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domenica 16 maggio 2010

Corpo Mistico (Lab - Giulio Perrone editore): un estratto




















Wewelsburg, 24 dicembre 1933


Mio caro Karl,

Leopold Haushofer, ordinario di Scienze Mistiche e Religiose all’Università di Heidelberg e allievo del leggendario Franz Anton Mesmer, ha delineato nella sala dei Dodici, gli aspetti teorici propri della nostra ricerca. Secondo quanto da lui sostenuto, citando inoltre fonti abbastanza accreditate in questi ambiti, esiste una bio/energia trans-psichica, scaturente da una materia sottilissima che si sprigiona sul piano karmico individuale. E’ come se le anime di tutti gli abitanti del nostro pianeta, siano in grado, se adeguatamente canalizzate, di confluire in uno o più soggetti prescelti, dotandoli di poteri e facoltà straordinarie tra cui la criptomnesia, il Ganzfeld, la psicometria, la pirobazia, la precognizione, la xenoglossia, nonché la bilocazione e il viaggio nello spazio e nel tempo. Lo strumento, sempre secondo Haushofer, in grado di scatenare un potere del genere, è già dentro ciascuno di noi. Si tratta di una forza latente chiamata Volontà Mesmerica in grado di lavorare in maniera manipolativa non solo sulle cause e gli effetti nella realtà, ma anche su dimensioni parallele a quella che agiamo, fino ad oggi da tutti ignorate. Per attivare una risorsa interiore di tal sorta, la nostra squadra verrà istruita attraverso delle pratiche di meditazione indù e tibetana, in grado di ampliare cognizione e percezione, e in più ci verranno somministrate per via orale dei composti a base idro-salinica potenziati da un componente alchemico da poco creato nei nostri laboratori, in grado di sostenere prolungati sforzi fisici e mentali anche in condizioni di assoluta tensione sia psichica che organica. Domani intanto giungerà dall’India al nostro quartier generale, il maestro di realtà e illuminato Gopi Yogananda, il quale ha ricevuto l’incarico formale di essere nostro mentore per alcune sedute di addestramento speciale, direttamente da Her Himmler. Mio caro Karl, l’uomo è oramai giunto a un giro di boa: l’uomo nuovo sta sorgendo condannando la vecchia tipologia di specie ad un’esistenza minore. L’intera e indivisibile energia creatrice sarà concentrata nell’uomo nuovo. Presto i due tipi si separeranno. Uno diverrà sub-umano l’altro diverrà un dio in terra. Una nuova era di interpretazione magica del cosmo sta per cominciare. Dio è con noi: un solo Regno, un solo Popolo, un solo Condottiero!


Tuo

Jorg

sabato 15 maggio 2010

Il libro del giorno: Il piacere degli occhi di François Truffaut (Minimum Fax)



















François Truffaut (1932-1984) è stato uno dei massimi esponenti della cinematografia francese. Oltre ad aver diretto capolavori come I 400 colpi, Gli anni in tasca, Jules e Jim, L'ultimo metrò, Finalmente domenica! e La signora della porta accanto si è distinto anche come critico cinematografico, sceneggiatore, produttore e attore. Il piacere degli occhi è il libro in cui Truffaut desiderava raccogliere una selezione di ciò che aveva scritto sul cinema in quasi un trentennio di carriera, prima in veste di critico e polemista per riviste celebri quali Arts e Cahiers du cinéma, poi come cineasta affermato. Dopo la sua scomparsa, Jean Narboni e Serge Toubiana hanno ripreso il progetto sulla falsariga tracciata dallo stesso Truffaut, restituendoci in questo volume una galleria di ritratti vividi e penetranti di registi (Chaplin, Hitchcock, Welles, Spielberg), scrittori (André Gide, François Mauriac) e attori (Fanny Ardant, Julie Christie, Catherine Deneuve, Charles Aznavour), oltre a un'analisi acuta e talvolta spietata sullo stato dell'arte cinematografica: una testimonianza importante di chi ha vissuto dall'interno un periodo tra i più fecondi del cinema francese e mondiale.

Mi piacerebbe adesso di Valentina Terlato (Robin edizioni)













La grande produzione (o meglio sovraproduzione) editoriale italiana, sovente non permette di prendere in considerazione una serie di lavori nell’ambito della narrativa, della poesia, e della saggistica, che meritebbero maggiore attenzione. A volte la cortocircuitazione avviene vuoi per carente distribuzione del prodotto editoriale, o per miopia della stessa casa editrice che non si cimenta nemmeno nella promozione. Soprattutto se si pensa alle nefaste tariffe editoriali di spedizione di un libro, che il nostro governo ha fortemente voluto, forse per “favorire” la piccola e media editoria italiana. Valentina Terlato (torinese per una metà, siciliana per l’altra), vive facendo la psicologa a Roma e ha scelto la scrittura, la letteratura, come sua inseparabile compagna di viaggio. “Mi piacerebbe adesso” è la sua seconda opera letteraria che arriva dopo“Viaggi”, un titolo pre-dittivo dei contenuti di questa sua ultima fatica. “Mi piacerebbe adesso” (Robin edizioni) è un libro mobile nello spaziare da tracciati biografici in transito a storie che abbracciano luoghi, visi, emozioni. L’unica cosa certa è che il libro custodisce il segreto meraviglioso (perché pieno di vita come tutte le pagine di questo libro) di un viaggio da Roma a Vittoria (città del padre di Valentina).

“Giri l'angolo e fai un incontro che può cambiare la vita. Può essere un amore, oppure qualcuno che ti taglia la gola. Certe altre volte è un paesaggio. Questo libro è una storia di incontri. Quasi tutti in movimento”. Un libro assolutamente dedicato alla donna, dove tra le righe si muovono tante storie femminili appartenenti a un “campionario” del “gentil sesso” che si svela al lettore senza censura, senza la paura di confessare il proprio inconfessabile. Valentina Terlato racconta di donne che soffrono, ridono, piangono, sognano, amano, fanno l'amore, e ti fanno pure “fuori”. L’autrice non si limita soltanto alle descrizioni di “costume” ma scandaglia l’animo delle protagoniste e dei loro contesti, con rara finezza ed eleganza scritturale. Spirito fondante quest’opera è l’idea che la nostra vita non sia altro che un’avventura, dove talvolta scegliamo consapevolmente di non voler conoscere la destinazione del nostro vagare, in poche battute un’eterna transizione oscillante tra scoperte e fughe, a volte anche da se stessi. Pagine fitte di incontri reali, fantastici, umani o bestiali. Incontri fatti di profonde estasi e segreti pesantissimi che sarebbe meglio tacere. Storie di amore senza sesso e di sesso senza amore. Storie di premesse che non si realizzano perché, quando meno te l’aspetti, ritorni indietro e ricominci tutto di nuovo.

