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venerdì 20 dicembre 2013

Rinunciare alla propria vita per la giustizia

BRODO DI NATALE - Una commedia da gustare



Il cortometraggio scritto dal galatinese Fausto Romano e diretto dallo stesso insieme a Luca Joe Cucci promette bene già dal titolo: Brodo di Natale.
Una famiglia salentina si riunisce a casa della nonna per trascorrere la notte di Natale rispettando quello che, come dice lo stesso Romano, è il solito copione. Grandi e piccini, ognuno recita la sua parte capitanati dalla severissima nonna Lillina, che delle tradizioni fa il suo stendardo. Ma in questa vigilia il copione cambia, viene bruciato e ognuno fa di testa sua. Così, davanti ad un brodo freddo che nessuno vuol mangiare, si alternano imprevisti e colpi di scena come la perdita del Gesù Bambino da portare al presepe.  Una commedia che esce fuori dagli schemi ai quali siamo stati (ahimè) abituati dai vari cinepanettoni. In “Brodo di Natale” non vi è il minimo accenno alla volgarità e come nelle migliori commedie all’italiana, la famiglia serba in se già tutti i presupposti per una genuina e grottesca risata. Il cortometraggio (che è un progetto low budget) è stato realizzato con l’aiuto di LUPO editore, paladino già nell’ambito editoriale e da poco in quello musicale con l’etichetta discografica ULULATI. Ma la Lupo continua a voler stupire con le sue idee e voglia di fare e come dice il suo creatore Cosimo: “Chissà se non riusciremo a farci conoscere anche nel cinema”. Cosimo Lupo è anche uno dei personaggi del corto: un figlio ritardato che corteggia la cognata e da quello che sostengono i due registi, Cosimo, è stato una rivelazione.
Come lo sono stati tutti gli altri attori: Lillina Chirizzi, Mirella De Pascalis, Ivan Notaro, Maruska Serra, Cosimo Trabacca, Fausto Romano e i piccoli Lorenzo Nicola Colizzi e Aurora Notaro.
Il corto uscirà il 22 dicembre sul web, ma per chi vuole avere un’anteprima l’appuntamento è per il 21 dicembre alle ore 19.30 presso il palazzo Marchesale di Galatone.


Per info:




Backstage



BRODO DI NATALE
Cortometraggio

GENERE: Commedia

PRODUZIONE: FAUST cinema-teatro-scrittura  e LUPO EDITORE

REGIA: Luca Joe Cucci, Fausto Romano

SOGGETTO e SCENEGGIATURA: Fausto Romano

INTERPRETI: Lillina Ch’irizzi, Lorenzo Nicola Coalizzi, Mirella De Pascalis, Cosimo Lupo
Aurora Notaro, Ivan Notaro, Fausto Romano, Maruska Serra, Cosimo Trabacca

OPERATORE DI MACCHINA: Giovanni Invidia

SEGRETARIA D’EDIZIONE: Gloria Romano

ASSISTENTI ALLA REGIA: Andrea Cavaliera, Cosimo Lupo

MONTAGGIO: Stefano Tramacere

GRAFICA: Paolo Guido

MUSICHE: Ragtime Bubu Band



I REGISTI


FAUSTO ROMANO

Fausto Romano nasce a Galatina, nel Salento, nell’A.D. 1988. Fin da bambino l’Arte lo affascina: studia pianoforte per otto anni, canto per tre anni, danza per una settimana. Ma è servendo messa che capisce che vuol far l’Attore. Dopo gli studi superiori riesce a entrare nella prestigiosa Accademia N.le D’Arte Drammatica S.D’Amico di Roma, dove si diploma in recitazione nel 2012.
Vive per sei anni nel quartiere romano di san Lorenzo, dove dalla finestra della sua stanza vede solo la tangenziale che lui definisce: la sua “siepe leopardiana”. Nel 2013 pubblica il suo primo romanzo “GRAZIE PER AVER VIAGGIATO CON NOI” (Lupo Editore) dal quale trae uno spettacolo teatrale che lo vede uscire da una valigia rossa.  Fausto soffre di un disturbo bipolare: di giorno fa l’attore e di notte scrive.

LUCA JOE CUCCI

Luca JoeCucci, di Tuturano (Brindisi) vanta numerose esperienze lavorative nel cinema, reclutando attori e comparse nei film di Ciprì, Brignano, Ozpetek e Veronesi. Attualmente lavora su un film horror americano. Innamorato della regia e della fotografia ha omaggiato il cinema di Ciprì e Maresco realizzando dei corti grotteschi con uomini pelosi e dislessici. Nel 2013 incontra Fausto Romano, col quale si chiude per delle domeniche in una casa di campagna per girare il cortometraggio “BRODO DI NATALE”. Ha accettato tale progetto perché il brodo gli fa schifo.


DELLERA PELLICCE, IL LUSSO È A PORTATA DI MANO...



