Per saperne di più sul film: http://www.film.it/l-ultimo-dei-templari
Il trailer italiano del film "L'ultimo dei Templari (Season of the Witch)" di Dominic Sena con Nicolas Cage, Ron Perlman, Stephen Graham e Christopher Lee.
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Il trailer italiano del film "L'ultimo dei Templari (Season of the Witch)" di Dominic Sena con Nicolas Cage, Ron Perlman, Stephen Graham e Christopher Lee.
La rivelazione è di quelle agghiaccianti, soprattutto se a farla è una giovane professoressa che ha da poco perso la sua bambina e ad ascoltarla sono i suoi alunni, la classe alla quale Moriguchi Yuko rivolge un discorso di addio: «La mia Manami non è morta accidentalmente; è stata uccisa da qualcuno di voi». La figlia dell’insegnante di scienze aveva quattro anni quando, un mese prima della fine dell’anno scolastico alla scuola media S, in una cittadina del Giappone, è stata trovata morta nella piscina dell’istituto. A causa di quello che tutti hanno ritenuto un incidente, la madre ha deciso di abbandonare per sempre il suo lavoro. Ma al termine dell’ultimo giorno di scuola, alla classe che ascolta immobile giunge il glaciale annuncio: lí nella I B, presenti in aula, ci sono due assassini. Freddamente, quasi scientificamente definendoli A e B, la professoressa rende identificabili ai compagni i due ragazzi e rivela la sua scoperta di come essi abbiano premeditato e compiuto l’omicidio di una bambina indifesa. Inoltre, con altrettanta freddezza, l’insegnante comunica la sua decisione: non ha intenzione di denunciare i due assassini alla polizia. Ha invece già messo in atto una personale vendetta, atroce e immediata ma escogitata in modo che le devastanti conseguenze si manifestino lentamente, affinché i giovani criminali abbiano il tempo di pentirsi e trascorrere il resto dei loro giorni sopportando il fardello della colpa di cui si sono macchiati. Nelle settimane successive, attraverso un diario, un blog, una lettera, appare in tutta la sua spaventosa portata il perché del gesto compiuto da Nao e Shūya, due adolescenti diversi tra loro ma entrambi apparentemente senza problemi. Dietro lo squilibrio psichico e morale dei due ragazzi, emergono le responsabilità delle rispettive famiglie, tra una madre iperprotettiva e una assente, e di una società dove sempre piú il disagio giovanile sfocia in efferati delitti. E ancora, violente e tragiche, affiorano le conseguenze della vendetta subita, non solo e non tanto sul loro fisico, ma soprattutto sul loro già instabile equilibrio interiore. Fino all’erompere di un’imprevedibile e sconvolgente conclusione. Come un Delitto e castigo contemporaneo, Confessione svela il nichilismo degli adolescenti perduti del Giappone d’oggi, una società nella quale la capacità di agire con distacco, l’autocontrollo sulle proprie emozioni e reazioni, la lucidità nella follia rendono ancor piú inquietante e apocalittico lo smarrimento delle giovani generazioni.
Bel lavoro quello di Simone Consorti per Besa editrice dal titolo “A tempo di sesso”. Che abbia ceduto alle lusinghe del pop questo è evidente, ma la capacità di sapersi produrre in una scrittura densa e a tratti immaginifica, gli deriva propriamente dall’aver frequentato la Poesia e i suoi universi, con tanto di devastazioni semantiche o divertissements formali e ritmici. Ora trovo questi libro piuttosto “disonesto” come lo potrebbero essere i sogni che ti solleticano, ti lusingano e poi ti abbandonano al peso della realtà e alla sua gravità. Già perché Simone Consorti , narratore romano del 1973, costruisce sulla storia di una ragazza scomparsa sfumature in bilico tra il noir e thriller, delinea psicologie intrise di contrasti, ombre e contraddizioni, definisce delirii per tre sezioni nel libro che hanno per titolazioni “Interrogatori”, “Stella”, e “Il corpo del reato”, ovvero una dialettica sulla destinalità dell’oggi. Ho letto “A tempo di sesso” in breve, perché ogni pagina scorre veloce e “prende”, e sebbene all’inizio mi apparisse una lettura ben costruita ma di solo e puro intrattenimento mi sono ricreduto una volta terminata la lettura. La storia parla dunque di una ragazza “svanita”nel nulla. Nella sua casa solo una traccia ematica e un diario con molte domande senza plausibili risposte. Si racconta dell’investigatore che si spende nelle ricerche di questa giovane donna, e di Stella… Ma il resto vale la pena leggerlo, perché “A tempo di sesso” di Simone Consorti non tradisce chi gli darà fiducia!
