globalizzato stiano cambiando il volto del mondo in cui viviamo.
“La prima cosa che colpisce è la vastità. Terre rigogliose che si estendono a perdita d’occhio. Colline verdeggianti che scivolano sulle rive di un lago dalle acque cristalline. Poco sotto l’altopiano, le asperità su cui sorge Addis Abeba si addolciscono in una campagna che somiglia all’Eden perduto. Il sole splende. L’aria è limpida. Nulla a che vedere con l’atmosfera rarefatta della capitale, dove i gas di scarico si impastano con il poco ossigeno disponibile a 2300 metri d’altitudine. Siamo ad Awassa, nel cuore della Rift Valley etiopica, trecento chilometri a sud di Addis Abeba. Il paesaggio circostante è di una bellezza da togliere il fiato. Sulla via che porta verso l’ingresso di questa cittadina, si susseguono cartelli di aziende agricole. C’è un simbolo, un nome, qualche volta un numero di telefono di un ufficio lontano. Al di là dei cancelli non si vede nulla. Solo una distesa senza fine di terre apparentemente incolte.”

Messaggi dall’universo di Stan Romanek (con J. Allan Danelek) edito da Armenia












La domanda a cui tutti indistintamente cerchiamo di rispondere è sempre la stessa: siamo soli nell’universo? Un interrogativo che affascina e seduce, e soprattutto permette di sperare in una co/abitazione cosmica che sia di reciproco potenziale sostegno ad un possibile scambio di saperi tra diverse ed ipotetiche civiltà per il progresso del genere umano. Ed è incredibile, nel senso reale del termine, una delle ultime uscite della sempre più brava Armenia. Parlo di “Messaggi dall’universo” di Stan Romanek (con J. Allan Danelek) dove sono presenti una carrellata nutrita e sconvolgente di testimonianze filmate e fotografie che arricchiscono un lavoro veramente esaustivo sulla contattistica ufologia. Dunque Romanek, e suppongo quanto sia costato in termini di emotività, ha riversato le sue esperienze personali che vanno dal suo primo avvistamento UFO alla “devastante” esperienza di abduction. Spettacolare l’immagine dell’ormai celeberrimo «alieno alla finestra». “Messaggi dall’Universo” dispone inoltre di un campione documentativi notevole dalle testimonianze oculari, a materiale di laboratorio ai misteriosi messaggi di creature dell’infinito, dove si parla di come siano possibili i viaggi spazio/temporali e che cosa sia realmente per la civiltà umana il 2012. Posso con certezza sostenere che dopo la lettura di questo libro, una piccola crepa nello scetticismo dilagante su argomenti quali UFO e affini, comincerà a sorgere, perché quest’opera dimostra che all’interrogativo posto all’inizio di questo intervento una risposta è possibile darla: ovvero sì e le prove si trovano tra queste pagine.

domenica 19 giugno 2011

Iron Maiden - Can I Play With Madness



fonte Youtube/Emimusic

Music video by Iron Maiden performing Can I Play With Madness.

Il libro del giorno: Moderno dizionario massonico di Riccardo Chissotti (Bastogi)











2350 voci, tutte ampiamente trattate e sistemate in ordine alfabetico: dall'esoterismo al simbolismo, dagli ordini massonici ai riti, alle religioni, al laicismo.Un'opera (che si avvale inoltre della "consulenza" di Andrea Aromatico) veramente monumentale quella di Riccardo Chissotti per i tipi di Bastogi. L'autore che non ha mai nascosto di essere un "militante" all'interno del Rito di York, scandaglia tutta quella fenomenologia riguardante aspetti essoterici ed esoterici della Massoneria, e aspetto ancora più sorprendente non trascura argomenti di carattere ufologico, e per l'appunto si possono leggere argomenti come Ufo, Adamski, Palenque (astronauta di).Chissotti ha una scrittura che coinvolge, e cerca di fornire al lettore una visione quanto più dettagliata, bibliograficamente completa, e imparziale possibile dei temi che vengono via via sviluppati. Libro che troviamo da cosnigliare insieme al DVD "Italia e Massoneria" (Mediaframe) realizzato con la collaborazione di Luigi Pruneti Gran Maestro della Gran Loggia d'Italia, e la presenza di Roberto Pinotti in qualità di sociologo che si è occupato di Ufo e delle tante dichiarazioni di astronauti massoni.

