Cerca nel blog

lunedì 29 novembre 2010

Scarlett Thomas "Il nostro tragico universo" (Newton Compton editori)



















"Stavo leggendo come sopravvivere alla fine dell'universo quando ricevetti un SMS dalla mia amica Libby. Diceva: Possiamo vederci all'Argine tra quindici minuti? Enorme disastro. Era una domenica fredda dei primi di febbraio, e io l'avevo passata in gran parte rannicchiata a letto, nel mio umido e diroccato cottage a Dartmouth. Oscar, il responsabile della rubrica dei libri nel giornale per cui scrivevo, mi aveva spedito da recensire La scienza dell'immortalità di Kelsey Newman, insieme a un biglietto dove indicava la data di consegna. In quei giorni avrei recensito di tutto perchè avevo bisogno di soldi. In fondo non era così male: mi ero fatta un nome recensendo libri scientifici, così Oscar mi riservava sempre i migliori. Christopher, il mio ragazzo, lavorava come volontario nel settore della conservazione dei beni culturali, perciò toccava a me pagare l'affitto. Non rifiutavo mai una commissione, anche se non sapevo affatto cosa avrei potuto dire sul libro di Kelsey Newman e sulla sua idea di sopravvivere oltre la fine del tempo. "

Può una storia salvarci la vita? Si può sfuggire allo scorrere del tempo, come scrive l’autore di “La scienza dell'immortalità”? Quale misteriosa relazione unisce una strana creatura apparsa a Dartmoor, una nave in bottiglia, il tracciato di un ricamo all’uncinetto e le fate di Cottingley? Tra una recensione da consegnare e un libro da scrivere, Meg Carpenter si barcamena nella vita di tutti i giorni senza porsi troppe domande. Certo, il suo fidanzato è il classico inetto, lei nutre un’insana passione per un uomo impegnato e molto più grande, e arrivare alla fine del mese non è mai una passeggiata. Ma Meg è convinta che interrogarsi sui misteri del suo tragico universo non servirebbe a molto. Fino a quando un improbabile libro di pseudoscienza non le fa cambiare idea… Tra psicologia e tarocchi, filosofia e humour, enigmi buddisti e teoremi di fisica, antiche cosmologie e leggende fatate, Scarlett Thomas ci regala un altro travolgente giro di giostra nella migliore letteratura: quella che fa sognare, appassionare e insieme riflettere sui grandi temi della vita.

domenica 28 novembre 2010

Il libro del giorno: Peter & Chris - I Dioscuri della notte (Gargoyle Books)
















Poche coppie dello schermo hanno influito tanto profondamente sull'immaginario collettivo quanto quella formata da Peter Cushing e Christopher Lee. Nel corso delle rispettive, lunghe carriere, i due attori si sono cimentati nei piu' svariati tipi d'interpretazione, ma la consacrazione a icone internazionali e' avvenuta sul terreno dell'horror. A partire dai primi e ormai leggendari film in coppia per la Hammer, The Curse of Frankenstein (1957) e Dracula (1958), e via via di pellicola in pellicola, Cushing che muore nel '94, e Lee ancora oggi attivissimo a quasi novant'anni hanno saputo intessere un rapporto professionale e personale di profonda amicizia. Caratterialmente dissimili ma complementari: dotato di straordinario calore umano Cushing, aristocraticamente burbero e affettuoso Lee. Diversi per vissuto e ambizioni, e tuttavia accomunati da una tenacia che affiora nei rispettivi personaggi. Capaci di esprimere una comune britannicita' anche nei frequenti ruoli stranieri o esotici. Entrambi eclettici e ricchi di doti artistiche (Cushing modellista, pittore, ornitologo; Lee cultore di storia, golfista, viaggiatore), questi Dioscuri della notte in transito incessante sullo schermo tra castelli e sepolcri rappresentano una testimonianza dello spessore professionale e personale che puo' star dietro a film etichettati come 'popolari'. Mai consumate in stereotipi, le maschere offerte da Cushing & Lee hanno spalancato all'Occidente del secondo Novecento una rinnovata galleria di mostri gotici. Con loro si e' affermato un sofisticato sistema simbolico di enorme impatto sul pubblico ancora nell'eta' di Twilight, come del resto testimonia un diffuso e appassionato culto che corre tuttora sul web, a riconoscere nella storia di questo tandem un'appassionante epopea umana e cinematografica, ma insieme un capitolo fondamentale delle mitologie dell'uomo moderno.

A Mantova di Raffaele Gorgoni












I

A Mantova! A Mantova

dove chi cerca trova

ispirazione sapida

rapida applicazione

nuvole di parole

e favole benevole

pronte a lenire l’ansia

che feroce si annunzia

già lungo l’autostrada

Mi fermo in motel

wurstel e decibel

indigestione acustica

che scortica il cervello

Al bar mi coglie un rovello

Nel bazar mi aggiro un po’ brillo

incupito tra libri e rasoi

Gli spermatozoi mi tornano in gola

Una frivola spesa di condom assai

A Mantova! A Mantova!

Non si sa mai.


II

Son qua, al Festival della Letteratura

Mi sento di me stesso una caricatura

Non leggo libri, neppure recensioni

Non leggo i bugiardini, solo i rotoloni

Regina scorro al cesso

in intestinal regresso

Mi da concentrazione

per un’operazione

non delegabile

Il bianco è più leggibile

della prosa più ardua

Lo scarico risciacqua

il mio passato prossimo

come un dannunzianesimo

appena digerito

l’abbacchio a scottadito

le fragole alla panna

Sbircio una minigonna

saggistica alquanto

disegna come un guanto

natiche letterarie

che ispirazioni aviarie

inducon prepotenti

Mantova! Che tormenti!

sabato 27 novembre 2010

Il libro del giorno: Per grazia ricevuta di Valeria Parrella (Minimum Fax)





















Per grazia ricevuta ha confermato definitivamente Valeria Parrella come una delle voci più fresche, originali e potenti della nuova narrativa italiana, riscuotendo un grande successo di critica e di pubblico in Italia e all’estero. Dopo il fortunatissimo esordio di mosca più balena, che ha vinto il Premio Campiello Opera Prima, nel suo secondo libro Valeria Parrella racconta una Napoli lontana dal folklore e dalla retorica, fra corrieri della droga ed eleganti gallerie d’arte, tipografie clandestine e giovani laureate che vogliono strapparsi alla dimensione soffocante della periferia; storie di uomini e (soprattutto) di donne impegnati a inseguire i propri desideri affrontando il mondo con ironia e coraggio. Nel 2005 il libro è entrato nella cinquina dei finalisti al Premio Strega.