giovedì 13 maggio 2010

Il libro del giorno: "Hanna e Violka" (dvd, Kurummuny edizioni)



















Hanna Korszla è una delle 1.700.000 badanti presenti in Italia, vive in Salento da tre anni insieme a Gina e Antonio, un anziano ultraottantenne malato di Alzheimer, di cui si occupa costantemente. Violka è sua figlia, diciannovenne polacca senza lavoro. Le vite di Hanna e Violka si incontrano come in uno specchio scambiando i propri ruoli nella cura di ‘Ntoni. E’ così che Hanna può finalmente ritornare in Polonia a riabbracciare il resto della sua famiglia confrontandosi con un presente e con un passato difficile, mentre Violka, badante-bambina, fa i conti con un soggiorno che non si rivela essere proprio “una vacanza”. “Hanna e Violka” è un film sulla trasformazione, quella privata delle protagoniste a confronto con differenti ruoli, e quella sociale dell’Italia che invecchia, della famiglia che cambia, delle straniere venute dall’Est per diventare quasi “di famiglia” . E’ un film sulla migrazione di oggi e sulla straordinaria capacità delle donne di affrontare con forza e ironia le dure sfide del quotidiano. Dice Rossella Piccinno: “Avvicinandomi a questo tema con il mio precedente lavoro “Voci di donne native e migranti” ho sentito l’esigenza di fare un ulteriore passo in questa direzione spostando la mia ricerca dal documentario corale al film privato, dalla realtà detta alla realtà mostrata. Per questo motivo ho scelto di raccontare la vita di Gina e ‘Ntoni, miei nonni materni, e di Hanna, la loro badante polacca, avventurandomi personalmente in una riflessione che non è solo antropologica e sociale ma prima di tutto intima e personale.”


Credits


Soggetto: Rossella Piccinno | Sceneggiatura: Rossella Piccinno, Nicolas Gray, Maggie Armstrong | Regia: Rossella Piccinno | Camera: Rossella Piccinno | Cast: Antonio Cacciatore, Hanna Korszla, Violka Korszla, Giovanna Margarito | Montaggio: Rossella Piccinno | Assistenza al montaggio: Tommaso del Signore | Musica: Marco Mattei, Marco Pierini| Produzione: Rossella Piccinno, DakhlaVision, Variemani | Co-produzione e distribuzione: Kurumuny, Anima Mundi edizioni | Con il sostegno di: Apulia Film commission | In collaborazione con: Naemi, forum di donne native e Migranti | durata: 56’ | Italia 2009


Rossella Piccinno, si laurea in Cinematografia Documentaria e Sperimentale al DAMS di Bologna, per diplomarsi successivamente come Tecnico di produzione video. Debutta alla regia con il corto Intenso sei nel 2005, a cui seguono i documentari Mauritania: città-biblioteche nel deserto (2006), Occhi negli occhi-Memorie di viaggio (2007), Voci di donne native e migranti (2008), To my Darling (2008), fino al suo ultimo lavoro Hanna e Violka (2009). Attualmente è artista residente presso lo Studio Nazionale di Cinema e Arti Contemporanee “Le Fresnoy”, in Francia.

Kurumuny

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Del nostro sangue di Paolo Farina (Palomar)


















In apparenza nulla di nulla: niente movente, nessuna progettualità delittuosa, niente indizi. La scia di sangue che va da Cosenza a Bellona, è la firma di un killer che in una sorta di delirio di onnipotenza si immedesima nel ruolo di burattinaio delle vite altrui, in grado di deciderne le sorti in maniera totale e destinale. Un caso controverso dunque per il vicecommissario romano Mario Petrone, di stanza a Cosenza, soprattutto se oltre a tutti gli innumerevoli grattacapi del caso deve anche difendersi dalla boria e tracotanza del suo superiore il commissario napoletano Crocillo, figura che potrebbe non incontrare il favore dei lettori per come Paolo Farina è stato abile a renderlo vicino alla soglia dell’insopportabilità. La trama del romanzo si infittisce ancora di più quando le indagini portano da un lato verso la criminalità organizzata, la ‘Ndrangheta, La Cosa Nuova che, abbandonate le sue “radici”, si è trasformata in una vera e propria holding politica ed imprenditoriale; dall’altro lato una serie di tracce conducono gli inquirenti a indagare il mistero dei rituali dei Visigoti e della vita del re Alarico. Il vicecommissario Mario Petrone, sarà in grado con il suo acume e la sua meticolosità, partendo da pochi e deboli elementi, a sviluppare un’indagine parallela, che lo porterà alla soluzione del caso. Il tutto condito da cadute, errori, dubbi amletici che disegnano un mondo fatto da personaggi dello star system omosex, isterici e megalomani chef, chat room e gastronomia d’alta classe. Certo è che la caccia, iniziata sul Crati, a Cosenza, si concluderà con un epilogo degno del miglior noir a Roma, in modo inconsueto, sul Tevere, dove la giustizia trionferà senza se e senza . Sullo sfondo le vicende di tre uomini misogini e la redazione di una guida gastronomica che sembra non avere mai fine. Bel libro quello di Paolo Farina, edito da Palomar, che sia poi un thriller gastronomico o un noir “culinario” poco importa visto che le definizioni trovano il tempo che trovano. Si tratta di un esordio che va incoraggiato e che lascia sperare in prove future ancora più “gustose”.

Il libro del giorno: Il libro delle anime di Glenn Cooper (Nord editrice)




















È un libro, un semplice libro antico. Ma custodisce un segreto. Un segreto che è stato scritto col sangue nel 1297, da innumerevoli scrivani coi capelli rossi e con gli occhi verdi, forse toccati dalla grazia divina, forse messaggeri del diavolo. Che è riapparso nel 1334, in una lettera vergata da un abate ormai troppo anziano per sopportare il peso di quel mistero. Che, nel corso del XVI secolo, ha illuminato la strada di un teologo, i sogni di un visionario e le parole di un genio. È un libro, un semplice libro antico. Ma sta per scatenare l'inferno. Perché quel libro è stato sottratto alla Biblioteca dei Morti, la sconfinata raccolta di volumi in cui è riportata la data di nascita e di morte di tutti gli uomini vissuti dall'VIII secolo in poi.

