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giovedì 9 dicembre 2010

Il libro del giorno: Il cerchio e l'ellisse di Placido Cherchi (AISARA)



















Quando De Martino cominciò a ritrattare le tesi più ardite del Mondo magico, furono in molti a pensare che il ritorno all’ovile dell’ortodossia crociana avesse preso, in lui, la china dello smantellamento totale. E nacque la leggenda di un’autocritica demartiniana tutta impostata sul piano di un’acquiescente resa al rappel à l’ordre dei «maestri». Ma, come prova la visione della storia elaborata da La fine del mondo, i punti d’arrivo delle meditazioni sviluppate lungo il filo delle parti non ritrattate avrebbero finito per essere la piena riaffermazione dei punti di partenza. La radicale autoreferenzialità della cultura, postulata nell’opera postuma dalle tesi sull’«ethos del trascendimento», è un trionfante e compiuto tornare alle metanoie che avevano dato all’impalcatura teorica del Mondo magico tutti gli ardimenti della sua straordinaria modernità.
Lungo una ricostruzione che non perde mai di vista le logiche interne dei percorsi demartiniani, questo libro sfata la leggenda di un De Martino aporetico e di un’«autocritica» tutta dispiegata sul piano del mea culpa, dimostrando che le ellissi del «rilancio», ben lontane dal parlare il linguaggio della contraddizione, disegnano anzi un tessuto di pensiero che per coerenza e profondità appartiene de jure ai ranghi più alti della cultura filosofica contemporanea.

PLACIDO CHERCHI è nato a Oschiri (SS) nel 1939. Ha studiato a Cagliari con Ernesto De Martino e Corrado Maltese, interessandosi contemporaneamente di problemi etno-antropologici e storico-artistici. Tra i suoi lavori si segnalano: Paul Klee teorico (De Donato, Bari 1978), Sciola, percorsi materici (Stef, Cagliari 1982), Ernesto De Martino: dalla crisi della presenza alla comunità umana (Liguori, Napoli 1987), Nivola (Ilisso, Nuoro 1990), Il signore del limite. Tre variazioni critiche su Ernesto De Martino (Liguori, Napoli 1994), Il peso dell’ombra. L’etnocentrismo critico di Ernesto De Martino e il problema dell’autocoscienza culturale (Liguori, Napoli 1997).

Sordillo Edvige e Luisa: "Sincronia della sorellanza (LietoColle)










Sincronia della sorellanza, un libro che fonde insieme gli universi di due sorelle solo fisicamente lontane, che hanno saputo an­nullare le distanze che talvolta si creano. Ho sempre pensato che il lavoro di una coppia di sorelle poetesse fosse un progetto interessante ed originale perché esalta la coralità dei moti dell’anima. Sincronia come fusione, come armonia. Questo libro è un modo di essere, raccon­ta la ricerca del superamento del dolore attraverso la condivisione ed approda all’accoglienza di esso. È un percorso tutto femminile poiché l’accoglienza è Madre.
La forza di questi versi è quella di un concerto a quattro mani, e pro­prio come in un concerto i due musicisti non perdono il loro personale carisma, ma ne creano un terzo a loro comune fatto di reciproci con­trappunti.
Patrizia Falcone

EDVIGE

LACRIMA
Rotolo da occhi che annegano,
solco le guance e precipito alle labbra,
ultima d’infinite sorelle che colmano
piene di fiumi, di secoli.
Mi addormento agli angoli delle ferite,
anche quando lasciano cicatrici invisibili.
Senza tara, ho il peso della pena che porto,
lascio – ignara – il mio segno, il mio pegno.
Rendo – asciugata o avvizzita – ogni traccia
a chi ha svelato la faccia, a chi
ha affidato, indifeso, alla mia breve vita
un dolore segreto.

LUISA

SCIE SENZA OMBRA
Siamo duellanti
in una battaglia dolente
colpi inferti
senza freno e senza mistero
cicatrici profonde
suturate dal sangue
pensieri oscurati
da luci ormai spente.
Cuori silenti e respiri affannosi
percorsi ambigui e individuali
ricerca di serenità.
Suoni e musiche lontani
rimbombano senza eco
dissolvendosi
in un passato capitolato.
Due corpi stremati
e un unico presente
una rete senza fondo
che disperde il pescato
sorrisi sepolti
da occhi svuotati
sommersi dalle onde della vita
che repentina ci porta con sé.

mercoledì 8 dicembre 2010

Il libro del giorno: Il Paese Bello di Stefano Sgambati (Intermezzi)





















Uomini che si ricordano al mattino di un maglione dimenticato altrove, un giovane Holden “non più giovane” che somiglia a Johnny Depp, un orecchino di perla che scivola tra i rimpianti di una spensieratezza perduta, un marito che non sa di essere violento, una ragazza ammazzata pronta a tutto per ritornare in vita, una donna prigioniera di un divano, Eluana Englaro.
Sette racconti come sette nuovi peccati capitali: intervallati da brevi intermezzi luminosi, queste storie costruiscono parola dopo parola una stretta prigione claustrofobica, densa di pessimismo e ironia amara, fino all’ultimo racconto, un “what if” grottesco e politicamente scorretto che chiude il cerchio e la cella del nostro bel Paese.

“Mi spiacerà morire per non vederti più” di Roberto Pazzi (Corbo editore)