Dicono i tuoi pettini di luce di Paolo Carlucci (EdiLet - Edilazio Letteraria)





















«La Tuscia... A poco a poco, col volger degli anni, ho potuto godermela tutta, contrada dopo contrada, comprese le incantevoli propaggini maremmane. Ho potuto amarla nella sua multiforme unicità. Alla domanda a bruciapelo: “Cosa ricordi di più unico?”, la prima risposta sarebbe: “La Civita di Bagnoregio col suo lungo ponte”. Non è un caso se Paolo Carlucci le dedica un nucleo poetico tra i più squisiti dell’intero libro: “Un ciuffo di case / di mura in rovina / nere preghiere di vita / nel sole che muore”. E il canto seguita... Certo, soltanto in un tempo “unico”, “speciale”, “altro” rispetto al tempo banale, possono trascorrere ore come Le ore di Civita: “Nel tormento del giorno / nel lenzuolo di pietre / il calvario di luce / snida dal silenzio / il vento”. La seconda risposta sarebbe forse: “L’eccezionale abbinamento delle due splendide chiese medievali di San Pietro e Santa Maria Maggiore a Tuscania”, scosse dal terremoto di alcuni anni or sono. Ma leggiamo il poeta: “Tra questi sassi violati / dalla collera della Terra / stanno due chiese”. E poi: “Dilaga / dai rosoni / la luce”, che è anche luce del sacro. Il sacro irradia di sé tutto il luogo; e lo ritma la misura assorta e commossa dei versi: “Lasciatemi qui / tra questi calendari di tufo / tra queste vecchie rupi / sacre di millenni. // Qui stanno / solo le cicale / oranti nel sole”. Ottimo preambolo alle innumerevoli attrattive dell’arte e del paesaggio campestre, boschivo, lacustre, così intriso di storia, religiosa e profana. Onnipresente e fondante – come in musica un bordone o un basso continuo – la presenza magica e sacra del sostrato etrusco. Non è facile evocarla senza incorrere in richiami archeologici, in compiacimenti culturali. Ma Carlucci, per esempio, in questa agile ci riesce egregiamente: “Qui / dove il tufo si veste / di malva tra le macchie, / l’ombra sfuggente / della vita / ho visto guizzare / tra i cardi / l’odore del mare”. La Tuscia ha dunque trovato il suo poeta».
Dalla Prefazione di Emerico Giachery

Notturno alle mura di Viterbo
Vestali di pietra, cuspidi di un fuoco
stanno nella notte di luce
queste mura antiche.

Muto filare d'ombra di sassi
dall'incuria assassinati
tra l'erba e il cielo,
sotto il fuoco della memoria
di un pianto sereno di stelle

venerdì 26 novembre 2010

Il libro del giorno: Blood Dreams di Kay Hooper (Leggere editore)





















Quando pensano di essere sole... quando pensano di essere al sicuro... Lui le guarda, le segue, le aspetta, invadendo i loro sogni più intimi. È il tipo di assassino che più si teme. Un essere privo di vincoli, senza freni né coscienza. E l'identità della sua ultima vittima, la figlia di un importante senatore, è la riprova del fatto che nessuno può considerarsi al sicuro. Questo è un caso senza precedenti anche per il detective Bishop. Sono anni che si serve dell'aiuto di poliziotti dotati di poteri psichici, ma ora questo sembra non bastare più. È così che ingaggia Dani e Paris, due gemelle dalle sorprendenti abilità paranormali. Gli incubi e i mostri della mente sono una costante nella vita di Dani. Ma seguire le tracce di un predatore in carne e ossa, forse, è al di fuori delle sue possibilità. Dani vorrebbe dimenticare quel sogno di morte che si ripete all'infinito, del quale solo la conclusione rimane sempre immutata. Purtroppo non ha scelta. Perché la violenza è andata oltre, e sta invadendo la sua sfera privata. Perché è l'unica in grado di mettere fine a questo orrore. Ed è l'unica a sapere come andrà a finire la caccia. E sarà sangue, fuoco, morte. Ciò che Dani non sa è chi di loro ne uscirà vivo...

Orgogliosa Morte di Thomas Clayton Wolfe (Mattioli 1885)











Lontani dal glamour dei salotti letterari dell’editoria italiana, lontani dalle convenzioni e dagli stereotipi del mercato del libro nostrano, da tempo seguo una splendida casa editrice Mattioli 1885, che con il suo rigore e il suo buon gusto, mi ha fatto innamorare dei suoi libri. Sarà per il ‘minimalismo’ nel suo design, sarà perché nulla di stucchevole o di inautentico compare sulle sue pubblicazioni, tra tutti questi pregi per me ne ha uno su tutti, ovvero quello di avermi fatto conoscere un autore immenso come Thomas Clayton Wolfe. Qualcuno potrebbe obiettarmi “CHI????”. Thomas Clayton Wolfe altri non è che il guru, il maestro ispiratore e penso anche spirituale non solo di Jack Kerouac, ma di tutta la Beat Generation. Ho avuto modo, non più di qualche giorno fa, di finire la lettura di “Orgogliosa Morte”, sempre di Wolfe e sempre editato da Mattioli 1885. Libro che definire una piccola e rara perla preziosa, sarebbe come sminuirlo profondamente e maldestramente. "Già in città avevo già visto la morte in faccia tre volte, e quella primavera stavo per incontrarla di nuovo. Una notte - in una delle mie caleidoscopiche e rabbiose notti di follia di quell'anno, quando vagavo ubriaco per le strade buie da mezzanotte all'alba del giorno dopo - mi capitò di vedere un uomo morire in metropolitana." Si parla dell’eterna lotta tra la Vita e la Morte, tra le periferie dell’esistenza ed un agognato benessere che sembra sempre più lontano e irraggiungibile - quasi si parlasse di un’utopia - attraverso un linguaggio che non solo è rapsodico, ma tende a fondere in maniera impressionistica tracciati autobiografici con piani più macroscopici che descrivono fondamentalmente tutta quella cultura popular e metropolitana americana a cavallo tra 1920 e il 1936 circa. Per chi dunque volesse saperne di più sulla società americana, soprattutto nel periodo compreso tra i due conflitti mondiali, in particolar modo su quella porzione di società americana fatta da rarefatte e malinconiche atmosfere dove l’incomunicabilità dell’uomo moderno emerge con atroce realismo, questo libro fa al caso suo. Imperdibile

giovedì 25 novembre 2010

Il libro del giorno: L'allegra apocalisse di Arto Paasilinna (Iperborea)

La Terra non ci sopporta più. E basta un'enorme sbronza collettiva a New York per i festeggiamenti del nuovo Millennio e uno sciopero dei netturbini di Manhattan a scatenare una disastrosa catastrofe ecologica. Ah, mondo infame! Sarà arrivata l'Apocalisse? Parigi è finita sotto sei metri d'acqua e i pesci si aggirano per le strade e i caffè di Montparnasse, a San Pietroburgo esplode una centrale nucleare, nel mondo stravolto si scatena la Terza guerra mondiale, mancano le fonti di energia e l'economia globale è crollata. Ma in mezzo ai boschi del Kainuu, nella Finlandia centrale, Asser Toropainen, un vecchio comunista "grande bruciachiese", in punto di morte ha destinato tutti i suoi beni per costruire un tempio. E tutt'attorno quest'improbabile santuario è cresciuta una comunità silvestre di gente laboriosa e gaudente che vive di caccia pesca e giardinaggio, in autarchia e prosperità, indifferente alla catastrofe universale. Un gruppo di strampalati personaggi paasilinniani tanto geniali quanto testardi, che naviga in mezzo ai marosi di un pianeta che va in malora con l'incoscienza di un'Utopia senza tempo. Paasilinna immagina un passato e un futuro nemmeno così lontani, contemplando la vanità delle ideologie e del consumismo, e le farneticazioni della nostra civiltà inutilmente complicata. E se l'Apocalisse deve venire, che venga pure. Paasilinna non è certo il tipo da farsene un problema.

