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mercoledì 28 ottobre 2009

Gaia e la fine dei giorni di Stuart Wilde (Macro edizioni)

Gaia e la Fine dei Giorni - Oltre il 2012 è un’opera straordinaria e appassionante, in cui Stuart Wilde ci offre le chiavi per accedere a uniche e sofisticate comprensioni metafisiche. Secondo l’autore siamo nell’era del ritorno della dea Kali, l’Era della Distruzione, in cui l’intelligenza del pianeta (Gaia) riprenderà in mano la Terra in difesa della natura, degli animali e dei bambini. Nei mondi spirituali sono attualmente in corso battaglie condotte dalle forze della luce contro le entità oscure, al solo scopo di liberarci. Wilde parla di un potere che chiama Logos Solare, che verrà sulla Terra per produrre una rinascita descritta come il Rinnovamento. Per questo Stuart Wilde chiama il periodo che ci separa dalla fatidica data del 2012 la “Fine dei Giorni”: non perché il mondo finirà, ma perché sarà la fine del mondo come tutti noi oggi lo conosciamo. Il vento divino della grazia vi offre speranza e fortuna e può curare ogni cosa. Vi garantisce una protezione invisibile, una guarigione miracolosa. Vi dona visioni attraverso quella che chiamo “informazione pura”, i download o dati scaricati che vi arrivano direttamente in forma di visioni, percezioni extrasensoriali e sogni. La grazia vi conduce in dimensioni e piani di apprendimento al di là di tutto ciò che l’umanità ha scoperto fino ad ora. La grazia annulla le tenebre in cui vivete e vi libera. La grazia è puro amore, è un grande dono, la Sacra Guaritrice; ma è ancora poco conosciuta.
Mistico e visionario, Stuart Wilde è tra i più noti esperti di evoluzione spirituale e tra i più famosi conferenzieri del mondo anglosassone. È autore di numerosi testi sulla coscienza e la consapevolezza, tradotti in quindici lingue.
In Italia i suoi libri sono pubblicati da Macro Edizioni: Il Sesto Senso, Il Sé Infinito, Le Leggi dell'Abbondanza, Affermazioni, I Gladiatori di Dio, I Prossimi Cambiamenti, Per Far Soldi Basta Averne un Po’, Il Tuo Potere Invisibile e Silenzioso, I Segreti della Vita, L’Arte della Redenzione, Miracoli e La Forza.

Oltre il 2012
ISBN: 9788862290746

Prezzo € 14,03
invece di € 16,50 (-15%)


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Dove nessuno può arrivare - DAVID RUBÍN (edizioni Tunué). Recensione di Mauro Gulma

Una lotta tra il coraggio dell’uomo e i limiti della sua mente, in bilico tra la crudezza della realtà e il lirismo dei sentimenti. Edito da Tunué, Dove nessuno può arrivare è una storia d’amore dai risvolti amari tra Ulisse, ex-pugile, e Ana.
Il primo, insoddisfatto del suo ego e stufo della criminalità che serpeggia nella sua cittadina, si improvvisa supereroe, abbandonando Ana al suo destino, che la porta a sposarsi con un ricco uomo d’affari, meno passionale e sognatore di lui.
Ciò la spinge a condurre una vita piatta e monotona, finché un giorno giunge alla porta del suo appartamento Ulisse, ferito e malmenato…
Capolavoro tra sentimento e sogno, partorito dal geniale e poliedrico David Rubìn, che con tratti semplici ed efficaci ha la capacità di raggiungere il cuore del lettore come una freccia di cupido, facendolo innamorare a prima vista della novella che ha sottomano. Rubìn coinvolge attivamente il lettore, facendolo immedesimare sin da subito nel/nei protagonisti. Una nota di riguardo anche per l’introduzione scritta da Miguelanxo Prado, uno degli indiscussi maestri del fumetto spagnolo, che descrive Dove nessuno può arrivare come: «Un lavoro contenuto, con pochi personaggi e una struttura ambiziosa molto ben intrecciata. Ha qualcosa che personalmente ritengo molto speciale in narrativa: tempo e silenzi».
Un mix di sentimenti contrastanti, come dolcezza e amarezza, faranno capolino pagina dopo pagina, sviluppandosi in un binario temporale tra passato e presente, svelando debolezze e virtù del protagonista, che si improvvisa giustiziere in lotta contro il crimine, ma soprattutto contro se stesso, nella disperata ricerca del suo ego; fino a raggiungere un finale che lascia libera interpretazione al lettore, co-protagonista indiretto di quest’opera dal gusto agrodolce.

martedì 27 ottobre 2009

Il codice del Tempo di Gregg Braden (Macro edizioni)

Secondo l’antico popolo dei Maya il tempo è una danza infinita di cicli, che si ripetono costantemente era dopo era. Cicli più piccoli all’interno di cicli più grandi. In base al loro calendario alcuni dei più importanti cicli temporali che riguardano la Terra si chiuderanno nel 2012, in coincidenza con il solstizio d’inverno. Dall’altra parte, i più moderni studi astronomici sostengono che quello stesso giorno il nostro pianeta si troverà nel punto più lontano dal centro della nostra galassia e tuttavia in un allineamento particolare con esso. Questo comporterà una serie di conseguenze legate alla fine di un’era e all’inizio di un nuovo ciclo per il pianeta e l’umanità intera. Ma cosa accadrà veramente il 21 dicembre dell’anno 2012? Gregg Braden ci offre una visione chiara e approfondita delle conclusioni a cui gli studiosi di diverse discipline stanno giungendo in merito alla data cruciale del 2012. Egli illumina da una nuova ottica il passato della nostra civiltà e getta luce su ciò che ci riserva il futuro. Pagine ricche di scienza e spiritualità nelle quali le scoperte della matematica dei frattali applicate ai cicli cosmici e individuali sono trattate con il linguaggio semplice e divulgativo che caratterizza tutte le opere di Braden. Il Codice del Tempo mostra chiaramente come le condizioni che hanno creato la storia si ripetano, riflettendo gli schemi che si trovano in natura e come, sapendo questo, sia possibile affrontare i momenti critici per evitare gli errori del passato.

E come possiamo sapere quello che ci aspetta?


Grazie al Computo del Codice Temporale che Braden illustra minuziosamente all’interno di quest’opera. Un calcolo matematico che permette di scoprire, a partire da un evento del passato conosciuto, personale, come un trauma o un importante successo, o collettivo, come una guerra o una dichiarazione di pace, lo schema e i tempi secondo i quali si ripeteranno le condizioni affinché possa verificarsi un evento simile.

Uno strumento prezioso per orientarsi nelle scelte più significative di quest’epoca.

Un libro straordinario che consente di comprendere a fondo la complessa situazione in cui l’umanità è venuta a trovarsi, le incredibili opportunità che abbiamo in questo momento e come fare per non lasciarsele sfuggire.

Il segreto del 2012 e l'arrivo della nuova era
ISBN: 9788862290739

Prezzo € 15,73
invece di € 18,50 (-15%)


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Nichi Vendola su Tonino Bello danza la vita a cura di Maria Occhinegro e Maria Gabriella Carlino (Lupo editore)

