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martedì 16 novembre 2010

Il lamento dell'insonne di Elio Coriano (Lupo editore). Intervento di Giuseppe Cristaldi













Controlla le tue ebbrezze di conoscenza/ tutti i libri del mondo non ti insegneranno/ né a vivere né la vita/ sarai tu a storcere a spezzare/ a essere storto a essere spezzato/ e ricaverai succo aspro dalle vendemmie/ di silenzio/ e lo berrai fino all’ultima goccia/ e per il dolce dovrai schiacciarti sulle labbra/ api selvagge e non d’alveare

Il lamento dell’insonne è il sepolcro manomesso da un rapsodo vaticinante. Un lungo sepolcro nietzschiano. Solo dove sono i sepolcri sono le resurrezioni, purché il sollevatore del pietroso peso posto a suggello, una volta fuori dalla tomba faccia il verso al futuro, informe, moribondo. Una profezia empirica, l’insegnamento del morire come soluzione al risorgere. Coriano crede nel futuro, nella sua sublime morte «a cui è inutile domandare il perché, che se potesse rispondere mentirebbe». Crede nella celebrazione delle sue esequie, laddove a raccogliere il cordoglio, in fila con la mano tesa, a prestar pianto, vi sono i suoi termini più reiterati, aspro, fiato, menzogna, fianco, fatica, verità. E lo fa nell’incidente della poesia spigolosa e mai naufraga dell’ordire mieloso. Egli titilla le figure retoriche, a loro non domanda l’orgasmo, le titilla perché si accontentino di un onanismo disfattista ed in esso muoiano, senza ritorno alcuno, perché ad egli importa stabilire la tensione sopraffina dettata dalla simbologia lessicale, la stessa che il poeta attende al varco delle labbra. Tutti ammutoliti gli scritti dinnanzi all’incantesimo della loro pronuncia. Sembra quasi udirlo berciare Coriano: «ch’io debba dirvi di ciò che vi attende, ecco dove comincia il mio scandalo, ecco dove comincia la mia poesia». Lo scritto per divenire poesia deve divaricare le labbra alla pronuncia di sé. E Coriano lo sa, perché proprio in quelle meccaniche s’è infrattato ancora prima di sputare inchiostro, nella ricerca «della sete e non dell’acqua». Lì giace, sogghigna e si dilania, sogghigna e si scompone nel defluire del creato verso le ritualità del nulla. Il suo è un tip tap inverosimile di alici marce nello zucchero filato; lungo il confine, tra senso di appartenenza e non appartenenza al contesto, «tra l’irritazione di parole che vogliono essere scritte e l’abitare fuori dall’umanità». È nel sacrificio pleonastico dei suoi moniti che nasce la bellezza di ciò che ha plasmato. L’insonnia come lusso silente, futuro, per chi vorrà sgambettare la catastrofe diffusa attraverso un processo di consapevolezza che annienti quanto l’umano essere abbia costruito sino ad ora. L’insonnia urlante quale scorciatoia per la corsa alla condizione arcaica, primordiale. L’insonnia affinché si arrestino tutti quegli escamotage buoni solo ad evidenziare una «deriva che travestiamo da viaggio». Fosse per il libro, che contiene la presente ed il calco delle scritte parole – mi azzardo a farne le veci cartacee – si morirebbe incendiato al canto di sé, al canto che ne farà il concertatore stesso. Che ciò sia pagina e ancor più lettura, credetemi, è un equivoco dei dispositivi, una bestemmia proferita a mani giunte. Siano i vostri caos tutti reclini ed allineati al varco della cerimonia, sia il parto del lamento.

Elio Coriano è nato a Martignano (Salento) nel 1955. Poeta ed operatore culturale, insegna italiano e storia presso l’istituto professionale “Egidio Lanoce” di Maglie. Con Conte Editore ha pubblicato A tre deserti dall’ombra dell’ultimo sorriso (Three deserts from the shadow of the last mechhanical smile - Premio Venezia Poesia 1996), nella collana Internet Poetry, fondata da Francesco Saverio Dodaro. Con le Pianure del silenzio tradotto in cinque lingue, ha inaugurato sempre per Conte Editore E 800. European literature, collana diretta e ideata da Francesco Saverio Dodaro. Nel 2005 ha pubblicato per «I Quaderni del Bardo», Dolorosa Impotenza e Il Mestiere delle Parole con dieci disegni di Maurizio Leo e la prefazione di Antonio Errico. Nel 2006 per Luca Pensa Editore, nella collana Alfaomega, ha pubblicato Scitture Randagie con la prefazione del filosofo cileno Sergio Vuskovic Rojo. Del 2007 Ë H Letture Pubbliche (poesie 1996-2001) Icaro editore. Nel 2004 fonda assieme a Stella Grande e Francesco Saverio Dodaro il gruppo di musica popolare Stella Grande e Anime Bianche di cui è curatore dei testi e direttore artistico. Inoltre, negli ultimi due anni, ha curato e messo in scena una sua orazione su Gramsci, chiamata FUR EWIG, accompagnato dal pianista Vito Aloisi.

in copertina foto di Alec Von Bargen

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