DI TANTO TEMPO ( QUESTI SONO I GIORNI) di Paolo Vincenti (Luca Pensa editore)












E’ stato appena pubblicato “DI TANTO TEMPO ( QUESTI SONO I GIORNI)”, il nuovo libro di Paolo Vincenti ( Luca pensa Editore, Lecce 2010). Dopo “L’orologio a cucù ( Good times)” e “Danze moderne ( I tempi cambiano)”, le sue precedenti prove creative, questo libro segna un passo avanti sulla strada della maturazione letteraria e umana dell’autore e va a completare una ideale trilogia, indicando al tempo stesso al lettore un possibile tracciato, uno spunto, una pur vaga indicazione di quelli che saranno, se ci saranno, i percorsi futuri della scrittura di Vincenti. I temi trattati nel libro sono tanti e vari che questo lavoro creativo rende poco agevole una sua esegesi critica , per quanto mirabili e ricchi di spunti appaiono lo scritto iniziale e quello finale che corredano il testo, rispettivamente a cura di Vito D’Armento, scrittore, poeta e docente universitario, e Stefano Delacroix, cantautore e scrittore. Un sapiente mix di prose e versi, una altalena di citazioni, rivisitazioni di alcuni capolavori della narrativa mondiale, immagini, ricordi e provocazioni, un ritorno insistito sul tema del tempo, citazione delle fonti di ispirazione in calce ad ogni scritto, rimandi extratestuali, entrate ed uscite dal senso, fughe in avanti, mistilinguismo, un velo di tristezza nelle sue dolceamare riflessioni sul mondo e sulla società, sono le caratteristiche del libro e dello stile di Vincenti . “ Una riflessione sul tempo e sui brutti tempi che viviamo, in compagnia di illustri maestri, da Virgilio e Sant’Agostino, da Kant e Heidegger a Rimbaud e Sandro Penna. Con un solo obiettivo: tornare ‘dentro l’uomo’ ” ( da “Il Quotidiano di Puglia”). A breve, il libro sarà presentato ufficialmente per tutti coloro che vorranno saperne di più in merito.

Paolo Vincenti, giornalista e scrittore, vive a Ruffano (Lecce). Suoi testi sono presenti su svariate riviste salentine. Ha pubblicato: L’orologio a cucù (Good times), I poeti de L’uomo e il Mare (Tuglie 2007) -A volo d’arsapo ( Note bio-bibliografiche su Maurizio Nocera), Il Raggio Verde ( Lecce 2008) - Prove di scrittura, plaquette, Agave Edizioni ( Tuglie 2008) - Di Parabita e di Parabitani, Il Laboratorio (Parabita 2008) - Danze moderne ( I tempi cambiano), Agave Edizioni (Tuglie 2008) - Salve. Incontri, tempi e luoghi, Edizioni Dell’Iride (Tricase 2009). Oggi è anche Presidente della Pro Loco di Ruffano.

Ha scritto di lui Sergio Torsello: “Paolo Vincenti è un giovane autore salentino, uno dei più interessanti della generazione che ha appena oltrepassato i trenta. Capace come pochi di coltivare diversi registri stilistici: dal giornalismo alla storia locale, dalla poesia alla prosa. Un’attività multiforme, la sua, che si è riversata negli anni in una moltitudine di articoli - recensioni, profili di personaggi illustri del passato e anche viventi, qualche saggio, un volumetto di narrativa - a testimonianza della sua costante tendenza verso una modalità di scrittura sempre in bilico tra cronaca culturale, dettato poetico, sconfinamento nei territori dell’immaginario. […] colpisce il particolarissimo stile di scrittura dell’autore sempre oscillante tra elzerivo, reportage, cronaca, storia, invenzione creativa. E’ come se in questa affabulazione ossessiva, frammentata, animata da una passione divorante e febbricitante, l’autore non cerchi tanto l’affermazione di sé, quanto il tentativo di dare conto ( e voce) alle molteplici declinazioni espressive della cultura salentina, da quelle “minori” a quelle che hanno già conquistato le vette di una notorietà non effimera. Un cartografo dell’esistente e di memorie perdute, insomma, l’archivista di mille storie e di mille vicende. La scrittura come catalogazione infinita, strumento salvifico( per sé e per gli altri) , eterno presente che tutto richiama in vita e consegna al futuro. […] Ecco: Vincenti mi sembra uno degli epigoni di una nuova leva di studiosi, giornalisti, poeti, scrittori, operatori culturali, che nasce per filiazione diretta da quella “generazione stupenda” dei Verri, dei Toma, degli Errico, dei Nocera e di tanti altri che qui sarebbe troppo lungo elencare. Vincenti - un po’ Verri e un po’ Ennio Bonea, che recensiva tutto il possibile, dalle riviste patinate ai fogli di paese perché anch’essi significativi del dinamismo culturale di una provincia - ne è uno dei più promettenti eredi. Una personalità destinata senz’altro ad arricchire il complesso e multiforme panorama della produzione culturale salentina.”

mercoledì 24 novembre 2010

Il libro del giorno: Phantomas di Giuseppe Fiori (Manni editori)












Phantomas, il genio del male, il mago dei travestimenti e dei raggiri, il furfante più famoso di tutti i tempi, non era morto tanti anni fa? Oppure con frac, bastone e cilindro, è ancora in azione sullo sfondo di Roma? Un baule in un deposito bagagli serve a raccogliere l’eredità del famoso ladro mascherato. Ma quello da recuperare è un tesoro difficile e molto conteso. E poi, siamo proprio sicuri che si tratti di un tesoro? Il giovane erede, armato di i-Pad, dovrà risolvere il rebus a partire da pochi indizi: vecchi articoli di giornale, documenti bancari, una chiave. E dovrà vedersela con agenti segreti e un rapimento.

Giuseppe Fiori, narratore e saggista, vive a Roma. Ha pubblicato libri per ragazzi: La leggenda dell’Acanpesce (Le Monnier 2002), Celestino e Ribò (Manni 2003), Frittelle d’acqua (Manni 2006), I sogni di re straccione (Laterza 2006). È autore di gialli; tra gli ultimi: Chi ha rubato Pecos Bill? (Manni 2008) e La bella addormentata nel parco (Avagliano 2010). Insieme a Luigi Calcerano ha scritto, tra l’altro, Ladri e Guardie (Editori Riuniti 2007), Un delitto elementare (Sovera 2008) e Teoria e pratica del giallo (Edizioni Conoscenza 2009).

Pierre Souvestre e Marcel Allain sono i creatori di Fantomas. Il genio del male, un personaggio nato ai primi del Novecento, protagonista di 32 romanzi (e altri 10 scritti dal solo Allain dopo la scomparsa di Souvestre) e, negli anni Sessanta, di una serie di film per il cinema e la televisione.

Illustrazioni di Alberto Gennari

È nato e vive a Lecce. Illustratore e fumettista, ha realizzato albi della serie Gordon Link e pubblicazioni edite da Star Comics e Sergio Bonelli.