Credo che il Salento sottovaluti il livello di alcune voci che nel ’900 sono rimbalzate come voci di livello planetario. Ne cito tre: Vittorio Bodini, Carmelo Bene, Tonino Bello. Tre voci che hanno travalicato i limiti territoriali, e che hanno fatto del Salento, non una piccola patria, ma un trampolino di lancio per rivolgersi al mondo, per tuffarsi in oceani più larghi. La prima cosa che mi ha colpito quando ho conosciuto Don Tonino Bello è stata la voce. Spero che voi abbiate l’opportunità di fare, in questo percorso di formazione, uso di materiali audiovisivi. Perché non si può capire lo spessore di questo personaggio se non si ascolta la sua voce. Alcuni discorsi possono sembrare specialistici, come le lezioni fatte ai catechisti, ma vi invito ad ascoltarle comunque, e soprattutto vi prego di ascoltare il documento vocalmente più struggente che abbia mai ascoltato in vita mia: l’ultima omelia, l’omelia del ti voglio bene, l’omelia del congedo, l’omelia dell’addio. La voce è il primo elemento. Il secondo elemento di Don Tonino, scusate se parto dalla fisicità, sono gli occhi. Capita a me oggi, avendo superato la soglia dei cinquanta anni, di riflettere in maniera un po’ più impegnata sulla malattia e sulla morte. La malattia e la morte bussano alle porte delle nostre case in maniera, diciamo, più pressante. E ho nei miei occhi quelli di Don Tonino in un giorno particolare, quello dell’ultima volta che l’ho incontrato, l’ultima volta che ho condiviso una lunga discussione con lui in una stanza di ospedale, al policlinico Gemelli di Roma, tre ore faccia a faccia. Di quell’incontro, per me, ancora oggi, è centrale lo sguardo. Don Tonino era smagrito, piagato dalla malattia, con i capelli rasi, aveva una canottiera. Quando ho bussato ed ho aperto la porta, si è girato, e quest’uomo consumato dalla malattia, era tutto occhi: vivi, assediati dalla sofferenza, eppure interrogativi, palpitanti. Gli occhi e la voce. In questi anni ho sempre pensato che bisognasse “usare” Don Tonino con molta cautela. Ho partecipato ad un convegno soltanto una volta, e soltanto per urlare una frase giovanile: «Non fatelo Santo!».Al primo convegno commemorativo ho urlato così. I santi stanno sulle nuvole e hanno un’aureola in testa. Noi li preghiamo non in quanto esempi di comportamento quotidiano, ma proprio perché stanno in cielo; li ammiriamo senza trarne alcuna conseguenza. Invece tutta la scrittura, l’esperienza, il percorso di Don Tonino sono il contrario di questa nuvola che si allontana e che ci guarda dauna esemplarità irraggiungibile.
Lui ci provoca, lui ci interroga, lui ci chiede di dire parole che abbiano significati, lui ci stimola, lui ci consola. Mi manca molto Don Tonino.La consolazione non significa l’uso retorico delle parole,la consolazione significa fare i gesti della fraternità, significa avere cognizione del dolore del mondo e avere cognizione del nostro reciproco dolore. La consolazione significa percepire la solitudine dell’altro. Qualche riflessione su Don Tonino. Danzare la vita, cosa significa danzare la vita? Il Dio che danza la vita era un’immagine che Don Tonino amava molto, e che apparteneva al pensiero e alla riflessione di alcuni straordinari protagonisti della vita religiosa italiana. David Maria Turoldo, Ernesto Balducci erano coloro che costruivano la loro scrittura sul tema del Dio che danza la vita. Che cos’è il Dio che danza la vita? È il contrario del Dio giudice, del Dio gendarme del mondo, del Dio implacabile che occhiuto entra nelle nostre vite, ci controlla, del Dio esattore delle tasse, del Dio che non ci fa sconti rispetto alla liturgia del dogma. Il Dio che danza la vita è innanzitutto il Dio che si fa compagno dell’umanità, che sente la bellezza della vita. Nella Genesi c’è una celebrazione infinita della bellezza della vita, come nel Cantico dei Cantici ed in tutto il contesto vetero testamentario. Un’esplosione di immagini che rappresentano la celebrazione della bellezza del genere umano, della bellezza del vivente, della bellezza della vita «...corri o mio fanciullo come la gazzella sul monte degli aromi», così si conclude il Cantico, il canto dell’uomo alla ricerca di un Dio, che lo accompagna danzando la vita. Se non c’è un poco di questa leggerezza nella fede, la fede giunge come una specie di camicia di forza, come una cintura di castità, pesante e granitica, e non come il tocco della Grazia. Questo significa danzare la vita, fare in modo che la fede non sia un impegno formale, una promessa cattiva. Don Tonino insegue il Dio che danza la vita. Quando Don Tonino diventa Vescovo della mia Diocesi, Molfetta-Terlizzi-Ruvo-Giovinazzo, sono anni difficili. C’è un grande fermento nella chiesa. In America Latina è stata costruita la straordinaria vicenda della Teologia della Liberazione, contro la quale la Curia romana lancia fulmini e saette. Don Tonino vive intensamente questi giorni, in una duplice dimensione. Da un lato è figlio del Concilio, figlio dell’enciclica Gaudium et spes, cioè di quella straordinaria vicenda che fu il Concilio Vaticano II; dall’altro si trova in una fase particolare, in cui comincia l’opera di normalizzazione nei confronti di una parte di questa predicazione sociale che aveva forse travalicato certi confini. Io lo guardai con sospetto, posso raccontarlo adesso. Lo vedevo come uno che usa belle parole per irreggimentarci. Avevo frequentato soprattutto tutto il cattolicesimo del dissenso, ero stato amico di don Giovanni Franzoni, avevo una corrispondenza con don Marco Bisceglie, con Davide Maria Turoldo, prendevo il treno per andare a Fiesole a sentire le prediche di Padre Balducci. Perché a vent’anni ero tanto innamorato di Dio quanto disamorato della Chiesa. E quando venne questo Vescovo, pensai, attraverso l’ascolto di queste parole fascinose, che fosse furbizia semantica, che stesse per fregarci. Lo contestai nel primo incontro. Lo contestai, contestando il suo rapporto con la Chiesa. Lui ascoltò l’intervento provocatorio di questo giovane, che era naturalmente tutto imbevuto delle teorie della Teologia della Liberazione, e non mi rispose dandomi in testa, come mi aspettavo, perché ero stato baldanzoso, e mi meritavo naturalmente di essere affrontato. No, mi rispose dicendomi che avrebbe voluto approfondire le parole,i discorsi, che avrebbe voluto venirmi a trovare, mi disse: «Ma tu frequenti una sezione di partito? Vengo a trovarti, vengo sull’uscio della tua sezione, sediamoci sul marciapiede, sui gradini, parliamo». Io pensai: «Ma guarda che tipo! Questo ci vuole fregare!». Qualche giorno dopo cominciò a fare dei gesti un po’controcorrente. Aprì l’Episcopio. La sede del Vescovo, per noi di Molfetta, era più o meno il Castello dell’Imperatore, un luogo irraggiungibile. Ricordo quando il vescovo arrivava e i miei genitori mi portavano a vederlo e mi dicevano: «Guardalo lì», come si diceva ad un principe feudale, perché era irraggiungibile. Don Tonino aprì l’episcopio agli sfrattati, agli immigrati. Prese quella sua macchinetta scalcinata e cominciò a girare nei paesi della diocesi, a cercare barboni, alcoolisti, tossicodipendenti. Capitò a molti di noi di incrociarlo di notte, magari tornando da una discoteca, mentre lui era alle prese con un fagotto umano, che stava recuperando, che stava consolando, che stava caricando sulla sua automobile, portandolo su di un giaciglio. Era come permanentemente sulla Gerico-Gerusalemme, sempre su quel tragitto, tutta la sua vita dentro quel tragitto. Questo fu un primo scandalo. Molti rimasero turbati. Anche il clero rimase turbato. Un Vescovo deve parlare di poveri, deve dedicare le sue omelie ai poveri; ma un Vescovo che esce di notte, che si confonde con quella umanità marginale, un Vescovo che puoi incontrare in uno spigolo buio dove c’è un’umanità perduta, è un Vescovo particolare. Poi il bollettino diocesano, Luce e Vita. Andai a vivere a Roma e telefonavo tutte le mattine ad un mio amico d’infanzia, che era il Direttore di Luce e Vita, per farmi leggere gli editoriali di Don Tonino Bello, appunto la lettera al fratello ladro, le prime lettere sul razzismo, sui fenomeni delle nuove povertà. Con un’idea che fu anch’essa sconvolgente. Anzi due idee che segnarono quella vicenda: la prima il volto, l’etica del volto. Dov’è il Cristo? Nelle prediche? Nel tabernacolo? È in cielo? È avvolto in qualche magia della liturgia? Dov’è il Cristo? È nel volto, nel volto dei poveri. È nel volto di Massimo, che è ladro. È nell’etica del volto, l’etica più cancellata da questa cattiva modernità. Noi abbiamo sostituito l’etica del “Volto” con l’etica del volto, bisogna riscoprire quest’etica del “Volto”, e praticare l’irrinunciabile richiesta della ricerca del “Volto”. Questo era il punto decisivo. Non dimenticava mai Don Tonino, che il Tempio è il corpo di ogni persona, è la dignità di ogni persona. Questa è stata per noi una lezione sconvolgente, di cui abbiamo tanto bisogno oggi in cui si giudica “all’ingrosso”, in cui la vita delle persone viene divisa per appartenenza, in cui il genere umano si esprime con “contese” incandescenti su aspetti delicati che riguardano la fragilità delle vite. Oggi in cui rischiamo di tornare a considerare le persone diversamente abili o le persone di altra razza o fede come persone dotate di un grado di dignità o di diritti inferiore al nostro. Don Tonino oggi non è un santino, non è una bella giornata che ci concilia con sentimenti di bontà. È una provocazione contro il nostro conformismo, contro la nostra ipocrisia, contro la nostra pigrizia culturale e contro l’idea che oggi siamo tornati ad un mondo nel quale sono importanti i segni del potere, mentre Don Tonino predicava il “Potere dei Segni”, che aprono percorsi nuovi. La seconda idea fu poi il tema della pace, che non fu semplicemente sciorinare delle citazioni, come quelle di Isaia, che dice «forgeranno le loro spade in vomeri», cioè trasformeranno strumenti della guerra in strumenti del lavoro. Aggiunge Isaia che nessun popolo leverà le armi contro un altro popolo, e nessun uomo si eserciterà più nell’arte della guerra. Isaia dice queste tre cose, che Don Tonino fa sue e che gli creeranno qualche problema con le gerarchie ecclesiastiche. Bisogna convertire l’economia di guerra in economia di pace. Bisogna educare i popoli alla risoluzione pacifica dei contenziosi tra le nazioni. Bisogna educare ogni individuo ad assumere la non-violenza come parametro della relazione con l’altro. Questo significa cancellare nella discussione pubblica la convinzione che l’altro interlocutore sia nemico. L’altro è diverso, ed è portatore della tua ricchezza. Il mondo nuovo che annuncia Don Tonino è il mondo della convivialità delle differenze, in cui le differenze non si fanno la guerra, ma si arricchiscono, si scoprono. Questo può appartenere al piano della suggestione letteraria. Ma Don Tonino fa firmare a tutti i Vescovi di Puglia un documento contro l’installazione degli F16 a Gioia Del Colle. Fa una battaglia contro la regione Puglia che aveva offerto alcune migliaia di ettari delle Murge per costruire dei poligoni militari, trasformando quindi un pezzo del territorio pugliese in delle servitù militari. Fa una battaglia contro l’ingrandimento del porto di Taranto per accogliere la nave militare Garibaldi. Dice nome e cognome degli oggetti che, sul suo territorio, contrastano concretamente il percorso di pace. E costruisce un documento, firmato da tutti i Vescovi pugliesi, che resta una pietra miliare della nostra storia civile, affinché? la Puglia diventi non un arco di guerra verso
i paesi del sud del mondo, ma diventi un’arca di pace. E sostiene fermamente, nell’epoca in cui Gheddafi lanciò un missile verso l’isola di Lampedusa, che non si poteva accettare quella provocazione per generare una risposta fatta di militarismo e di rincorsa delle armi. Fece tutto questo e scioccò la politica, il mondo dei benpensanti, con i giornali, con i loro più noti giornalisti, che scrissero di tutto
contro Don Tonino, alla fine perseguitato. «Beati i perseguitati a causa di giustizia. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio». Quante cose diciamo la Domenica che non hanno conseguenza nella nostra vita, perché per noi la fede è stato lo scudo di una grossa ipocrisia sociale. Don Tonino rompe questo scudo. C’è un’ultima cosa che ci tengo a sottolineare. Era la prima volta che mi capitava un prete, un Vescovo, che non aveva una specie di laser negli occhi. Quello che scruta nel recinto dei tuoi peccati. Era la prima volta che avevo di fronte un prete che, a modo suo, volesse convertirmi. Gli chiesi il perché, ma quel colloquio appartiene ai doni che Dio ha voluto dare alla mia vita. Io non capivo questa latitudine dell’amore che c’era in Don Tonino, poi l’ho capita leggendo i suoi testi. Che cos’è l’amore per Don Tonino? L’amore è una voce del verbo morire.
Cos’è, pensai, letteratura sadomaso? Poi riflettei e fu bellissimo. Amore significava uscire fuori da sé, accogliere l’altro, per morire delle proprie certezze. Se tu vuoi accogliere, un po’ devi morire. L’atto dell’accogliere, l’atto dell’amore è un atto di grande cambiamento. Per questo, amore voce del verbo morire.
È difficile detto così, ma lui l’ha detto in maniera più bella: «Dicono che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto, devono tenersi abbracciati per poter volare».
È il volo più bello che con queste parole ci ha regalato Don Tonino, un volo che è difficile, chiusi come siamo nelle nostre classi, educati agli status symbol, al Grande Fratello, ai video-telefonini, con cui talvolta riprendiamo la povertà degli altri e le nostre miserie. Noi adulti che abbiamo poco insegnato ai più giovani. Però c’è un punto all’interno del quale ciascuno di noi deve fare i conti con la
propria fragilità, con la propria solitudine. Un punto in cui ci accorgiamo di avere un’ala soltanto e di aver bisogno di quella che Don Tonino chiama un’ala di riserva. No, non ci sono ali di riserva, se vogliamo volare dobbiamo abbracciarci a qualcun altro. Solo così, ci ha detto Don Tonino, e gli siamo grati per questo, possiamo imparare a volare.