L'eleganza sottile e lo stile inimitabile di una pelliccia artigianale "su misura", a scolpire il fascino femminile di una silhouette lussuosa e armoniosa: Dellera "firma" con una sensibilità assoluta una donna senza tempo, preziosa, ricca di sottile charme e nobili emozioni. A far spazio alla pelliccia in guardaroba e ad attrarre la freschezza di uno stile più trendy e glamour c'è la nuova e sfiziosissima linea di accessori, tra cui spicca una collezione borse davvero unica nel suo genere. Dalle mini alle shopping bag, ai portatablet e smartphone, con manico rigido e con catena, in lapin, weasel, canguro, petit gris, zibellino e perfino in visone, la "Bag Collection" di Dellera impreziosisce e personalizza un look trasversale, giovane e meno giovane, da lavoro e o da occasione speciale.
In un mix di "calde" emozioni a portata di mano...
Non solo il fascino e il prestigio della pelliccia d'autore. La storica griffe milanese strizza l'occhio ai più giovani e propone una esclusiva collezione di "pellicciosi" accessori. A 360°. Al lussuoso e pratico portatablet in volpe o petit gris mosaico (con la possibilità di personalizzarlo su richiesta). Agli unici portacellulari e portaocchiali a tracolla sempre in petitgris mosaico. Fino ai morbidosi e divertenti bracciali o i polsini in pelliccia personalizzati con le iniziali, originale idea regalo. Dai colori più classici fino alle tinte di tendenza. Tutto made in Italy. Firmato: Dellera. Era il 1885 quando, nel cuore della città di Pavia, la pellicceria Dellera prendeva vita dalla fortunata intuizione di Mattia e Carlo Lanzani Dellera. Un fil rouge che lega, tra le pagine della sua centenaria storia, i frammenti di un racconto lungo 127 anni. Una trama scritta da tre distinte generazioni che hanno segnato un percorso e creato una tradizione, dal pastrano di pelliccia brevettato per i soldati italiani destinati al fronte russo all’esclusiva mantella di zibellino indossata da Liz Taylor, dalla democratizzazione della pelliccia durante gli anni del boom economico in Italia all’inedita collezione realizzata con Enrico Coveri. Suggestioni, ricordi, ispirazioni e innovazioni che si rincorrono e si alternano negli anni, che si adattano alla mutevolezza dei tempi e dei gusti, dando vita a creazioni che parlano un linguaggio moderno intriso della ricca essenza della tradizione. Le redini della storica Azienda di famiglia sono ora custodite nelle mani di Andrea e Gigliola che, reinterpretando le classiche e sobrie atmosfere della Boutique, propongono accanto ai capi iconici, presenti nei punti vendita di Milano e Pavia, una collezione innovativa, immersa nel presente, pronta ad assecondare le esigenze dei cambiamenti attingendo dall’esperienza del passato.


DELLERA Via San Damiano 4 – Milano Tel. 02 796151
Strada Nuova 78 – Pavia Tel. 0382 24795
e in negozi selezionati nel mondo

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giovedì 19 dicembre 2013

Mazinger Edition Z (HD) - Ep. 14 ITA - Segreti di famiglia (Yamato Video)

Trigun (Trailer)

Boys Be... (Trailer)

Mo mama. Da chi vogliamo essere governati?, di Paolo Nori (Chiarelettere). Intervento di Nunzio Festa