"Manuale di Storia – Poesie 1980/2009" di Simone Pasko (Campanotto)






















Satrapi

Il burattinaio globale
ha mente lucida e pronta
incravattato e puntuale
si muove servizievole
tra New York e Mosca,

con zelo poliziesco
con metodo collaudato:
addosso agli indifesi
ad unico vantaggio
dei potenti di turno,

che solo in lui confidano,
che solo di lui si servono
quando la loro stella
per un poco s'incrina
nel buio fitto della
quotidiana rapina

(da pag. 103)

"Manuale di Storia – Poesie 1980/2009" di Simone Pasko edito da Campanotto, è un lavoro poetico in cui emergono quasi casualmente indizi, che non hanno alcunché di metafisico o esistenziale, ma che appartengono alla Storia e alla sua fenomenologia, attraverso una prosa poetica che quasi diviene un torrenziale sciabordare di parole, situazioni, accenni, rimandi che si concretizzano in un canto di lotta contro il nulla del nostro tempo, contro l’inessenziale. Una poesia - quella di Pasko – dotata di una lingua che diviene facilmente un «territorio» fra poesia e prosa, fra dicibilità e «altrove», fra riflettere e far riflettere. Manuale di Storia è una sorta di affresco, forse post-moderno, che ha una forte dimensione teatrale, sia nel tono complessivo sia nella continua realizzazione di narrazioni, visioni, che sembrano urgere e chiedere spazio. L’autore realizza così un interessante (in più punti emozionante) raccolta di versi, che prende il lettore e lo coinvolge sino in fondo.

martedì 11 maggio 2010

Il libro del giorno: "I sogni fanno rima. Il primo diario di Amici" di Pierdavide Carone (Mondadori)



















I sogni arrivano quando meno te lo aspetti, e dove ti portano lo sanno solo loro. Pierdavide ha fatto i provini per "Amici", così, tanto per gioco, "figuriamoci se prendono uno come me". Non è che fosse proprio un fan della trasmissione, ma della musica sì, accipicchia. Che passione la sua, roba da consumare i dischi di suo padre e rovinare la scrivania della cameretta a forza di usarla come batteria. Roba da cantare dove capita, per due soldi, e lavorare, per campare, dentro un casello dell'autostrada, a dare il resto e alzare la sbarra. Pierdavide non si sente regolare, nella norma, ma se lo vogliono lo prendono così, che lui a essere falso non ci riesce. E allora canta canzoni un po' fuori dalle righe, che parlano (male) della sanità e dell'industria musicale, o di certe ragazzette che vanno in discoteca. Dentro ad "Amici" scopre un mondo e così come lo scopre, con la stessa curiosità e la stessa meraviglia, lo racconta. I provini, le lezioni, i professori, la classifica. La vita un poco pazza dentro al residence, gli amori da gridare alle telecamere e quelli da tenere nascosti con cura. Gli amici trovati, quelli che se ne devono andare, oppure quelli che ti trovi a dover sfidare, chiedendoti cos'è alla fine che conta per davvero. Fin quando tutto diventa così incredibile, che non capisci più che cosa è vero e che cosa è sogno.

"La sposa barocca - sette saggi su Claudia Ruggeri" (LietoColle). Domani alla Libreria Gutenberg di Lecce















"Un sabato pomeriggio una ragazza solitaria, misteriosa, molto bella, si confessa nella chiesetta di San Lazzaro ad Alessano, piccolo centro agricolo in provincia di Lecce. Dopo essersi confessata fa la comunione. Si chiama Claudia, ha 29 anni, appare silenziosa, molto tranquilla e nulla lascia presagire quello che accadrà. È di Lecce, la sera torna a casa sua in città. Claudia trascorre la sera in casa, per leggere, forse scrivere, oppure solo pensare. All’una e trenta Claudia Ruggeri si lancia nel vuoto, si lancia dal balcone di casa sua." Era il 1996. Con queste parole Mario Desiati ricorda Claudia Ruggeri nel suo Note per una poetessa, apparso qualche tempo fa sul sito di letteratura e poesia poiein. Poiein non è l’unico sito che di recente si è occupato della poetessa salentina. Oltre a lecceweb nel giugno 2004 il sito di letteratura e poesia musicaos ri-propone, con una breve introduzione di Luciano Pagano, una sezione de "Il Matto", pubblicata nel 2000 dalla rivista underground leccese S/Pulp, con contributi di Rosanna Gesualdo e Maurizio Nocera. Il testo era stato ricavato da un’audiocassetta (attualmente custodita con cura dallo scrittore Maurizio Nocera), dove Claudia recitava i suoi versi. Ancor più di recente sul settimanale Diario tra il 30 e il 5 agosto 2004, lo scrittore e giornalista Pietro Berra, parla di "Poeti maledetti, a Lecce". Accanto a Salvatore Toma, Stefano Coppola, Antonio Verri, anche Claudia Ruggeri. Scrive Berra: "Fu a uno dei tanti incontri promossi da Antonio Verri che Claudia Ruggeri conobbe Franco Fortini. La ragazza, già distintasi in alcune letture pubbliche per la bellezza e per il modo con cui recitava i suoi versi, affidò al maestro un pugno di poesie trasbordanti di parole, un po’ barocche e un po’ decadenti. Ricevette in risposta una lettera in cui il critico-poeta le definiva collane e gioielli". Ora esce per i tipi di Lieto Colle "La sposa barocca - sette saggi su Claudia Ruggeri" un bellissimo volume prefato da Michelangelo Zizzi, a cura di Pasquale Vadalà con le testimonianze di Andrea Cassaro, Mario Desiati, Stelvio Di Spigno, Andrea Leone, Flavio Santi, Carla Saracino e Mary B. Tolusso. Un lavoro che attesta quanto ancora ci sia da dire e da fare su un personaggio di spessore e rilievo che merita di essere nelle più importanti antologie di poesia contemporanea italiana. Quello voluto dalla casa editrice comasca e dai curatori del volume, appare subito evidente come voglia essere un’opera che contribuisca a dare finalmente un approccio sistematico al verso, al respiro grandissimo di questa poetessa e al suo essere per la Poesia con generoso rispetto e amore. Dunque nulla di commemorativo, anzi si parla di uno spazio letterario dove sette autori si confrontano attraverso serratissimi punti di vista sul livello poematico della Ruggeri come è avvenuto con Bodini, Comi, Verri. Un volume assolutamente imperdibile perché testimonia la stima intorno alla verità della Poesia, e all’autenticità dell’essere Poeta di questa splendida “sposa barocca”


La sposa barocca - sette saggi su Claudia Ruggeri (LietoColle) 13 maggio 2010 h. 19,00 presso la Libreria Gutenberg di Lecce via Felice Cavallotti Intervengono Michelangelo Zizzi e Stefano Donno

Africa Social Club di Gaile Parkin (Newton Compton)



