Ogni promessa di Andrea Bajani (Einaudi). Intervento di Elisabetta Liguori












In odor di anniversari e celebrazioni, chiamati a rivedere oggi il senso di quello che fu il valore di un’Italia unita, la lettura dell’ultimo romanzo di Andrea Bajani, pubblicato ancora una volta per Einuadi con titolo evocativo di “Ogni promessa”, non mi pare in fondo un’idea così peregrina. Si tratta di un romanzo assolutamente nuovo per temi, intreccio e letterarietà e per questo non facile da raccontare. Proviamoci ugualmente. Pietro è il suo protagonista: un piccolo uomo inciampato nella vita. Abbandonato dalla moglie alla quale non ha saputo dare un figlio, è descritto come un ragazzo pieno di domande mute. Dotato di carattere docile, permeabile, gentile, si ritrova ad essere unico, silenzioso veicolo per le altrui aspettative, per le storie degli altri. La sua vita è infatti contestualmente attraversata da quella della moglie, da quella della madre e da quella del nonno, che fu vittima della rovinosa campagna di Russia del 42-43, poi rimpatriato da folle e in ultimo internato. Il senso di queste vite, e della storia che le condizionò come un castello di carte scosso da un piccolo gesto iniziale, viene svelato da Pietro attraverso la conoscenza casuale con un personaggio ulteriore: Olmo (reduce anche lui) e da un viaggio, breve ma intenso, tra il mitologico e l’imbranato, sul Don. Il suo non è turismo, la sua è la mappatura di un’intera storia famigliare. È l’antica promessa, tardivamente mantenuta. Una ricostruzione fisico geografica fatta all’incontrario, per ritrovare ciò che non c’è più e finalmente comprenderlo, assumendolo come necessario, sensato. Pietro ricostruisce strade, case, erba, fiumi. Quelli che sono, quelli che erano. Dettagli di luogo, forniti da guide antiche, che lui riconosce nella loro disarmante attualità. Olmo è il vecchio uomo che vive nella casa che fu di Pietro, oggi totalmente modificata; quella in cui lui, da bambino, visse con i suoi famigliari lo straniamento che sempre deriva dall’avere un congiunto in manicomio, dal subirne il desiderio d’amore, dal silenzio, dall’abbandono. Con Olmo si reca “verso” per poi finalmente tornare “da”. Con Olmo, e per Olmo, ricostruisce prima una casa, poi le città, poi la vita, in ultimo la Storia intera. In realtà Olmo viaggia solo con la mente, senza spostarsi dal passato nel quale si è murato. La grazie e la forza di questo romanzo di memorie sta dunque nella capacità ricostruttiva dell’autore, che riesce ad essere fuori e dentro di sé, a partire pur restando. Con assoluta levità, con tenerezza infantile. I frammenti minimi di tante e diverse esistenze sono abilmente riordinati pagina dopo pagina. La ritirata di Russia si mescola ad una storia d'amore, intrecciando l'idea del ricordo a quella della sconfitta. Armadi, lettere, specchi, fotografie, quadri alle pareti, scampoli di conversazioni, lacrime e ogni altra cianfrusaglia. E’ proprio questo il rumore che fa il futuro quando trasloca. Quando miracolosamente si mette in connessione con il passato, attraverso la quotidianità di un cellulare.

martedì 23 novembre 2010

Il libro del giorno: Il meccanico Landru di Andrea Vitali (Garzanti)




















In un freddo pomeriggio d'inizio gennaio 1930, alla stazione di Bellano scendono sei uomini malvestiti e con la barba lunga. È la squadra di meccanici che dovrà montare i nuovi telai elettrici nel cotonificio: come spesso accade nei momenti di crisi economica, servono macchine moderne per produrre di più con meno operai. Ma non è questo l'unico turbamento che gli intrusi portano nella piccola e quieta cittadina. Perché si trovano subito al centro di una memorabile rissa, che turba il ballo organizzato per festeggiare le nozze del principe Umberto con Maria José. Nel gruppetto c'è un meccanico dall'aria fascinosa e dal nome bizzarro: Landru. Saranno in molti, e per diversi motivi, a sperare che il misterioso ospite possa aiutarli a realizzare i loro desideri.

Vado da Feltrinelli di Raffaele Gorgoni






Vado da Feltrinelli

a spaginar libelli

e tomi ponderosi

sfoglio i Promessi Sposi

Baricco e Carofiglio

mi viene uno sbadiglio

Leggiucchio un pamphlet

Vuole una biografia?

Meglio un autodafé!

Un’ampia confessione

dettata in depressione

a un compunto analista

di certo progressista.

Varco di Feltrinelli

Gli intellettual cancelli

per compulsare i saggi

di Agamben e Cacciari

le fiabe di Rodari

Sfoglio i philosophes

m’illudo che Apostrophe

sia in onda su Rai Uno

Di Ginzburg l’arcano

Sapere mi intriga

Poi sfoglio un collega

Ma che brutta piega

ha preso la letteratura!|

Conteggio di numeri primi

acronimi, ansimi, enzimi

long seller e best

e istant, editati in un lampo

Ho un crampo, un inciampo

mi rompo le balle

di storie fasulle

furbette, un po’ scaltre

una coltre di pagine inutili

Nautili, mitili a schiera

E l’uomo non era

E’ già primavera

Stagione propizia

Pigrizia e malizia

Di case editrici affamate

Di libri d’estate

Per sdraio e ombrelloni

Lettrici abbronzate

E/lettori coglioni

lunedì 22 novembre 2010

Il libro del giorno: LA MIA RAGAZZA QUASI PERFETTA di Luca Rota (SENSOINVERSO Edizioni)














"Entriamo nel locale noi, escono, anzi fuggono dopo soli pochi minuti, tutti gli altri che sono dentro, perché il locale – ma che sfortuna è?! – deve avere la più grande fossa biologica del mondo e si è rotta proprio questa sera, e anche l’ultimo cameriere, rimasto a servirci, appena appoggiato il vassoio sul nostro tavolino, fugge via forsennatamente, cristonando per la puzza rivoltante…"
Un romanzo spiritoso, allucinante e surreale che vi catapulterà nella vita e nella filosofia di Tizio Tratanti, fra esilaranti avventure e imprevedibili colpi di scena.
Tizio Tratanti, un giovane positivo e pieno di entusiasmo, ha la fortuna di conoscere una fantastica ragazza mentre fa footing in un parco. La fanciulla appare perfetta, una vera bomba sexy… ma esiste davvero la perfezione? Tra avvistamenti di Ufo, invenzioni strampalate, tentativi di amplesso, idee brillanti, capre espiatorie, Tizio Tratanti ci farà divertire ma anche riflettere su che cosa è davvero importante nella nostra vita.
Questo è un libro per chi sente il bisogno di prendersi uno spazio di relax dalla frenesia di ogni giorno e vuole ridere in maniera intelligente.