RICCARDO CHISSOTTI è nato il 1° Luglio 1934 a Torino,dove ha conseguito il diploma di Perito Industriale elettrotecnico. Ufficiale di Complemento dell’Esercito, al congedo riprendeva la propria attività nel laboratorio elettronico del settore aeronautico della grande azienda torinese della quale era dipendente da un mese circa quando era stato chiamato alle armi. Nel 1970 veniva assegnato alla Panavia Aircraft GmbH, un’azienda manageriale creata a Monaco di Baviera da Germania, Gran Bretagna ed Italia, allo scopo di progettare e realizzare un "sistema d’arma" futuristico, denominato MRCA-75 e poi Tornado. Responsabile dell’allestimento dell’Avionica, con un team di colleghi inglesi e tedeschi preparava le gare d’appalto internazionali e stipulava i contratti di sviluppo e di produzione dei sistemi avionici di bordo e di supporto a terra. Nel 1972 veniva iniziato alla Massoneria presso la Johannis Loge In Treue fest (Saldi nella Fede) N° 508 all’Or. di München. Verso la fine del 1977 la Panavia lo assegnava al settore Marketing, allestito per tentare la vendita del Tornado ad altre nazioni. Nel frattempo acquisiva, gradualmente ed inconsapevolmente, capacità peculiari in vari campi di sfruttamento della quasi misteriosa "energia mentale", tra cui la chiaroveggenza, la pranoterapia e la bioplasmologia. Approfondiva pure le conoscenze in campo fitoterapeutico e nella cromoterapia. Nel corso della sua permanenza in Germania ha raggiunto (1976) il grado di Knight Templar del Rito di York, mentre (1977) a Green Bay (U.S.A.), ha ricevuto il 32° grado del R.S.A.& A. Nel Rito di York ha fatto parte del Capitolo Isar N° 21 (München), e nel periodo 1977-79 ha ricoperto la carica di Illustrious Master nel Council Monachia N° 12 . Ha fatto parte dello Shrine presso la Commandery Bavaria N° 3, e nel Tempio di Moslah è stato Ambassador at Large fino al 1984, mentre detiene la membership vitalizia presso lo European Shrine Club. Rimpatriato nel 1980, è subito entrato a far parte della R\ L\ Pentalpha N° 935 all’Or\ di Ciriè, divenendone in seguito Maestro Venerabile (1993). Nel Rito di York ha fatto parte del Capitolo Montebianco N° 28 ed è stato Illustr\ Master nel Council Compostela N° 10. È stato Ispettore di Loggia dal 1994 al 1997. Nel 1982 ha aderito all’ A\ e P\ Rito di Memphis e Misraim, dove ha raggiunto il 33° grado. Oltre a numerosi libretti redatti su varie tematiche oggetto di Tavole e poi sviluppate per l’approfondimento, ha scritto un’autobiografia, un volume sull’Ordine del Tempio, nonché un compendio di tutte le Tavole prodotte negli ormai trent’anni di militanza massonica.

Il significato è per lo spirito quello che il cibo è per il corpo - Arnold Mindell (AnimaMundi edizioni)





















Marx e Lenin non potevano prevedere la depressione derivante dalle loro dottrine non psicologiche e anti-religiose. Misero l’accento sulla comunità, ma negarono il ‘campo del sogno’ in cui viviamo. Auspicavano una grande famiglia senza classi, ma proibirono la comunità di esseri umani e di spiriti in cui tutti siamo nati. Certo, avevano ragione: quando le persone sono deprivate, povere e abusate, il bisogno di denaro può renderle confuse e vendicative. Maggiore la distanza tra ricchezza e povertà nella società, maggiore è la rabbia e più profonda la disperazione dei poveri. Ma Marx e Lenin avevano anche torto: un rapporto con gli dèi è un potere che consente di trascendere la disperazione. I governi che cercano di proibire questo collegamento finiscono per reprimere il senso del significato, che è indipendente dall’epoca storica: il significato è importante e necessario quanto il cibo. Il comunismo è simile al capitalismo: entrambi sono occidentali, europei e materialisti, nel senso che promuovo la proprietà, di pochi o delle masse. Entrambi svalutano le esperienze estetiche e intellettuali che non sono legate all’economia. Entrambi negano l’ambiente. Entrambi ignorano le tradizioni spirituali e mistiche dei popoli nativi, la cui spiritualità è fondata sull’interconnessione con tutte le cose. L’attivista per i diritti dei Lakota Oglala, Russel Means, oppone al marxismo le credenze e le tradizioni spirituali dei nativi americani: Un’insistenza squilibrata degli uomini sugli uomini, l’arroganza europea di comportarsi come se fossero al di là della natura dell’interconnessione di tutte le cose, può produrre soltanto una totale disarmonia e un riassetto che riporta all’umiltà gli esseri umani arroganti, dando loro un assaggio di quella realtà che è oltre la loro portata e il loro controllo. Non occorre una teoria rivoluzionaria perché accada. È al di là del controllo degli uomini.