Angel Tungaraza sfida il destino trasferendosi in Ruanda, un paese dell’Africa dove gli aiuti internazionali cancellano le ombre tetre della guerra civile facendo sperare in un futuro migliore. Ha un marito di nome Pius, cinque nipotini orfani “da sfamare” e molto, molto lavoro per tenere in piedi le fila di una vita piuttosto movimentata. Ma lei non rinuncia alla sua piccola impresa: Angel sa cucinare, dolci per la precisione, e adora preparare torte su ordinazione per le feste del vicinato e dei loro conoscenti. Una passione per i fornelli che soddisfa un bisogno forte, ma latente, che accomuna i protagonisti del romanzo “Africa social club” di Gaile Parkin (Newton Compton) : un desiderio di felicità e tanta voglia di festeggiare (anche l’evento più piccolo e insignificante magari) in una terra distrutta dal dolore. Un bisogno che quella gente può ancora soddisfare, e trovare tutti i motivi del mondo per farlo. Angel trasforma ogni torta in un’opera d'arte, la sustanziazione di un sentimento verso la persona cui il dolce è destinato, in un oggetto che solletica grandemente le papille gustative anche del lettore. Un vero e proprio atto d’amore, che è anche il far accomodare nel suo “atelier” i suoi clienti, offrire té e biscottini e farli rilassare perché si lascino andare al racconto delle loro esperienze: solo così lei riesce a essere creativa. Certe storie però non lasciano nell’indifferenza Angel, soprattutto quando sono attraversate dalla tragedia e sono così vicine alla propria. E mentre Angel ascolta e lenisce gli affanni degli altri, tra una glassa di cioccolato e una spolverata di zucchero a velo, le capita anche di dispensare “perle” di saggezza e di vita.

Il libro in questione non è minimamente da confondere con un chick lit, data la trama. Anzi la bravura della Parkin sta tutta nell’aver trovato un equilibrio narrativo per essere leggera da un lato e obiettiva sugli orrori del mondo che conosce dall’altro. Già, perché Gaile Parkin è stata per parecchio tempo a servizio di una ong in Ruanda (per la precisione tra il 2000 e il 2001), a diretto contatto con immani tragedie e proiettili in caduta libera. Un libro da non perdere perché insegna cosa significhi non girare la testa dall’altra parte quando davanti a te ci sono molti inferni, e soprattutto perché rivela come l’autrice abbia voluto restituire ai ruandesi un po’ della loro forza, e del loro calore umano.

"Gerico 1941. Storie di ghetto e dintorni" (Bollati Boringhieri) al Salone internazionale del libro di Torino 2010















Un racconto lungo, più quindici brevi storie dell'epoca della Shoah ricostruite da Argamante sul filo della memoria e della documentazione. Il luogo è la Lituania degli anni bellici, che nel 1940 aveva subito l'occupazione sovietica, per poi passare sotto il controllo tedesco nel 1941 e tornare infine sovietica nel 1944. In questi terribili frangenti, particolarmente drammatica è la sorte degli ebrei, tra umori antisemiti ampiamente diffusi nel paese, politica di sfruttamento e sterminio attuata dai nazisti e paura/speranza nei confronti dei «rossi». Cose che si conoscono, ma che qui rivivono in singoli fatti, in individui concreti ebrei e SS, lituani e tedeschi, resistenti e collaborazionisti, bambini, giovani e vecchi, uomini e donne nelle loro illusioni, nelle loro debolezze, nelle loro viltà, nella loro forza, nelle loro meschine ambizioni.
Le storie, tutte di grande interesse, sono raccontate con secchezza, con una cifra di sarcasmo ironico che fa risaltare ancora di più l'orrore. Argamante non si ritrae dinanzi agli episodi più ambigui, senza però alcun compiacimento; ci narra anche di comportamenti, nella comunità ebraica, squallidi e conniventi, certo biasimevoli da parte di noi spettatori al sicuro, ma la condanna per chi spinge l'uomo nel baratro è inesorabile.

In occasione del Salone Internazionale del Libro 2010, la casa editrice Bollati Boringhieri, presenta venerdì 14 maggio 2010, ore 15.00 al Caffè letterario, "LA DIFFICOLTÀ DI ESSERE EBREO. Gerico 1941. Storie di ghetto e dintorni" di Igor Argamante. Interverranno Igor Argamante, Roberto Cazzola, Elena Loewenthal

lunedì 10 maggio 2010

Il libro del giorno: Rosso Floyd di Michele Mari (Einaudi)






















"Mio padre si chiamava Eric Fletcher Waters. Morì ad Anzio il 18 febbraio 1944. Io sono nato 165 giorni prima della sua morte. La gente mi conosce come Roger Waters, voce, bassista e autore della maggior parte dei testi dei Pink Floyd". Inizia cosi una delle confessioni dell'immaginaria "istruttoria" che fa da spina dorsale a questo libro. Un romanzo che ricostruisce la parabola artistica dei Pink Floyd facendo coincidere i dati biografici con quelli fantastici, dando forma a un impasto unico modellato intorno a una delle band più celebrate del ventesimo secolo. A sovraintendere a questa febbrile requisitoria sono "i siamesi": due cervelli per un solo corpo, un legame conflittuale come quello che unì Roger Waters e David Gilmour. Ma qual è stato l'originario "evento scarlatto" che ha fatto dei Pink Floyd la leggenda che sono diventati? Sappiamo che Syd "Diamante Pazzo" Barrett - dopo appena due dischi e un'esperienza psichedelica dalla quale non si riprenderà mai più viene allontanato dai suoi stessi compagni. È allora che decide di rinchiudersi nello scantinato della casa di famiglia a Cambridge, in compagnia delle sue amate chitarre e di tutta la musica che ha in testa. La stessa musica che, grazie ai concerti tenuti dal gruppo, continua a fare il giro del mondo: come se il talento visionario di Barrett avesse continuato a influenzare sotterraneamente ogni canzone composta dagli altri Pink Floyd dopo il suo esilio.

Gli Incendiati di Antonio Moresco (Mondadori)



