dalla prefazione al volume

lunedì 26 ottobre 2009

Amare ciò che è di Byron Katie e Stephen Mitchell (Edizioni Il Punto d'Incontro)

Il libro di cui voglio parlare ora, è da poco uscito in Italia per i tipi di Edizioni Il punto d’Incontro ed è “Amare ciò che è – 4 domande che possono cambiare la tua vita” di Byron Katie e Stephen Mitchell. L’autrice non è nel progetto di Rhonda Byrne, ovvero The Secret, ed è fuori dunque da tutti quei dibattiti e riflessioni portati avanti da autori come Joe Vitale, Mark Ryan o Bob Proctor. Ma ad ogni modo rientra a mio avviso perfettamente in quelle che sono le latitudini del pensiero del New Tought, essendo anche lei una nuova “illuminata”. Byron Katie è la fondatrice del Lavoro (The Work), insegna alla gente come porre termine alla propria sofferenza e guida le persone attraverso il percorso da lei inaugurato, chiamato per l’appunto “Il Lavoro”, portandole a scoprire che anche le convinzioni più radicate nel proprio subconscio riguardo alla vita, agli altri, a se stesse, cambiano radicalmente e dunque le loro vite possono di conseguenza essere modificate per sempre. “Il Lavoro” parte dall’esperienza diretta dell’autrice, su come si crea e si elimina la sofferenza, e da questo sviluppa una terapia incredibilmente semplice, accessibile a persone di ogni età e formazione, per la quale sono necessari solo carta, penna e una buona dose di apertura mentale. In questa maniera le radici dell’infelicità possono essere sradicate definitivamente. Katie dimostra che tutti i problemi del mondo hanno origine nei nostri pensieri, e ci offre anche lo strumento per ritrovare la libertà. Le forme del discorso contenute nel volume rispecchiano quelle consuetudinarie proprie della letteratura d’auto-aiuto ovvero arrivare a sostituire il dolore con la gioia e il sorriso, sublimare la depressione in leggerezza, ritrovare la libertà, arrivare a comprensioni nuove e profonde sulla vita. Tutto questo sembrerebbe non offrire nulla di nuovo. Al contrario se ci soffermassimo con più attenzione sull’esame dell’opera scopriremmo alcuni aspetti interessanti: Byron Katie in una sorta di seduta terapeutica fondata sul botta e risposta, pone all’interlocutore 4 domande che, applicate a un problema specifico, mettono in grado di vederlo sotto una luce completamente diversa. Il punto di partenza viene scandagliato attraverso diverse opzioni dialogiche che modulano ciascuno step del processo in positivo, in negativo e viceversa, sino a quando il diretto interessato alla questione, sviluppa una serie di considerazioni che snelliscono progressivamente il blocco interiore, per poi giungere ad una sua completa dissoluzione. Parliamo di un processo attraverso il quale chiunque può imparare a risalire alle radici dell'infelicità per sradicarla in maniera totale. Qualsiasi pensiero, qualsiasi affermazioni vengono radicalmente ancorati alla realtà dei fatti, e Byron Katie è abilissima a mettere all’angolo false convinzioni o falsi concetti che ognuno inevitabilmente potrebbe creare quando smarrisce le proprie priorità. “Il Lavoro” è un processo d'indagine molto efficace che permette di capire cosa ci fa stare male e ci fornisce gli strumenti per porre fine al dolore. Chi pratica il lavoro in maniera costante riferisce di aver ottenuto risultati che hanno cambiato la sua vita: eliminare lo stress; migliorare le relazioni, ridurre la rabbia, eliminare la depressione, agire in modo più intelligente ed efficace; sperimentare nuovamente una sensazione di energia e di benessere; imparare ad amare ciò che è e trovare una costante pace interiore. A conclusione mi sembra doveroso sottolineare come “Il Lavoro” ha alla sua base l’obiettivo fondante di portare alla luce la verità che ogni uomo o donna racchiude nella propria coscienza. L’autrice può definirsi una novella Socrate, ovvero un’ostetrica di anime il cui compito non è tanto insegnare la verità, quanto piuttosto quello di aiutare l'interlocutore a partorire la verità da sé, poiché ogni uomo può sciogliere isuoi dubbi, le sue perplessità, le sue amarezze, solo venendo a contatto con la verità nell'intimità non mediata della propria coscienza. E proprio come Socrate, Byron Katie entra nelle convinzioni delle persone e mostra loro come gran parte delle certezze che credevano di possedere sono in realtà fallaci o fasulle, mostrando come in realtà non sanno ancora di non sapere. Mondata con “Il Lavoro” la cattiva coscienza dalla presunzione di sapere, questa “maestra di Realtà” comincia a porre all'interlocutore una domanda, e ad ogni risposta trae spunto per porne una nuova (sino a quattro per la precisione), finché non ci si attesta vicendevolmente su una verità certa e sicura. La tecnica? Semplicemente quella del dialogo e della dialettica.

4 Domande che possono cambiare la tua vita

ISBN: 9788880936213

Prezzo € 15,90



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Dreaming Abundance by Joe Vitale and Mark J. Ryan

Dreaming Abundance
Dreaming Abundance
installathesecret.com


What if you could manifest your dreams without doing anything but listening to Joe Vitale and Mark Ryan every morning and every evening? What if you could hire Joe eight hours a day to help you experience a more abundant life?

Wealth and abundance come to you when you make a bigger opening for it.

Through Dreaming Abundance, your conscious and unconscious minds open to the abundance that surrounds you -- not just in your checkbook -- but in the seven most important areas of your life. As you create a bigger doorway and provide more room for abundance to enter your experience, your daily experience becomes fuller... you attract more of the experiences, people, and things that you desire.

This program is designed to work with your conscious and unconscious mind at its most impressionable times: when you awaken and as you're falling to sleep.

Let's face it.... we're all busy people. Trying to find time to work on manifestation can be difficult. These impressionable times as you greet the day and fall asleep are the perfect time for you to quietly and passively train your mind to open to the Divine wealth and abundance waiting for you.

In this program, you'll receive seven days worth of inspirational affirmations and meditations to empower your mornings... and seven days worth of hypnotic suggestion to empower your unconscious dream state. You'll work on seven distinct areas during these days:

* Emotions
* Your Body
* Thought life
* Money
* Relationships
* Career
* Spirituality


Joe and Mark address the same subject matter and goals each day. You'll create and experience a cycle that supports continuous manifestation all day long. The inspiration you experience in the morning works in synchronized conjunction with the evening hypnotic messages. For a full week, you'll wake up with Joe's inspiring messages and fall asleep with Mark's deep hypnotic suggestion... all with one singular intent: to open your conscious and unconscious mind to the abundance and wealth you deserve in all areas of your life.

Even after one week of using this program, you'll be amazed at the changes you experience in your life.

Other Signs, Other Circles di Annamaria Ferramosca (Chelsea Editions, New York)
















A Roma, giovedì 26 novembre, ore 18, via V. E. Orlando, 86, La Libreria Feltrinelli International presenta l'incontro con la poesia di ANNAMARIA FERRAMOSCA in occasione del quale verrà presentato il libro antologico "Other Signs, Other Circles" ( Altri Segni, Altri Cerchi ), Poesie edite e inedite 1990-2009 in versione bilingue, Chelsea Editions, New York. La lettura scenica a tre voci sarà di Almerica Schiavo, Alessandra Grego, Annamaria Ferramosca. Interverranno Marcello Carlino (docente di Letteratura Italiana presso l'Università la Sapienza, Anna Maria Robustelli (docente di Letteratura Inglese e traduttrice). Coordina la scrittrice Luciana Vasile

Other Signs Other Circles. Poesie edite e inedite 1990-2009 in versione bilingue. Introduzione e traduzione a cura di Anamaría Crowe Serrano. Collana Contemporary Italian Poets in Translation, Chelsea Editions, N.Y., p.225, $20, ISBN 978-o-9823849-2-3

“Brani da ascoltare con amore e stupefazione. Una poesia ricchissima: sia di concrete presenze scientifiche sia di lontane suggestioni elleniche e bibliche.” Letizia Lanza

“Questa scrittura ha qualcosa di ancestrale e di cosmico per cui si espande
fino a comprendere ogni manifestazione della vita ordinaria, anzi ne diventa
l’intima giustificazione, la tessitura che lega “le tracce e i fuochi”.

Ecco, questa sublimazione della prassi del vivere è il fulcro di questa poesia.”
Donato Valli

“ Proprio questa mitopoiesi, come attraversamento e confronto con le culture
e con la tradizione, è un tratto distintivo della poesia di Annamaria Ferramosca.”
Marcello Carlino

Ultimo di una serie che propone in versione bilingue poeti italiani contemporanei ai lettori americani - e non solo-, questo libro mostra le vie “dei segni” esplorate da Annamaria Ferramosca lungo un ventennio di scrittura poetica. Qui scorrono, come stazioni dense di stupore e interrogazione, testi tratti dalle sue precedenti raccolte (Il Versante Vero -quello dell’autenticità nella scrittura-, Porte/Doors -i molteplici varchi dello sguardo-, Curve di Livello, -le possibili vie umane dell’incontro), inclusi altri più recenti testi inediti dalle inaspettate visioni.
I segni raccolti dall’autrice si sgranano alla lettura incidendo in profondità, invitando a scambiarsi le parole del vero sentire, come suggeriscono in copertina gli alfabeti del mondo incisi sulla parete della nuova Biblioteca di Alessandria. E’ così possibile seguire l’evoluzione di immaginario e stile di un’autrice che avverte la scrittura poetica come destino, e insieme essere investiti da quel misterioso senso di straniamento della poesia, che nasce dall’urto fertile con la vita e si offre all’ascolto del nostro malessere e all’ininterrotta domanda di senso. Pagine, queste, che additano le parole come gli anelli necessari alla tenuta “dei cerchi”, quelli desiderati e irraggiunti della mutua comprensione e del dialogo solidale.
E necessaria appare anche l’accuratissima versione inglese di Anamaría Crowe Serrano, cui pure si deve l’esauriente e appassionata introduzione.


Annamaria Ferramosca è di origine salentina e vive e lavora a Roma
Ha pubblicato in poesia:
Il versante vero, Fermenti, 1999
Premio Opera Prima A.Contini-Bonacossi 2000
Porte di terra dormo, Dialogo Libri, 2001
Porte / Doors , 2002, Edizioni del Leone, trad.ne di Anamaría Crowe Serrano e Riccardo Duranti
Curve di livello, Marsilio, 2006


Testi ed interventi critici sulla sua scrittura sono apparsi su numerose riviste e antologie, tra cui Poesia, Hebenon, La Mosca di Milano, La Clessidra, L’immaginazione, Le voci della Luna, "L'altro Novecento", 1999, "Appunti critici", 2002, "Poeti italiani verso il nuovo millennio", 2002, “Inverse”, 2006, “ Tradizione e ricerca nella poesia contemporanea”, 2008.