Il paradosso del processo di gruppo è questo: per essere utile, deve riguardare i problemi sociali e di rango di tutti. Deve affrontare il problema di chi detiene il denaro. Nello stesso tempo, una comunità muore se si focalizza soltanto su ciò che è giusto o sbagliato per entrambe le parti. Come dice Russell Means, la comunità è condannata se si concentra solo sugli esseri umani. La cosa definitiva è lo spirito della natura, il misterioso e infuocato processo che ci spinge dentro e al di là di tutti i molteplici aspetti di noi stessi e dei ruoli nella nostra comunità.

(tratto dal paragrafo "Chi detiene il denaro?" del libro Essere nel fuoco. Conflitto e diversità come strumenti di trasformazione sociale di Arnold Mindell, AnimaMundi edizioni, Otranto, 2010)

La pagina web del libro:

http://www.suonidalmondo.com/edizioni/143.html

sabato 18 giugno 2011

Ligabue - "Un colpo all'anima"



"UN COLPO ALL'ANIMA"! Si può scaricare da iTunes! http://i.digita.li/arrivederci_yt
Questo è il singolo del nuovo album di Luciano Ligabue, intitolato "ARRIVEDERCI, MOSTRO"; il disco, uscito l'11 maggio 2010 ad esattamente 20 anni dal primo, dalle prime indiscrezioni trapelate dallo studio di registrazione è ricco di sonorità molto rock e con un Luciano in grande forma compositiva.

Il video, per la regia di Marco Salom, è stato girato nel parco archeologico di Nora, in Sardegna; insieme a Luciano i musicisti della band: Federico Poggipollini, Niccolò Bossini, Kaveh Rastegar, Michael Urbano, José Fiorilli. Tra le comparse alcuni fortunati iscritti al fanclub ufficiale, http://barmario.ligabue.com


Ligabue - Un colpo all'anima
Casa discografica: Warner Music
Management: Claudio Maioli, assistente Alberto Cusella
Casa di produzione: Angelfilm
Executive producer: Marco Salom
Regia: Marco Salom
Fotografia: Marco Bassano
Producer: Luca Legnani
Production manager: Daniele Gentili
Styling: Cristiana Santella
Make up: Silvia Persica
Editor: Claudio Bonafede
Location: Scavi archeologici di Nora/Faro di Capo spartivento/Chia

Il libro del giorno: Ritorno al paese delle Aquile di Aldo Renato Terrusi (Besa editrice)





















Un percorso alla ricerca delle proprie origini e della propria storia. Ritorno al Paese delle Aquile racconta il viaggio di Aldo e dello zio Giacomo, che tornano in Albania dopo quarantaquattro anni.
Aldo era ancora un bambino quando il regime di Enver Hoxha rinchiuse il padre nel terribile carcere di Burrel, dove morì senza poter dare l’ultimo saluto al figlio e alla moglie. Il desiderio di Aldo di riportare in Italia i resti del padre si scontra con il passato doloroso della famiglia Terrusi e di una nazione che ancora oggi porta impressi i segni laceranti della dittatura. Attraverso i ricordi di una famiglia, si ripercorrono le drammatiche vicende della pagina di storia più cupa del Paese delle Aquile.

ALDO RENATO TERRUSI è nato a Valona, in Albania, nel 1945, da genitori italiani. Dopo gli studi tecnico-scientifici, ha lavorato in enti di ricerca, collabora in qualità di consulente con alcune società e scrive su riviste specializzate. Ha la passione per l’archeologia, l’astronomia e la fotografia. Si diletta inoltre con la pittura e pratica il tiro con l’arco a livello agonistico.

Il libro segreto di Dante di Francesco Fioretti (Newton Compton)