Cosa dire dell’ultimo lavoro di Antonio Moresco. Intanto che è uscito, e da tempo sentivo una sorta di fibrillazione globale interconnessa nel mondo dei libri del nostro paese, che mi suggeriva di aspettare, pazientare silenziosamente perché il banchetto sarebbe stato molto più prelibato se gustato con lentezza. Ed eccolo dunque “Gli incendiati” che se fossi uno dei recensori accreditati di Amazon a livello internazionale, non esiterei a mettere subito cinque stelle! Il Nostro è di una grandezza ciclopica e nessuno, dico nessuno, potrebbe dire che non sia per potenza scritturale paragonabile ad un Dostoevskij, o ad un Don de Lillo. Ma naturalmente dire questo vuol dire assumere sulle proprie spalle il rischio, verificatosi anche per Moresco, di non essere debitamente valorizzati, di sentirsi non degni di annoverare il fulgore di una mente così brillante nel nostro variegato e strano mondo delle lettere. Partiamo per questo lavoro dal dire che si nota subito tra queste pagine, una sottile “liaison” ad altri suoi capolavori, ovvero “Gli esordi” poi i “Canti del caos”. Canto iperbolico interrotto all’apparenza ma completato nell’integrità di quest’opera in grado di essere sin dalle prime battute un incubatore di trans/valutazione dei valori. Siamo in un'estate molto calda, un uomo in preda ad un forte senso di disgusto verso i suoi simili e il resto del mondo, si infila in macchina e vaga senza meta. Sceglie un grande albergo in una località balneare, come zona temporaneamente autonoma dove fermarsi. Guardandosi attorno sente a pelle un elettrizzante forza derivante dal groviglio di passioni provenienti dalla marmaglia ontica che lo circonda: bambini urlanti, famiglie congestionate, e un mare impaludante che non dà refrigerio. Intanto sulle colline secche di macchia e stoppie, bruciano i fuochi estivi. Il protagonista, un killer, vive guardando gli altri contorcersi nell’autoerotismo di passioni incomprensibili, di trasporti effimeri. Poi è successo che si è materializzata vicino a lui una donna bellissima, una inaudita creatura che con accento straniero, sussurra una frase: "Vuoi bruciare con me?". Poi sparisce nel nulla proprio come nei noir anni ’60. Ritrovare la donna del mistero che gli sembra di vedere dappertutto e ogni volta gli sfugge, diventa il suo unico scopo nella vita. “Gli incendiati” di Antonio Moresco è una lettura che oscilla tra sublime e perdizione, dove in un mondo dominato dalla forza bruta, l’etica predominante scelta come bussola della narrazione, trasforma la “Filosofia nel boudoir” di De Sade in un’opera per educande.

domenica 9 maggio 2010

Il libro del giorno: Strane cose, domani di Raul Montanari (Baldini e Castoldi Dalai)



















Si può essere assassini e innocenti? Danio fa lo psicologo, è separato e ha un figlio, nervoso come tutti i ventenni. Ha anche una giovane fidanzata, e le pazienti che affollano il suo studio lo adorano. Fin troppo. Ma, soprattutto, Danio ha un segreto: è un assassino. Un assassino per caso. Nessuno lo sa tranne la sua ex moglie, l'enigmatica, magica Eliana. Il ritrovamento di un diario, abbandonato in un parco da una ragazzina, rompe il delicatissimo equilibrio che governa le sue giornate. Coinvolto in un odioso dramma famigliare, pressato dalla coscienza e seguito ovunque da un bizzarro e indimenticabile detective privato, Danio dovrà difendere se stesso e le persone che ama da una minaccia inattesa, fino a una resa dei conti rivelatrice per il senso stesso della sua esistenza.

Il Lato B di Alessandra Faiella (Fazi editore)



















Volevo leggere questo libro da tempo, troppo tempo. Sono andato dalla mia amica libraria, l’ho visto messo in bella posa sullo scaffale, pagato cash, e in men che non si dica mi sono ritrovato a casa, “acciambellato” sul divano, a leggerlo, anzi a divorarlo, con tanto di faccia sospettosa della mia donna, dato il titolo obliquo, pure troppo. Alessandra Faiella è una grande in tutti i sensi e l’ho sempre seguita da “Pippo Chennedy show” a “Zelig” sino a “Mai dire domenica”: mai stato deluso da lei. E non mi delude nemmeno come narratrice con questo suo lavoro che definisco eccellente, ottimo per i “machos” in caduta libera di testosterone, che per la novelle educande che vorrebbero, ma non osano. Faiella esce con i tipi di Fazi in pompa magna, con un lavoro ammiccante e attualissimo (vi spiegherò il perché più in là) che ha per titolo “ Il lato B”. E’ la storia di una gran bella gnocca, che qualunque giovincello con un po’ di sale in zucca e grana in tasca vorrebbe incontrare, di nome Katia G. (altro che narrativa erogena), che la sua passera la dà via a destra e sinistra, con l’unico imperativo categorico (che riscriverebbe per intero la metafisica dei costumi di Kant) di fare carriera. Un susseguirsi di amplessi più o meno trascurabili (da superdotati a minus habens, a cocainomani e giù in una carrellata di tipologie umane aberranti) fino all’incontro immane con il Capo dei Capi, quello che gliela dai, lo fai divertire sino alla sincope e ti sei sistemata a vita. Alessandra Faiella è brava a ripercorrere le vicende dell’attuale “star system” televisivo abitato da infoiati palestrati e donzelle leggere come la carta velina. Ma che cattivo che sono!!! Attualità nell’analisi della Faiella che non scende mai a compromessi con se stessa e con un mondo come quello televisivo che andrebbe riscritto e riempito di senso. "Mi chiamo Katia G. e sono una che ce l'ha fatta: da semplice showgirl sono diventata la donna più ricca del paese. Per la carriera, non mi sono fermata davanti a nulla: (…). La politica è fondamentale se vuoi arrivare al top, se vuoi superare la massa di sgallettate che ti stanno attorno” . L'ascesa di Katia G., di politico in politico, è inarrestabile. Con un personaggio molto politicamente scorretto, l’autrice porta alle estreme conseguenze i comportamenti stereotipati di tante soubrette odierne e un tipo di femminilità al servizio di soldi e carriera. Un libro intimamente perfido, ma da leggere assolutamente.

Il libro del giorno: QUOTIDIANO DEI POETI di Antonio Leonardo Verri (Kurumuny)


















Quando Atonio Verri pensò al Quotidiano dei Poeti, le sue intenzioni erano quelle di dare vita ad un’esperienza che fosse breve nel tempo. Si trattava di dimostrare che era possibile stampare e diffondere in questo paese, partendo dal profondo di una delle provincie apparentemente più lontane dal centro Italia, Lecce, un giornale che fosse solo di poesia e che sapesse parlare la lingua dei poeti […] Il Quotidiano dei Poeti ebbe due versioni. La prima (1 marzo 1989) fu quella cosiddetta “elefante rosso”. Per la sua realizzazione Antonio chiese aiuto a Francesco Saverio Dòdaro, il quale gli propose un giornale in formato A2 (42x59.4) con “modularità dattilo A4”. Per risolvere il problema del ristretto organico redazionale (Verri, Dòdaro, Nocera) optò per l’uso del dattiloscritto dell’Autore, sic et simpliciter, evitando così la composizione tipografica dei testi. Uscì a cura del Centro culturale Pensionante dè Saraceni di Caprarica di Lecce, mentre la redazione fu a Lecce, in casa di Ada Donno.Redattori: da Milano Bruno Brancher, da Parigi Geoges Astalos. A partire dal maggio 1991, il Quotidiano dei Poeti stampato con inchiostro nero e seguendo canoni più classici, si intersecò con un’altra testata, Ballyhoo-Quotidiano di comunicazione. Uscì per dodici numeri (nei giorni 17-18-19-21-22-23-24-25-26-28-29-30 maggio 1991. Il 20 e 27 maggio sono due lunedì, e come tutte le vere redazioni, Verri non ci fece lavorare). I diffusori furono: da Milano Bruno Brancher, da Bari Giuseppe Cazzolla, da Perugina Luigi Cosi, da Trento Marina Giovannini, da Belluno Alfonso Lentini, da Matera Roberto Linzalone, da Napoli Antonio Iaccarino, da Roma Franco Falasco. Il Quotidiano venne piegato e impacchettato nella redazione di Lecce. Come Verri aveva previsto, i diffusori si rivelarono molto importanti, perché ogni mattina il giornale giunse e venne diffuso nelle più importanti città italiane, grazie ad un marchingegno di trasporti che Verri si inventò attraverso una rete di collaboratori strategici nei capoluoghi di regione. Infine, nel 1989, Antonio Verri per una collana “spaginata”, ideata e strutturata da F.S.Dòdaro, pubblicò anche dieci Spagine, tutte di colore verde e numerate da una a dieci con dimensioni: 30x50. Questa del Quotidiano dei Poeti è stata una bellissima pagina letteraria di Antonio L. Verri, che oggi, debitamente rilegato e impreziosito dalla sovraccoperta con lo splendido ritratto di Antonio Massari, vede la luce quale omaggio al suo ideatore. (Maurizio Nocera)

