ll libro
L'AUTRICE - Nicoletta Santini è una pittrice surrealista e dipinge con varie tecniche su diversi supporti per creare una rappresentazione evocative della relazione colore-luce.
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ll libro
L'AUTRICE - Nicoletta Santini è una pittrice surrealista e dipinge con varie tecniche su diversi supporti per creare una rappresentazione evocative della relazione colore-luce.
Per ogni Maradona, centinaia di brocchi senza talento.
20 luglio 1992.
Sono passate poco più di dodici ore dall’eccidio. Due agenti della Criminalpol venuti da fuori sono in via D’Amelio. La prima cosa che cercano di capire è dove si siano appostati gli attentatori con il
telecomando che ha fatto esplodere l’autobomba. I due escludono subito i palazzi che si affacciano su quel tratto della strada: sono sventrati, se si fossero posizionati lì, i killer si sarebbero esposti a un rischio troppo alto. Lo sguardo si posa poco più in là, oltre un muro che separa la via da un grande giardino. Gli agenti mettono a fuoco un palazzo di dodici piani appena edificato. Percorrono poco più di cinquanta metri, entrano nello stabile e salgono le scale. Si imbattono nei due costruttori del palazzo, i fratelli Graziano. Si fanno portare nel loro ufficio e abbozzano una sorta di interrogatorio.
“Avete visto qualcosa?”. Poi chiedono loro i documenti per un controllo via radio: vogliono sapere se hanno precedenti. Nell’attesa, uno dei poliziotti sale fino alla terrazza, rendendosi subito conto
che da lì la visuale su via D’Amelio è perfetta. Per terra, nota un mucchio di cicche. Dalla centrale intanto comunicano che i costruttori sono schedati come mafiosi. Sono due dei sei fratelli Graziano, una progenie di imprenditori edili legati ai Madonia e ai Galatolo... Ce n’è abbastanza per portarli in
centrale e proseguire gli accertamenti, ma sopraggiunge all’improvviso una squadra di poliziotti.
“Colleghi, è tutto a posto. Ce ne occupiamo noi, adesso”, dicono ai due agenti della Criminalpol. Che se ne vanno perplessi, fanno ritorno in centrale e stilano comunque un rapporto dettagliato. L’indomani ricevono un ordine di servizio: devono rientrare al comando di origine. Il loro lavoro a Palermo è concluso. Dei fratelli costruttori qualche mese dopo la strage parlano pentiti del calibro di Gaspare Mutolo e Francesco Marino Mannoia... La testimonianza degli agenti della Criminalpol è finita oggi nella nuova inchiesta della Procura di Caltanissetta sulla morte di Borsellino e della sua scorta. Per tutti questi anni i due poliziotti hanno creduto che qualcuno avesse vagliato il loro rapporto, che quella pista fosse stata battuta. Invece il rapporto è sparito dalla questura di Palermo. Le indagini hanno però appurato che nel palazzo, poche ore dopo che gli agenti della Criminalpol si erano allontanati, era arrivato un gruppo di carabinieri. Nella loro relazione risulta tutto a posto, tutto normale. E il palazzo della mafia su via D’Amelio sparisce. Come l’agenda rossa di Paolo Borsellino.
