«Domani spariranno i testimoni e io racconterò a chi non può credere,
che tutto ciò è successo. A noi spetta memoria. Sarà per sempre il
nostro Kaddish». «Noi figli dei sopravvissuti alle camere a gas di
Birkenau non siamo normali. Lo sa bene la mia amata moglie e lo sanno i
miei figli, e forse le mogli di tutti i figli della Shoah e i loro amati
figli. Come prima le nostre madri o padri. Noi non abbiamo ascoltato
solo parole dolci e tenere dai nostri padri, non solo favole ci è
capitato di ascoltare, ma il silenzio impastato di lacrime e urla». È
così che Emanuele Fiano, oggi deputato del Partito democratico, in prima
linea, da sempre, contro i rigurgiti del neofascismo e
dell'antisemitismo, tratteggia in poche parole il senso di questo
sentito memoriale. La storia della sua famiglia è segnata dalla tragedia
degli scomparsi e dal dolore e dal ricordo dei vivi. Tra Nedo, il padre
sopravvissuto ai campi di concentramento, ed Emanuele, il figlio
"politico", viene alla luce un rapporto fatto di silenzi, odori e
mistero, tenerezze reciproche e scoperte rivelatorie. Il profumo di mio
padre è il tentativo di un passaggio di consegne di una memoria preziosa
e indimenticabile e una riflessione attualissima sul male e sugli
orrori del passato; e, allo stesso tempo, un esempio di come si possa
trasformare la catastrofe in un messaggio straordinariamente educativo
per le generazioni future, come è accaduto con i libri di Liliana Segre e
Primo Levi.
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