Due storie d’amore, una omo l’altra eterosessuale, s’inseguono nel romanzo con cui Roberto Pazzi torna alla Grande Storia di Cercando l’Imperatore, Vangelo di Giuda e Conclave, i suoi libri più tradotti. La vicenda si apre nel 590, con la visione dei giovani barbari in catene nel Foro romano, i bellissimi Angli il cui riscatto è conteso fra due cugini dalla nascosta identità. E si dipana fino al 596, a Roma, in piena età longobarda, nel passaggio fra la nuova morale e l’antica, vissuto da quei due cugini che più diversi non potrebbero essere : Gregorio Magno papa, che invierà in Britannia una missione per convertire gli Angli, e il colto senatore romano Eusebio Simmaco, della stirpe che aveva difeso, contro Sant’Ambrogio, la cultura del paganesimo travolta dal cristianesimo. Questi vive con naturalezza ancora pagana, immune da sensi di colpa, la sua sessualità, e s’invaghisce del ventenne palafreniere Celeste, amante della figlia Ottavia. I due giovani innamorati, per sottrarsi alle sue brame, si rifugiano presso Gregorio. Fuggono quindi da Roma, inseguiti da Eusebio, che non si rassegna al negarsi di Celeste. E lo scenario si amplia in un costante movimento dei personaggi fra Roma e la Tuscia, e fra il monte Amiata e Roma, ponendo in campo i re longobardi, prima Autari e poi Agilulfo, insieme alla loro regina Teodolinda. La morte di Autari in misteriose circostanze, durante una caccia al cervo sull’Amiata, consente al lettore una pausa nella duplice vicenda amorosa del romanzo. L’occhio intanto scorre sulle rovine di Roma e dell’Italia insanguinata dalla guerra gotica che aveva portato la città eterna a subire, fra il 535 e il 553, ben cinque assedi, passando da un milione e cinquecentomila abitanti a soli quindicimila. Dopo varie e tumultuose peripezie, il matrimonio di Ottavia e Celeste e la nascita dei primi figli sembrerebbero placare Eusebio ma … Tutto questo, e molto altro ancora, viene raccontato a un ospite, in vacanza, dello stesso albergo, da un personaggio odierno, l’ ingegnere milanese Gregorio Eusebi, oppresso dal mestiere di famiglia. Narrato di nascosto dalla moglie, che non sfugge al fascino dell’ospite, il romanzo è il suo modo di reinventarsi, profittando di uno sconosciuto per fargli credere di averlo scritto davvero. Gregorio mette così in scena giorno per giorno una verità che ignorava di sé e si farà strada mentre l’ospite lo ascolta incantato … Il nuovo e più lungo romanzo di Roberto Pazzi nasce dalla fascinazione dell’età dei barbari che, distruggendo Roma antica, avevano creato una nuova realtà storica che si distende su tutto il Medio Evo, fino all’età moderna. Molto influisce sull’ispirazione dell’autore il misterioso destino dei Longobardi che, calati in Italia nel 568, dopo aver tenuto sotto il loro dominio gli italiani, finirono per sciogliersi nel popolo che avevano conquistato e scomparire dalla Storia. Lo scontro e incontro fra opposte civiltà, moralità, sessualità, religiosità, è il riferimento d’obbligo, nell’ammiccamento costante al presente dal quale nasce il romanzo. Si pensi allo scandalo della pedofilia nella Chiesa, alla sessuofobia della stessa, a una risorgente intolleranza della diversità sessuale a vari livelli in Italia, non solo di governo, a un terreno culturale ed educativo che impedisce, a differenza della restante Europa, la promulgazione nel Bel Paese, a causa della negativa pressione del Vaticano, di una legge sulle coppie di fatto, come sul testamento biologico. Sono state anche queste limitazioni delle libertà civili di un popolo a muovere l’autore a scrivere il suo romanzo storico. Con un animo, si passi il confronto, simile a quello con cui Manzoni scriveva del malgoverno degli spagnoli del Seicento, avendo di mira l’oppressione straniera in casa sua degli Austriaci dell’Ottocento. Il quadro storico di “Mi spiacerà morire per non vederti più” è piuttosto preciso anche se con qualche licenza, come l’anticipazione al regno di Autari della vicenda leggendaria della caccia di re Rachis, che si dice abbia ispirato la fondazione dell’abbazia di San Salvatore sull’Amiata. Da una parte la civiltà pagana, la classicità greco romana, con la ricchezza infinita della sua Letteratura e del suo pensiero filosofico che da Platone arriva, attraverso l’emanazionismo di Plotino, fino alla diffusione dei primi vangeli cristiani. Dall’altra il cristianesimo delle origini, che s’impadronirà lentamente dell’anima dei barbari, e in cui prevarrà, dopo Origene di Alessandria, col concilio di Nicea del 325 ferreamente presieduto dall’imperatore Costantino, la rottura con il pensiero antico, appena interrotta dai due anni di regno dell’imperatore Giuliano, dal 361 al 363. L’opera di Roberto Pazzi entra nel cuore di uno degli aspetti più delicati e sacrali, intimi e universali di quelle due civiltà nel momento in cui l’una, quella cristiana, inizia a prevalere sull’altra, quella pagana : la sessualità. E mettendo in scena una doppia storia di passione e di amore, una omo e una eterosessuale, mostra il profondo e inconciliabile dualismo fra etica omofoba e sessuofoba cattolica e libera espressione dell’eros non finalizzato alla procreazione che era alla base del pensiero classico. Sono i temi che hanno guidato a interpretare il mondo antico Federico Nietzsche, Sigmund Freud, Oscar Wilde, Marguerite Yourcenar, Andrè Gide, Henry de Montherlant, Hermann Broch, Gore Vidal, Costantino Kavafis, Pier Paolo Pasolini. Sono le rivisitazioni del passato servite a capire i disagi, le lacerazioni, i ritardi, le intolleranze, i dualismi, le schizofrenie e i sensi di colpa che tormentano in Occidente l’anima moderna. Il lungo titolo, così diverso da quelli brevi dei sedici romanzi di Roberto Pazzi, è una scelta espressiva che allude a un profondo rinnovamento. E’ un titolo eccessivo, passionale, sensuale, un “titolo di pancia”, new romantic, che parrebbe persino un mantra, una frase logorata dall’uso, tanto è comune alla condizione amorosa e, in quella, allusiva all’eterno legame fra amore e morte.

domenica 5 dicembre 2010

Il libro del giorno: Ngaio Marsh, DELITTO A TEATRO (Elliot)













«Tutti siete sospettati. E tutti mentite e recitate». L’ispettore capo di Scotland Yard, Roderick Alleyn accetta volentieri l’invito a teatro fattogli dall’amico giornalista Nigel Bathgate, aspettandosi di passare una bella serata. Lo spettacolo scorre piacevolmente fino all’ultimo atto, quando uno degli attori, Arthur Surbonadier, viene ucciso, colpito al cuore da un proiettile sparato dalla pistola di scena. Alleyn entra subito in azione e, nell’indagare sulla vita della vittima, scopre che Surbonadier era un tipo poco raccomandabile, ricattatore e seduttore, e che molti nutrivano del rancore nei suoi confronti. Affiancato dal fido assistente, l’ispettore Fox, e dall’amico Nigel, Alleyn dovrà scavare molto a fondo prima di riuscire a scoprire il colpevole. Pubblicato nel 1935, Delitto a teatro è un giallo nella migliore tradizione inglese, percorso da una sottile vena di umorismo. Il ritmo veloce e incalzante conduce senza sosta il lettore fino allo svelamento del mistero, in uno dei migliori capitoli della serie che vede per protagonista l’ispettore Alleyn, ora per la prima volta pubblicato in Italia. Fra gli anni Trenta e Quaranta, Ngaio Marsh è stata – insieme ad Agatha Christie – una delle “Queens of Crime”, vincitrice dei maggiori premi per romanzi gialli e autrice di bestseller che stanno oggi tornando all’attenzione del grande pubblico a livello internazionale.

NGAIO MARSH- Ngaio Marsh (1895-1982), scrittrice e regista teatrale neozelandese, è autrice di numerosi gialli molto popolari nel mondo anglosassone. La sua produzione vanta oltre trenta titoli, molti dei quali ambientati nel mondo del teatro. Nel 1966 ottenne la nomina di Dame Commander dell’impero britannico. Nel 1978 è stata premiata dai Mystery Writers of America.

Ngaio Marsh, DELITTO A TEATRO - traduzione dall’inglese di FRANCA PECE

«Un’impeccabile narratrice» - «THE NEW YORK TIMES»

Gioca e vinci alla fiera













Gioca e vinci sempre con 10righedailibri alla Fiera Più Libri 2010
10 righe dai libri regala libri e sconti ai visitatori della fiera!