Collabora con testi e note critiche a varie riviste, anche on line. Fa parte della redazione di clepsydraedizioni.com, che seleziona in anonimo nuova poesia italiana contemporanea.

Suoi testi e note critiche appaiono on line su:

http://annamaria.ferramosca.literary.it; http://rebstein.wordpress.com/2008/03/14/
http://oboesommerso.splinder.com/tag/progetto+lettura+55+aferramosca (con audio)
www.chiaradeluca.com/Annamaria Ferramosca.htm; www.poiein.it; www.vicoacitillo.net
http://english.chass.ncsu.edu/freeverse/Archives/Spring_2008/poems/A_Serrano.html


Il volume è disponibile presso, Feltrinelli International, via E.Orlando,86 a Roma Libreria EQuiLibri, via Farneti, 11 a Milano e online su www.amazon.com

domenica 25 ottobre 2009

GLI ANNI PERDUTI DI GESÙ di Prophet Elizabeth Clare (Edizioni Il Punto d'Incontro)

La storia, gli insegnamenti e gli atti compiuti da Gesù sono raccontati in varie forme nel Nuovo Testamento e negli scritti apocrifi. Cionondimeno, tutto quello che è stato scritto su di lui è materiale postumo. Non esistono al momento documenti sulla sua esistenza redatti mentre Gesù era in vita né esiste nulla che lui abbia scritto. A ciò va aggiunto che i testi tuttora disponibili non offrono molte informazioni sulla sua vita prima degli anni della missione. Pochi sono i dettagli sull'infanzia, scarse le notizie sulla famiglia, del tutto mancanti documenti che permettano di conoscere cosa successe nell'età compresa tra i dodici e i trent'anni. Questo periodo viene definito "gli anni perduti di Gesù". La domanda, che sorge spontanea, è: perché non è stato fatto un resoconto più dettagliato della vita di Gesù? Una delle ipotesi più probabili è che i primi cristiani fossero a conoscenza dell'aspetto fisico e di molte informazioni sulla figura del Cristo, per cui non ritennero importante tramandare questi dettagli, preferendo concentrarsi sui suoi insegnamenti. Con il passare dei secoli, i vari studiosi si sono focalizzati sul ministero di Gesù perché questo era stato loro tramandato. Nel 1894, un giornalista russo, Nicolas Notovich, affermò di aver ritrovato in un monastero del Ladakh (Piccolo Tibet) la copia dell'antico manoscritto buddista in cui si affermava che, durante gli anni perduti, Gesù si trovava in India. Notovich pubblicò un libro che suscitò numerose polemiche. La cosa fu messa poi a tacere con finte prove secondo le quali quegli scritti non sarebbero mai esistiti. Nonostante questo, tre eminenti studiosi li hanno riscoperti nel nostro secolo. Ora, per la prima volta, Elizabeth Clare Prophet riunisce le dichiarazioni di quattro testimoni oculari e tre diverse traduzioni di questi documenti straordinari, che permettono di sapere cosa fece e disse Gesù prima della sua missione in Palestina.

Prophet Elizabeth Clare - Scrittrice e conferenziera molto nota e apprezzata, Elizabeth Clare Prophet ha pubblicato più di settantacinque libri e ha tenuto conferenze in ventotto paesi del mondo. Nata nel 1939 a Red Bank, nel New Jersey, da madre svizzera e padre tedesco, ha studiato in Svizzera e negli Stati Uniti, laureandosi a Boston in scienze politiche. Il suo interesse per le religioni l'ha spinta ad approfondire i suoi studi su Cristianesimo, Giudaismo e Protestantesimo, interessandosi anche alle opere di Gandhi, Albert Schweitzer e Norman Vincent Peale.


Prove documentate dei diciassette anni vissuti da Gesù in Oriente
ISBN: 8880931385

Prezzo € 15,00


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Polvere d'ombra e d'amore. Silla Hicks sulla poetica di Vito Antonio Conte

















Lo dico una volta per tutte, affinché sia chiaro, con buona pace di chi vorrebbe che dicessi ciò che va detto, e non ciò che mi passa per la mente, e che quindi credo – per un secondo, magari, ma è sempre meglio di niente - vero. Io sono arrivato al quarto di un Istituto d’arte. Non sono un critico, né uno scrittore. Sono – fieramente, chè così mi guadagno il pane, e pago a rate la vita di merda che ho e quella meravigliosa che ho avuto – un camionista. Un operaio. Provo soltanto a scrivere e a leggere, non siedo dietro una cattedra. Non ho schemi da seguire. Potrei aggiungere, grazie a dio, ma sono – almeno tendenzialmente – un ateo. Quindi: niente dio. E poi: sono 1,97, sono mancino, ho le spalle di un armadio e non entro nelle giacche. Porto T-shirt nere e lise dai cattivi lavaggi nella scalcinata lavatrice di mia sorella. Ho 10 su 10, ergo: niente occhiali. Tutto sono – e tutto sembro – fuorché un intellettuale. Quando entro in un museo o in una libreria, quelli che dicono di esserlo mi guardano con schifo. Che cazzo vuole questo qui, con le sue braccia tatuate e i capelli a zero, che gira tra gli scaffali e s’inchioda davanti ai fiamminghi, o a Mapplethorpe – straordinaria mostra, quella a Firenze, quest’estate, peccato il costo del catalogo, mi sarebbe piaciuto comprarlo - che cazzo può capirne, come cazzo fa a parlarne. Che cazzo ne sa, questo qui, che non ha la maturità classica né una di quelle lauree con cui non si trova (né si cerca) lavoro, questo qui, che si alza alle quattro e un quarto, e dorme nella motrice e si lava con l’acqua di una bottiglia di plastica, questo qui che non ha il profilo su facebook né naviga in rete, che legge a casaccio quello che gli capita a tiro e vede film di guerra e non gliene frega un cazzo di fare reading né di contare quante volte esce il suo nome su google. Sacrilegio, che si permetta un’opinione e la difenda e se ne sbatta, soprattutto, di come la prenderà il resto del mondo, che sputi sullo status quo e sugli ipse dixit, che non riconosca niente di sacro, a parte Leonard Cohen, Abel Ferrara e Philip Roth.
Nessuno che pensi, per una volta, che ne capisco il cazzo che posso capire, perché sono un essere umano, e ne dico il cazzo che posso pensarne, per la stessa ragione. Quasi che l’arte abbia bisogno di iniziati, proprio l’arte, ché se ha un fine è di raggiungere più gente possibile, non solo chi si avvolge di termini astrusi come di filo spinato per tenere fuori il fragore del mondo, re nudo dentro ai suoi damaschi invisibili. E la poesia, poi, è il sancta santorum: entrarci, io , coi miei anfibi e il mio accento, non può che essere profanazione. Non so né m’interessa sapere se è vero: la penso come Ulisse, si deve andare avanti finché c’è mare. Punto. Ma so che l’ho letto facilmente, questo libro, che è solo versi, e densi come sangue, taglienti per via delle macerie di ricordi che trasportano mentre il vuoto nero risucchia via tutto, tagliandoti via le dita. Questo libro che è diario del proprio fieri doloroso, il dolore del distacco, della perdita, e vaffanculo se raramente le dà un nome. Perché a lui – l’uomo che lo scrive - manca casa, che trasfigura in un presepe scabro ma conosciuto, la scatola di latta dei suoi tesori da bambino, bottoni, pezzi di spago, sì, ma comunque prodromi di un universo possibile che invece è stato una sòla. Partire, andarsene, il Nord freddo e nebbioso, da cui tornare per le feste e i funerali dei parenti : la morte della zia, definitiva come quella della propria infanzia. E poi l’amore, che ha perso o non ha avuto il coraggio di prendersi, lacerato dall’incertezza, deve aver tentennato finchè poteva, e adesso non ha che cenere della fiamma che non ha visto bruciare: quanto è vero, il mio tedesco, zwei e Zweifel, due e dubbio, hanno la stessa radice, inevitabilmente l’amore è ignoto e scelta, tormento, ma solo quando non si è vissuto diventa insopportabile angoscia davvero. E adesso è tardi, adesso ci sono solo i cocci della memoria a farti compagnia, adesso c’è solo il suo sguardo che riesci a ricordare, e finalmente lo capisci che sarebbe stato infinitamente più dolce vivere tutto, e fartene fare a pezzi, anche, chè almeno sarebbe stato vero. Perché, se l’amore non è tendere alla bellezza ma costruirla, giorno dopo giorno (Platone), allora vaffanculo se quando è finito anche tu sei finito, perché c’è stato, c’è stato, cazzo, e qualsiasi prezzo non è stato troppo alto per quello che ti ha lasciato. Mentre non c’è niente di più straziante di non aver avuto il coraggio di provare. Sia lode al dubbio, sì. Ma non quando c’è di mezzo l’amore. Mi ha consolato, la fine, a valle del dolore, della malattia e della morte, la pace verde dei giusti, cui so di non aver diritto, ma pazienza, è bello sapere che ci sarà, per qualcuno. È questo che mi resta, di questo libro, che è tutto una sinestesia sofferta come se davvero vomitato durante il viaggio di una vita e delle sue fermate, in cui l’uomo è malefatto condannato all’imperfezione e ai suoi tormenti, e niente è mai quando e dove doveva essere. Questo, e la dolcezza con cui il suo autore lo consegna al lettore, invitandolo a chiedersi non “cosa avrà voluto dire” coi suoi versi, ma “quanto è disposto ad ascoltare”. Della sua voce, sì. Ma anche, soprattutto, del fragore del mondo.

fonte iconografica da http://www.summagallicana.it/lessico/s/Sirene%20e%20Ulisse%20di%20Herbert%20James%20Draper.jpg

l'opera qui riprodotta è di James Draper

sabato 24 ottobre 2009

Vito Antonio Conte torna sul lavoro di Pierluigi Mele "Da qui tutto è lontano" edito da Lupo Editore