Il Patto di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci (Chiarelettere)
PREFAZIONE di Marco Travaglio
Molto più che un divertissement, grazie in aggiunta alle immagini di Rezzuti, il piccolo tassello tratto dalla piccola serie di creazioni letterarie di Fabio Pusterla, autore dell’a dir poco incantevole “Corpo Stellare”, il piccino “Sinsigalli” mi permette, per una delle poche volte, oltre che di riferire in primissima persona, d’accennare a un curioso evento accaduto in premessa a questa lettura. In pratica, quando alla cortese e attenta Nietta Caridei ho chiesto copia del volume, pensavo, cosa simile a quella raccontata dallo stesso autore in sede d’introduzione dell’opera, d’entrare in possesso d’uno scritto ‘dedicato’ al poeta lucano Leonardo Sinisgalli; evidentemente, oltre ad aver letto troppo velocemente lo spezzone dal quale avevo tratto l’interessamento, avevo ripetuto l’errore, in seguito. E, per giunta, in seguito, la pur sempre attentissima Caridei non s’era accorta, oppure aveva accettato quale refuso, il mio almeno imbarazzante errore. Per dire, su tutto, come le affermazioni di Pusterla, e soprattutto la sua originale idea di fare addirittura un libro su questo, se pur piccolo piccolo in quando a dimensioni tipografiche, sia frutto di brillante intuizione. Il racconto di Pusterla, ovviamente imbevuto del fluido dei versi e assistito dalle terre della poesia, porta sconquassi lieti nell’immaginazioni. La trama, se così si può dire per una pubblicazione di questo genere, vede fermentare la nascita divertentissima, con accenni al pauroso, persino, di creature tutte sottratte alla metafora grande della vita. Che, insomma, se i Sinsigalli sono parto d’un vero e proprio refuso, allo stesso tempo sono ‘animaletti’ fantastici. E infine non possono che essere, di contro e insieme ai malvagi e tremendelli carrubi (m’auguro di non sbagliare, e potrebbe essere davvero per merito del programma di scrittura utilizzato), la rappresentazione in forma allegorica, appunto, del bene. Quando i carrubi – è ovvio – del male. Il gioco diventa sempre più bello proprio quando la lotta, per i Sinsigalli apparentemente tutta in difesa, fra i primi e i secondi. Che i persecutori sono i carrubi. Perché la lite perenne, anzi la volontà dei carrubi (ex carruggi) che non s’accentano è quella di prendersela coi buoni per eccellenza. Il mondo degli errori. Fabio Pusterla: poeta svizzero intriso d’amore per ogni essere vivente: spiega con brio e delicatezza.
Sono convinto che un giorno chi legge, chi farà cultura, chi produrrà senso insomma, verrà guardato con disprezzo, verrà additato come un morbo che vuole distruggere la società con le sue “dotte” farneticazioni, e questo per quanto riguarda letteratura e arti figurative … figuriamoci poi chi indosserà le vesti sacre della Poesia. Altro che Salem! Ma forse sono solo semplici e puerili fantasie di un caldo mattino d’estate.
Lo si può affermare anche con una certa tranquillità, e soprattutto con la consapevolezza di non poter essere smentiti: Domenico Starnone, non solo è una delle migliori penne della nostra patria, ma è riuscito a regalare a noi, esiguo popolo di attenti lettori, un libro meraviglioso e splendido, che solo un amante e conoscitore del cinema, solo un occhio attento e indagatore che ha saputo assorbire il meglio della cultura e della storia del “grande schermo” poteva riuscire a realizzare. Dunque ulteriore prova narrativa, ulteriore pluriverso di storie che abbracciano un arco temporale di circa un sessantennio della nostra Italia. Prima parte del libro: conosciamo la vita di un bambino che nella Napoli del dopoguerra vive di atmosfere magiche a metà tra coscienza e stato onirico, nelle sale cinematografiche dell’epoca (fumose e non sempre igienicamente impeccabili) in grado di far sognare, magari tra un western con James Stewart o tra le volute morbide di nuances conturbanti di un’immensa Deborah Kerr.
Spazio di riflessione che Starnone si concede per parlare di umanità a vari livelli, e soprattutto per delineare profili topo/antropologici dove era possibile scambiare qualche battuta leggera, e magari stringere amicizia con il vicino di poltrona. Come “principium individuationis” nell’intera struttura della narrazione, il desiderio dei protagonisti di lasciarsi alle spalle miseria, sofferenza, incertezze e pensare al futuro, un qualsiasi futuro plausibile pur di ottenere una briciola di benessere. Seconda parte del libro: quel bambino che il lettore ha lasciato “imbambolato” nelle sale cinematografiche a vivere nella fantasia della sua solitudine innumerevoli e incredibili avventure , agli inizi del XXI secolo ha smesso di sognare e o meglio ha trasformato il suo sogno in realtà, divenendo scrittore di sceneggiature per il cinema. Ma quello di cui scrive il protagonista, non è il cinema di Fellini o di Rossellini.
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Io, che mi occupo di social media per lavoro e per passione, e ho avuto la fortuna di conoscere Giorgio all’inizio dell’anno. Posso affermare con sicurezza che ha una capacità comunicativa innata e l’intelligenza aperta e social di chi sa fare marketing; due caratteristiche che non possono mancare a chi vuole occuparsi di attività di comunicazione non convenzionale.