In questo gioco tutti vincono!
I giorni 4, 5 e 8 dicembre 10 righe dai libri sarà presente alla fiera Più libri più liberi ospite presso gli stand E04 - E06 Armando - Sovera che gentilmente hanno offerto una postazione alla divulgazione della luttura.
Chi consegna il volantino compilato allo stand partecipa al gioco e di sicuro vince libro o un buono sconto extra da spendere negli stand degli editori che hanno aderito all’iniziativa “speciale fiera – gioca e vinci sempre”.
Centinaia sono i libri gratis messi in palio dagli editori www.10righedailibri.itArcana, Armando, Cargo, Castelvecchi Editore, Edizioni Angolo Manzoni, Edusc, Elliot Edizioni, Fandango Libri, L'ancora del Mediterraneo, Il saggiatore, Sovera, Testepiene. presenti in fiera:


Per partecipare registrati su 10 righe dai libri:
Stampa il volantino, consegnalo in fiera a 10 righe dai libri, gioca e vinci sempre!

sabato 4 dicembre 2010

STORIA RAGIONATA DELL’HIP HOP ITALIANO di Damir Ivic (Arcana)






















Non ingannino i periodici momenti di hype, di esposizione su tutti i media, di video su MTV e di copertine sui maggiori magazine specializzati: la storia dell’hip hop italiano è qualcosa che scorre sottotraccia. Da sempre.
Anche quando finisce con l’affiorare o addirittura trionfare nel mainstream, e la cosa succede ciclicamente, si porta dietro i cromosomi e i tic di una vita fieramente underground, storicamente lontana dai radar abituali della critica musicale.
Questa Storia ragionata dell’Hip Hop italiano non è una raccolta esaustiva di tutti i protagonisti, di tutte le uscite discografiche, di tutti i passaggi storici; certo, dischi, eventi, e profili biografici non mancano, tutt’altro, ma quello che potete trovare fra queste pagine sono prima di tutto gli strumenti e capire davvero le unicità di ciò che è stato ed è il movimento hip hop nel contesto del panorama musicale (e non solo musicale) italiano, per smascherare luoghi comuni che per molti anni hanno offerto un’interpretazione distorta e lacunosa del fenomeno e, in definitiva, per fare un tuffo dentro questa scena facendola parlare in prima persona: gli inizi eroici e i carbonari, i primi momenti di successo, le faide interne, i ripiegamenti, i momenti di crisi, i trionfi, il difficile rapporto col mondo musicale tradizionale.
Un piccolo epos, quasi un romanzo con tutte le sue figure, teorie principali o secondarie, colpi di scena. Ma anche un fondamentale documento che aiuti a tracciare come mai è stato fatto prima una linea che colleghi Assalti Frontali a Fabri Fibra, i Sangue Misto a Radio Deejay, i Club Dogo ai centri sociali, l’immaginario all’americana con la militanza sociale.

DAMIR IVIC - Trentasei anni, giornalista musicale, se si parla di rap e hip hop le vicissitudini di questa scena le ha vissute dall’interno, in prima persona. Per Arcana ha già pubblicato Fuck it. Let’s all stand up, un’approfondita analisi delle rime di Eminem, oltre ad essere coautore di Su la testa!. Collabora anche con MTV, fa parte dello staff di Dissonanze ed è content editor e consulente aziendale per vari marchi.

Madame Foucault di Raffaele Gorgoni













Sorvegliare e pulire

Fu il suo materno motto

Spesso pianse a dirotto

Per farlo ammutolire

Persil Olà e Ava

Erano il suo supplizio

Fin dallo sposalizio

Austera gli imponeva

Auchan Conad e Standa

Totale istituzione

Addomesticazione

E bagni di lavanda

La casalinghitudine era la sua preghiera

Dovere spirituale da mattina a sera

Il mini pimer e il bimby

I suoi strumenti amati

Ferri da stiro e lembi

Lenzuoli ben piegati

Lui dalle scappatelle passò al giardinaggio

Smise il libertinaggio

Per bouganville e rose

Garofani e mimose

Il giudice chiuse gli atti

Parenti esterefatti

Lo disse dal principio:

E’ un duplice suicidio.

venerdì 3 dicembre 2010

Il libro del giorno: Lucinda Holdforth, LE BUONE VECCHIE MANIERE. La nostalgia per un comportamento civile in un mondo cafone (Orme editori)












Una lettura divertente, educativa, e perché no, un regalo perfetto per ogni maleducato che vi rende impossibile la vita. Le buone maniere, come ci ricorda il filosofo americano Ralph Waldo Emerson, sono il pilastro della civiltà in cui viviamo, il frutto di molti piccoli sacrifici. Ed è forse proprio questo il nostro problema: al giorno d’oggi l’idea di sacrificio è assolutamente fuori moda, mentre la maleducazione e la prevaricazione sono diventate una vera e propria norma (tramandata da genitore in figlio) per farsi largo nel lavoro, nel traffico, al supermercato. E se tutti, in pubblico, non facciamo altro che celebrare l’importanza della buona educazione, in privato ognuno continua a fare quello che vuole, senza limiti e regole di comportamento, contribuendo inevitabilmente al completo imbarbarimento della nostra civiltà. In questo libro Lucinda Holdforth ci invita a una seria riflessione, ricordandoci che un comportamento civile, oggi come in passato, è essenziale alla nostra libertà, intellettuale e fisica, e che la nostra incapacità di autoregolarci ci riempie la vita di leggi e ordinamenti con cui lo Stato decide cosa si può fare e cosa no, perché noi, cittadini, siamo incapaci di deciderlo da soli. Spiritoso, intelligente, ricco di riferimenti letterari e filosofici (da Aristotele e Pericle a Tocqueville e Proust, fino al contemporaneo Borat), Le buone vecchie maniere descrive l’importanza della buona educazione dall’antichità ad oggi.
Lucinda Holdforth è una giornalista. Ha lavorato come consulente per il canale televisivo ABC (Australian Broadcasting Corporation) e per il Dipartimento Affari Esteri del Governo australiano. Collabora con lo staff dell’ambasciatore australiano negli Stati Uniti, Kim Beazley. Vive a Sydney.
«Lucinda Holdforth è il Marco Aurelio della buona educazione». ELLE
«Lucinda Holdforth affronta una prova durissima: difendere la buona educazione in una società sempre più cafona. E lo fa con grande eleganza intellettuale, recuperando gli insegnamenti di Rousseau e Rosa Parks, l’esperienza del Bloomsbury Group, le parole della Bibbia, i manuali del XIX secolo e il capolavoro di Castiglione. Ci fa divertire, ripensare a quanto accade nella nostra vita quotidiana, e soprattutto smantella il luogo comune che vorrebbe temi come questo legati alla cultura conservatrice e reazionaria».
Stephen L. Carter, THE DAILY BEAST
«In una civiltà che mostra poca pazienza ma abbonda in egoismo, Lucinda Holdforth, con molta cortesia, va dritta al punto della questione: abbiamo bisogno di comportamenti civili se la civilizzazione significa vivere tutti insieme». KIRKUS REVIEWS

Lucinda Holdforth, LE BUONE VECCHIE MANIERE. La nostalgia per un comportamento civile in un mondo cafone traduzione dall’inglese di Elisabetta Stefanini. COLLANA IL NASO

Una lunga incomprensione. Pasolini fra Destra e Sinistra, di Adalberto Baldoni e Gianni Borgna (Vallecchi). Intervento di Nunzio Festa

















