È pugliese il libro-novità del 2013. Si
chiama Luglio 1923 - Un mese di indagini
ed è un piccolo capolavoro di eleganza ad opera di Daniele Milazzo. Un mese di
indagini in bianco e nero, dal primo al trentuno luglio 1923, raccontate soltanto attraverso articoli di giornali
d'epoca, rapporti di Regi Carabinieri, lettere anonime e non. Sembra
incredibile, ma in Luglio 1923 questi documenti inventati appaiono al lettore
come veri: intestazioni, caratteri di stampa, timbri e firme rendono ogni
pagina unica e diversa dalle altre: l'impaginazione è eccezionale e la scelta
di Schena Editore di pubblicarlo su
carta paglierina trasmette al lettore la sensazione di trovarsi davanti a un
dossier d'epoca, di sfogliare dei documenti anni '20 sul banco di un mercato
dell'antiquariato.
Luglio 1923 è
un romanzo divertente e leggero, con spunti
di comicità esilaranti: l'indagine per un furto in una
oreficeria-orologeria si trasforma nel rompicapo del paese, mettendo a nudo
tradimenti, passioni politiche, ladruncoli e sorprese, tutte ambientate in un
paesino immaginario, Castelnuovo, situato nella
magica valle d'Itria dei trulli degli anni '20, alla vigilia della
dittatura fascista. Un esperimento letterario, quello del giovane ma talentuoso
autore Daniele Milazzo, che omaggia
esplicitamente Andrea Camilleri, indiscusso maestro del giallo italiano,
traendo ispirazione nello stile documentale
dell'opera da La scomparsa di Patò,
romanzo dell'autore siciliano recentemente trasformatosi in un film di
successo. Per i lettori abituati ai normali romanzi questo libro è uno shock: niente voci narranti, niente capitoli, ma
solo documenti raccolti in un libro che
si trasforma in dossier. Verbali, lettere anonime e manifesti si aggiungono
a cartoline, mandati di perquisizione e missive che esprimono ognuna una voce:
è come se ogni volta si presentasse davanti ai nostri occhi un ritratto d'epoca, in cui il contadino, il carabiniere,
il giornalista comunista o il militante fascista raccontano con le loro parole,
con la loro grammatica incerta o fin troppo forbita la loro versione della
storia, mettendo in luce aspetti diversi della trama. Leggere diventa quasi
ascoltare: si passa dall'italiano
incerto dell'agente scelto Vito Raguso che conclude un rapporto con «mi scuso per gli erori» al burocraticissimo e sempre ligio al
dovere "brigadiere a piedi" Giovanni Losurdo, che scrive «bussava con forza al portone onde ottenerne
l'apertura» o «recante seco un pacco
impacchettato con carta del caffè Libia ad uso di pacco per contenere dolci e
pasticcini», giri di parole che avrebbero divertito l'Italo Calvino
dell'antilingua o il Cesare Garelli della burolingua quotidiana. Ma si passa
anche dal linguaggio giornalistico del
passato, con articoli di denuncia o di ossequio, dalla cronaca appassionata
all'editoriale pungente, fino alle
lettere private tra un prefetto e un questore preoccupati per la loro
carriera. Ai margini della vicenda, come sfondo, la Storia con la S maiuscola, che
involontariamente modifica gli atteggiamenti e le vicende dei personaggi, e che
fa capolino dai ritagli di giornale: la legge Acerbo, l'annessione di Rodi, i
decreti contro la libertà di stampa, fino ad arrivare - agli occhi del lettore
attento - a scoprire negli effetti di un banale procedimento amministrativo il
movente del furto.
Una indagine d'altri tempi, senza sesso, né
violenza, che diverte e accultura allo stesso tempo: in conclusione, un tuffo nella Puglia degli anni '20.
Daniele Milazzo è nato nel
1984 a
Martina Franca (TA), dove vive. Dopo la laurea in Scienze Internazionali e
Diplomatiche presso l'Università di Bologna e un master in Relazioni
istituzionali, Lobby e Comunicazione d'Impresa presso la Luiss, ha lavorato a Roma e
presso l'Ambasciata Italiana in Montenegro. Attualmente lavora come giornalista
occupandosi di politica, cronaca e cultura.
Per maggiori informazioni:
www.schenaeditore.it
In copertina: I Carabinieri,
china e acquerello di Vincenzo Milazzo
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