In questo libro Giorgio ci accompagna alla scoperta dei flash mob. Ma non si tratta di un tradizionale manuale accademico; per carità, non potrebbe essere così! ne verrebbe meno lo spirito che accompagna tutta la lettura. Più che un manuale di comunicazione non convenzionale, questo libro è un vero e proprio percorso che il lettore farà insieme a Giorgio. Un cammino autorevole e veloce, che ci accompagnerà alla scoperta delle strategie e degli strumenti digitali da utilizzare per organizzare un flash mob e renderlo un evento rilevante dal punto di vista della comunicazione di marketing.
La nostra società è in rapida trasformazione; cambia l’approccio dei giovani all’uso dei media, si moltiplica la loro capacità di relazione attiva con il mondo delle aziende. Le quali, a loro volta, nutrono il desiderio di coinvolgere i loro potenziali target, ponendosi su uno stesso piano di comunicazione peer to peer che può trovare nell’associazione del brand ad un flash mod un mezzo di espressione molto efficace.
Quindi grazie, Giorgio, per aver scritto questo volume. Ne avevamo tutti un gran bisogno!
* Prefazione di Alessandro Prunesti, Docente universitario ed esperto di Enterprise 2.0
Laurana Editore è un marchio che farà la sua comparsa in libreria a inizio settembre. Nasce da un’idea di Calogero Garlisi, l’amministratore delegato di Melampo (www.melampoeditore.it), che dopo aver varato nel 2004 la sigla dedicata alla saggistica politica, sociologica e storica ha infatti deciso di assecondare una delle sue passioni più forti: quella per la narrativa italiana. “La mia intenzione non era però solo quella di appagarmi come lettore. Volevo, e voglio, riuscire a pubblicare libri utili. A utilizzare la narrativa per fare luce sulla realtà”. Laurana Editore si propone così, nel primo anno di vita (e cioè nel periodo settembre 2010- giugno 2011), di mandare in libreria una decina di titoli. L’interesse principale va a quegli scrittori che mostrano una spiccata attenzione per il contesto attuale del nostro Paese: un contesto sia strettamente legato a questo inizio del nuovo millennio, sia inteso come affresco degli ultimissimi decenni. Perché questa scelta? Vale a dire: come mai si è deciso di investire la narrativa di un ruolo che ci verrebbe spontaneo attribuire solo alla saggistica? Perché grazie alla narrativa le cose si possono “far vedere”, si possono “mettere in scena”, e così rendere evidenti. Racconta Tolstoj che le scene di battaglia descritte in Guerra e pace sono debitrici delle scene di battaglia descritte da Stendhal nella Certosa di Parma. Lì, secondo Tolstoj, si vede che cosa accade davvero nelle giornate di scontro: c’è una grande confusione, non si capisce un bel niente. E Stendhal è in grado di metterlo in scena. Rinunciando in un primo momento a spiegare si concentra sulla possibilità di rappresentare. La letteratura ha dunque questo valore di farci vedere. E farci vedere quello che ci sta attorno, mentre lo abbiamo sotto gli occhi, crediamo di conoscerlo e invece non ne sappiamo nulla. È per questo che alla letteratura si è sempre chiesto di essere un luogo privilegiato della ricerca della verità, ed è per questo che la si insegna in ogni ordine e tipo di scuola. Se pensassimo che la letteratura è fatta soltanto di belle storie inventate non ci preoccuperemmo più di tanto di leggerla e di farla leggere, di studiarla e di farla studiare. Pensiamo invece che quelle belle storie inventate portino con sé ognuna una possibilità di vedere, e quindi di capire. Laurana Editore cercherà dunque di pubblicare letteratura che mostri le solite cose, ma in modo completamente diverso.