Necessario, indispensabile... Quanti aggettivi possono essere affidati a un libro che non è possibile non leggere? E quanti, di più, se lo stesso volume ci racconta dettagli mai indagati che riguardano la vicenda letteraria e umana dell'indomabile maestro, artista e intellettuale, poeta scrittore giornalista saggista critico regista Pier Paolo Pasolini. Non lo sappiamo. Non vogliamo saperlo. E nemmanco saranno usati quelli che subito vengono in mente; ma si provi meglio a comprendere di che cosa, esattamente, dovremmo tutti leggere. In special modo quanti dicono, giustamente e/o ingiustamente, d'essere debitori di Pasolini. Intanto, con alta probabilità, volutamente s'è scelto di dare le maiuscole, nel sottotitolo, ai termini storici “destra” “sinistra”. Con questo libro, fatto a quattro mani, diviso per metà nel racconto di Gianni Borgna (sinistra) e per l'altra metà da quello di Adalberto Baldoni (destra), introdotto da uno scritto sincero e che aiuta a riflettere ancora una volta, ovviamente a stesura del filosofo Marramao, oltre a scoprire alcuni aspetti che, forse per nostra ignoranza, non erano noti sulle opere del Pasolini senza salsa piccante e sulla sua vita, si potrebbe una volta per tutte spegnere alcuni fuochi morti del cugino Naldini e di varie penne, seppur in altro molto più attente, vedi ovvero Belpoliti. Entrambi gli autori, per cominciare, e Borgna è stato anche molto più vicino a Pasolini di Baldoni, parlano con una sincerità di fondo che traspare. Entrambi, poi, offrono a lettrice e lettore che sia piccoli e grandi punti, non oscuri forse ma taciuti, che su Pier Paolo Pasolini non erano noti almeno ai più. E lo fanno con un linguaggio oculatamente 'divulgativo'. Tralasciando alcuni piccoli passi dove Adalberto Baldoni, comunque, non riesce proprio a convincere, ma si tratta davvero – va riconosciuto – di poche circostanze, il merito del racconto a due, con il quale tra l'altro, per esempio, gli autori citano momenti che si toccano e quasi combaciano, o perlomeno s'incastrano, è d'aprire finalmente una lettura non politicizzata delle opere. Nel senso di non invischiata nelle strategie di partiti e sette. Anzi mettendo a nudo le piccolezze, e persino molte bassezze, non solamente della sinistra ufficializzata ma persino della destra in tutte le sue forme. Compreso il centro da Pasolini condannato: che era la DC. Perché è proprio vero che, per buona parte dei suoi rappresentanti della dirigenza: “la destra lo detestava per le sue idee e soprattutto per la sua dichiarata omosessualità; la sinistra, che pur lo annoverava tra le sue file, non accettava molte delle sue analisi anticipatrici e ancor meno la sua irriducibile autonomia di pensiero. E anche il mondo cattolico, di fronte alle sue opere, si divideva tra estimatori e detrattori”. Il libro potrebbe chiudersi nello sviluppo di quest'anomalia. Ma in più abbiamo la testimonianza, su tutto, che molti degli studenti dell'assalto di Valle Giulia erano fasci: con ciò che ne consegue: soprattutto in quanto Pasolini di questo non era assolutamente a conoscenza. Poi, viene benissimo fuori la diversa predisposizione del Baldoni e del Borgna. Che entrano nei libri, nei film di P.P.P. comunque con rispetto. E infine non sono solamente gli autori a parlare. Nemmeno solamente Pasolini e le sue opere. Oltre le poesie, invece, s'aprono diversi testimoni di quell'epoca. Ci scuseranno, in definitiva, gli autori del pregevole “Una lunga incomprensione” se però non ci viene voglia di leggere altri scritti loro, ma semplicemente di riprendere in mano tutti i libri che abbiamo in casa del maestro. Pasolini, d'altronde, ha letto questi tempi. Da altri tempi. Come hanno testimoniato, su tutti, le commissioni parlamentari che decenni dopo la morte del nostro poeta hanno scritto delle malefatte 'acclarate' del Potere. Come raccontano i sempre fervidi intrighi del Palazzo. Le lucciole morte in buona parte della clerico-fascista Italietta che prova a fare l'America dopo aver sfottuto l'Urss. Approfittiamo dell'occasione, per giunta, a ricordare che recentemente Effigie ha ripubblicato “Questo è Cefis”, libro inchiesta che in un certo senso sta alla base dell'incompiuto “Petrolio”. Per giunta, ricordiamo ancora che abbiamo bisogno di avere la verità sulla morte di Pier Paolo Pasolini.

Una lunga incomprensione. Pasolini fra Destra e Sinistra, di Adalberto Baldoni e Gianni Borgna, prefazione di Giacomo Marramao, Vallecchi (Firenze, 2010), pag. 342, euro 16.00.

giovedì 2 dicembre 2010

Il libro del giorno: Perchè Dante? di John Alfred Scott (Aracne editrice)













Questo volume offre una risposta esauriente alla domanda fondamentale posta dal titolo, Perché Dante?, mediante una disamina critico-analitica di tutti gli scritti canonici dell’Alighieri. Perché Dante è una versione interamente riveduta e aggiornata di Understanding Dante (University of Notre Dame Press, 2004), di cui Piero Boitani formulò il seguente giudizio, pubblicato nel 2005 su Il Sole e 24 Ore: «Scott porta alla critica dantesca il sapiente equilibrio che gli viene da una vita dedicata al poeta, della cui opera traccia un bilancio dettagliato, esauriente, suggestivo e di chiarezza esemplare: la migliore introduzione complessiva all’autore della Commedia che si possa leggere ai nostri giorni». Tale giudizio è stato ribadito da Matthew Treherne sul Times Literary Supplement del 23 giugno 2006 («the richest and clearest account in any language of Dante’s oeuvre»). Dopo gli studi compiuti a Oxford (Paget Toynbee Dante Prize, Oxford University, 1956), John Scott inaugurò un pionieristico programma di italianistica presso l’Università di Bristol. In seguito, è stato docente d’italiano presso l’Università di California a Berkeley, l’Università della British Columbia (Vancouver), l’Università di Reading (Inghilterra) e, dal 1978, The University of Western Australia (Perth). Autore di numerosi saggi danteschi – e, in particolare, di Dante magnanimo (1977), Dante’s Political Purgatory (1996), Understanding Dante (2004) –, Scott è membro della prestigiosa Australian Academy for the Humanities. Nel 2000 è stato eletto Honorary Life Member of the Dante Society of America. Attualmente, è Professore Emerito e Honorary Senior Research Fellow presso The University of Western Australia.

Pamela Serafino “ L’Amore fuggitivo” ( Progetto Cultura). Intervento di Francesco Capoti





















Può la forza dell’amore sconfiggere il male oscuro che si annida nell’anima di Sara? Può l’amore salvare Antonio dall’ombra di un passato che schiaccia il presente? O questo amore è piuttosto una gabbia nella quale restano imprigionati i protagonisti? Litigi, ricordi, segreti, sospetti, insidiano l’armonia della vita. Con una scrittura elegante, ricca di metafore, l’autrice ci conduce nei meandri più profondi della psiche umana laddove si annidano le contraddizioni e cade ogni finzione sociale. Come un sipario che si solleva lentamente e all’insaputa dei protagonisti, la narrazione procede per scatti improvvisi, svela scene inattese, dilata il tempo in un un’attesa indefinita. Inconsapevoli, i protagonisti, si schierano su piani opposti e paralleli attorno a cui ruotano due mondi contrapposti, che riflettono i problemi della nostra società e l’intramontabile paura di vivere.

mercoledì 1 dicembre 2010

Il libro del giorno: Il problema del significato nelle scienze strutturali di Pierre Bourdieu (Kurumuny)





















Com’è possibile il riconoscimento e la decifrazione del significato globale delle cupole, delle somme teologiche, della composizione grafica dei testi? E, circolarmente, in base a quale criterio è possibile assumerli come segni o significanti di concordanze logiche che attraversano differenti sistemi simbolici piuttosto che come semplici coincidenze cronologiche? Ecco i temi di cui si occupa Bourdieu in questo breve scritto. Il problema di una teoria della conoscenza che abbia al proprio centro sia la costituzione degli oggetti di conoscenza che la loro decifrazione oggettiva viene così affrontato in modo diretto e senza ritualismi. Tuttavia, prendendo a pretesto il dibattito interno alla filosofia dell’arte, tale operazione viene compiuta senza ignorare lo scarto fra i significati non solo estetici che un artista attribuisce intenzionalmente ad un’opera e i significati che un interprete è in grado di decifrare e di “costruire”. In esso si gioca il tentativo – tutto svolto su un filo esilissimo di argomentazione teso fra il paradosso e la regressione all’infinito – di cogliere una alternativa possibile e percorribile al riduzionismo metodologico e all’intuizionismo, “agli amici della terra” e ai “fisiognomici”.

