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mercoledì 2 maggio 2012

Vi sono luoghi … Intervento di Leonardo Pisani


Vi sono dei luoghi dove la spiritualità si percepisce, si sente, si vive impregnata da secoli di storia e fede; quasi che la memoria e la sacralità abbiano trovano dimora tra il cielo e la terra, tra il mondo dell’intelliggibile e il mondo delle creature viventi. Vi sono luoghi unici talmente unici che potrebbero trovarsi contemporaneamente in ogni parte e allo stesso momento sembrare angoli che non sono umani ma quasi immaginari o parte di un Divino il quale si manifesta e concede nella materialità. Vi sono luoghi divenuti simboli di una millenaria speranza e fede che possono essere gli stessi del Golgota di 2000 anni fa oppure per magia ed incanto materializzarsi; come il Golgota che da poco lontano dalle mura dell’antica Gerusalemme a volte appare quasi per miracolo di fede in un contemporaneo mondo che a volte a perso il senso del divino e della sacralità. Lo aveva intuito Pier Paolo Pasolini, che quelle Murgie e quelle pietre memori della vita di antiche civiltà, testimoni di atti di fede scavate in buie ed umide grotte vi era qualcosa di misterioso, di pulsante e vivo. Che la fede degli antichi monaci, il misticismo dei cenobiti arrivati chi sa da dove, forse dall’antica Bisanzio è vivo, presenza discreta ma pregnante e si percepisce, si vive, aleggia e impregna quei paesaggi senza età, quasi che la Storia si sia fermata. Mater Sacra, Madre Sacra o anche Matera Sacra, perchè no in quei sassi con le sue centinaia di chiese scavate nella roccia, con gli affreschi della vite dei Santi, con le testimonianze di vite dedicate alla contemplazione ed alla vita monastica. Sì Matera sembra essere un ponte invisibile verso il Cielo; può essere la Città del Bareoso e allo stesso tempo il Golgota, reale e vivo, vero e concreto dove vi è il centurione Longino, il custode del calice Giuseppe di Arimatea, il centurione Longino che trafisse il costato come ricorda il Vangelo di Giovanni “ ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua. » . E Mater ridiventa ancora una volta il luogo della Passione di Cristo, tra luci, ombre, l’oscuro della notte ove fa capolino imprevista ma suggestiva una Luna piena da sembrare irreale nel suo splendore; deux ex machina non previsto dall’abile regia di Gianpiero Francese; ma gradita perchè segno di una natura che ha voluto partecipare alla suggestiva sacralità messa in opera dal regista lucano.  Se la Murgia lucana si è scoperta essere un pezzo di Terra Santa tra le magie dei giochi di luce, le musiche portanti allo stesso tempo ammalianti, foriere di brividi e viatico nel vivere il dramma del Calvario nel suo messaggio di speranza ed umanità. Ogni particolare, ogni carattere, ogni personaggio caratterizza quel mistero della fede dove l’Uomo morì per Risorgere quale estremo sacrificio per una Salvezza degli uomini. Pietro il pescatore e suo fratello Andrea, Giovanni il Prediletto, Giuda Taddeo, Giacomo, Filippo, Tommaso, Bartolomeo, Matteo, Simone lo Zelota e Mattia: gli undici apostoli; e le pie donne e lei la madre dell’uomo ma Mater Sacra Maria. Universalità e senso del Sacro oltre le religioni, un messaggio ecumenico di fratellanza e amore che il regista Francese è riuscito ancora a offrire tra emozioni e empatia; una drammaturgia dei sentimenti e delle sensazioni quella creata dai 50 figuranti, lo spettatore ad un tratto non sapeva se fosse nella Palestina di Re Erode oppure nei Belvedere lucano dell’antica Matera: luogo senza tempo, tempo senza dimora , un passato che vive e pulsa nelle sensazioni dello spettatore. Sarà la magia dell’arte, l’abilità dei doppiatori e dei figuranti, forse anche l’armonia e i bassi e gli alti delle musiche forse è tutto questo, forse anche altro; qualcosa di inpercepibile, ma così materialmente concreto che Francese riesca a trasmettere nelle sue opere – spettacoli è limitativo- un affresco di percezioni e sensazioni spaziando dalla meraviglia, dalla malia della drammaturgia, dal rapimento dell’animo nelle luci, suoni, odori, voci. Chissà anche l’energia di secoli di storia e di uomini, donne senza volto e senza nome che impregnano quel luogo poliedrico di era e spazi; un’Alchimia di commozione, contemplazione ed estasi; caratteristiche della drammaturgia di Francese. (foto Pino Losignore)
(L'articolo è stato pubblicato sul Quotidiano della Basilicata domenica 15 aprile 2012)

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