D/battiti fra le righe (AcmeLab) seconda puntata con Enrico Capone della Capone editore




















Per la seconda puntata di D/battiti fra le righe (AcmeLab) ho intervistato Enrico Capone della Capone editore. Il libro di questa puntata è "Nacquero contadini, morirono briganti" di Valentino Romano. Capone Editore
è una casa editrice specializzata in storia del Salento, del Mezzogiorno d’Italia e Cartografia. Beppe Severgnini, nel suo “Italiani con la valigia” (Rizzolim 1999) , scriveva “Lorenzo Capone sostiene che Lecce e il Salento, se corteggiassero un turismo più sofisticato (arte, cultura, cucina), potrebbero attirare visitatori tutto l’anno, e diventare il giardino d’Europa.” Un catalogo di qualità nel quale vengono approfonditi i diversi aspetti della cultura del territorio salentino, dalla preistoria ai giorni nostri, grazie all’apporto di storici e personalità di rilievo appartenenti al mondo della cultura e dell’università. Libri fotografici, vere e proprie monografie attraverso le quali ripercorrere l’arte, la storia, l’architettura, i mestieri. Accanto a questi ci sono le guide, strumenti che consentono allo studioso, così come al turista, mettere a frutto il proprio ‘passaggio’, breve o lungo che sia, nel Salento. Capone Editore ha pubblicato una nutrita sezione di testi dedicati al tema del Brigantaggio e della Storia del Mezzogiorno, e si distingue per gli studi sulla Cartografia storica.

qui

domenica 21 novembre 2010

Il libro del giorno: "La formazione culturale di Antonio Gramsci (1910-1918)” di Michele Marseglia edito da Aracne editrice








Dopo lo splendido volume edito da Pensa MultiMedia dal titolo “RIPENSARE GRAMSCI. Tra idealismo, pragmatismo e filosofia della prassi” a cura di Irina Di Vora e Umberto Margiotta dove si avvertiva per tutto il lavoro compiuto dai due autori, la necessità di ripensare Gramsci, per il ruolo baricentrico che i suoi “Quaderni del carcere” hanno avuto nell’ispirare molto del dibattito sia pedagogico che politico-educativo in Italia, dal 1947 ai giorni nostri, ecco su Gramsci un’altra splendida sorpresa editoriale che consiglio caldamente. Parliamo di “La formazione culturale di Antonio Gramsci (1910-1918)” per i tipi di Aracne editrice di Michele Marseglia con la prefazione di Abdon Alinovi che sostiene: “Il saggio di Michele Marseglia sulla formazione culturale di Antonio Gramsci è un lavoro di notevole pregio e va inscritto nella ripresa degli studi gramsciani. Esso offre con chiarezza i lineamenti della formazione culturale del giovane Gramsci. Viene alla luce nel momento giusto per contribuire a un elevamento dello spirito pubblico e della politica”.

Libellula edizioni prende il futuro in un battito d’ali … e va su Apple Store












Libellula Edizioni sbarca su Ipad con l’Enanched ebook di “Benedetto il Frutto” che nei suoi primi 3 giorni di vendita balza al 4° posto dei libri più venduti. IPad ha fatto il suo “ingresso in società” grazie a Steve Jobs, che lo ha presentato il 27 gennaio 2010 nell’ambito di una conferenza Apple allo Yerba Buena Center for the Arts Theater di San Francisco. Dopo qualche mese nasce iBooks un’applicazione distribuita da Apple e scaricabile gratuitamente dall’App Store, annunciata sempre nel dooms day del 27 gennaio 2010 in concomitanza con la presentazione dell’iPad. In tutto questo universo sotto il segno della “mela” l’industria culturale mondiale del libro non poteva stare a guardare ed Apple lo sapeva. Ecco quindi che per acquistare libri nasce l’iBookstore, dove tra l’altro gli utenti possono inserire i loro file, sia informato ePub che in formato PDF, sincronizzando i dati con iTunes. E allora in questo vero e proprio ‘festival’ di applicazioni golosissime e libri che scorrono nella virtualità più vellutata, ecco che il Salento non sta a guardare e Libellula Edizioni di Tricase, cavalca l’onda della nuova era tecnologica e approda su APP STORE, è la prima casa editrice salentina. Lo fa con “Benedetto il frutto” di Federica Ricchiuto, che appena pubblicato va subito al 4° posto della classifica dei libri più venduti su iPad, a sole tre lunghezze dal detentore ‘storico’ del primo posto in classifica, “Il Cacciatore di Aquiloni”. “Benedetto il frutto” è la storia di due donne, che vivono due mondi, due società storicamente, culturalmente, moralmente, socialmente ed economicamente differenti, dal dopoguerra in poi.

E dunque nel Salento nella terra del sole e del vento, Libellula edizioni raggiunge il futuro in un battito d’ali!

A questo link l’applicazione

http://ax.itunes.apple.com/it/app/benedetto-il-frutto/id401450031?mt=8

Libellula Edizioni

via Roma 73

73039 Tricase (Le)

Tel. 0833.772652

info@libellulaedizioni.com

sabato 20 novembre 2010

Il libro del giorno: Se son rose moriranno di Cristina Rava (Fratelli Frilli editori)












Un malato muore nell’afa opprimente diun’estate di qualche anno fa. Un dolore improvviso e ingiusto dissesta la vita di Ardelia Spinola. In una triste sera autunnale, il dottor Steiner si fracassa una caviglia cadendo dalle scale di casa. Nel frattempo Bartolomeo Rebaudengo si rigira tra le mani un pacco di cocaina senza mittente e senza destinatario, abbandonata come un rifiuto in una “fascia” di ulivi sopra la splendida baia di Alassio. Questi sono gli ingredienti di una nuova storia che vedrà i talenti dei protagonisti, sempre sospesi tra dramma e risata, uniti nella ricerca della soluzione di un caso complicato. Tempi e dosaggi sembrano la chiave per comprendere la natura dei decessi di anziani, trovati morti nelle loro abitazioni. Si tratta di una serie di “equivocal death” come dicono gli esperti dell’FBI, oppure dietro c’è un disegno perverso? La logica di Rebaudengo e l’intuito di Ardelia accompagneranno il lettore verso la verità.

L'autore:
Cristina Rava è mezza ligure come la dottoressa e mezza cuneese come il commissario. Dopo due raccolte di racconti fantastici, ha cominciato a scrivere per Fratelli Frilli Editori. L’esordio è stato un’intervista con un’anziana maestra intorno ai fatti della guerra e non solo, intitolato I giovedì di Agnese. Donne in guerra. Con il passaggio al poliziesco è nato il personaggio di Bartolomeo Rebaudengo. Commissario Rebaudengo: un’indagine al nero di seppia; Tre trifole per Rebaudengo; Cappon Magro per il commissario e Come i tulipani gialli sono i titoli che l’hanno fatta conoscere. Questo è il suo quinto romanzo, che non esprime un cambiamento di rotta quanto piuttosto il bisogno di allargare l’orizzonte e approfondire la psicologia dei personaggi.