L'autore
Pierre Bourdieu (1930-2002) è una delle figure più rilevanti della sociologia della seconda metà del Novecento. Intellettuale molto controverso, ha lavorato ad una concezione unitaria delle scienze sociali, provando ad elaborare una teoria antropologica generale. Fra le sue principali opere tradotte in italiano Per una teoria della pratica, Il senso pratico, Meditazioni pascaliane, Le regole dell’arte, La distinzione.

Il curatore Carmelo Lombardo insegna Storia del pensiero sociologico presso la Facoltà di Sociologia – Sapienza Università di Roma.

Sabina de Gregori BANKSY IL TERRORISTA DELL’ARTE (Castelvecchi)














Molte le congetture sul nome e sull’identità dell’artista nato e cresciuto a Bristol, ma tuttora nessuna certezza. Dopo l’adolescenza nella città natale, nei primi del 2000 Banksy è a Londra e comincia a farsi conoscere. Esordisce raffigurando topi, ma in breve i muri della città si animano con i suoi personaggi ironici, pungenti, provocatori e irriverenti. E da subito è un fenomeno: la stampa parla di Banksy effect. La sua si manifesta immediatamente come un’esplicita e aspra provocazione nei confronti dell’establishment, del potere, della guerra e del consumismo. I suoi stencil, immediati e ricorrenti come manifesti pubblicitari, appaiono ovunque, anche nei luoghi più bizzarri della città, e spesso ne sottolineano e spiegano i caratteri. L’artista di Bristol è anche celebre per le sue “incursioni”. Si è intrufolato nei musei, negli zoo, nelle gallerie e nei negozi di tutto il mondo, divenendo l’indiscusso re della guerrilla art. Oggi Banksy non è solo un fenomeno di costume, ma la sua imponente presenza sulla scena internazionale ha costretto il mondo dell’arte a fare i conti con il suo linguaggio. Lo star system lo adora, le sue opere vanno a ruba per migliaia di euro, la stampa lo celebra, eppure egli ha saputo mantenere e difendere il suo anonimato. Il funzionamento di questo ingranaggio - nel complesso e scambievole rapporto Banksy-mercato, Banksy-museo, Banksy-committenza - appare come l’aspetto più suggestivo e appagante dell’osservazione critica di questo geniale interprete figurativo del nostro mondo.
SABINA DE GREGORI - Nata a Ginevra nel 1982, vive e lavora a Roma. Laureata in Storia dell’Arte, studia i linguaggi del contemporaneo e la street art. Banksy il terrorista dell’arte è il suo primo libro.
Sabina de Gregori BANKSY IL TERRORISTA DELL’ARTE
Collana: I Timoni
pp.196 – euro 22,00
“Alcune persone diventano poliziotti per rendere il mondo migliore, altri diventano vandali per rendere il mondo un posto più bello da vedere” Banksy. Il primo libro italiano dedicato alla vita e alle opere di un artista celebre in tutto il mondo

martedì 30 novembre 2010

Il libro del giorno: SENZA ALCUN BISOGNO. Dall'autosufficienza alla sostenibilità di Michele Bee (Pensa Multimedia)













La questione del rapporto fra l’uomo e i suoi bisogni è una questione cruciale sia per la nostra comprensione dell’economia politica, sia soprattutto per la delimitazione del suo campo di significato. Parafrasando il noto detto, potremmo dire: dimmi cosa pensi del bisogno umano, e ti dirò come pensi l’economico.
A un’uscita dal bisogno mediata tradizionalmente dal riconoscimento di una finitezza dei bisogni, e dunque della necessità e della possibilità di una misura, il pensiero moderno, lungi dall’approfondire ciò che in quella finitezza resta da pensare, contrappone piuttosto, per rovesciamento, un’infinitizzazione del bisogno come molla stessa dell’umanizzazione dell’uomo.
Questo libro non si limita tuttavia a gettare luce sulla questione di cui si occupa. Nella misura precisa in cui fa luce, esso lascia anche apparire un’ombra.
Quest’ombra, che si manifesta innanzitutto come dissoluzione di ogni rappresentazione tradizionale della misura e dunque come distruzione di ogni fondamento esterno all’agire economico, non è tuttavia un vuoto da colmare, ma una mancanza da pensare.
In gioco è in effetti il rapporto fra economia e politica, fra scambio e collaborazione, fra bisogno individuale e vita in comune.
L’esperienza di un altro rapporto con la mancanza sarebbe la grazia che potrebbe contraddistinguere un pensiero rinnovato dell’economico.

(dalla Prefazione di Massimo Amato)

Il prezzario della rinomata casa del piacere a cura di Stefano Donno e Anna Chiriatti (Kurumuny). Intervento di Luisa Ruggio













Una piccola chicca per gli amanti del genere. Nel 2008 è nato a Parigi il gigantesco archivio on line di fotografie erotiche d’epoca, contiene più di tremila scatti in bianco e nero, risalenti al periodo che va dal 1850 al 1950. La storia del sito affonda le radici nel dna di un parigino, Alexandre Dupoy, collezionista di foto spinte e proprietario di una libreria erotica. La casa editrice salentina Kurumuny pubblica il “Prezzario della rinomata casa del piacere“, un piccolo libro curato da Anna Chiriatti e Stefano Donno e nel quale, accanto a fotografie di nudi in senso classico, eleganti e appolinei - distanti dalle immagini contemporanee stilizzate digitalmente per essere destinati alla pubblicità dei giornali - campeggiano le parole intense dei poeti. Perciò, come sottolineano i curatori nell’introduzione, il Prezzario di Kurumumy è una galleria di fotografie reali, un manifesto della bellezza imperfetta e non certo un catalogo hardcore.
Tra uno scatto in seppia e l’altro i Canti erotici dell’Armenia e quelli dei Tuareg, quelli dei Beduini, degli zingari di Mosca, i versi di Verlaine, di Neruda, dei Turcomanni dell’Altai, dei Berberi del Rif e di Keats, di Whitman e di Lorca, e ancora Parini, Gozzano.
Cartoline postali per un erotismo quasi romantico come si legge nella nota dell’editore che racconta la collaborazione con Cecilia Mangini, regista documentarista pugliese che ha donato i documenti fotografici suggerendone la pubblicazione avvenuta quando - proprio come in un aneddoto romanzesco - l’editore rintracciò in un mercatino dell’usato la targa in lamiera con gli onorari e le prestazioni che le case del piacere offrivano ai loro clienti, una targa che è diventata, poi, la copertina di questa raccolta di poesie e immagini.

lunedì 29 novembre 2010

Il libro del giorno: Sette ore in Paradiso di Thòdoros Kallifatidis (Crocetti editore)









Venticinque anni di matrimonio felice: un quarto di secolo. La vita di Basil, insegnante di matematica di origine greca, scorre con pacifica regolarità: il lavoro procede tra soddisfazioni e qualche frustrazione, l’amicizia che lo lega a Kurt e Axel, compagni di partite a scacchi, è salda e leale. Finché un bel giorno, nell’animo annoiato di Basil, sboccerà finalmente il fiore di un’antica passione. Ricambiato, egli ama la splendida Petra. Un sentimento tanto ostinato quanto contrastato e breve: non durerà più del tempo che Adamo ed Eva trascorsero in Paradiso.
Dopo il grande successo di Timandra (Crocetti 2003) e Amore (Crocetti 2008), il nuovo infuocato romanzo di Thòdoros Kallifatidis. Thòdoros Kallifatidis è nato in Laconia nel 1938. Trasferitosi ad Atene nel 1956, dopo il ginnasio studiò teatro con il grande regista Kàrolos Koun. Nel 1964 emigrò in Svezia, dove vive tuttora, e dove si è affermato come uno dei maggiori scrittori. Ha studiato filosofia all'Università di Stoccolma, dove più tardi ha insegnato. Per quattro anni ha diretto la rivista letteraria “Bonniers Letterära Magasin”. Ha pubblicato diverse raccolte di poesia, libri di viaggio, saggi, opere teatrali e undici romanzi, tra cui Amore (Aristea 71), Mi chiamo Stelios, Servi e padroni, L’Angelo caduto, Un giorno ad Atene e Timandra (Aristea 27) , che ha vinto un importante e prestigioso premio all’Accademia Svedese.