“Da qui tutto è lontano” è il primo romanzo di Pierluigi Mele (Lupo Editore) che, al pari di oltre duemila altri libri è ormai altrove: venduti (!?!) in blocco. Ché così io posso (…) ri-cominciare e loro continuano a... girare. L'ho letto tra la fine di luglio e l'inizio di agosto di quest'estate (lunga nonostante il calendario dica ch'è finita). Il libro si presenta molto bene: ottimo formato, buona carta, gran bella copertina (che segue sul risvolto interno e nell'immaginario di chi la guarda, tant'è mediterranea e evocativa l'immagine e quel che le scorre dietro e intorno), titolo da interpretare (che, comunque, mi fa pensare a lei che -un giorno- m'ha detto: la tua presenza è una continua assenza; le ho risposto che la sua assenza è incancellabile presenza...), quasi nessun refuso; poi, la storia... già, la storia. E la scrittura. Ho letto diverse, positive recensioni su questo romanzo. Sulla storia e sulla scrittura. La storia non mi ha entusiasmato particolarmente, ché si potrebbe, senza scomodare altro, dire che bene s'attaglia a questo romanzo il concetto della ciclicità delle vicende umane, siccome ce l'ha rammentato G. B. Vico. E questa citazione, per me che non le amo più di tanto, è già abbastanza. L'ambientazione narrativa ricorda -per un verso- vicende umane e politiche di estrema nostrana attualità, pur essendo esemplarmente circoscritta intorno al nucleo semi-primigenio di un villaggio salentino di qualche tempo addietro, con personaggi strappati alla fantasia che respirano sicuramente di più e meglio di tanti ciarlatani reali, chè ne puoi vedere sgorgare il sangue intanto che ne apprezzi i sentimenti e ne tocchi la (rara) felicità e il (dilagante) dolore. Quel dolore che l'Autore sembra essersi portato dentro a lungo, prima di riuscire a sputarlo e fermarlo nelle parole che, nessuna a caso, si succedono nella meticolosa descrizione di ogni passaggio da un tacquino (invece che da un capitolo o da qualunque altra cosa) all'altro, come se si trattasse di tante fasi esistenziali di un'intera vita giunta a un punto di non ritorno, uno di quei luoghi in cui non puoi far altro che fermarti, accendere una sigaretta, e poi scegliere se tornare indietro piuttosto che saltare nel vuoto, inventandoti una traiettoria tutta tua, ché nessuna via è più segnata. Ché stare non è più dato. Da diverso angolo visuale, quella medesima ambientazione, restituisce qualcosa di questa Terra che non c'è quasi più: un'antica ignorante e ignorata purezza (il predicato ignorare, siccome l'aggettivo sostantivato purezza sono declinati in senso... puro!). Poi, ci sono incursioni gastronomiche e rituali che si stagliano in paesaggi d'incanto, dove lo stupore è reso dalla magia della torre costiera più bella, ché tale è per le rocce, l'incavo naturale, il mare e il santo che la abitano, e per la flora e la fauna che la circondano dappertutto. Cose già viste. Cose già dette. Cose già scritte. Ma, ha ragione Antonio Errico, non come ce le ha consegnate Mele. La vera novità di questo romanzo è la scrittura: ha un respiro (se si può dire) autonomo e indipendente rispetto alla storia narrata: che (se si può dire) il romanzo sembra quasi un pretesto per dire altre cose: la scrittura, appunto! Una scrittura ch'è di per sé un romanzo. Una storia narrata con gli occhi di regista, con la mente di attore e con le parole di poeta, in quel teatro naturale ch'è quel nostro mare d'oriente, da terra a terra, da cielo a cielo, da respiro a respiro. Così m'è arrivata questa scrittura: l'unica che poteva tradurre un largo spaccato di vita vissuta, ampi strali di sostanza onirica e l'essenza del non-essere in vivide immagini che raccontano marginalità d'altre marginalità. Il due agosto scorso, verso sera, ho incrociato Pierluigi Mele (che si recava alla Liberrima per la prima presentazione del libro), gli ho detto in bocca al lupo, mi ha chiesto cosa ne pensavo, gli ho risposto che m'era piaciuto e che mi aveva lasciato una specie di malinconia, che non sapevo definire altrimenti...
Non lo so neanche adesso.

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Roma per le strade - Vol. II (Azimut libri) a Melbook Store

AZIMUT LIBRI in collaborazione con Melbookstore presenta
in anteprima nazionale "Roma per le strade - Vol. II" a cura di Massimo Maugeri


Racconti di: Dora Albanese, Adelia Battista, Gaja Cenciarelli, Rita Charbonnier, Francesco Costa, Laura Costantini, Loredana Falcone, Mario Desiati, Andrea Di Consoli, Pasquale Esposito, Massimiliano Felli, Gianfranco Franchi, Andrea Frediani, Luca Gabriele, Enrico Gregori, Luigi La Rosa, Silvia Leonardi, Lia Levi, Dacia Maraini, Piera Mattei, Massimo Maugeri, Italo Moscati, Stefania Nardini, Antonio Pascale, Sandra Petrignani, Rosella Postorino, Tea Ranno, Carlo Sirotti, Cinzia Tani, Filippo Tuena.

A cura di Massimo Maugeri “Trenta autori, dai più grandi nomi della letteratura italiana contemporanea ai giovani esordienti, insieme per un progetto benefico”. I proventi degli autori, dei curatori, degli agenti, e dell’editore saranno devoluti
al reparto pediatrico del Policlinico “Umberto I” di Roma

29 OTTOBRE 2009, ore 18 presso Libreria Melbookstore, via Nazionale, 254 - Roma
Presentano Adriana Merola e Massimiliano Felli. Partecipano il Curatore e gli Autori

ESCE IL NUOVO SINGOLO DI TREBLE DAL TITOLO “IL SUTRA DEL CUORE PT 1”



















Treble – lu professore, non ha bisogno di nessuna presentazione. Chi non conosce uno storico membro fondatore del sud sound system e grande artista sulla scena reggae? Oggi ci propone questo nuovo lavoro, “il sutra nel cuore pt 1”. Un brano basato essenzialmente sulla filosofia buddista e su tutti i suoi insegnamenti per gli uomini. Un cammino che porta l’uomo a se stesso, verso la parte più vera della propria vita, una purificazione del suo essere. Questo è ciò che Treble ci racconta nel brano utilizzando proprio la musica, perché è il linguaggio più naturale che riesce a superare qualsiasi ostacolo e qualunque differenza linguistica, solo lei riesce a dare chiari insegnamenti che arrivano proprio dritti nei nostri cuori. Il singolo anticipa l’uscita dell’intero album, previsto per dicembre. A realizzare le musiche del brano è un gruppo salentino, Insintesi, con l’intento di fondere le sonorità urbane del dub con le melodie del ragga salentino e della musica etnica mediterranea.

Il brano è scaricabile gratuitamente ciccando in uno dei link sottostanti.

www.myspace.com/trebleluprofessore
www.myspace.com/insintesi
www.myspace.com/eliantorecords


Info: treblestudio@libero.it

venerdì 23 ottobre 2009

La Lupo Editore sarà presente a MediaExpo a Crema e al Festival dell’editoria indipendente a Catania

Il 5-6-7 novembre il Lupo vagherà per l’Italia, da Nord a Sud, e sarà presente a Crema a MediaExpo e a Catania al Festival dell’editoria indipendente a Catania.
MediaExpo a Crema - La manifestazione si rivolge alla didattica a 360°, pur riconfermando la sua originale vocazione per le tecnologie e le scienze. Quest’anno la fiera si apre per la prima volta a un’area dedicata alla letteratura per i bambini ed i ragazzi, in cui la Microeditoria italiana di particolare interesse incontra scolaresche con animazioni, momenti narrativi, presentazioni e incontri con gli oratori.
DeScritto a Catania - Per il primo anno si terrà a Catania il festival dell’editoria indimendente. “La Cultura è Futuro”: questo lo slogan a voce alta di un festival che nasce come risposta vitale al contesto e che cerca di creare sinergie tra editori, tipografie, autori, lettori all’insegna dell’indipendenza.

Riportando tutto a casa di Nicola Lagioia (Einaudi)

Dopo lo splendido“Occidente per principianti”, “Riportando tutto a casa”, è il terzo romanzo di Nicola Lagioia, il secondo pubblicato da Einaudi. Libro che stravolge ogni tipologia di stereotipo, raccontando in maniera alternativa cose che perché così vicine al nostro modo di pensare e di vivere ritenevamo di conoscere fin troppo bene. Non so se si possa definire un romanzo arrabbiato, di certo non è nemmeno un romanzo di formazione, e in tutta sincerità posso dire che la scrittura di Lagioia ha raggiunto una maturità tale da far provare al lettore uno spettro ampissimo di emozioni, tanto profondo è lo scandaglio dei contesti, e la precisione chirurgica con cui l’autore disseziona l’animo dei protagonisti, lavorando a carne scoperta sui loro umori e rivelandone tensioni e paranoie. Una lingua quello dello scrittore barese che vive di vita propria, si contorce, si deforma per raccontarci come il destino di alcuni precipita verso il niente, quel niente che ha rappresentato gran parte di quella nostra quotidianità proprio negli anni in cui la storia si sviluppa. Fondamentalmente si parla di amicizia, di conflitti generazionali, di un’impossibilità comunicativa abissale e tumorale che dilaga in famiglie sempre più instupidite da sogni spettacolari da tubo catodico, alla spasmodica ricerca del successo personale, in un Italia ammaliata dal fascino reaganiano, dallo star system di una Hollywood sempre più incline ad essere portavoce delle industrie militari ( Rambo docet!) e della morale da squali del “self made man” come in Wall Street con il mitico Michael Douglas. Potere e Spettacolo, gli unici imperativi categorici che hanno alimentato meschinamente l’immaginario di una generazione. Come la mia, quella dei Mazinga Z, di Happy Days, Drive In e Sabrina Salerno! La vicenda è ambientata nella Bari della seconda metà degli anni ’80. Una delle capitali del boom economico di una nazione, la nostra, oramai in quel periodo, considerata la sesta potenza a livello mondiale. La Bari insomma di Palazzo Mincuzzi, del Bar Esperia e le serate al Cellar. La voce narrante è quella del figlio unico di una famiglia che ha cambiato il suo status socio-economico grazie ai salotti bene che il padre (ex venditore porta a porta) riesce a gestirsi con grande appetito; un benessere che ha trasformato la madre in una dipendente cronica da carta di credito e che ha disintegrato qualsiasi vincolo del nucleo familiare stesso. Gli altri protagonisti sono il grassoccio Giuseppe, figlio di un elettricista diventato ricchissimo e sempre pieno di soldi, e Vincenzo figlio di un avvocato, tenebroso e sicuro già di un destino da deriva. I fatti sono raccontati un ventennio dopo, con un intreccio che non “scapella” di una virgola. E questo lo rende già un piccolo grande capolavoro! Imperdibile.

giovedì 22 ottobre 2009

In libreria l'ultimo lavoro di Tinta dal titolo "L'Eros, tanti colori una sola tinta" (Wip edizioni)