Bea vita! Crudo Nordest, di Romolo Bugaro (Laterza). Intervento di Nunzio Festa















Con rammarico leggiamo che a firmare questa crudele, spietata, indolente critica al Nordest sia stato il bravissimo e puntuale scrittore Romolo Bugaro. Perché, insomma, a fare questo “Bea vita! Crudo Nordest” - inserito nelle preziosissima e da viaggiare sempre collana laterziana Contromano (quella, per intenderi, che contiene insomma due libri di Franco Arminio, due di Enrico Brizzi, uno di Chiara Valerio ecc.) - , mi sarebbe piaciuto fosse stato l'ex compagno di lotte Luca Casarini; che invece ha tutt'altro adesso da fare. E, probabilmente, quest'acutezza di sguardo di Bugaro non penso neppure sarebbe stato in grado di praticarla il Casarini. Perché è importante questo ritratto indelebile di Romolo Bugaro? In quanto, a partire da dati che alcune, tra l'altro, trasmissione d'approfondimento da anni offrono, si rivedano le inchieste di Report e Presa diretta, Bugaro racconta l'anima dei borghesi piccoli piccoli, fra i quali persino diversi rappresentanti del nuovo proletariato. Di quelli, però, che vivono dalle parti del Veneto. In un pezzo di Pianura Padana. Fatti e strafatti dall'idea che, a seconda dei casi, siano da sostenere Berlusconi e Fini quando non Berlusconi e Bossi. Sicuramente non a sinistra – per quel che varrebbe e/o significherebbe. La narrazione di Romolo Bugaro, questa volta, partendo da quando il suo ex collega avvocato a vederlo uscire d'ufficio alle 19.30 in punto gli mandava un precisisissimo e sempre uguale “Bea vita!”, ci spiega quanto una fetta della popolazione italiota sia contenta e 'soddisfatta' di lavorare più ore possibili nella giornata. Che per loro è sempre tutto a posto. Nonostante la sera poi non s'esca a fare tempo libero. E, soprattutto, le crisi e i debiti arrivino lo stesso. Gente che immaginiamo dire il buon: “vai a lavurar”. Con gli accenti di zona. Passando a setaccio, che questo è quello che veramente Romolo Bugaro fa, la vita di giovani lavoratrici precarie che s'attaccano alla vetrina dai prezzi spropositati e d'altre donne che invece arrivano a poter spendere qualche migliaio d'euro al mese solamente per il vestitino da società a modo. Tutte, comunque, cattoliche e leghiste di ferretto. Genere umano che insieme ad altri bocconi d'umanità si rinserrano in ville alla pampa argentina, con tanto di cancello altissimo e cane inferocito di guardia. Ognuno di questi, e di tanti altri ovviamente, è sfruttato dal lavoro. Persino se il lavoro osanna. Infatti ha la vita distrutta. Chiusa. Oltre a troppa paura per qualsiasi diversità. A parte i dati d'inchiesta, insomma, arriva la cronaca. Che solo in questo “crudo Nordest”, nel mezzo della resa dei danni d'un'alluvione prodotti dalla cementificazione, un soggetto dipinto nella sua giacca e cravatta e fazzoletto d'ordinanza avrebbe proposto di consegnare alla fucilazione della popolazione gli uomini sorpresi a rubare nelle case evacuate.

venerdì 19 novembre 2010

Il libro del giorno: La finestra sul bosco di KAREN ROBARDS (Leggere editore)





















Gli occhi di una bambina non dovrebbero riempirsi di orrore, covare un segreto per anni, portarselo dentro come un fardello troppo pesante da trascinare. E perché Lisa Grant crede di conoscere quel segreto? È forse lei quella bambina? Una fotografia basta a mettere in discussione una vita intera. Lisa ha davanti a sé una brillante carriera da avvocato, almeno fino a quando non è costretta a tornare a casa per prendersi cura della madre malata. Come se non bastasse, poi, deve pregare una sua vecchia fiamma, Scott, di assumerla. Lui, sensuale e insopportabile al tempo stesso, metterà a dura prova le sue difese: una passione tenuta a freno per troppo tempo alla fine non può che esplodere. Nel frattempo, un incartamento risalente a ventotto anni prima trasporta Lisa verso un passato inquietante e irrisolto. Un’intera famiglia scomparsa senza lasciare alcuna traccia. E poi c’è quella foto che ritrae una donna identica a lei... Lisa e Scott dovranno districare una fitta rete di enigmi, sempre in bilico fra il terrore di mettere a repentaglio le reciproche vite e la necessità di scivolare sui sentieri della passione più intensa e dell’amore che li lega da sempre.

Le querce non fanno limoni di Cosimo Calamini (Garzanti). Intervento di Roberto Martalò












Con il suo secondo romanzo, Le querce non fanno limoni, Cosimo Calamini ci regala un quadro autentico dell'Italia dei nostri giorni, alla prese con i rapporti con l'altro mentre ancora cerca di identificare se stessa. A Montechiasso, piccolo borgo nel cuore della Toscana, la notizia della futura costruzione di una moschea sconvolge gli equilibri di un paese intero, spaccandolo in due fazioni con rapporti di amicizia che improvvisamente si rovinano e bizzarri radicalismi che accendono ancor di più gli animi. La famiglia Malquori si troverà coinvolta in questo tourbillon di eventi e sentimenti: il capofamiglia Attilio, ex ribelle ed ex fedele al Partito, che ora insegue l'ideale del “quieto vivere”, la moglie Anita alla ricerca di se stessa e la figlia Sara, in bilico tra l'amore personale e l'amore per la famiglia. Con grande maestria, l'autore descrive personaggi in maniera assolutamente reale, caratterizzandoli con precisione. Scavando nell'inconscio di ognuno di essi, Calamini fa emergere tutte le paure e le insicurezze che nascono dall'incontro con l'altro, con lo sconosciuto. Tutti sentimenti assolutamente veri e tangibili, facilmente riscontrabili leggendo un giornale o guardando i telegiornali. Con questo romanzo, lo scrittore smaschera le ipocrisie delle società e dei suoi falsi buoni sentimenti e tratta con efficacia da sociologo non solo i temi dell'immigrazione e dell'integrazione, ma anche quelli della solidarietà tra gli uomini, dell'incomunicabilità tra membri dello stesso nucleo (famiglia, partito, paese) e del cambiamento del concetto di ideologia. Seppur alle prese con un linguaggio diverso, Cosimo Calamini dimostra di venire dal mondo della sceneggiatura cinematografica per il modo in cui costruisce tutto l'impianto narrativo che porta all'imprevisto finale e per come definisce i suoi personaggi. Brillante e ironico, Le querce non fanno limoni si legge tutto d'un fiato perché mantiene sempre vivo l'interesse presso il lettore. Assolutamente da leggere, anche per capire chi siamo e dove va l'Italia.
Le querce non fanno limoni di Cosimo Calamini Garzanti Libri, 296 pag, 17,60€

giovedì 18 novembre 2010

Il libro del giorno: Una ragazza da Tiffany di Susan Vreeland (Neri Pozza)
















Nel 1892, a Manhattan, un'elaborata insegna in bronzo fa bella mostra di sé. Tiffany Glass & Decorating Company declama la scritta che campeggia sopra una solida porta di vetro molato. Oltre quella porta, si schiude un grande salone con enormi vetrate appese al soffitto e imponenti mosaici poggiati alle pareti. E poi vasi dalle linee morbide, pendole, candelabri Art Nouveau, lampade con paralumi di vetro soffiato in mille splendidi colori. È il regno di Louis Comfort Tiffany, pittore di quadri orientalisti raffiguranti minareti, moschee e beduini, secondo il gusto del tempo. La Tiffany Glass & Decorating Company è, tuttavia, anche il regno delle Tiffany girls, le ragazze di Tiffany, come sono chiamate a Manhattan le donne che l'artista ha riunito attorno a sé. Vi è Wilhelmina, impertinente diciassettenne dall'alta statura, Mary diciottenne dai capelli rossi, Cornelia, riservata e taciturna, Agnes, l'altera, la prima donna cui Tiffany ha accordato l'onore di dipingere i soggetti delle sue vetrate. E, infine, Clara Wolcott Driscoll. Giovane vedova in un laboratorio dove vige la regola, imposta dal padre di Louis, di impiegare solo fanciulle non maritate, Clara è l'artefice autentica delle creazioni Tiffany. "Una ragazza da Tiffany" è, soprattutto, la sua storia. Una storia in cui l'autrice non celebra soltanto un talento misconosciuto, ma illumina anche gli slanci, i desideri e le ambizioni di una giovane donna nella città americana pronta a tuffarsi nella grande avventura del Novecento.