Simone Consorti è nato e vive a Roma, dove insegna in un istituto superiore. Ha pubblicato i romanzi L’uomo che scrive sull’acqua ‘aiuto’ (Baldini e Castoldi, 1999), Sterile come il tuo amore
(Besa, 2008) e In fuga dalla scuola e verso il mondo (Hacca, 2009). Ha raccolto le sue poesie in Perché ho smesso di scriverti versi (Aletti, 2009).
Nel 1844 nacqui principessa Sayyida Salomé di Zanzibar e dell’Oman.
La donna che mi diede alla luce era una Circassa
divenne proprietà di mio padre all’età di sette anni.
Mio padre ebbe settantacinque mogli, trentasei furono i miei fratelli e le mie sorelle.
Ambra e muschio e profumo di rosa servirono a fumigare le fasce in cui sarei restata avvolta per i miei primi quaranta giorni di vita;
il mio corpo sarebbe così cresciuto senza imperfezioni.
Al settimo giorno con un ago e un filo di seta rossa
mi venne praticato un foro sul lobo dell’orecchio
fino a che, all’età di due mesi, sei fori non lo bucarono e
altrettanti orecchini ne restarono appesi per sempre.
Al quarantesimo giorno la mia testa venne fumigata con gomma arabica,
il vostro incenso cattolico e così fu resa pronta al rito:
il capo degli eunuchi rasò del tutto i miei capelli
dei quali i primi furono seppelliti nel terreno o sparsi in mare o nascosti in qualche insenatura nel muro, questo lo ignoro.
Solo allora il mio corpo ritrovava la sua libertà dal bendaggio
e alle mie braccia e ai miei piedi venivano fatti indossare bracciali, al capo un cappello dorato e agli orecchi un para orecchi.
Amuleti chiamati Hamaje o Hafid mi vennero appesi al collo contro la sfortuna,
erano cartigli d’oro o d’argento con iscrizioni del Corano;
per le classi più povere erano invece
cipolla o spicchi d’aglio, piccole conchiglie o un pezzo d’osso
cucito nel cuoio che veniva appeso nella parte alta del braccio sinistro.
All’età di dodici anni mio padre morì
le sue vedove restarono chiuse in una stanza buia
piangendolo per quattro mesi finché il Kadi
non diede inizio alla cerimonia di fine lutto:
le settantacinque vedove dovevano lavarsi dalla testa ai piedi
tutte insieme nel mare ché un’unica vasca non sarebbe bastata
mentre due schiave dietro di loro
sfregavano l’una contro l’altra una spada sopra la loro testa.
Uno dei miei fratelli di nome Bargash divenne sultano di Zanzibar
un giorno frustò fino a causarne la morte la sua Circassa.
La colpa: rispondere al saluto di un Portoghese.
Le si era inginocchiato di fronte come era consuetudine
da parte degli ufficiali Inglesi e Francesi.
Bargash ne implorò il perdono sul letto di morte e fu visto spesso pregare sulla sua tomba.
Seppi dopo che questo mio fratello
risultò amato in Europa per aver abolito la schiavitù.
Crebbi e mi innamorai di un europeo:
Aden, Amburgo, Dresda, Berlino, Londra, le città dove vissi,
mi battezzai e diventai Emily Ruete:
figlia di una Circassa, fui Mussulmana e poi Cristiana
nei miei ricordi da adulta mi aggiravo sul mio asino bianco
nella mia isola delle spezie, Zanzibar.
Una nave senza più timone e in balia del mare divenni.
Non ho più occhi se non per ascoltare.