Scarlett Thomas "Il nostro tragico universo" (Newton Compton editori)



















"Stavo leggendo come sopravvivere alla fine dell'universo quando ricevetti un SMS dalla mia amica Libby. Diceva: Possiamo vederci all'Argine tra quindici minuti? Enorme disastro. Era una domenica fredda dei primi di febbraio, e io l'avevo passata in gran parte rannicchiata a letto, nel mio umido e diroccato cottage a Dartmouth. Oscar, il responsabile della rubrica dei libri nel giornale per cui scrivevo, mi aveva spedito da recensire La scienza dell'immortalità di Kelsey Newman, insieme a un biglietto dove indicava la data di consegna. In quei giorni avrei recensito di tutto perchè avevo bisogno di soldi. In fondo non era così male: mi ero fatta un nome recensendo libri scientifici, così Oscar mi riservava sempre i migliori. Christopher, il mio ragazzo, lavorava come volontario nel settore della conservazione dei beni culturali, perciò toccava a me pagare l'affitto. Non rifiutavo mai una commissione, anche se non sapevo affatto cosa avrei potuto dire sul libro di Kelsey Newman e sulla sua idea di sopravvivere oltre la fine del tempo. "

Può una storia salvarci la vita? Si può sfuggire allo scorrere del tempo, come scrive l’autore di “La scienza dell'immortalità”? Quale misteriosa relazione unisce una strana creatura apparsa a Dartmoor, una nave in bottiglia, il tracciato di un ricamo all’uncinetto e le fate di Cottingley? Tra una recensione da consegnare e un libro da scrivere, Meg Carpenter si barcamena nella vita di tutti i giorni senza porsi troppe domande. Certo, il suo fidanzato è il classico inetto, lei nutre un’insana passione per un uomo impegnato e molto più grande, e arrivare alla fine del mese non è mai una passeggiata. Ma Meg è convinta che interrogarsi sui misteri del suo tragico universo non servirebbe a molto. Fino a quando un improbabile libro di pseudoscienza non le fa cambiare idea… Tra psicologia e tarocchi, filosofia e humour, enigmi buddisti e teoremi di fisica, antiche cosmologie e leggende fatate, Scarlett Thomas ci regala un altro travolgente giro di giostra nella migliore letteratura: quella che fa sognare, appassionare e insieme riflettere sui grandi temi della vita.

domenica 28 novembre 2010

Il libro del giorno: Peter & Chris - I Dioscuri della notte (Gargoyle Books)
















Poche coppie dello schermo hanno influito tanto profondamente sull'immaginario collettivo quanto quella formata da Peter Cushing e Christopher Lee. Nel corso delle rispettive, lunghe carriere, i due attori si sono cimentati nei piu' svariati tipi d'interpretazione, ma la consacrazione a icone internazionali e' avvenuta sul terreno dell'horror. A partire dai primi e ormai leggendari film in coppia per la Hammer, The Curse of Frankenstein (1957) e Dracula (1958), e via via di pellicola in pellicola, Cushing che muore nel '94, e Lee ancora oggi attivissimo a quasi novant'anni hanno saputo intessere un rapporto professionale e personale di profonda amicizia. Caratterialmente dissimili ma complementari: dotato di straordinario calore umano Cushing, aristocraticamente burbero e affettuoso Lee. Diversi per vissuto e ambizioni, e tuttavia accomunati da una tenacia che affiora nei rispettivi personaggi. Capaci di esprimere una comune britannicita' anche nei frequenti ruoli stranieri o esotici. Entrambi eclettici e ricchi di doti artistiche (Cushing modellista, pittore, ornitologo; Lee cultore di storia, golfista, viaggiatore), questi Dioscuri della notte in transito incessante sullo schermo tra castelli e sepolcri rappresentano una testimonianza dello spessore professionale e personale che puo' star dietro a film etichettati come 'popolari'. Mai consumate in stereotipi, le maschere offerte da Cushing & Lee hanno spalancato all'Occidente del secondo Novecento una rinnovata galleria di mostri gotici. Con loro si e' affermato un sofisticato sistema simbolico di enorme impatto sul pubblico ancora nell'eta' di Twilight, come del resto testimonia un diffuso e appassionato culto che corre tuttora sul web, a riconoscere nella storia di questo tandem un'appassionante epopea umana e cinematografica, ma insieme un capitolo fondamentale delle mitologie dell'uomo moderno.

A Mantova di Raffaele Gorgoni












I

A Mantova! A Mantova

dove chi cerca trova

ispirazione sapida

rapida applicazione

nuvole di parole

e favole benevole

pronte a lenire l’ansia

che feroce si annunzia

già lungo l’autostrada

Mi fermo in motel

wurstel e decibel

indigestione acustica

che scortica il cervello

Al bar mi coglie un rovello

Nel bazar mi aggiro un po’ brillo

incupito tra libri e rasoi

Gli spermatozoi mi tornano in gola

Una frivola spesa di condom assai

A Mantova! A Mantova!

Non si sa mai.


II

Son qua, al Festival della Letteratura

Mi sento di me stesso una caricatura

Non leggo libri, neppure recensioni

Non leggo i bugiardini, solo i rotoloni

Regina scorro al cesso

in intestinal regresso

Mi da concentrazione

per un’operazione

non delegabile

Il bianco è più leggibile

della prosa più ardua

Lo scarico risciacqua

il mio passato prossimo

come un dannunzianesimo

appena digerito

l’abbacchio a scottadito

le fragole alla panna

Sbircio una minigonna

saggistica alquanto

disegna come un guanto

natiche letterarie

che ispirazioni aviarie

inducon prepotenti

Mantova! Che tormenti!

sabato 27 novembre 2010

Il libro del giorno: Per grazia ricevuta di Valeria Parrella (Minimum Fax)





















Per grazia ricevuta ha confermato definitivamente Valeria Parrella come una delle voci più fresche, originali e potenti della nuova narrativa italiana, riscuotendo un grande successo di critica e di pubblico in Italia e all’estero. Dopo il fortunatissimo esordio di mosca più balena, che ha vinto il Premio Campiello Opera Prima, nel suo secondo libro Valeria Parrella racconta una Napoli lontana dal folklore e dalla retorica, fra corrieri della droga ed eleganti gallerie d’arte, tipografie clandestine e giovani laureate che vogliono strapparsi alla dimensione soffocante della periferia; storie di uomini e (soprattutto) di donne impegnati a inseguire i propri desideri affrontando il mondo con ironia e coraggio. Nel 2005 il libro è entrato nella cinquina dei finalisti al Premio Strega.