Si riconosce subito l’erotismo femminile. Si differenzia fin dalle prime battute da quello maschile. Perché se uno scrittore quando decide di parlare di erotismo corre sempre sul filo della caduta nel resoconto asettico di atti sessuali e di desideri più o meno trasgressivi, le donne invece hanno il dono di usare quelle stesse parole per aprire interi universi. Universi nei quali il sesso certamente gioca un ruolo importante, ma senza mai peccare di autoreferenzialità.
Ed è proprio questo che accade in questi brevi racconti di Tinta, autrice che per prima ha avuto il coraggio di raccontare il sesso e di renderlo trasgressivo in una regione di solito più proude, qual è la Puglia. Il lettore più attento, confrontandosi con questi racconti, saprà andare oltre il sesso, che pure è ben presente e raccontato come è, per comprendere qualcosa di più dell’animo femminile.
Le donne di L’eros amano il sesso. E certamente, come ci viene mostrato, lo praticano e lo apprezzano nelle sue infinite varianti e possibilità. Ma, da donne, vorrebbero anche altro. Vorrebbero incontrare chi sa valorizzare non solo l’aspetto facile di una relazione, ma anche il lato psicologico, quello meno utilizzato e, proprio per questo, più trasgressivo. Vorrebbero giocare con le possibilità della mente, infinitamente più varie delle combinazioni dei corpi.
E gli uomini, di fronte a tutto questo? Gli uomini, in L’eros, di fronte a questa richiesta femminile, come anche nella vita, si ritraggono impauriti. Hanno fretta, non si sa di cosa, comunque ritengono il “contorno” una inutile perdita di tempo. Salvo poi capire, ma purtroppo in un altro luogo, in un’altra vita, che con un po’ più di coraggio anche il sesso si colorerebbe di tinte nuove. Magari proprio quelle citate e utilizzate da Tinta nei suoi racconti.
Invece no. Ancora una volta gli uomini fuggono. Lasciando tesori inutilizzati e le loro compagne, amanti, amiche da sole. Alle prese con quella solitudine che oggi più che mai sembra caratterizzare la femminilità.

Antonio Turi - Giornalista
(dalla prefazione al volume su concessione dell'autrice)

Subliminal Manifestation: Zero Limits by Joe Vitale

Subliminal Manifestation: Zero Limits
Subliminal Manifestation: Zero Limits
SubliminalManifestation.com

Most of us know what we want. We want the new house, a better car, peace in our relationships, maybe even a new relationship. Most of the time, our desires are not all that grand. We just want a little more to give us more peace and less stress in our lives. The trouble is, we're operating from a belief system that can only see what it knows. The new house in our minds is probably only a little bigger than what we have now. The new car may only be a slightly better model than what we have now. But what does the Divine want for us? Are we inherently limited in what we can manifest from our conscious minds... simply because our conscious minds can't see much more than the immediate world around us? Fortunately, yes. Yes, fortunately so. No matter how much you consciously attempt to manifest a better life, you're limited by your own beliefs, emotions, and world view. Fortunately, the Divine has ZERO limits. The Divine is brimming with love, abundance, happiness, and joy... and it is simply waiting for you to open to its possibility. All you have to do is get out of the way of the Divine gifts for you. These gifts are your birthright... your birthright as a Child of the Divine. This state-of-the-art Subliminal Manifestation DVD can help you clear your negative beliefs and emotions so that you can get back to that Zero State... the place where Divine manifestation has bigger and brighter dreams for you than you could ever devise on your own. This is the only DVD containing information and trance from Dr. Ihaleakala Hew Len, Dr. Joe Vitale, and Mark J. Ryan... and this DVD was specifically designed to engage both your conscious and unconscious mind in getting clear.
Subliminal Manifestation: Zero Limits uses the ancient Hawaiian healing methodology called ho'oponopono, the methodology that Dr. Hew Len used to heal an entire ward of criminally insane patients in the Hawaiian Correctional System. This amazing ancient methodology is so simple... yet so profound... in how it helps you gain greater understanding of how you -- and the Divine - co-create your reality. And Dr. Hew Len, Dr. Vitale, and Mr. Ryan help you learn how to open to a greater manifestation of abundance, healing, and happiness in your life experience.

This DVD contains nearly 3 hours of video!

* Short introduction on how to use the DVD
* 45 minutes of the Highlights of Zero Limits Three with Dr. Ihaleakala Hew Len
* Over 30 minutes of Dr. Joe Vitale talking about Zero Limits shortly after visiting Macchu Picchu in Peru
* Inner Child Meditation
* Subliminal Hypnotic Cleansing Immersion
* Five Minute Super Cleaning Video

L’inappartenenza di Marco Rovelli (Transeuropa). A giorni in libreria

L’inappartenenza (libro + cd libertAria) di Marco Rovelli è la prima uscita della nuova collana di Transeuropa, Inaudita, dedicata alla poesia e alla musica indipendente. L’inappartenenza è il secondo libro di poesie di Marco Rovelli, dopo Corpo esposto, del quale è stata apprezzata da un filosofo come Jean-Luc Nancy «la forza della scrittura». Dopo cinque anni, in cui Rovelli ha raccontato il mondo dei migranti, delle morti sul lavoro e del lavoro nero in Italia, questa ricerca torna a esprimersi con i versi e il canto della poesia. Il CD musicale che accompagna il libro di poesia, Marco Rovelli e libertAria, rappresenta il momento in cui il suo percorso di musicista confluisce con la sua esperienza di scrittore. E nel percorso sono implicati a vario titolo – come co-autori dei testi delle canzoni – una serie di amici scrittori: Wu Ming 2, Erri De Luca, Francesco Forlani, Maurizio Maggiani, Roberto Saviano. Insieme alla partecipazione di altrettanto straordinari musicisti come Yo Yo Mundi e Daniele Sepe.

Marco Rovelli (Massa, 1969) è uno scrittore e musicista italiano. Nel 2004 ha pubblicato il suo primo libro di poesie, Corpo esposto (Memoranda). Dal 2006 al 2009 ha pubblicato una serie di “reportage narrativi”: Lager italiani (Bur, 2006), Lavorare uccide (Bur, 2008), Servi (Feltrinelli, 2009). Nel 2009 ha pubblicato anche, per Transeuropa, Con il nome di mio figlio. Dialoghi con Haidi Giuliani. Come musicista, fino al 2006 ha fatto parte del gruppo Les Anarchistes (vincitore del premio Ciampi 2002 per il miglior album d’esordio), poi ha intrapreso un percorso come solista che è culminato nel progetto libertAria.

L’inappartenenza di Marco Rovelli. In allegato il cd musicale Marco Rovelli e libertAria. ISBN: 9788875800642, pp. 40. Prezzo complessivo (libro + cd): 15,00 €

mercoledì 21 ottobre 2009

Anteprima: Furia Divina di José Rodrigues dos Santos (Cavallo di ferro editore)

L’intercettazione di un messaggio segreto di al-Qaeda fa scattare l’allarme a Washington. Lo storico e crittografo portoghese Tomás Noronha si riunisce a Venezia con gli agenti della CIA e viene messo davanti a uno strano enigma. Ahmed è un ragazzo egiziano al quale il mullah Saad insegna nella moschea il carattere pacifico e indulgente dell’Islam. Ma durante le lezioni nella madrassa appare un nuovo professore che proporrà un Islam ben diverso, aggressivo e intollerante. Il mullah e il nuovo professore si contenderanno Ahmed e il ragazzo farà una scelta carica di profonde conseguenze. Attraverso le storie incrociate di Tomás, proiettato sullo scenario del terrorismo internazionale, e di Ahmed, trasportato nel cuore dell’Islam, il lettore si imbarcherà in un viaggio spaventoso che lo porterà dalle Azzorre alla Russia, dall’Egitto al Pakistan, dall’Afghanistan all’Armenia, in un’avventura che culminerà di fronte al più grande incubo del nostro tempo: E se Al-Qaeda avesse la bomba atomica? José Rodrigues dos Santos, basandosi su informazioni vere, con quest’opera si conferma come il maestro dei grandi temi contemporanei. «Furia Divina» è il romanzo che finalmente ci spiega i pericoli che il mondo corre nei difficili tempi che ci aspettano. Questo romanzo è stato rivisto da un ex terrorista di al-Qaeda

ESCE "BLA BLA" DEI BARACCA SOUND



















Si chiama "Bla Bla" il nuovo cd del sound system romano, Baracca Sound. La crew è già molto conosciuta in Italia e soprattutto dalla massive romana in quanto vanta più di dieci anni di vita tra concerti, festival e produzioni discografiche che hanno portato ad una crescita sostanziale. Nel 1997 avviene la prima formazione e la nascita di un sound quasi interamente autocostruito fino ad oggi con la nuova formazione, dove si sono aggiunti Pavese, Jimbo ed Enzino e si presentano con il loro quarto album. E' il primo lavoro a contenere dodici tracce in tutto di puro raggamuffin romano. A dare un ottimo contributo ci sono Natty Valerio e Rasta Blanco (radici nel cemento). Un lavoro autoprodotto e registrato nel baracca's studio e con il quale hanno dimostrato di aver raggiunto una grande qualità musicale.

DISCOGRAFIA:
Anteprima Baracca - 2000; Meraviglia - 2001; Come Bambini - 2008; Bla Bla - 2009

1.Intro a babylon
2.Bla bla
3.Cucina casareccia
4.Mantanavai (mai)
5.Da lavorà
6.L'investigator
7.Ghetto pawa
8.Raggamuffin
9.Mi promote marjuana
10.Romanamour
11.Atollo
12.Sing a song


Il cd è acquistabile al costo di cinque euro o in download gratuito, in quanto l'album è registrato in copyleft. Per scaricarlo gratuitamente cliccare su uno dei seguenti link: www.myspace.com/baraccasound - www.baraccasound.it

Sotto padrone? Mai più! Intervista a Marco Philopat di Simone Rollo

È il simbolo della controcultura italiana degli ultimi trent’anni. Tra i primi punk in Italia è stato uno dei fondatori del Virus, mitico centro sociale. Anni cruciali per la scena underground italiana, raccontati da Marco Philopat in Costretti a sanguinare pubblicato nel 1997. Libro che inizia una trilogia che prosegue con La Banda Bellini nel 2002 e si chiude con i Viaggi di Mel nel 2004. Nel 2006 esce Punx - creatività e rabbia, un dvd/libro che tratta della scena punk in Italia. Sempre nel 2006 pubblica per Agenzia X Lumi di punk, la scena italiana raccontata dai protagonisti. Nel 2008 esce Roma KO (Agenzia X) scritto insieme al Duka, che intreccia fiction e realtà ripercorrendo trent’anni di underground romano, dagli anni settanta al G8 di Genova 2001. Agitatore e animatore della scena “indipendente” italiana (anche se la parola non gli piace, ndr) Marco Philopat è oggi nel gruppo di Agenzia X, casa editrice che unisce cultura “alta” e cultura di “strada”. Uno dei più grandi conoscitori di tutto quello che si muove all’ombra, delle culture “altre”, un personaggio fuori dagli schemi capace di offrirci una prospettiva nuova sulla nostra storia e il nostro presente.