Image by Alex Beck
Dopo aver atteso per ben 5 anni, tanto era passato dall'ultimo lavoro di Jonathan Franzen, i lettori italiani vedono premiata la loro pazienza con l'uscita di “Libertà”, opera candidata a essere giudicata uno dei migliori libri dell'anno. La letteratura americana ritorna dunque prepotentemente sulla scena letteraria con uno dei suoi “Grandi Romanzi”, capaci non solo di raccontare una storia ma di fotografare perfettamente e in profondità la società americana e, più in generale, certi aspetti del mondo occidentale. Le vicende narrate dall'autore ruotano attorno alla famiglia Berglund, tipica espressione della crisi della classe media: Patty, madre esageratamente attenta nei confronti del figlio Joey e innamorata in gran segreto della rockstar Richard Katz, miglior amico del marito Walter. Quest'ultimo è il classico democratico intellettuale che si prodiga per la famiglia e i suoi ideali fino a che, trovatosi dinanzi alla disillusione della perfezione famigliare e deluso dal suo mondo, non dovrà fare i conti con le tentazioni del sesso e del denaro. Infine Joey, secondo figlio (ci sarebbe infatti anche Jessica ma ha un ruolo tutto sommato secondario nella storia), repubblicano per rivalità nei confronti del padre e amante dei soldi e della bella vita. Franzen è un maestro nel creare situazioni dall'alto potenziale emotivo, riuscendo a descriverle sia da un punto di vista interno che da un'angolatura, per così dire, oggettiva. Ad esempio, riesce con grande abilità a costruire un triangolo di tensione emotiva tra Walter, Patty e Richard dal quale emerge con chiarezza il dualismo tra gli uomini non solo in quanto personaggi ma anche come idealtipi: Walter da giovane incarna ciò che tutti dovremmo essere, ossia onesti, colti, rispettosi e impegnati; Richard invece rappresenta ciò che vorremmo essere, cioé liberi, indipendenti, leader e desiderati; una rivalità – amicizia che offre al lettore l'opportunità di una scelta e che alla fine lo spiazza indipendentemente dalla parte di chi si sceglie di stare... Molto interessante inoltre è l'intreccio del libro, con l'autobiografia di Patty che è al tempo stesso soggetto e oggetto della narrazione: un espediente che serve a calarci nell'ambiente del romanzo. Il contesto più in generale (periodo dell'inizio della guerra in Iraq) fa luce su un'America (e non solo) completamente divisa in due, alla ricerca di un'identità nuova dopo la paura dell'11 settembre, impaurita e depressa da un sistema che sembra fagocitare personalità e coscienze con estrema facilità (non a caso, quasi tutti i personaggi hanno dipendenze da qualcosa per rimediare a un'insoddisfazione di fondo che potrebbe essere considerata come strutturale del sistema stesso), ma comunque sempre pronta a riabilitare e a concedere un'altra occasione. Il romanzo dunque non è solo un trattato sulla libertà, come condizione che porta alla felicità, ma anche sulla necessità o meno di stabilire regole che a questa libertà diano un senso; è un romanzo anche sui rapporti tra le persone e sull'orgoglio occidentale: una foto autentica e a tratti spietata degli Stati Uniti del pre-Obama, ma comunque una grande dichiarazione d'amore dello scrittore nei confronti del suo paese.
Libertà di Jonathan Franzen
Einaudi, 622 pag, 22€
“Storie d’amore inventato” è l’esordio di Loredana De Vitis, giornalista e scrittrice leccese che da anni si cimenta nel genere più difficile, per lo scrittore, ma di sicuro più avvicente, quello del racconto. Questi racconti si leggono in un batter d’occhio, rendere conto ai lettori di quest’opera si traduce nel tempo rapido della loro lettura e nella loro leggerezza di stile, capace di cogliere tutte le sfumature del rapporto tra donne e uomini. Ciò che da subito solletica la curiosità, e nella maggior parte dei casi intriga, è lo spettro piuttosto nutrito di tipologie femminili presentate in un delizioso cameo di ritratti messi nero su bianco dall’autrice.