“La politica non è una cosa che si fa quando si va a votare, ma che la politica si fa tutti i giorni, e che è politica il modo in cui si parla, il modo in cui ci si muove, che è politica il grado di gentilezza con cui si parla coi propri figli, e coi propri genitori”. A chi appartiene quest'asserzione definitiva, assoluta? Verrebbe di rispondere: o a una persona perbene, come piace dire in genere, oppure a un  intellettuale serio e puntuale. Invece è di Paolo Nori.  E non che Nori non sia un intellettuale: fa lo scrittore, il traduttore e il “maestro” dei grandi. E, chiaramente, non che non sia una persona per bene. E fa grandemente piacere scoprirlo, che sia di Paolo Nori. Dove un altro scrittore in sostanza ci toglie dallo pseudo-qualunquismo dell'ultimo piccolissimo Piccolo, che riesce invece a esser peggio d'altri e non “come tutti”. (Non come tutti, certo). Fortunatamente. Nori col suo 'libretto', infatti, con la scusa di raccontare “Parma ai tempi del Movimento 5 stelle”, espone la sua visione del mondo, più che solamente la sua idea di 'politica' / idea-politica. Però com'è giusto che sia  è costretto a ragionare, visti i tempi correnti, durante lo svolgimento d'un tema in apparenza nuovo: l'ascesa sulla scena della gestione della cosa pubblica, per quel che almeno riguarda Parma, d'una nuova forza politica – con il primo sindaco ai cinque stelle; mentre insomma una nuova generazione, in genere, avanza nella calca che il nulla d'oggi è. Non si capisce più un cazzo. Se, tanto per cominciare, adesso che scriviamo dell'ultimo libro di Nori, narratore di grande bravura e oramai di riconosciuta levatura, troviamo sulle strade, e non per sentito dire o per modo di dire, una specie d'accenno di sommossa dentro la quale i fascisti del terzo millennio degli ultimi resti di partiti xenofobi e nazifascisti tentano d'esser germi, anzi batteri da lievito cattivo. Ma torniamo a Parma. Anzi a Pizzarotti. Dove Federico Pizzarotti è l'esempio d'una lingua da rigettare e dell'assenza di qualità nonché del mancato raggiungimento di buoni propositi. “Mo mama”, in effetti, è prima di tutto un'espressione linguistica parmiggiana della quotidianità. Sarebbe a dire “mamma mia” - epperò è usata esclusivamente in senso negativo. Ma meglio allora parlare una lingua di tutti i giorni, che quella dei Pizzarotti. E Nori, da anarchico, pur stupendosi con poco aspira al massimo. Altrimenti meglio tenersi fuori. Tanto che non vota da una ventina d'anni. Grazie al fatto che siamo incalliti sostenitori – lo seguiamo tutti i giorni (andando sul sito con puntualità maniacale) – molte pagine del Mo mama avevamo avuto il piacere di leggerle in anteprima. Però tutte insieme sono una vera e propria riflessione, una discussione sull'attualità. Praticamente un'opera di saggistica che chiede di spaccare in mille pezzetti concetti obsoleti, falsi e, per di più, banali, che i gesuiti di pd pdl sel e m5s vogliono farci passare per valori. Tra il nuovo, fino a un certo punto, mito Renzi e il sempre fresco grillismo.   





Nome al tavolo Blackjack, di Valter Binaghi, con una nota di Antonio Paolocci (Perdisa Pop). Intervento di Nunzio Festa



Molestie a parte, l'ultimo libro di Valter Binaghi, pubblicato postumo perché l'autore è morto il 12 luglio scorso - soltanto due giorni prima di compiere il suo cinquattottesimo compleanno - dopo una lunga malattia, nella sua Busto Garofalo (dell'amata e odiata Lombardia), l'ho letto in appena tre giorni; durante, tra l'altro, la compulsiva e compressiva Fiera della Piccola e Media Editoria di Roma del PalaEur. Ché, onestamente, provavo una curiosità immensa nel leggere questo “Nome al tavolo Blackjack”. Intanto in quanto davvero non m'aspettavo Binaghi riuscisse a calarsi così, pienamente, nel genere. Fino a scendere nelle pieghe più difficili del thriller. E dato il fatto che di Binaghi, e ne faccio ammenda, oltre a sue cose in rete niente avevo neppure sfogliato. Ma quando la versatilità non è una dote accessoria, trovi uno scrittore che da alle stampe prima un romanzo storico e poi una vera e propria testimonianza di fede, “Dieci buoni motivi per esser cattolici (Laurana, con Mozzi). O al contrario, in senso meramente editoriale. Senza trascurare quelle doti musicali: specie da bluesman. E che ti lascia a bocca aperta, oltre che realmente incastrato nelle sue pagine, dandoti innanzitutto una serie di personaggi ognuno dei quali significativo e comprovante d'un pezzo di mondo. Il protagonista del romanzo, infatti, Francesco Barca, come si vede solamente in coda all'opera, fa il giocatore di carte per professione. Dunque servendosi dell'oramai titolo, più che soprannome, di Blackjack. Mentre nella sua mente scorre l'assenza della madre. Più spunta l'improvviso, ovviamente, colpo di fulmine. Quando suo padre, di taglio, è un nostalgico comunista ortodosso e intransigente - che in vecchia ancora è capace di credere nella buonafede di compagni d'un tempo svendutisi tranquillamente al nemico, al potere (questione che i figli cercano di nasconderli fino alla fine della sua vita pura). Pezzi dati in pasto a una montagna d'altri pezzi. Vedi il cameriere rom... Uomo italiano. Vittima di pregiudizi, ma meno dei suoi connazionali solo in virtù dello stato sociale che veste adesso nell'ex Belpaese. Il pregiudizio razziale, punto primo. Che sfianca la dignità umana, comunque resistente, specie dove il grasso della pancia piena è leggermente intaccato dal calo del rendimento dell'economia. Il pregiudizio sessuale, punto secondo. Quando l'amata di Blackjcak è maltrattata e vessata dal suocero. Come altri pregiudizi e condizioni dell'Italia d'oggi. La storia sfiora veramente il giallo. Di pretesto. Mentre scava nell'anima dei singoli e scava, proprio, nell'anima della nazione. Un tumulto di suggestioni. Tutte e ognuna a scorrere da nastro nella trama. La parte peggiore e la migliore dell'umanità, scoppia sullo schermo istallato da Valter Binaghi.    

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