A lungo in questi ultimi mesi si è discusso di un libro che non solo ha suscitato interesse, ma addirittura in più di qualche occasione è stato paragonato al “mitologico” Codice Da Vinci di Dan Brown. Faccio riferimento al libro di Francesco Fioretti dal titolo “Il libro segreto di Dante” edito dalla Newton Compton. Ora, devo confessare di essere tendenzialmente attratto da pubblicazioni la cui area interesse sfiora l’esoterico, e ammetto di essere piuttosto ferrato su questi argomenti. Ciò che tengo sotto osservazione in questa tipologia di lavori è fondamentalmente la plausibilità (anche se si tratta di opere di pura finzione) delle ipotesi sviluppate dall’autore. Ricordiamo che gran parte delle “ipotesi” lanciate da un grande maestro della fantascienza come Isaac Asimov si sono e si stanno lentamente traducendo in realtà. Il cocktail di Francesco Fioretti è veramente splendido, perché non solo non ci si trova dinanzi ad un rompicapo letterario soporifero, ma riesce a mettere in campo tutta una serie di indicazioni, che sinceramente non mi sento di definire né casuali, né arbitrarie, né puramente inventate. Il libro parla di segreti terribili, fa vivere entusiasmanti colpi di scena, tutti legati in maniera indissolubile al poema che ha dato origine alla storia della nostra letteratura e alla nostra lingua. Questo libro inoltre ci aiuta a capire un aspetto sul Sommo Poeta, che sfugge a molti noiosissimi manuali di storia della letteratura italiana nelle nostre scuole e presso alcune cattedre di Letteratura Italiana dei nostri atenei (forse perché appartenenti a certo “folklore storico”: il nostro Dante Alighieri, non solo non era lontano da certi studi “liberali”, ma addirittura la sua vicinanza all’ordine templare potrebbe far sorgere l’idea che si trattasse di un graduato all’interno di questo ordine, con cariche di responsabilità e a conoscenza dunque di grandi segreti, anche di natura economica. Le vicende narrate dall’immenso Francesco Fioretti, vedono protagonisti la figlia del poeta, suor Beatrice, che indaga sulla morte misteriosa di suo padre, un messaggio in codice lasciato da Dante su nove fogli di pergamena, e il mistero sul fatto che Dante volesse nascondere gli ultimi tredici canti del Paradiso.

venerdì 17 giugno 2011

6 giorni sulla Terra

E’ il film di "realscienza" diretto da Varo Venturi con Massimo Poggio, Laura Glavan, Ludovico Fremont e Marina Kazankova basato sulle testimonianze emerse dalle ricerche condotte dal Prof. Corrado Malanga dell'Universita' di Pisa sul fenomeno dei rapimenti alieni - Abductions, da lui ridefiniti Interferenze Aliene.

Il libro del giorno: Twilight Manager di Matthew Stewart (Fazi editore)












«I Romani colonizzarono tutto il loro vastissimo impero occupando i territori con l’esercito e, subito dopo, costruendo terme e teatri, diffondendo il latino e con esso la loro letteratura e il loro stile di vita. Gli americani hanno colonizzato il pianeta disseminandolo di soldati e di basi militari, diffondendo la loro lingua, le loro piattaforme informatiche, i loro film, la loro Coca Cola, la loro way of life. I Romani aggiunsero alle loro falangi l’arma penetrante del diritto; gli americani hanno aggiunto ai loro bombardieri l’arma micidiale del management. Mentre nella mecca di Harvard si elaborano paradigmi teorici, schiere di profeti e di apostoli si incaricano di diffonderli in tutto il mondo officiando seminari nelle business school costruite e gestite a immagine e somiglianza della casa madre bostoniana […] Matthew Stewart, filosofo di formazione e ormai ex consulente di grandi aziende e banche, fulminato dal licenziamento sulla via di Damasco, fa causa, vince e intasca i soldi che gli consentono di ritirarsi a riflettere. Twilight Manager è l’utile frutto, vendicativo e illuminante, di questa riflessione, innescata da una duplice valutazione: la prima è che “i clienti delle società di consulenza sono, per un processo di autoselezione, più disorganizzati della media”; la seconda è che “la profusione ripetuta di sforzi inutili fa crescere nei consulenti un cinismo spietato sulla condizione umana”».

Dalla prefazione di Domenico De Masi

Matthew Stewart - Laureatosi in filosofia politica a Oxford, ha lavorato per diversi anni come consulente manageriale di successo presso grandi aziende e banche. Oggi vive a Santa Barbara, California, « “Strappa, straccia, fai a pezzi, mutila, distruggi la gerarchia”, scrive Peters in Liberation Management, acquistato e metabolizzato in tutto il mondo da milioni di dirigenti. Strappa, straccia, fai a pezzi, mutila, distruggi i guru, le società di consulenza e il pensiero manageriale, incalza Matthew Stewart in Twilight Manager, cui auguro un successo almeno pari a quello di Peters perché fornisce una miracolosa cura omeopatica contro i santuari e i santoni del management»

“MATERA VITE SCAVATE NELLA ROCCIA” DI NUNZIO FESTA (Historica Edizioni)