Loredana De Vitis, nata nel 1978, laureata in filosofia, “lavora con le parole” come giornalista e vive raccontando. Ha pubblicato anche “Welcome to Albània”, un reportage sul “paesaggio culturale” dell’Albania. È tra i finalisti dell’edizione 2011 del Concorso Subway Letteratura.
disponibile su
http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=516605
http://www.lafeltrinelli.it/products/2120005166056/Storie_d%27amore_inventato/De_Vitis_Loredana.html
Sito/blog dell’autrice: www.loredanadevitis.it
Alice è una bambina obbligata dal padre a frequentare la scuola di sci. È una mattina di nebbia fitta, lei non ha voglia, il latte della colazione le pesa sullo stomaco. Persa nella nebbia, staccata dai compagni, se la fa addosso. Umiliata, cerca di scendere, ma finisce fuori pista spezzandosi una gamba. Resta sola, incapace di muoversi, al fondo di un canale innevato, a domandarsi se i lupi ci sono anche in inverno. Mattia è un bambino molto intelligente, ma ha una gemella, Michela, ritardata. La presenza di Michela umilia Mattia di fronte ai suoi coetanei e per questo, la prima volta che un compagno di classe li invita entrambi alla sua festa, Mattia abbandona Michela nel parco, con la promessa che tornerà presto da lei. Questi due episodi iniziali, con le loro conseguenze irreversibili, saranno il marchio impresso a fuoco nelle vite di Alice e Mattia, adolescenti, giovani e infine adulti. Le loro esistenze si incroceranno, e si scopriranno strettamente uniti, eppure invincibilmente divisi. Come quei numeri speciali, che i matematici chiamano "primi gemelli": due numeri primi vicini ma mai abbastanza per toccarsi davvero. Un romanzo d'esordio che alterna momenti di durezza e spietata tensione a scene rarefatte e di trattenuta emozione, di sconsolata tenerezza e di tenace speranza. Edizione rilegata con cofanetto.
Lungo questi anni le vite di Mattia e Alice scorrono parallele senza mai riuscire a congiungersi. Due infanzie difficili, compromesse da un avvenimento terribile che segnerà le fragili esistenze dei protagonisti fino alla maturità. Tra gli amici, in famiglia, sul lavoro, Mattia e Alice, portano dentro e fuori di loro i segni del passato. La consapevolezza di essere diversi dagli altri non fa che accrescere le barriere che li separano dal mondo fino a portarli ad un isolamento inevitabile ma consapevole. L'idea del film nasce dal libro La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano, vincitore del premio Strega 2008. La regia è Saverio Costanzo. La sceneggiatura di Saverio Costanzo, Paolo Giordano. Il film è con Alba Rohrwacher, Luca Marinelli, Martina Albano, Arianna Nastro, Tommaso Neri, Vittorio Lomartire, Aurora Ruffino, Isabella Rossellini, Maurizio Donadoni, Roberto Sbaratto, Giorgia Senesi, Filippo Timi
Fonte Youtube/Comingsoon
Fonte Youtube/SonyPicturesIta
In una sera d'autunno del 2003, lo studente di Harvard Mark Zuckerberg, un genio dell'informatica, siede al suo computer e inizia con passione a lavorare ad una nuova idea. Passando con furore tra blog e linguaggi di programmazione, quello che prende vita nella sua stanza diventerà ben presto una rete sociale globale che rivoluzionerà la comunicazione. In soli sei anni e con 500 milioni di amici, Mark Zuckerberg è il più giovane miliardario della storia ... ma per lui il successo porterà anche complicazioni sia personali, sia legali. Dal regista David Fincher e lo sceneggiatore Aaron Sorkin arriva The Social Network, un film che dimostra che con 500 milioni gli amici è inevitabile non farsi dei nemici. Il film è prodotto da Scott Rudin, Dana Brunetti, Michael De Luca e Ceán Chaffin, tratto dal libro The Accidental Billionaires di Ben Mezrich.