Fame di realtà. Un manifesto, di David Shields, traduzione di Marco Rossari, prefazione di Stefano Salis (Fazi). Intervento di Nunzio Festa












Questo fondamentale libro di David Shields deve essere nostro. “Fame di realtà”, col chiaro sottotitolo, apparentemente fuorviante ma tutto puntuale all’opera, appunto, “Un manifesto”, del romanziere possiamo dire pentito, oramai, David Shields, è uscito, anche se solamente quest’anno – quindi bel plauso all’editore italiano – prima negli Usa col titolo “Realty Hunge. A Manifesto”; perché si deve partire da questo? Proprio in quanto, e già ad anticipare l’ingresso in libreria, le argomentazioni (è soprattutto il loro svilupparsi, il metodo quindi) hanno provocato un bellissimo e fluido dibattito negli States. Al quale diversi ottimi scrittori, compreso per dire la scrittrice Smith, presero parte. E giustamente. In quanto, ricominciamo, questo piccolo capolavoro di “teoria letteraria” presenta tesi innovative e impostazione rivoluzionaria. Non che si debba necessariamente, e magari a tutto tutto, d’accordo. Eppure non si può che riconoscere lo stravolgimento delle abitudini alle quali invita Shields. E che, innanzitutto, David Shields opera. Spiega, tra l’altro. ‘Giustifica’. In che senso, retoricamente e funzionalmente abbiamo messo partenza col dire che “Fame di realtà” deve essere nostro? Che, in Italia, altro che la Francia stata o l’Inghilterra che fu eccetera, abbiamo per dire avuto casi che vanno e sono andati da “Il nome della rosa” a tantissimo più oltre. Il realismo. Fino al neorealismo. E, dunque, tutto quello che è successo a seguire. Sfinendoci, e non tenendo conto delle ‘prescrizioni’ dell’autore, per entrare meglio nel libro si potrebbe leggere l’appendice. Allora non lo si farà. Meglio di no. Il testo imprescindibile di Shields esplora la letteratura. In specie quella americana, del Nord America per l’esattezza. Dalle definizioni di memoir e lyric essay e fiction e non-fiction. Per rifarci alle forme attuali che sono e dovrebbero, per l’autore David Shields, d’espressività. Con puntate, precisamente, ai film, e alla pittura. Un viaggio nella narrazione, nel narrare. Sulla verità e sulla realtà che non può starci. Il ribelle D. Shields miscela parole di tanti altri, uno esempio: J. M. Shilds. Segue la ‘logica’ del collage. Per ragionare sulla forma espressiva in divenire. In progress stretto. Stretto stretto stretto. A sentire Shields è necessario sempre e comunque destrutturare la stessa narrazione della narrazione della realtà, del narrare spingendo sul piede della racconto reale, che è solamente realistico. Nel frattempo, pochi tempo fa, il signor McEwan e il buon Roth che servono gocce di reale imbevute in centilitri di Falso. Ci saranno autrici e autori disposti a continuare la strada segnata dal ‘Manifesto Shields’? Si vedrà. Per il momento non ci resta che piangere e ridere, a sentire le frasi mandateci da David Shields. Firmatario d’opera imperdibile. Il ragionamento dell’autore statunitense, adesso, apre ampi spazi di dialogo. D’ipotesi. L’importante è che sia solo a bacio sulla letteratura. In ciò, anzi prima, la traduzione accurata di Rossari e, più dentro, la prefazione dell’italianissimo Stefano Salis aggiungono tratti spigolosi. A creare, ovunque, fame di realtà. Al di là della smarrimento suadente di sperimentare quel che rimane dalla realtà.
Fame di realtà. Un manifesto, di David Shields, traduzione di Marco Rossari, prefazione di Stefano Salis, Fazi (Roma, 2010, pag. 262, euro 18.50.

mercoledì 17 novembre 2010

Il libro del giorno: Aforismi d'autunno di Valentino Zeichen (Fazi)

Con questo libro, Valentino Zeichen sperimenta un genere nuovo, interamente formato da sostanza e pensiero, e da lui stesso definito "intelligente". Composto pensando ai cambi di colore della natura in autunno, a metafora di una condizione esistenziale, alla profondità di un Karl Kraus unisce l'eleganza di un Oscar Wilde nonché la raffinata leggerezza di Ennio Flaiano: questi, infatti, i principali modelli di riferimento per la raccolta nonché maestri nell'arte di scrivere aforismi, forma per eccellenza di "intelligenza organizzata". Zeichen qui, ragionando unicamente di ciò in cui crede, e di ciò che pensa, arriva a un concentrato di parole che appaiono rimescolate in base a una chimica sofisticata che coinvolge prima di tutto la lingua: icastica, spesso oscura, talvolta più limpida, che ogni volta si esprime lasciando fuori i sentimenti. Il risultato è una sorta di autoritratto intellettuale in cui è esplicitato il punto di vista dell'autore su temi quali il tempo come inganno, la letteratura come ispirazione, l'inevitabile passaggio delle stagioni. Tante le citazioni presenti fra le pagine e tanta l'autoironia per un'opera caratterizzata da uno stile improntato alla concisione e all'arguzia. Con questo libro, Valentino Zeichen dà prova di grande eclettismo: accanto a testi brevi, composti in un periodo precedente, ci sono testi più lunghi, altri persino narrativi per un piccolo compendio di poetica saggezza.

Valentino Zeichen è nato a Fiume ma vive a Roma. Dal 1974, anno della prima raccolta di poesie, ha pubblicato diversi libri fra cui Ricreazione (1979), Tana per tutti (1983), Museo interiore (1987), Gibilterra (1991), Metafisica tascabile (1997) e Neomarziale (2006). Un'antologia di tutte le poesie è apparsa negli Oscar Mondadori. Per la Fazi, nel 2000, ha pubblicato Ogni cosa a ogni cosa ha detto addio, raccolta completa di DVD.