Dicono i tuoi pettini di luce di Paolo Carlucci (EdiLet - Edilazio Letteraria)





















«La Tuscia... A poco a poco, col volger degli anni, ho potuto godermela tutta, contrada dopo contrada, comprese le incantevoli propaggini maremmane. Ho potuto amarla nella sua multiforme unicità. Alla domanda a bruciapelo: “Cosa ricordi di più unico?”, la prima risposta sarebbe: “La Civita di Bagnoregio col suo lungo ponte”. Non è un caso se Paolo Carlucci le dedica un nucleo poetico tra i più squisiti dell’intero libro: “Un ciuffo di case / di mura in rovina / nere preghiere di vita / nel sole che muore”. E il canto seguita... Certo, soltanto in un tempo “unico”, “speciale”, “altro” rispetto al tempo banale, possono trascorrere ore come Le ore di Civita: “Nel tormento del giorno / nel lenzuolo di pietre / il calvario di luce / snida dal silenzio / il vento”. La seconda risposta sarebbe forse: “L’eccezionale abbinamento delle due splendide chiese medievali di San Pietro e Santa Maria Maggiore a Tuscania”, scosse dal terremoto di alcuni anni or sono. Ma leggiamo il poeta: “Tra questi sassi violati / dalla collera della Terra / stanno due chiese”. E poi: “Dilaga / dai rosoni / la luce”, che è anche luce del sacro. Il sacro irradia di sé tutto il luogo; e lo ritma la misura assorta e commossa dei versi: “Lasciatemi qui / tra questi calendari di tufo / tra queste vecchie rupi / sacre di millenni. // Qui stanno / solo le cicale / oranti nel sole”. Ottimo preambolo alle innumerevoli attrattive dell’arte e del paesaggio campestre, boschivo, lacustre, così intriso di storia, religiosa e profana. Onnipresente e fondante – come in musica un bordone o un basso continuo – la presenza magica e sacra del sostrato etrusco. Non è facile evocarla senza incorrere in richiami archeologici, in compiacimenti culturali. Ma Carlucci, per esempio, in questa agile ci riesce egregiamente: “Qui / dove il tufo si veste / di malva tra le macchie, / l’ombra sfuggente / della vita / ho visto guizzare / tra i cardi / l’odore del mare”. La Tuscia ha dunque trovato il suo poeta».
Dalla Prefazione di Emerico Giachery

Notturno alle mura di Viterbo
Vestali di pietra, cuspidi di un fuoco
stanno nella notte di luce
queste mura antiche.

Muto filare d'ombra di sassi
dall'incuria assassinati
tra l'erba e il cielo,
sotto il fuoco della memoria
di un pianto sereno di stelle

venerdì 26 novembre 2010

Il libro del giorno: Blood Dreams di Kay Hooper (Leggere editore)





















Quando pensano di essere sole... quando pensano di essere al sicuro... Lui le guarda, le segue, le aspetta, invadendo i loro sogni più intimi. È il tipo di assassino che più si teme. Un essere privo di vincoli, senza freni né coscienza. E l'identità della sua ultima vittima, la figlia di un importante senatore, è la riprova del fatto che nessuno può considerarsi al sicuro. Questo è un caso senza precedenti anche per il detective Bishop. Sono anni che si serve dell'aiuto di poliziotti dotati di poteri psichici, ma ora questo sembra non bastare più. È così che ingaggia Dani e Paris, due gemelle dalle sorprendenti abilità paranormali. Gli incubi e i mostri della mente sono una costante nella vita di Dani. Ma seguire le tracce di un predatore in carne e ossa, forse, è al di fuori delle sue possibilità. Dani vorrebbe dimenticare quel sogno di morte che si ripete all'infinito, del quale solo la conclusione rimane sempre immutata. Purtroppo non ha scelta. Perché la violenza è andata oltre, e sta invadendo la sua sfera privata. Perché è l'unica in grado di mettere fine a questo orrore. Ed è l'unica a sapere come andrà a finire la caccia. E sarà sangue, fuoco, morte. Ciò che Dani non sa è chi di loro ne uscirà vivo...

Orgogliosa Morte di Thomas Clayton Wolfe (Mattioli 1885)











Lontani dal glamour dei salotti letterari dell’editoria italiana, lontani dalle convenzioni e dagli stereotipi del mercato del libro nostrano, da tempo seguo una splendida casa editrice Mattioli 1885, che con il suo rigore e il suo buon gusto, mi ha fatto innamorare dei suoi libri. Sarà per il ‘minimalismo’ nel suo design, sarà perché nulla di stucchevole o di inautentico compare sulle sue pubblicazioni, tra tutti questi pregi per me ne ha uno su tutti, ovvero quello di avermi fatto conoscere un autore immenso come Thomas Clayton Wolfe. Qualcuno potrebbe obiettarmi “CHI????”. Thomas Clayton Wolfe altri non è che il guru, il maestro ispiratore e penso anche spirituale non solo di Jack Kerouac, ma di tutta la Beat Generation. Ho avuto modo, non più di qualche giorno fa, di finire la lettura di “Orgogliosa Morte”, sempre di Wolfe e sempre editato da Mattioli 1885. Libro che definire una piccola e rara perla preziosa, sarebbe come sminuirlo profondamente e maldestramente. "Già in città avevo già visto la morte in faccia tre volte, e quella primavera stavo per incontrarla di nuovo. Una notte - in una delle mie caleidoscopiche e rabbiose notti di follia di quell'anno, quando vagavo ubriaco per le strade buie da mezzanotte all'alba del giorno dopo - mi capitò di vedere un uomo morire in metropolitana." Si parla dell’eterna lotta tra la Vita e la Morte, tra le periferie dell’esistenza ed un agognato benessere che sembra sempre più lontano e irraggiungibile - quasi si parlasse di un’utopia - attraverso un linguaggio che non solo è rapsodico, ma tende a fondere in maniera impressionistica tracciati autobiografici con piani più macroscopici che descrivono fondamentalmente tutta quella cultura popular e metropolitana americana a cavallo tra 1920 e il 1936 circa. Per chi dunque volesse saperne di più sulla società americana, soprattutto nel periodo compreso tra i due conflitti mondiali, in particolar modo su quella porzione di società americana fatta da rarefatte e malinconiche atmosfere dove l’incomunicabilità dell’uomo moderno emerge con atroce realismo, questo libro fa al caso suo. Imperdibile

giovedì 25 novembre 2010

Il libro del giorno: L'allegra apocalisse di Arto Paasilinna (Iperborea)

La Terra non ci sopporta più. E basta un'enorme sbronza collettiva a New York per i festeggiamenti del nuovo Millennio e uno sciopero dei netturbini di Manhattan a scatenare una disastrosa catastrofe ecologica. Ah, mondo infame! Sarà arrivata l'Apocalisse? Parigi è finita sotto sei metri d'acqua e i pesci si aggirano per le strade e i caffè di Montparnasse, a San Pietroburgo esplode una centrale nucleare, nel mondo stravolto si scatena la Terza guerra mondiale, mancano le fonti di energia e l'economia globale è crollata. Ma in mezzo ai boschi del Kainuu, nella Finlandia centrale, Asser Toropainen, un vecchio comunista "grande bruciachiese", in punto di morte ha destinato tutti i suoi beni per costruire un tempio. E tutt'attorno quest'improbabile santuario è cresciuta una comunità silvestre di gente laboriosa e gaudente che vive di caccia pesca e giardinaggio, in autarchia e prosperità, indifferente alla catastrofe universale. Un gruppo di strampalati personaggi paasilinniani tanto geniali quanto testardi, che naviga in mezzo ai marosi di un pianeta che va in malora con l'incoscienza di un'Utopia senza tempo. Paasilinna immagina un passato e un futuro nemmeno così lontani, contemplando la vanità delle ideologie e del consumismo, e le farneticazioni della nostra civiltà inutilmente complicata. E se l'Apocalisse deve venire, che venga pure. Paasilinna non è certo il tipo da farsene un problema.