Simona Toma, è nata a Lecce nel 1976. A Bologna si laurea in Giurisprudenza e dopo il primo shock iniziale dell’alloro accademico, si riprende e comincia a fare una serie di lavori tutti non pagati ma di cui si poteva vantare con gli amici. A un certo punto, per ragioni oscure soprattutto alla sua famiglia, decide di provare a fare del cinema, “Da questo libro presto un film” è il suo primo romanzo (edito da Mondadori) e, in cuor suo, spera che non sia l’ultimo. La storia parla di Toni che ha diciotto anni, e fin qui va tutto bene: vive a Milano con la sua famiglia e con le sue migliori amiche, Clementina e Matilde. Poi arriva Filippo e, pur senza sentire cori di angeli, Toni se ne innamora perdutamente. Il fenomeno che le rubriche di posta del cuore chiamano “colpo di fulmine” per lei diventa una MISSIONE: se Filippo fa l’aiuto regista, non rimane altro che partecipare alle riprese del suo film! Questa decisione porta Toni e il suo buffo cuore lontano, addirittura in Puglia, e le sue amiche sono costrette a seguirla. Nel delirio di un set cinematografico, che a volte sembra uno zoo e altre un circo, tra costumisti variopinti, esseri mitologici metà uomo metà telefonino, registi in crisi, attrici che fanno della loro età un segreto di stato e litri di caffè, Toni scoprirà che l’amore e il cinema sono due mestieri molto faticosi. Soprattutto se arrivano insieme.
Davvero interessante il tuo esordio, ironico, tagliente al momento giusto, quel tanto pop che non guasta mai! Questo esordio è stato premeditato oppure …
Il libro è nato davvero per caso. Posso dire che, semplicemente, mi sono trovata al posto giusto, nel momento giusto, con la persona giusta e con la cosa giusta! Da qualche anno, collaboro con Mondadori Ragazzi e nel giugno del 2009 mi si dice che si è alla ricerca di nuovi autori italiani. Ho pensato: “e perché no”? In un giorno ho scritto i primi tre capitoli del libro che, sostanzialmente e nonostante le stesure successive, sono rimasti sempre quelli. Il mattino seguente li ho inviati in redazione e poi sono andata a fare i sopralluoghi per il film più bello e più geniale che abbia mai fatto W ZAPPATORE di Massimiliano Maci Verdesca (che, detto tra noi e nonostante io sia una dannata illuminista, considero il mio portafortuna). Ripeto, era il giugno del 2009. Esattamente due anni fa. E qualche mese dopo, mentre ero sul set, il 4 novembre del 2009 (scusate ma io per queste cose sono un po’ malata), mi giunge tramite sms, mentre preparavamo una faticosissima scena di massa con comparse metallare e quindi tutte metallate, la notizia che un editor, nonché affermatissimo scrittore, sempre per Mondadori, Francesco Gungui, aveva letto i capitoli e li aveva trovato belli al punto da volerci fare un libro. Gli era piaciuto soprattutto lo stile. Sono seguiti ancora alcuni mesi di altri e belli impegni (cinema, televisione e teatro) e poi è cominciata la fase della scrittura. E qui, all’improvviso, mi si sono spalancati tutti i sensi e ho cominciato a guardarmi intorno con una curiosità diversa, rapace, affamata, ho cominciato a tendere agguati a chi popola il mio mondo o anche solo a chi ci capitava per caso e di passaggio e quindi a nutrire con questo cibo i personaggi e le storie del mio romanzo. E, così, piano piano, il libro si è lasciato scrivere. E, a volte, penso che abbia fatto tutto da solo perché voleva essere scritto.
Tutto è filato liscio come l’olio nella stesura e realizzazione del lavoro, o la legge di “gravitazione universale” della scrittura ha fatto il suo dovere?
I momenti più difficili li ho avuti dopo la prima stesura quando pensavo di non avere più nulla da dire e invece, quando ci ho rimesso mano per seguire i preziosissimi e vitali suggerimenti del mio editor, le cose hanno continuato a venire fuori e a mettersi, a quanto pare, nei posti in cui dovevano stare. Tutto aveva già un posto e io ancora non lo sapevo. Anche se, chiaramente, il momento ad elevatissimo impatto emotivo è quando viene letto da altri occhi. Un po’ mi spaventa, sono esposta come una mamma davanti alla prima pagella del figlio: responsabile ma impotente. Adesso è tutta una questione tra Toni (la protagonista) e chi vorrà leggerla. Mi devo rassegnare, ci posso fare poco, oramai.