in uscita il 10 settembre
Il primo titolo che Laurana Editore propone è Sangue di cane di Veronica Tomassini, giornalista che collabora col quotidiano “
in uscita il 15 ottobre
Il terzo titolo è Nel grande show della democrazia di Marco Bosonetto, tra i cui titoli ricordiamo Nonno Rosenstein nega tutto e Morte di un diciottenne perplesso (Baldini Castoldi Dalai, 2000 e 2003) e Requiem per un’adolescenza prolungata (Meridiano Zero, 2008). Siamo nel 2024 e Marco Dell’Elmo è stato il primo premier nella storia del nostro Paese a essere eletto direttamente da casa col televoto. Uno scandalo sessuale l'ha però strappato dalla sua poltrona e gettato in strada. Così è
in uscita il 12 novembre
Il quarto titolo di Laurana Editore è I cani di via Lincoln del siciliano Antonio Pagliaro, già autore
Laurana Editore
le solite cose,
completamente diverse
info e contatti
Gabriele Dadati
dadati@laurana.it
02.23002405
www.laurana.it
Le grandi organizzazioni criminali non si fondano sulla brama di potere. Sul denaro o sulla forma di attrazione erotica che il crimine eserciterebbe sulle donne. Queste sono solo conseguenze di una complessione molto più radicata. È la vanità il punto di partenza di ogni crimine e di ogni sistema criminale. La vanità e le sue sorelle minori, crudeltà e ira. Niente è più profondamente umano che un gesto criminale. Dove molti vedono una devianza, io colgo invece l’essenzialità dell’uomo. E se anche mi sbaglio, mi sbaglio di poco. Ora, bisogna dire che non tutta la vanità diventa crimine.
Non tutta la crudeltà si trasforma in omicidio. Tutt’altro. Anzi il criminale non fa altro che mettere su piazza queste sue smanie. Le persone normali, chiamiamole così, le coltivano, invece, nel silenzio delle loro case. Ci dormono insieme, nelle loro cucce piene di lenzuola e trapunte. Ci si svegliano. Ci scopano. Ci fanno figli. Come si riesce a controllare un mostro di questa portata se per un’intera vita lo si è custodito gelosamente nel cuore? Nessuno riesce. Questo è il punto. Come si riesce a controllare un mostro di questa portata se per un’intera vita lo si è custodito gelosamente nel cuore? Nessuno riesce. Questo è il punto. Anche noi, prima che accadesse la tragedia, eravamo
una famiglia, tendenzialmente infelice. Come tutte, del resto. Anche fra noi tre c’erano rapporti di misurata crudeltà, di soffocamento morbido, che a turno dovevamo sopportare. Certo in alcuni momenti scoppiava un’aria di sensibile armonia che apriva il cuore, ma mica durano in eterno questi paradisi, se ne vanno con il primo treno disponibile, e allora quella specie di disamore sotterraneo che abita in tutte le case, fa di nuovo capolino, come a dire: sono tornato, avete sentito la mia mancanza? È per questo che di solito si lavora fuori di casa, pensavo all’epoca. Che miliardi di persone ogni mattina, che sia presto o tardi, si alzano, indossano i loro abiti di tradizione, fanno un inchino alla notte passata in casa e vanno via. Uno deve anche poter respirare aria netta nei polmoni, mettere sulla bilancia un’altra parte della propria personalità, una sezione differente.
All’epoca dirigevo uno studio di ingegneria, attività che continuo ad esercitare anche oggi. Ma ora il mio studio è piccolo, riservato a me. Faccio lavori di piccolo calibro, niente grattacieli, o ponti chilometrici fra una sponda di fiume e l’altra. Niente urbanizzazione di interi quartieri. Solo progetti
limitati, tanto per mantenere in esercizio la mano. Garage, case di modesta grandezza, stradine periferiche, tettoie. Quello, invece, era uno studio che occupava un’intera ala di un palazzo. Con i vetri oscurati e vie di fuga segnalate da targhe luminose. Il mio ufficio era all’ultimo piano. Non era un modo piacevole di trascorrere le giornate.
Esco da un tour de force di letture che mi hanno aiutato a ricredermi su due generi letterari il noir e il poliziesco, che non ho amato particolarmente o meglio, che non sono stato mai pienamente in grado di apprezzare vuoi perché magari mi mancavano le chiavi di lettura adeguate, vuoi perché forse nessuna pubblicazione in tali ambiti mi ha solleticato in maniera concreta. E allora alcuni consigli di lettura, mi sembrano doverosi da fare nella maniera più assoluta.