Indie sta a significare che l’essere indipendenti sia il motivo per cui siamo su questo pianeta. Che cos’è oggi, secondo te, essere indipendenti e che senso aveva 20, 30 anni fa?

Diciamo che la parola indipendente non mi è mai piaciuta molto, indipendenti da che cosa? È un po’ riduttivo. Per quel che mi riguarda essere indipendenti vuol dire non esssere sotto un padrone. Sono convinto che il fatto di essere indipendenti, autonomi, nel caso della mia gioventù da militante nella scena punk, delle autoproduzioni, coincide con il do it yourself. Quello che ci permetteva di fare una rivista, un disco, facendo tutto da noi, senza dover andare a bottega da nessuno, senza dover dipendere dal più infinitesimale dente dell’ingranaggio della produzione culturale che c’era. Chi faceva il do it yourself ai tempi del punk faceva di tutto: era musicista, pubblicista, promotore, grafico, rilegatore, venditore e distributore del proprio prodotto. Aveva a disposizione, se pur con numeri limitatissimi tutto quanto era necessario per il meccanismo della produzione e, bene o male, avendo un’ idea, una visione complessiva del processo di produzione culturale imparava in fretta i modi i punti in cui si vendeva meglio.

Essere lontani dal mercato, a volte, è una scelta, quale messaggio “politico” si riferisce a questa scelta?

In questo senso io credo che, per la situazione del mercato oggi, e lo dico soprattutto per i giovani che si affacciano nel mondo del lavoro così frastagliato e devastato, così privo di umanità in cui la competizione è tutto, può essere una scelta. Magari uno fa uno stage per imparare una piccola parte del proprio lavoro sottoposto a ritmi allucinanti in cui predomina l’arrivismo, la competizione, lo sgomitare contro i propri simili.
Con il do it yourself invece collabori con le altre persone, non c’è questo clima di competizione che c’è adesso. Una volta c’era il praticantato, l’inserimento nel mondo del lavoro tramite i corsi di formazione che al tempo funzionavano. Poi con l’avvento del post fordismo questo è decaduto completamente. Diciamo che il do it yourself e anche l’essere indipendente aiuta molto i giovani per la scelta del loro ruolo nel mercato del lavoro. Poi per quanto riguarda la scelta di essere indipendenti, è sicuramente una scelta che ha dei costi.

Le controculture hanno bisogno di essere documentate, di diventare testimonianza, forse in questo senso l’essere indipendenti è in qualche modo un’esigenza, cosa ne pensi?

Si, perché l’ambiente contro culturale, quello underground è proprio uno stile di vita, che non prevede, tra l’altro, meccanismi gerarchici. Tutto ciò che è dipendente vuol dire dipendenza soprattutto da questi meccanismi: capo, sotto capo, capoufficio e quant’altro. Quindi la cultura underground rifiuta gli schemi gerarchici, figurati stare dentro una grande azienda. Non esiste la possibilità di dividersi in due lavorando da una parte per un padrone e dall’altra per te stesso, perché le pratiche contro culturali dell’underground non prevedono la separatezza tra questo mondo e quell’altro mondo, non siamo divisi in cassetti (questa è la mia professione, questo è il mio hobby, questa è la mia convinzione politica)… si vive alla luce del giorno… o meglio, nel buio dell’underground ci si riconosce in una maniera orizzontale. Non esiste una proposta culturale all’interno di grandi corporations o addirittura aziende che pretendono di essere capostipite di qualcosa. Per quanto mi riguarda non riesco a concepire, questo è un mio grosso problema, di stampare i miei nuovi libri in una casa editrice, preferisco ancora lavorare nel mio piccolo laboratorio dove la resa, anche dal punto di vista economico, è inferiore ma la qualità migliore di dieci volte. Questa scelta ha però dei costi, a cui facevo riferimento prima, che equivalgono a una mancanza di organizzazione, interminabili riunioni dove si tenta di trovare una via comune perché si lavora in equipe e quindi un libro rischia di uscire con quattro, cinque mesi di ritardo. È un principio di crescita, una scelta di vita anche dura però, per quella che è stata la mia vita, non riuscirei a fare altro.

Musica e scrittura, il punk cosa significa oggi?

Il punk… Quando ho cominciato a scrivere Costretti a sanguinare, nei primi anni ’90, l’avevo scritto soprattutto perché mi sembrava che l’esperienza del punk, del Virus (storico centro sociale milanese) a cui avevo partecipato quando ero giovane, erano cose che stavano andando perdute. Agli inizio degli anni ’90, con la caduta del muro di Berlino, il punk sapeva di muffa, allora mi è sembrato giusto scriverne per dare memoria storica di quello che avevo vissuto. Però, allo stesso tempo, proprio quando ho cominciato a scrivere il libro è scoppiata la guerra, prima in Slovenia, poi in Croazia, il mondo non era più tanto pacificato e quindi le nuove generazioni hanno trovato nel punk ancora un preciso riferimento per contestare, per opporsi alla logica della guerra e di un sistema che stava diventando peggio del precedente. Un sistema che si è rivelato man mano sempre più pazzesco. Pensa che quando è uscito, nel ’97, Costretti a sanguinare ha iniziato ad andare subito bene “inaspettatamente” e avevamo stampato solo 1000 copie. Poi è scoppiata la guerra anche in Serbia con il bombardamento di Belgrado nel ’99 e anche qui le nuove generazioni hanno trovato nel punk nuova linfa vitale per poter ribellarsi alle proprie condizioni di vita partendo dalla condizione della guerra in senso stretto. Negli anni 2000 poi la situazione è ulteriormente peggiorata e quindi i gruppi punk, che agli inizi degli anni ’80 erano cinque o sei a Milano, sono esplosi. C’è stato un grandissimo proliferare di band e di riviste agli inizi degli anni zero, non solo a Milano ma in tutte le città italiane e le provincie. È un fenomeno europeo e più in generale occidentale. Di conseguenza sono andato a rivedere perché il punk non morisse e ancora qui nella filosofia Do it yourself ho trovato una risposta. I ragazzi che oggi escono dalle scuole, magari da istituti professionali di quartieri popolari o zone depresse italiane, si buttano nel mondo del lavoro e lo vedono organizzato in maniera assolutamente assurda… beh forse gli conviene mettere su una band oppure una piccola redazione di una rivista ed entrare in meccanismi di collaborazione reciproca. Do it your self è quindi una chiave di volta importante che ha portato il punk a resistere così tanto nel tempo.

Ancora, la tua attività editoriale come scrittore e non solo è un percorso unico in Italia. Ci racconti l’esperienza di Agenzia X?

A noi piace chiamarlo un laboratorio di scrittura, che lavora in stretto contatto con gli autori. Tutti gli autori dei nostri libri sono qui a lavorare con noi per la realizzazione dei vari volumi. Abbiamo un rapporto di amicizia reale, vero e anche tutta la parte che riguarda le presentazioni e la promozione in genere la portiamo avanti insieme. X è una sorta di crocevia di una serie di personaggi che individuano nelle idee per la condivisone dei saperi il terreno comune. Condivisione di saperi che significa mischiare i saperi alti, elevati, quelli dell’accademia a quelli della cultura del ghetto, la gente che arriva dalla strada, l’urgenza di scrivere, di esprimersi attraverso la carta stampata… una scrittura che noi abbiamo definito “teppista”. In realtà quasi tutti i nostri libri sono indirizzati sul rapporto tra fonti orali e una trasposizione storica in chiave narrativa, nel senso che molti nostri libri partono proprio da registrazioni orali di persone che sanno raccontare bene. Noi mettiamo insieme queste storie, le elaboriamo e cerchiamo di metterle in forma narrativa come una sorta di racconto che ha un inizio, uno svolgimento e una fine. Questo per far si che la memoria, la memoria storica del nostro presente sia una sorta di veicolo in movimento verso una migliore comprensione di ciò che ci circonda e di quello che può essere un orizzonte futuro. Abbiamo anche una collana dedicata al cinema, una che si occupa di odio e opposizioni e anche alcune riviste e saggi che esplorano dal punto di vista storico e sociologico.

Quali sono, secondo te, le realtà indipendenti italiane più interessanti?

Mi piacciono le case editrici che lavorano su un limitato campo di azione. Mi piace Derive e Approdi, una casa editrice che lavora tanto su un immaginario che è nato durante gli anni ’70 e che in qualche modo dà strumenti di lettura per un possibile rapporto tra letteratura e impegno politico. Sensibili alle foglie è un’altra casa editrice che mi piace seguire. Ci sono cose interessanti anche dal punto di vista musicale e teatrale. Vorrei citare il sito carmillaonline: un progetto collettivo in cui c’è dentro tanta gente. È portato avanti dal fondatore Valerio Evangelisti ed è l’esempio di un sito che ha più di un milione di contatti, che ha creato un dibattito forte e si è creato anche una forte identità attraverso tutti quelli che vi partecipano.

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martedì 20 ottobre 2009

Paolo Pastori all'Università del Salento

Venerdì 23 OTTOBRE, alle ore 17,00 presso il Salone Chirico dell'ex Convento degli Olivetani (Università degli Studi del Salento) a Lecce in via Vito Carluccio, avrà luogo la presentazione del volume di PAOLO PASTORI, Alla ricerca di un ordine nuovo. Napoli e Palermo fra antico regime, rivoluzione e restaurazione (Firenze, Poligrafico fiorentino, 2008). Interverranno i proff. Roberto Martucci e Mario Proto. Paolo Pastori, nato a Firenze il 14 maggio 1937, si laurea presso la Facoltà di Scienze politiche Cesare Alfieri di Firenze. A seguito di pubblico concorso viene ascritto al ruolo della carriera direttiva presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze nel settembre 1969. Nel 1970-72 consegue il diploma della Scuola di diplomatica ed archivistica presso l’Archivio di Stato di Firenze. Nel 1982 nell’Ordine dei Giornalisti. Nel 1983 è chiamato a far parte del comitato scientifico dei Cahiers Georges Sorel di Parigi. Le sue principali linee di ricerca: tematiche inerenti la questione sociale, a partire dal pensiero socialista di Sorel e Proudhon; il tradizionalismo (J. de Maistre, L. de Bonald, P. S. Ballanche, F. Lamennais, G. Ventura, V. Gioberti, A. Rosmini), il conservatorismo liberale (E. Burke); la progettualità costituzionale della rivoluzione napoletana del 1799; il problema delle Insorgenze anti-francesi (1796-99); la ricerca di un ordine nuovo liberal-democratico nell’Europa degli anni 1796-1821.