Per te scrivere che “sapore” ha ?
La scrittura più che una passione è stata una cosa che c’è sempre stata, come una caratteristica fisica, come un bisogno fisiologico ma mai una cosa ragionata. Ho sempre scritto ma senza volerlo veramente. Io ero la classica bambina cui i professori, soprattutto alle medie, dicevano sempre “scrivi molto bene, dovresti fare il liceo classico”. Poi, arrivi al liceo classico con questa convinzione, in un’età in cui tutto traballa e trovi il professore di italiano che ti mette 6- al compito in classe e, siccome sei in una fase in cui avere fiducia in te stessa non è esattamente il tuo hobby, riconsideri tutto e decidi di iscriverti a Giurisprudenza. Poi, io sono sempre stata una lettrice onnivora, una che legge 5/6 libri in un mese, per intenderci. Non esiste un ricordo senza un libro, sin da bambina. Io sono sempre stata bene così. Anche se, poi, molto spesso, non ricordo le trame dei libri che ho letto o le scene dei film che ho visto anche se si accomodano profondamente in me. E, all’università, ho incontrato un libro cha raccoglieva gli scritti di una straordinaria intellettuale e editor, purtroppo scomparsa, Grazia Cherchi “Scompartimento per lettori e taciturni” che è sempre stato un memento per me “è questo che sei, è questo ciò che ami fare”.
Il titolo colpisce molto, anzi fa venire “appetito” …
È carino il modo in cui è nato il titolo del libro. Si tratta di una frase letta sulla fascetta di un altro libro, un giorno che io e la mia migliore amica, eravamo in giro per librerie. Era un sabato mattina di dicembre ed eravamo alla Feltrinelli della Stazione centrale di Milano, appena aperta. Ci ha fatto molto ridere il fatto che venisse lanciato il film prima ancora della sua realizzazione “Da questo libro prossimamente un film”, era la dicitura originaria. Quindi tutto è nato come uno scherzo ma poi questo titolo ha cominciato a far innamorare un po’ tutti e, nella sua colorata follia, è diventato il nome del libro. L’altra cosa che mi affascina è che, nonostante ogni riferimento a fatti e persone sia puramente casuale, qualcuno possa riconoscersi in alcune parole di questo libro e comprendere meglio alcune altre cose anche se QUESTO LIBRO NON È AUTOBIOGRAFICO! In tutto ciò, e me ne scuso, io non sono una scrittrice, ho sempre scritto ma non ho mai avuto un romanzo nel cassetto. Questo è davvero il mio primo romanzo. E voglio aggiungere che, nel breve volgere di due anni ho smesso di fumare, ho smesso di mangiare le unghie, mi sono innamorata moltissimo, mi sono trasferita a Milano e il mio primo romanzo è stato pubblicato da Mondadori. E adesso? Magari un film?
Cosa ti piace e chi ha sollecitato il tuo interesse tra la contemporaneità letteraria dei nostri giorni?
Tra gli autori italiani amo appassionatamente Fabio Geda. Mi piace quello che scrive, amo le sue storie e la sua onestà crudele e poetica. Amo anche la scrittura e le storie di Giulio Morozzi e Paolo Nori. Mi fanno ridere, per me fondamentale, e mi appassionano ferocemente. In genere, ho l’impressione che si abbia poco il coraggio di far ridere, come se una penna leggera e ironica automaticamente squalificasse un libro, compromettendone il valore. Bisogna far ridere e per risata non intendo un atteggiamento frivolo o disinteressato ma bisogna far ridere come, per esempio, fanno Stefano Benni e Daniel Pennac. Tra i pugliesi, ho amato molto leggere Desiati e Argentina. Belle le storie, bella la scrittura. E trovo geniale Francesco Dimitri sebbene il suo sia un genere che, solitamente, non frequento.
* intervento apparso sul quotidiano Paese Nuovo del 30/05/2011
PUBBLICITA' / ADVERTISING Gundam è più di un semplice anime o manga. È un fenomeno culturale che ha travalicato i confini del Giappone ...