Ma la figura di Antonio Verri non si circoscrive alla sola definizione di aurore. Tutte le testimonianze esaltano le sue capacità di catalizzatore, ideatore, esortatore di azioni, sconfinatore di rotte provinciali. Ora, la storia culturale universale ci insegna che movimenti, fermenti, situazioni di vera creatività nascono spesso proprio così:in fervorose azioni di gruppo, attorno a persone di tal sorta, con semi gettati nel cuore e nella terra, con stimoli lanciati dal sogno e dalla parola, con azioni brevi e intense capaci di scombussolare - anche con una risata di derisione, anche con deliri astrusi – il quieto sopore ufficiale. Figura come quelle di Antonio Verri confermano l’esistenza di un paradigma esistenziale e creativo che è valvola di sicurezza della poesia. Senza persone come loro la poesia morirebbe asfittica. Non a caso, parlando dei poeti pubblicati nella sua “babele di iniziative…, Antonio Verri, nel 1990, dichiarava: Si tratta di poeti che appartengono a una specie diversa a volte primitiva e barbara, a volte così fine, meticolosa, spigolosa. Facili a perdersi, a divorare a disperdersi. Insomma, di poeti che scuotono la sonnolenta pratica poetica. Quanto di questa vulnerabilità a perdersi e disperdersi si trova minacciata dalle difficoltà oggettive? Intervistato sulle difficoltà incontrate, Antonio Verri ammetteva: difficoltà a non finire, da non credere. Assessori che ti fanno perdere l’allegria, accademici spenti, lettori che puntualmente disertano le librerie. Di positivo c’è solo di poter operare in una terra vergine, come vecchi-giovani pionieri. Messaggio più chiaro non poteva esserci. (Toni Maraini)

Kurumuny

Mary Terror di Robert McCammon (Gargoyle's Books)

















Siamo ad Atlanta nel 1989: apparentemente integrata nel flusso produttivo dei ruggenti anni Ottanta, come vice-direttrice del turno di giorno in un Burger King, Mary è, in realtà, una pluriomicida che vive da parecchi anni in clandestinità, fabbricandosi di continuo identità diverse per mimetizzarsi. Tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi dei Settanta, è stata un'esponente dello Storm Front, gruppo politico terrorista di stampo eversivo, sorto con lo scopo di "combattere per la libertà dei cittadini e dei loro diritti contro lo Stato stupratore di coscienze". La donna ha partecipato a un'efferata serie di crimini conclusasi con la morte di 13 persone - la maggior parte delle quali poliziotti -, la grave menomazione di due uomini e un'adolescente, e lo sfiguramento di un agente federale. Pur essendo ricercata in tutti gli Stati Uniti, di lei si sono perse le tracce dal 1972, quando lo Storm Front è stato falcidiato dall'FBI in un'imboscata. In questi 17 anni, però - agevolata anche dall'uso di stupefacenti che la fanno vivere sospesa in un mondo interiore allucinato e stravolto - Mary non ha smesso di rimpiangere la militanza nello Storm Front, e l'amore per Jack Gardiner, capo carismatico del gruppo da cui aspettava un figlio, perso proprio a causa delle ferite riportate nell'ultimo conflitto a fuoco. Finché un giorno, leggendo un annuncio sulla rivista "Rolling Stone", Mary non si convince che i reduci del gruppo siano stati riconvocati all'azione da "Lord Jack". Stiamo parlando di una vera e propria odissea distruttiva nel cuore nero dell'America.

Mary Terror è un romanzo che non si dimentica facilmente a causa della primordialità del tema trattato: quello dell'orrore del disincantamento, della perdita di qualsiasi speranza vitalistica, e della non rassegnazione che si concreta in violenza, arrendendosi definitivamente alla follia. Né si dimentica facilmente la figura di Mary Terror, imbozzolata nelle sue tiranniche ossessioni, che l'hanno portata a tradurre i suoi ideali di uguaglianza e giustizia sociale in crudeli pratiche terroristiche, è un'amazzone disperata che suscita orrore e pena nel contempo. Con una prosa incendiaria, una caratterizzazione intensamente efficace di personaggi e ambienti, un ricorso sapientemente centellinato a un horror visionario e psichedelico, McCammon ci consegna un'opera straordinaria dove la percezione di ciò che stiamo leggendo muta di pagina in pagina in maniera vertiginosa - thriller psicologico, dramma civile, brutale amarcord on the road, fiction politica -, parallelamente ai registri stilistici che vanno dalla suspense adrenalinica, al flusso di coscienza, dal grottesco all'elegia.



Nato a Birmingham (Alabama) nel 1952, Robert McCammon è uno dei massimi autori horror statunitensi, vincitore più volte del Bram Stoker Award. Ha pubblicato numerosi racconti brevi e 13 romanzi, tra questi Baal (1978), Loro attendono (1980), Hanno sete (1981, Gargoyle 2005, Mondadori 2008), La Via Oscura (1983, Gargoyle 2008), il fluviale e apocalittico Tenebre (1987), L'ora del lupo, Mary Terror, Il ventre del lago (1991, Bram Stoker Award 1991, World Fantasy Award 1992), L'inferno della palude (1992). Nel 2007 è uscito The Queen of Bedlam, secondo romanzo della trilogia.


www.robertmccammon.com

sabato 8 maggio 2010

Il libro del giorno: Dove gli uomini diventano eroi di Jon Krakauer (Corbaccio)




