Bambini di Beslan di Vannetta Cavallotti


















Tra l'1 e il 3 settembre 2004 a Beslan, repubblica autonoma dell'Ossezia del Nord (Federazione Russa), 32 ribelli fondamentalisti islamici e separatisti ceceni occupò un edificio scolastico sequestrando circa 1200 persone non facndo distinzione tra adulti e bambini. Tre giorni dopo, quando le forze speciali russe fecero irruzione, ci fu un vero e proprio massacro che portò alla morte di centinaia di persone, fra le quali 186 bambini, e fece oltre 700 feriti. L'eco di questa tragedia è stata rivissuta attraverso la mostra Vannetta Cavallotti. Bambini di Beslan, realizzata con il patrocinio della Provincia di Milano, Milano Metropoli Agenzia di Sviluppo e l'Associazione Amici di Critica. La mostra ha raccolto le "sculture visionarie" dell'artista Vannetta Cavallotti e le brevi poesie dedicate a questa tragedia da 17 poeti italiani, tra cui Guido Oldani, Luciano Erba, Maurizio Cucchi e Arturo Schwarz.
La mostra è rimasta a disposizione del pubblico dall'8 settembre all'8 ottobre 2009, è mi è sembrato doveroso darne una segnalazione, anche per la gentilezza di avermi inviato il bellissimo volume dedicato alla manifestazione. Si tratta di un lavoro di non sottrazione e di responsabilità intellettuale che porta avanti Vannetta Cavallotti che da anni dedica i suoi lavori ad una latitudine dell'arte come fenomenologia della liberazione umana. Ed ecco che nasce questo forte invito alla riflessione, a 4 anni di distanza da una delle più 'crudeli stragi' degli ultimi anni. Un invito a non dimenticare,quella vera e propria “strage degli innocenti”.
Dal volume dell'appuntamento riportiamo i versi di Guido Oldani a pag. 37:

Faville

e i bimbi con i riccioloni biondi
è solo nella mente quest'icona;
orchestra che prorompe ma non suona

I SIGNORI DI THULE Segreti e misteri del nazionalsocialismo (Edizioni Il Punto d'Incontro) di Bucciarelli Fabrizio

Le conquiste territoriali, la dottrina razziale, lo sterminio di popoli cosiddetti "inferiori": ecco ciò che la storiografia ufficiale ci dice su quel buco nero della vicenda umana definito nazionalsocialismo. Cionondimeno, tutto questo non rappresentava il fine, bensì nel mezzo per giungere a una mutazione rivoluzionaria a livello mondiale. Per i nazisti esisteva un mondo che la scienza e le chiese negavano, quello di sacerdoti e medium in contatto con antichi dei legati ai fatti della mitologia nordica, per conquistare il dominio del mondo. Per risvegliare i miti, questi sacerdoti della croce uncinata avrebbero dovuto far scorrere fiumi di sangue, alla stregua degli antichi sacrifici...
Tra i numerosi testi dedicati al tema ancora attuale dell'avvento e della presa di potere da parte del nazionalsocialismo, alla sua parabola pseudopolitica e al suo dissolvimento, pochi studiosi e ricercatori hanno analizzato gli aspetti più nascosti ed esoterici del fenomeno per arrivare a penetrarne i segreti. Dopo anni di ricerche e sulla base di testimonianze raccolte dagli ultimi protagonisti viventi del regime, un noto giornalista che collabora con le principali testate del settore militare e dell'intelligence esamina l'essenza magica, le basi luciferine, i rituali e l'ideologia che costituirono il vero centro pulsante del nazismo, quel nucleo di maghi e di medium che furono Hitler e la Società Thule.
Visioni demoniache, riti raccapriccianti, missioni in Tibet e in Africa, la ricerca del Graal e dell'Arca dell'Alleanza, il terribile progetto dello sterminio delle "razze inferiori" come paravento per la terribile possibilità di modificare la vita sul nostro pianeta e di riportarlo al culto degli Antichi Dei... L'avvento dell'Homo Superior non era solo il sogno allucinante di un folle, ma anche l'ideale di una serie di personaggi e di gruppi, tra cui le famigerate SS. Quest'ideale sarebbe degenerato, nel pensiero di un popolo, in un tentativo di modificare la storia. Un epilogo possibile e diverso dal bunker di Berlino e dal supposto Crepuscolo degli Dei ci viene offerto in un saggio rivoluzionario e devastante, che riapre le porte di quel mondo oscuro.

Fabrizio Bucciarelli lavora da molti anni come giornalista per quotidiani e riviste specializzate, operando nei settori di carattere storico, militare e di intelligence. Esperto di esoterismo, religioni e filosofie orientali, membro ricercatore dell'Istituto Affari Internazionali, del Centro Studi Difesa e Sicurezza, del Centro Alti Studi contro il Terrorismo e la Violenza Politica, Bucciarelli fa parte delle Forze Armate della Riserva (UNUCI/CIOR) e ha al suo attivo numerose consulenze giornalistiche e pubblicazioni.

Segreti e misteri del nazionalsocialismo
ISBN: 8880935127

Prezzo € 12,90


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Il mistero della ‘Sindone’ della Cripta di Ortelle. Raffaele Polo sul lavoro di Sergio Ortese edito da Lupo Editore

Anche nella nostra realtà di ‘subregione’ culturale ed artistica vi sono momenti di solleticante interesse e di studio con proposte risolutive che lasciano un pizzico di mistero nella loro proposizione. L’uscita del bel volume a cura del professor Sergio Ortese e pubblicato da Lupo col patrocinio del Comune di Ortelle, di Provincia e Regione, nonché dell’Università del Salento e del Centro Studi sulla Civiltà Artistica dell’Italia Meridionale ‘Giovanni Previtali’ ci ripropone uno di questi interrogativi, collocato nella restaurata Cripta di Santa Maria della Grotta di Ortelle. Nonostante la scarsa conoscenza che si ha, nel tempo, per questo importante monumento che risale al XV secolo e che è ricco di dipinti interni, riportati alla luce con un ottimo lavoro di restauro (documentato nel volume), l’attenzione degli addetti al settore ma anche dei semplici curiosi è legata all’affresco di straordinaria complessità e suggestione iconografica, denominato ‘Trinità con angeli e santi’. La curiosità è indubbiamente sollecitata dall’originale, unica tematica che viene affrontata in questo dipinto religioso: si vedono, infatti, due figure femminili che reggono ed esibiscono un drappo, sul quale vi sono tre scene della Passione di Cristo. Su questo originalissimo dipinto già ipotizzarono i professori Fonseca e Giovanni Giangreco che ventila l’idea di una ostensione di Sindone.
Ed è proprio questo l’aspetto che colpisce nell’affresco, assieme alla dovizia di particolari: l’idea di una raffigurazione da ricollegare al famoso lenzuolo gelosamente custodito a Torino e comunque simbolico di una tradizione pittorica rarissima se non addirittura inesistente nelle chiese della nostra realtà culturale.
E questo libro, accompagnando il testo con una grande ed accurata scelta fotografica, propone l’idea che proprio di Sindone non si tratti.
“…sono sempre meno persuaso che si tratti di un semplice ‘drappo da parata di tradizione adriatica’, come pure in passato avevo supposto, men che meno che si possa parlare di una Sindone, la quale presupporrebbe la sola e unica presenza del Volto Santo. Con tutta probabilità, è invece da chiamare in causa un velo quaresimale, vale a dire un sottile drappo di lino utilizzato per nascondere l’altare maggiore…” scrive tra l’altro Ortese. Soffermandosi poi ad una accurata interpretazione e descrizione della simbologia riaffiorata dal dipinto dopo i lavori di restauro. Altri interessanti aspetti relativi alla cripta di Ortelle vengono affrontati da Giuseppe Maria Costantini (Il restauro delle superfici decorate. Consuntivo della prima fase d’intervento), Marco Leo Imperiale (I saggi di scavo archeologico), Elisabeth Dipierro (Apparati). Questo bel libro è il capofila della collana ‘De là da mar’, diretta dallo stesso Ortese, che si propone di ‘guardare con occhi nuovi, dove ancora non s’è guardato’. Obiettivo pienamente raggiunto, con gli argomenti dedicati alla Cripta di Santa Maria della Grotta.

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lunedì 19 ottobre 2009

L'ultimo chef cinese di Nicole Mones (Neri Pozza)

Il ventunesimo secolo, mostra una Cina emergente da decenni di guerra e rivoluzioni, pronta ormai per il grande salto nel mondo della competizione economica al pari delle altre grandi potenze, anche se difficilmente riesce a scrollarsi di dosso un passato troppo ingombrante che trasforma un Paese ricco di fascino, in un crogiolo ricchissimo di contraddizioni e zone d’ombra. Aspetti che però tendono a essere ingentiliti e sublimati, resi fascinosi e seducenti, proprio attraverso la bravura stilistica e la sapienza scritturale di un’autrice che si nutre di atmosfere, odori, colori suoni, sapori che giungono dal lontano Oriente. Ma partiamo dalle vicende contenute nel libro di cui parleremo a breve! Maggie, la protagonista dell’ultimo lavoro di Nicole Mones dal titolo “L’ultimo chef cinese” (Neri Pozza), lavora per una rivista gastronomica ed è giunta da poco a Pechino, davanti alla casa dello chef che ha deciso di intervistare. Tipica casa cinese in stile antico ovvero bassa, portone color rosso in legno massiccio. La vita di Maggie è stata sconvolta dalla recente telefonata di Carey, ex collaboratore del marito Matt, che le comunica di un’istanza depositata presso il tribunale della capitale cinese dove una donna sostiene che Matt è il padre della sua bambina. La protagonista ha deciso di prendere il primo volo per Pechino per far luce sulla questione. Una volta in terra cinese, per non essere schiacciata dall'estenuante attesa del test di paternità, decide di offrire ai lettori del periodico per cui lavora, un servizio su Sam Liang, giovane chef emergente cino/americano. Quando Maggie bussa al portone di casa Liang, si trova dinanzi un giovane affascinante, dagli zigomi pronunciati e dai capelli neri e lisci. Ma ciò che la incanta da subito è il regno di quell'antica casa: una cucina organizzata in modo meraviglioso. Questa è la storia in poche righe di un romanzo la cui narrazione non risulta mai banale, e dove ogni dialogo riempie il cuore del lettore di dolcezza e sensualità. Non sono certo un esperto di letteratura gastronomica, ma per certo posso asserire che il libro fa immergere totalmente chi lo legge nella magica atmosfera della tradizione culinaria cinese, filosofia di vita certo, ma simbolo fondamentalmente di condivisione se si pensa al momento in cui in Cina i commensali mangiano assieme passandosi con gesti lenti ed eleganti le pietanze.

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