DI TANTO TEMPO ( QUESTI SONO I GIORNI) di Paolo Vincenti (Luca Pensa editore)












E’ stato appena pubblicato “DI TANTO TEMPO ( QUESTI SONO I GIORNI)”, il nuovo libro di Paolo Vincenti ( Luca pensa Editore, Lecce 2010). Dopo “L’orologio a cucù ( Good times)” e “Danze moderne ( I tempi cambiano)”, le sue precedenti prove creative, questo libro segna un passo avanti sulla strada della maturazione letteraria e umana dell’autore e va a completare una ideale trilogia, indicando al tempo stesso al lettore un possibile tracciato, uno spunto, una pur vaga indicazione di quelli che saranno, se ci saranno, i percorsi futuri della scrittura di Vincenti. I temi trattati nel libro sono tanti e vari che questo lavoro creativo rende poco agevole una sua esegesi critica , per quanto mirabili e ricchi di spunti appaiono lo scritto iniziale e quello finale che corredano il testo, rispettivamente a cura di Vito D’Armento, scrittore, poeta e docente universitario, e Stefano Delacroix, cantautore e scrittore. Un sapiente mix di prose e versi, una altalena di citazioni, rivisitazioni di alcuni capolavori della narrativa mondiale, immagini, ricordi e provocazioni, un ritorno insistito sul tema del tempo, citazione delle fonti di ispirazione in calce ad ogni scritto, rimandi extratestuali, entrate ed uscite dal senso, fughe in avanti, mistilinguismo, un velo di tristezza nelle sue dolceamare riflessioni sul mondo e sulla società, sono le caratteristiche del libro e dello stile di Vincenti . “ Una riflessione sul tempo e sui brutti tempi che viviamo, in compagnia di illustri maestri, da Virgilio e Sant’Agostino, da Kant e Heidegger a Rimbaud e Sandro Penna. Con un solo obiettivo: tornare ‘dentro l’uomo’ ” ( da “Il Quotidiano di Puglia”). A breve, il libro sarà presentato ufficialmente per tutti coloro che vorranno saperne di più in merito.

Paolo Vincenti, giornalista e scrittore, vive a Ruffano (Lecce). Suoi testi sono presenti su svariate riviste salentine. Ha pubblicato: L’orologio a cucù (Good times), I poeti de L’uomo e il Mare (Tuglie 2007) -A volo d’arsapo ( Note bio-bibliografiche su Maurizio Nocera), Il Raggio Verde ( Lecce 2008) - Prove di scrittura, plaquette, Agave Edizioni ( Tuglie 2008) - Di Parabita e di Parabitani, Il Laboratorio (Parabita 2008) - Danze moderne ( I tempi cambiano), Agave Edizioni (Tuglie 2008) - Salve. Incontri, tempi e luoghi, Edizioni Dell’Iride (Tricase 2009). Oggi è anche Presidente della Pro Loco di Ruffano.

Ha scritto di lui Sergio Torsello: “Paolo Vincenti è un giovane autore salentino, uno dei più interessanti della generazione che ha appena oltrepassato i trenta. Capace come pochi di coltivare diversi registri stilistici: dal giornalismo alla storia locale, dalla poesia alla prosa. Un’attività multiforme, la sua, che si è riversata negli anni in una moltitudine di articoli - recensioni, profili di personaggi illustri del passato e anche viventi, qualche saggio, un volumetto di narrativa - a testimonianza della sua costante tendenza verso una modalità di scrittura sempre in bilico tra cronaca culturale, dettato poetico, sconfinamento nei territori dell’immaginario. […] colpisce il particolarissimo stile di scrittura dell’autore sempre oscillante tra elzerivo, reportage, cronaca, storia, invenzione creativa. E’ come se in questa affabulazione ossessiva, frammentata, animata da una passione divorante e febbricitante, l’autore non cerchi tanto l’affermazione di sé, quanto il tentativo di dare conto ( e voce) alle molteplici declinazioni espressive della cultura salentina, da quelle “minori” a quelle che hanno già conquistato le vette di una notorietà non effimera. Un cartografo dell’esistente e di memorie perdute, insomma, l’archivista di mille storie e di mille vicende. La scrittura come catalogazione infinita, strumento salvifico( per sé e per gli altri) , eterno presente che tutto richiama in vita e consegna al futuro. […] Ecco: Vincenti mi sembra uno degli epigoni di una nuova leva di studiosi, giornalisti, poeti, scrittori, operatori culturali, che nasce per filiazione diretta da quella “generazione stupenda” dei Verri, dei Toma, degli Errico, dei Nocera e di tanti altri che qui sarebbe troppo lungo elencare. Vincenti - un po’ Verri e un po’ Ennio Bonea, che recensiva tutto il possibile, dalle riviste patinate ai fogli di paese perché anch’essi significativi del dinamismo culturale di una provincia - ne è uno dei più promettenti eredi. Una personalità destinata senz’altro ad arricchire il complesso e multiforme panorama della produzione culturale salentina.”

mercoledì 24 novembre 2010

Il libro del giorno: Phantomas di Giuseppe Fiori (Manni editori)












Phantomas, il genio del male, il mago dei travestimenti e dei raggiri, il furfante più famoso di tutti i tempi, non era morto tanti anni fa? Oppure con frac, bastone e cilindro, è ancora in azione sullo sfondo di Roma? Un baule in un deposito bagagli serve a raccogliere l’eredità del famoso ladro mascherato. Ma quello da recuperare è un tesoro difficile e molto conteso. E poi, siamo proprio sicuri che si tratti di un tesoro? Il giovane erede, armato di i-Pad, dovrà risolvere il rebus a partire da pochi indizi: vecchi articoli di giornale, documenti bancari, una chiave. E dovrà vedersela con agenti segreti e un rapimento.

Giuseppe Fiori, narratore e saggista, vive a Roma. Ha pubblicato libri per ragazzi: La leggenda dell’Acanpesce (Le Monnier 2002), Celestino e Ribò (Manni 2003), Frittelle d’acqua (Manni 2006), I sogni di re straccione (Laterza 2006). È autore di gialli; tra gli ultimi: Chi ha rubato Pecos Bill? (Manni 2008) e La bella addormentata nel parco (Avagliano 2010). Insieme a Luigi Calcerano ha scritto, tra l’altro, Ladri e Guardie (Editori Riuniti 2007), Un delitto elementare (Sovera 2008) e Teoria e pratica del giallo (Edizioni Conoscenza 2009).

Pierre Souvestre e Marcel Allain sono i creatori di Fantomas. Il genio del male, un personaggio nato ai primi del Novecento, protagonista di 32 romanzi (e altri 10 scritti dal solo Allain dopo la scomparsa di Souvestre) e, negli anni Sessanta, di una serie di film per il cinema e la televisione.

Illustrazioni di Alberto Gennari

È nato e vive a Lecce. Illustratore e fumettista, ha realizzato albi della serie Gordon Link e pubblicazioni edite da Star Comics e Sergio Bonelli.

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