Così si mantenevano in vita di Enrico Diciotti (LietoColle)

















I. L'ABETE
poiché l'abete dopo tre o quattro// natali sembrava sofferente nel suo piccolo// vaso, decisero di trapiantarlo// al margine di un bosco, su un declivio erboso// forse avanzo di un campo abbandonato.// Divenne alto e robusto e respirava// lentamente al vento delle colline// e a mezzogiorno la sua ombra bagnava// un cerchio bruno scricchiolante di aghi.// E così cominciarono a lasciargli// offerte allo scopo di ingraziarselo:// qualche pezzo di pane, qualche ciotola// di latte//(Anche una grossa pietra che era lì accanto,// con i riflessi azzurri come il cielo,// pregavano ogni tanto.)// Era così// che si mantenevano in vita//
Enrico Diciotti è nato a Siena nel 1960. Vive nella campagna senese. Così si mantenevano in vita è la sua opera prima. In copertina: Celestografie, August Strindberg, 1894.

martedì 16 novembre 2010

Il libro del giorno: Lepanto. La battaglia dei tre imperi di Alessandro Barbero (Laterza)








«Non appena in Occidente si sparse la voce della prossima uscita della flotta turca, papa Pio V decise che quella era l'occasione buona per realizzare un progetto che sognava da tempo: l'unione delle potenze cristiane per affrontare gli infedeli in mare con forze schiaccianti, e mettere fine una volta per tutte alla minaccia che gravava sulla Cristianità. Quando divenne sempre più evidente che la tempesta era destinata a scaricarsi su Cipro, il vecchio inquisitore divenuto pontefice, persecutore accanito di ebrei ed eretici, volle affrettare i tempi.»
È la primavera del 1570. Un anno e mezzo dopo, il 7 ottobre 1571, l'Europa cristiana infligge ai turchi una sconfitta catastrofica. Ma la vera vittoria cattolica non si celebra sul campo di battaglia né si misura in terre conquistate. L'importanza di Lepanto è nel suo enorme impatto emotivo quando, in un profluvio di instant books, relazioni, memorie, orazioni, poesie e incisioni, la sua fama travolge ogni angolo d'Europa.
Questo libro non è l'ennesima storia di quella giornata. È uno straordinario arazzo dell'anno e mezzo che la precedette. La sua trama è fatta degli umori, gli intrecci diplomatici, le canzoni cantate dagli eserciti, i pregiudizi che alimentavano entrambi i fronti, la tecnologia della guerra, di cosa pensavano i turchi dei cristiani e viceversa. Per tessere i suoi fili ci sono volute la prosa appassionante e la maestria rara di Alessandro Barbero.

Il lamento dell'insonne di Elio Coriano (Lupo editore). Intervento di Giuseppe Cristaldi













Controlla le tue ebbrezze di conoscenza/ tutti i libri del mondo non ti insegneranno/ né a vivere né la vita/ sarai tu a storcere a spezzare/ a essere storto a essere spezzato/ e ricaverai succo aspro dalle vendemmie/ di silenzio/ e lo berrai fino all’ultima goccia/ e per il dolce dovrai schiacciarti sulle labbra/ api selvagge e non d’alveare

Il lamento dell’insonne è il sepolcro manomesso da un rapsodo vaticinante. Un lungo sepolcro nietzschiano. Solo dove sono i sepolcri sono le resurrezioni, purché il sollevatore del pietroso peso posto a suggello, una volta fuori dalla tomba faccia il verso al futuro, informe, moribondo. Una profezia empirica, l’insegnamento del morire come soluzione al risorgere. Coriano crede nel futuro, nella sua sublime morte «a cui è inutile domandare il perché, che se potesse rispondere mentirebbe». Crede nella celebrazione delle sue esequie, laddove a raccogliere il cordoglio, in fila con la mano tesa, a prestar pianto, vi sono i suoi termini più reiterati, aspro, fiato, menzogna, fianco, fatica, verità. E lo fa nell’incidente della poesia spigolosa e mai naufraga dell’ordire mieloso. Egli titilla le figure retoriche, a loro non domanda l’orgasmo, le titilla perché si accontentino di un onanismo disfattista ed in esso muoiano, senza ritorno alcuno, perché ad egli importa stabilire la tensione sopraffina dettata dalla simbologia lessicale, la stessa che il poeta attende al varco delle labbra. Tutti ammutoliti gli scritti dinnanzi all’incantesimo della loro pronuncia. Sembra quasi udirlo berciare Coriano: «ch’io debba dirvi di ciò che vi attende, ecco dove comincia il mio scandalo, ecco dove comincia la mia poesia». Lo scritto per divenire poesia deve divaricare le labbra alla pronuncia di sé. E Coriano lo sa, perché proprio in quelle meccaniche s’è infrattato ancora prima di sputare inchiostro, nella ricerca «della sete e non dell’acqua». Lì giace, sogghigna e si dilania, sogghigna e si scompone nel defluire del creato verso le ritualità del nulla. Il suo è un tip tap inverosimile di alici marce nello zucchero filato; lungo il confine, tra senso di appartenenza e non appartenenza al contesto, «tra l’irritazione di parole che vogliono essere scritte e l’abitare fuori dall’umanità». È nel sacrificio pleonastico dei suoi moniti che nasce la bellezza di ciò che ha plasmato. L’insonnia come lusso silente, futuro, per chi vorrà sgambettare la catastrofe diffusa attraverso un processo di consapevolezza che annienti quanto l’umano essere abbia costruito sino ad ora. L’insonnia urlante quale scorciatoia per la corsa alla condizione arcaica, primordiale. L’insonnia affinché si arrestino tutti quegli escamotage buoni solo ad evidenziare una «deriva che travestiamo da viaggio». Fosse per il libro, che contiene la presente ed il calco delle scritte parole – mi azzardo a farne le veci cartacee – si morirebbe incendiato al canto di sé, al canto che ne farà il concertatore stesso. Che ciò sia pagina e ancor più lettura, credetemi, è un equivoco dei dispositivi, una bestemmia proferita a mani giunte. Siano i vostri caos tutti reclini ed allineati al varco della cerimonia, sia il parto del lamento.

Elio Coriano è nato a Martignano (Salento) nel 1955. Poeta ed operatore culturale, insegna italiano e storia presso l’istituto professionale “Egidio Lanoce” di Maglie. Con Conte Editore ha pubblicato A tre deserti dall’ombra dell’ultimo sorriso (Three deserts from the shadow of the last mechhanical smile - Premio Venezia Poesia 1996), nella collana Internet Poetry, fondata da Francesco Saverio Dodaro. Con le Pianure del silenzio tradotto in cinque lingue, ha inaugurato sempre per Conte Editore E 800. European literature, collana diretta e ideata da Francesco Saverio Dodaro. Nel 2005 ha pubblicato per «I Quaderni del Bardo», Dolorosa Impotenza e Il Mestiere delle Parole con dieci disegni di Maurizio Leo e la prefazione di Antonio Errico. Nel 2006 per Luca Pensa Editore, nella collana Alfaomega, ha pubblicato Scitture Randagie con la prefazione del filosofo cileno Sergio Vuskovic Rojo. Del 2007 Ë H Letture Pubbliche (poesie 1996-2001) Icaro editore. Nel 2004 fonda assieme a Stella Grande e Francesco Saverio Dodaro il gruppo di musica popolare Stella Grande e Anime Bianche di cui è curatore dei testi e direttore artistico. Inoltre, negli ultimi due anni, ha curato e messo in scena una sua orazione su Gramsci, chiamata FUR EWIG, accompagnato dal pianista Vito Aloisi.

in copertina foto di Alec Von Bargen

I prodotti qui in vendita sono reali, le nostre descrizioni sono un sogno

I prodotti qui in vendita sono per chi cerca di più della realtà

Cerca nel blog

My Hero Academia: Oltre l'eroismo, un'esplosione di poteri e valori

  PUBBLICITA' / ADVERTISING Un mondo di supereroi, ma non come lo conosciamo In un futuro non troppo lontano, il mondo di My Hero Academ...