Direi che per chi volesse approcciarsi alla questione noir e giallo, può farlo leggendo un autore eclettico e bravo come Salvatore Scalisi che per Csa editrice e Besa editrice ha pubblicato “Jhon Parker - il detective”, e “La mente del diavolo”, dove crimine, e vite al limite sono gli ingredienti principali di opere degne di nota. Poi come secondo “consiglio per gli acquisti” non posso non occuparmi di “Cinema Calibro 9″ di Fabrizio Luperto, classe 1970, originario di San Cesario di Lecce, oggi bazzica Torino e dintorni, penna nota della critica del cinema “poliziottesco” a molte riviste cartacee e on-line del settore. L’opera in questione ci dice molto sul fatto che il “poliziottesco” per l’appunto, nel cinema del nostro paese è stato lento nel diventare un fenomeno di massa, e quando lo è divenuto è stato grazie ad una sedimentazione che va dall’essersi inserito come virus latente nelle crepe della censura mussoliniana grazie alla letteratura contenuta nei Gialli Mondadori (1929) per poi diventare pellicola con “Tombolo - Paradiso Nero” di Giorgio Ferroni e poi cult con “Milano calibro 9″ di Fernando Di Leo, regista a cui Luperto dedica un interessante micro-dossier di oltre venti pagine.
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Il succo e gli intenti del romanzo sono ottimamente delineati nella Presentazione che ne fa l’autore. Nel lungo viaggio che prende le mosse da Rimini per portare il protagonista verso i Paesi baltici (passando per Milano e Berlino), K si affida alle suggestioni che gli vengono da incontri, ambienti, voci e paesaggi per “ritrovarsi” e perdonare/perdonarsi. Le tappe interiori del suo percorso si fondono così con gli input dell’itinerario geografico, scandito dalla permanenza più o meno lunga a Stoccolma, Helsinki, Tallin, Riga, Vilnius… dove lo accolgono sensazioni e/o personaggi capaci di riportarlo al passato e di fargli rivivere esperienze importanti, spesso dolorose, e momenti chiave della sua infanzia e dell’adolescenza salentina. Così emergono le figure fondamentali della sua formazione, con il loro bagaglio di positività e di negatività, di gioia e di sofferenza, ora inquietanti ora affettuose, ora presenze protettive ora incubi, ma tutte comunque accolte nella memoria come parte integrante della propria identità e proprio per questo “assolte”, per quanto brucianti possano ancora essere le ferite da alcune di loro inflitte più o meno consapevolmente. Ne scaturisce una storia intensa, caratterizzata dalla ricostruzione dell’atmosfera paesana di una Novoli contaminata dalla malavita (la cui realtà è così quotidiana da apparire scontata) e dalla grande passione di K per il calcio, l’unica risorsa che gli ha permesso di salvarsi dalle molteplici occasioni di perdersi, infragilito com’è da un contesto familiare che lo ha segnato duramente. Decisive nel ricordo del protagonista sono le figure maschili: oltre a quelle degli amici o dei paesani, spiccano quella dell’anarchico nonno Nino, accanito fumatore di pipa, che gli ha insegnato la lealtà nella vita e nello sport, quella controversa di Gabriele, padre violento a sua volta ferito da un’infanzia negata, dell’odioso Uccio che crede suo nonno e del forte Gaetano che lo è davvero. Numerosissimi i personaggi maschili che popolano la mente di K affacciandosi prepotenti alla sua memoria nella rievocazione di episodi significativi che acquistano la forza dell’attualità nel confronto con i fantasmi e con le angosce che lo hanno reso un giovane uomo dagli occhi di ghiaccio, sempre attestato in difesa. Di altrettanto spessore alcune figure femminili (in particolare quella di Marta, la madre) e in generale l’intero universo umano rappresentato. E’ nel misurarsi con questa folla che si delinea la personalità di K, autistico e dislessico fin da piccolo per proteggersi dalla violenza, adolescente ribelle che diventa ultrà fascista per contrapporsi al padre che – comunista – picchia figlio e moglie ricadendo nelle stesse prevaricazioni di cui è stato a suo tempo vittima, prima di candidarsi alla rovina finanziaria e personale. K afferma più volte di non saper amare, ma sente di avere una casa (anzi, una kasa) e la riconosce il un baluginio del sole scandinavo o in un riflesso del mare del mare del Nord, richiamando il “suo” sole e il “suo” mare… verso i quali si dirige a ritroso, alla fine del suo viaggio, per ri-tornare incontro a se stesso, ormai pacificato.
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