Patrick Daniel Tillman (1976-2004) è stato un famosissimo giocatore di football americano che in risposta agli attacchi dell'11 settembre abbandonò una folgorante carriera e si arruolò nei Rangers. Venne ucciso in Afghanistan da "fuoco amico". La morte di Tillman divenne una controversia nazionale quando si scoprì che il Pentagono non solo aveva tenuto nascoste per settimane le reali circostanze della sua morte, ma aveva intenzionalmente dato notizie false al fine di costruire un mito eroico per ottenere consenso dall'opinione pubblica sulla guerra. Krakauer racconta l'odissea tragica di Tillman mettendo in luce il suo carattere ed esaminando al tempo stesso le circostanze ancora poco chiare della sua uccisione. "La vita e la morte di Tillman hanno commosso milioni di persone. Questo libro non è una biografìa, bensì il mio tentativo di comprendere i motivi profondi dell'animo umano. Come "Nelle terre estreme" anche qui desidero entrare nell'anima di una persona che ha tutto dalla vita e che vi rinuncia in nome di un ideale superiore." Basandosi sui diari e le lettere, sulle interviste alla moglie e agli amici, parlando con i commilitoni e recandosi personalmente in Afghanistan, Krakauer ci presenta il ritratto di una personalità complessa, fatta di umiltà, senso del dovere, patriottismo ma anche egocentrismo e machismo e ci regala un altro viaggio sconvolgente... nelle terre estreme.

Le donne di Tunisi di Alessandra Bianco















Coltivano il sogno di diventare un esempio per tutto il mondo arabo e per questo sono attivissime nella vita politica del loro paese. “Essere deputato significa essere tunisina” ci ha detto Ben Hassine Zeineb deputato alla camera per il partito costituzionale democratico al lavoro insieme a tutto il governo per ottenere quelle numerose, piccole e grandi conquiste in ambito educativo, sanitario, sociale, economico, culturale e sportivo che hanno già reso il paese del Nord Africa tra i più occidentalizzati, ma che auspicano a diventare sempre di più.

Moderazione, tolleranza, uguaglianza sono le carte vincenti di una nazione in cui le donne costituiscono un terzo dei docenti universitari, più del 50% degli studenti, più di un quarto dei giudici e una forte presenza in Parlamento.

Abir Moussy, sottosegretario del partito costituzionale democratico si occupa di donne da sempre, nonostante non abbia nemmeno 40 anni. Spiega che “dal 1956, da quando venne abolita e punita la poligamia, ai mariti fu impedito il divorzio unilaterale ed attribuite alle donne più diritti di custodia dei figli, tutto è cambiato e sono venute meno quelle forti discrepanze tra uomo e donna”.

Il resto lo ha fatto il presidente Zin el Abidin Ben Ali. E’ sua la volontà politica di creare prestigio intorno alla figura della donna tunisina. Un approccio modernista ed una visione riformatrice globale e profonda, hanno permesso di perfezionare l’uguaglianza nei diritti tra i due sessi e confermato per la donna la posizione di partner che agisce indistintamente in tutti i campi della vita.

Le norme giuridiche realizzate in favore delle donne si sviluppano così, attorno ad un sistema legislativo avanguardista che si basa su dei principi immutabili. Tra questi, il riconoscimento delle donne in quanto parte integrante del sistema dei diritti dell’uomo, la soppressione del diritto di obbedienza della sposa al proprio marito e la sostituzione ad esso del principio di uguaglianza nell’educazione dei figli e nella gestione degli affari familiari.

Un cambiamento in qualità, insomma, che si basa su una convinzione radicale del Presidente tunisino non potrà mai esserci alcun progresso né modernizzazione senza la partecipazione attiva della donna, simbolo di sapere, creatività, competenza e maturità, motivo di fierezza per la società e un faro luminoso per le generazioni future.


in foto Abir Moussy

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venerdì 7 maggio 2010

Il libro del giorno: Critica delle nuove schiavitù di Yves Charles Zarka e Gli Inattuali (Pensa Multimedia)





















Perché la democrazia che è, principalmente, un regime di libertà può degenerare in schiavitù? La questione non è nuova e figura già nel pensiero politico di Platone ed Aristotele per i quali questa deriva si inscrive nella natura del regime stesso. La ritroviamo ancora nei primi pensatori della democrazia moderna, in particolare in Alexis de Tocqueville, secondo cui la democrazia è continuamente messa a confronto con una temibile alternativa: promuovere il piacere della libertà o, al contrario, degradarsi in schiavitù dei costumi e delle opinioni. Che tale schiavitù democratica – una tendenza per la quale la democrazia si auto-distrugge – non sia l’esito di una costrizione esterna ma rinviene le sue risorse nella volontà dell’individuo è noto da tempo grazie al concetto di servitù volontaria di Etienne de la Boetie. Perché allora parlare di nuove schiavitù? Perché oggi non è più tempo e luogo di scrivere “contro qualcuno”. È cambiata la figura del padrone, non c’è più un padrone personale, un tiranno che tiene in suo potere una moltitudine spaventata, ma un padrone anonimo, senza volto né nome che instaura un nuovo tipo di dominio e nuove schiavitù. Sono proprio queste nuove schiavitù – analizzate dal punto di vista antropologico, economico, etico, sociologico e filosofico-politico – l’oggetto del presente volume con la finalità di ripensare, alla luce dei problemi del nostro tempo, la libertà civile (individuale e
politica).





Non piangere coglione di Amedeo Romeo (Isbn)



















Non è un romanzo come gli altri. Ci posso mettere la mano sul fuoco … e non bruciarmela. Primo elemento che lo fa saltare fuori dal “mucchio editoriale selvaggio italiano” dei nostri ultimi tempi, è una certa malsana passione per un’ossessione autolesionistica del protagonista incapace di accettarsi e di accettare l’altro. Cattiveria allo stato puro! Il cortocircuito letale per Andrea Morini (il coglione…forse) è l’incontro con Lena, alla trentasettesima settimana di gravidanza, che aspetta un bambino da un uomo che la sta per lasciare. Lena, è uno splendido esempio di come il disequilibrio apparente dato da una variabile x nell’esistenza magari di ognuno di noi (cioè lei – in questo caso - nella vita di Andrea) si trasformi in una costante, in una vera e propria ancora di salvezza.

Si avvicina il momento del parto. Morini vorrebbe mettere lui alla luce Ada, in un processo di simbiontizzazione con la gravidanza di Lena, in un turbinio di esplosioni emozionali che simultaneamente e su due piani ontologici annichiliscono il lettore e distruggono la mente e il corpo del protagonista. Amedeo Romeo racconta fondamentalmente una vicenda tristemente umana e in bilico tra tragedia e folle leggerezza. Un risultato più che brillante visto che si tratta di un romanzo d'esordio. Il suo "Non piangere coglione" (ricordiamoci per dovere di cronaca musical-letteraria "Una faccia in prestito" di Paolo Conte), è un lavoro che minimo ti sta anche dando delle dritte su come gestirti le varie cose nella vita, e spingendoti magari a chiederti in maniera soliloquiale“… chi sei, cosa vuoi, e che ci fai nel posto dove ti trovi ora” … domande esistenziali fondamentali? Certamente e della peggior specie, ovvero di quelle che ti sbattono in faccia i tuoi lati più neri, le tue peggiori perversioni, le tue paure, i tuoi desideri da tenere ben nascosti nell’armadio, insieme magari a quei sogni che non vorresti mai si realizzassero.