L'autore ed editore materano Nunzio Festa scrive della sua città e lo fa con un agile ma completo tascabile uscito per la collana internazionale “Cahier di viaggio” diretta da Francesca Mazzucato per Historica edizioni. Sette piccoli passi, sette passeggiate per descrivere una Matera inedita con le sue viuzze, le sue antiche chiese, con i sassi, ma anche con i palazzi: “Matera, che è composta, Sassi a parte, da palazzi e palazzoni, esempi di nuovi quartieri sposati e votati con e alla logica del mercato di calce e mattone”. Quella che emerge dal libro di Nunzio Festa è una Matera viva, reale, una città che andrebbe o dovrebbe essere più visitata e conosciuta. Una città magica, ricca di atmosfere che richiamano tempi passati, unica nel suo genere in Italia. L'autore è bravo nel tratteggiare i luoghi della città e a incuriosire il visitatore ma anche ad avvicinare i materani a scorci della città che spesso passano inosservati. Quella di Nunzio Festa è la Matera che si muove in direzione di una possibile candidatura a Capitale Europea della Cultura per l’anno 2019, e questa è una Matera, vista in un piccolo viaggio che porta agli occhi dei luoghi e agli spazi degli uomini. Un racconto che Nunzio Festa destina alla “memoria” dei materani, ma anche al turista occasionale e quello più colto, che voglia ascoltare un pezzettino fascinoso dell'ex Belpaese. “Un lungo filo mette in accordo le due sfere del catino. Salvando con gli occhi una parte e l'altra dei Sassi, non si può che testimoniare la traiettoria d'aria e di spessa strada spesso rovente che allaccia il Caveoso con il Barisano”.

L'AUTORE - Nunzio Festa è nato a Matera, nell’81. Poeta, narratore, critico; lavora nel campo dell’editoria, prevalentemente come editor per la materana Altrimedia Edizioni – della quale è anche direttore editoriale, e come consulente editoriale. Collaboratore con Il Quotidiano della Basilicata . Nel 2004 ha pubblicato la sua prima silloge poetica E una e una (Montedit), mentre nel 2005 la sua prima raccolta di racconti Sempre dipingo e mi dipingo. Storie di vita ballate e condite con musica (Edizioni Il Foglio letterario). Nel 2007, la silloge poetica Deboli bellezze è entrata a far parte della collana curata da Silvia Denti, ‘I quaderni Divini’. Dieci brevissime apparizioni è il titolo delle prose poetiche pubblicate da LietoColle nel 2009. Il suo primo romanzo è stato pubblicato presso Arduino Sacco Editore, sempre nel 2009, ed è titolato L’amore ai tempi dell’alta velocità. Nel 2011 è uscito presso sempre Arduino Sacco Editore, il ’saggio’ “Birra di paese. Piccolo viaggio nei luoghi che perdono popolazione e prendono birra”.

Il sito ufficiale di Historica Edizioni: www.historicaweb.com

Contatti: info@historicaedizioni.com

Distribuzione: www.discepolidistribuzione.com

giovedì 16 giugno 2011

Raffaella Carrà con Alberto Sordi – Tuca Tuca

Fonte Youtube/Rai

Una celebre e storica clip in versione completa

http://raffaellacarraforum.forumup.it/

Il libro del giorno: DISCORSO SULLA SERVITÙ VOLONTARIA di Étienne de La Boétie (Chiarelettere). Prefazione di Paolo Flores d’Arcais












“Vedendo questa gente che striscia ai piedi del tiranno talvolta ho pietà della loro stupidità. Non basta che obbediscano, devono compiacerlo, devono ammazzarsi per i suoi affari. […]. Com’è possibile che tanti uomini sopportino un tiranno che non ha forza se non quella che essi gli danno. Da dove prenderebbe i tanti occhi con cui vi spia se voi non glieli forniste? Siate risoluti a non servire più, ed eccovi liberi.”
Étienne de La Boétie (1530-1563) -. Scrittore e uomo politico francese, si avvicina agli studi umanistici leggendo e traducendo opere di Senofonte e Plutarco. Segue i corsi di Diritto all’Università di Orléans e negli stessi anni scrive il Discorso sulla servitù volontaria. Nel 1553, a soli ventitré anni, è ammesso al Parlamento di Bordeaux e impronta la sua attività politica alla difesa della tolleranza religiosa e alla salvaguardia della libertà di coscienza individuale. Nel 1559 incontra Michel de Montaigne, con il quale stringe un’intensa amicizia che quest’ultimo celebrerà nei suoi Saggi. La lettura del Discorso sulla servitù volontaria colpì e appassionò tanto l’amico filosofo da indurlo a presentare proprio i suoi Saggi come commento «a un quadro ricco, rifinito e composto, un discorso chiamato La servitù volontaria». Nel 1563 La Boétie contrae una grave malattia, con molta probabilità la peste, che lo porterà alla morte dopo dieci giorni di agonia.

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