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lunedì 4 gennaio 2010

Da Josè Pablo Feinmann per Marcos Y Marcos a Raffaele Polo per Lupo editore: due letture da Vito Antonio Conte

Che sto in una fase di volitiva refrattarietà lo sapete di già. Che questo stato è concausato dalla mia stessa interiorità e dall'idiozia d'intorno l'avrete intuito e, se anche così non fosse, c'è poco da aggiungere. È, la mia, una sorta di distacco da certo mondo, senza apatia, però. Anzi, densa di mille intensità. E di marginalità, che mai smetto di frequentare. Cose che cambiano la pelle e l'anima. Che rendono la pelle più vulnerabile e l'anima più fragile. E, paradossalmente, ispessiscono la serenità. Più dei tanti sms di auguri per Natale che scaldano poco. Specialmente se privi di mittente. Sì , non ho nessun numero di cellulare memorizzato sul mio telefonino. Ma ho risposto a tutti, per educazione. Perché vi dico dei cazzi miei? Non lo so, ma non sono capace di scrivere in un altro modo. Comunque. In questi giorni, a parte lavorare e struggermi, ho scritto come un pazzo e letto ancor di più. Vi dirò cosa e valga come invito alla lettura, ché sembra vada di moda -pur fottendomene io delle mode- in questo periodo. Se amate il noir, leggete “Il cadavere impossibile”, di José Pablo Feinmann (edito da Marcos Y Marcos, Collana Le Foglie, 2004, pagine 159, € 10,00). Una storia argentina che si consuma in uno sperduto carcere femminile dell'ultima Terra in una sequela di colpi di scena annunciati e compiuti, tra assassini e assassinati, la piccola Anna, attrice e strumento intorno alla quale ruota la narrazione, che ha la peculiarità di svolgersi in forma di epistola-bozza inviata dall'autore all'editore, senza risparmio alcuno di trovate letterarie. Il libro s'apre così: “Egregio signor Editore, io sono un uomo che vive appartato, distante. Distante non solo dal rilucente mondo delle lettere, con i suoi principi e cortigiani, ma anche distante e appartato dal mondo in generale.”, e confesso di averlo acquistato per questo incipit. Un libro ricco di spunti, un inseguirsi di generi oltre il noir, del quale non svelerò -per ovvie ragioni- altro, a eccezione che tutta la storia si sviluppa intorno a questa frase: “Solo l'amore può resuscitare i morti”. Il secondo libro che ho letto in una manciata di giorni, è “Il cielo in ogni stanza”, ultima fatica di Raffaele Polo (Lupo Editore, 2009, pagine 79, € 12,00). Stavo per aggiungere a “ultima fatica” “letteraria”, ma non l'ho fatto perché di letterario in questo libro non c'è nulla. Nel libro di Polo si muovono persone reali che, per altro accidente, si trovano a cercare il senso della vita, cercando di restare aggrappati alla stessa nell'incombenza della fine. Un libro di una delicatezza che supera ogni forza, in cui le parole servono unicamente a dar voce a uno stato dell'esistenza, spesso quello terminale, che viene generalmente ignorato, inconsapevolmente o scientemente. Quello stato è l'unico passaggio della vita comune a ognuno, l'unico che ci rende davvero uguali. Conoscerlo migliora la vita di ciascuno e, dunque, quella di tutti. Non so quando questo pezzo uscirà. Prima della fine di quest'anno o quando il nuovo sarà iniziato? Non lo so! Lo chiudo alle 22:11 del 29 dicembre: un giorno triste e bello, per me. Ignorare quanto sopra mi permette di evitare di dirvi: auguri. Ché, anche questo avrete capito, non è che ci impazzisco. Il mio nuovo libro (sono arrivato a pagina 25) è “Olive Kitteridge” di Elizabeth Strout, ve ne parlerò quando l'avrò finito. Buona lettura e quant'altro desiderate, comunque.

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