L'incipit di questo romanzo è eccitante, coraggioso e contagioso. Perde qualche colpo nelle pagine centrali perché ormai alla pazzia di Morini uno ci fa il callo, e dunque la tensione s’ammoscia inevitabilmente. Ci vuole a questo punto un colpo di classe … e qui Amedeo Romeo “al 90°” ce la fa, e ti spiazza con una conclusione potentissima, degna di un ko. "Non piangere coglione" è il canto di una ritrovata verve per la zoppicante letteratura italiana post-Anni Zero che finalmente trova il suo cantore.

giovedì 6 maggio 2010

Il libro del giorno: Dicembre è un mese crudele di Elizabeth George (Longanesi)




















In uno sperduto villaggio del Lancashire muore avvelenato, dopo una cena in casa di una conoscente, il parroco Robin Sage. Di lì a poco arrivano in paese, per una vacanza fuori stagione, il patologo Simon St. James e la moglie Deborah, che aveva casualmente conosciuto il sacerdote a Londra. La scoperta della disgrazia li trascina tra le ombre più cupe di quei luoghi, sui quali aleggiano ancora antiche storie di stregoneria. L'inchiesta del coroner si è già conclusa con il verdetto di morte accidentale, ma Simon non ne è convinto, e decide di convocare il suo amico, l'ispettore Lynley, presto raggiunto dal sergente Barbara Havers. I quattro vengono così sommersi da una realtà in cui tutto è continuamente messo in dubbio. Com'è possibile che un'esperta erborista abbia inconsapevolmente offerto della cicuta al parroco? Nei panni di una mite perpetua si nasconde davvero una devota seguace dei culti pagani della Dea? E possibile leggere il destino di un uomo nel palmo della sua mano? In un clima di sospetti e pettegolezzi che rendono indecifrabili i volti del crimine, l'ispettore Lynley è costretto ad affondare sempre di più la lama delle indagini per riuscire a portare alla luce la verità. Una verità dal sapore amaro e crudele.

Ed io parlo, scrivo e fumo di Giovanni Bernardini (Lupo editore). Intervento di Luciano Pagano



















Dopo una attesa ragionevole viene pubblicato – per i tipi di Lupo Editore nella collana Topkapi – “Ed io parlo, scrivo e fumo“, di Giovanni Bernardini, raccolta tesa tra il genere memoriale e l’autobiografia per diari, scritti per oltre cinquanta anni dallo scrittore pescarese naturalizzato salentino. Come è scritto nella prefazione, della quale è autore Stefano Donno (curatore del volume) “Bernardini non è uno scrittore periferico, come lui stesso in più di qualche occasione tende ostinatamente ad affermare, proprio perché questa sua ‘modestia’ contrasta con una qualità di stile che solo un vero scrittore e non un semplice mestierante, è in grado di mettere nero su bianco”. Ce ne accorgiamo scorrendo le pagine nelle quali la biografia e i fatti della vita quotidiana si intrecciano alle vicende e ai personaggi letterari, senza risparmiare nessuno né risparmiandosi, con quel cinismo che a volte resta l’unica lente ottimale per osservare il mondo senza esserne troppo disgustati, proprio in virtù del grande sentimento che ci lega, volenti o nolenti, ai nostri contemporanei. Un pensiero di Bernardini, scritto il 15 maggio del 1996, recita “Una persona non mediocre in un ambiente di mediocri è irrimediabilmente condannata alla solitudine”.La lucidità e la critica di Bernardini – sociale e soprattutto politica – investono chi ci mal-governa e mettono a nudo chi si fa governare senza sviluppare un pensiero critico. Ciò che resta dalla lettura di questo libro è senza dubbio una testimonianza rilevantissima di un pezzo di storia del nostro paese, dal 1952 ai giorni nostri; se è vero, come scrive l’autore in un frammento datato 12 dicembre 2008, che “nessun libro pubblicato può restaurare la vita d’un vecchio. Può concedere solo un momento d’illusione, una fugacissima gioia”, è anche vero che la raccolta dei diari di uno dei nostri intellettuali più importanti, non potrà che aiutarci a restituire a noi stessi un’immagine di quello che è stato il secolo scorso, senza ipocrisia. Interrogare questo libro ci sarà utile, quindi, a interrogarci e recuperare quelle memorie storiche, flash, ricordi, presi da un tempo che altrimenti rischiamo di smarrire per sempre.


Giovanni Bernardini, originario di Pescara si stabilisce nel Salento dove vive tuttora. Ha collaborato come pubblicista a riviste e periodici. Ha scritto racconti, romanzi, testi giornalistici e poesie che hanno riscosso il favore dei lettori e per i quali ha vinto vari premi. Bernardini è stato maestro per generazioni di studenti nei licei leccesi. Impegnato socialmente e politicamente, ha ricoperto anche, tra il 1992 e il 1993, la carica di Sindaco del comune dove vive (Monteroni di Lecce).

mercoledì 5 maggio 2010

Il libro del giorno: La vendetta di Siviglia di Matilde Asensi (Rizzoli)





















1606. Catalina Solís scruta l'orizzonte, mentre a bordo della Sospechosa fa rotta verso il Vecchio Mondo. Alla notizia che il padre adottivo Esteban Nevares è prigioniero nelle carceri reali di Siviglia, la bella Catalina, da poco rimasta vedova, ha lasciato l'isola di Margarita nei Caraibi per raggiungerlo. E scoprire che dietro il suo arresto c'è un nemico molto potente: la famiglia dei Curvo, commercianti senza scrupoli che si sono arricchiti con l'argento delle Americhe, e di cui Esteban conosce un infamante segreto. Ormai in punto di morte per le torture subite in carcere, il vecchio mercante fa giurare alla figlia di vendicarlo: fino a quando anche uno solo dei fratelli Curvo sarà in vita, la sua anima non avrà pace. Vincolata a questo giuramento di sangue, Catalina si appresta a mettere in atto la sua terribile vendetta. Lo farà con l'arma più potente: la seduzione. Aiutata da un'anziana curandera e da una fascinosa prostituta, introducendosi nei bordelli e nei salotti più influenti della Siviglia opulenta e incantatrice del Siglo de Oro. Catalina userà tutto il suo fascino e la sua astuzia per portare infine a compimento la promessa fatta al padre.

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