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martedì 11 maggio 2010

Africa Social Club di Gaile Parkin (Newton Compton)



















Angel Tungaraza sfida il destino trasferendosi in Ruanda, un paese dell’Africa dove gli aiuti internazionali cancellano le ombre tetre della guerra civile facendo sperare in un futuro migliore. Ha un marito di nome Pius, cinque nipotini orfani “da sfamare” e molto, molto lavoro per tenere in piedi le fila di una vita piuttosto movimentata. Ma lei non rinuncia alla sua piccola impresa: Angel sa cucinare, dolci per la precisione, e adora preparare torte su ordinazione per le feste del vicinato e dei loro conoscenti. Una passione per i fornelli che soddisfa un bisogno forte, ma latente, che accomuna i protagonisti del romanzo “Africa social club” di Gaile Parkin (Newton Compton) : un desiderio di felicità e tanta voglia di festeggiare (anche l’evento più piccolo e insignificante magari) in una terra distrutta dal dolore. Un bisogno che quella gente può ancora soddisfare, e trovare tutti i motivi del mondo per farlo. Angel trasforma ogni torta in un’opera d'arte, la sustanziazione di un sentimento verso la persona cui il dolce è destinato, in un oggetto che solletica grandemente le papille gustative anche del lettore. Un vero e proprio atto d’amore, che è anche il far accomodare nel suo “atelier” i suoi clienti, offrire té e biscottini e farli rilassare perché si lascino andare al racconto delle loro esperienze: solo così lei riesce a essere creativa. Certe storie però non lasciano nell’indifferenza Angel, soprattutto quando sono attraversate dalla tragedia e sono così vicine alla propria. E mentre Angel ascolta e lenisce gli affanni degli altri, tra una glassa di cioccolato e una spolverata di zucchero a velo, le capita anche di dispensare “perle” di saggezza e di vita.

Il libro in questione non è minimamente da confondere con un chick lit, data la trama. Anzi la bravura della Parkin sta tutta nell’aver trovato un equilibrio narrativo per essere leggera da un lato e obiettiva sugli orrori del mondo che conosce dall’altro. Già, perché Gaile Parkin è stata per parecchio tempo a servizio di una ong in Ruanda (per la precisione tra il 2000 e il 2001), a diretto contatto con immani tragedie e proiettili in caduta libera. Un libro da non perdere perché insegna cosa significhi non girare la testa dall’altra parte quando davanti a te ci sono molti inferni, e soprattutto perché rivela come l’autrice abbia voluto restituire ai ruandesi un po’ della loro forza, e del loro calore umano.

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