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martedì 9 febbraio 2010
Angeli a pezzi, di Dan Fante, traduzione di Marcdo Giovannini e Mary Sellers (Marcos y Marcos). Intervento di Nunzio Festa
lunedì 8 febbraio 2010
Il libro del giorno: Liberaci dagi sbirri di Gabriele Reggi (Isbn edizioni)
Spedito a far supplenze in una scuola del Sud più profondo, il protagonista di questo romanzo si accorge ben presto di essere finito in un villaggio dei dannati che sembra partorito dalla mente di Stephen King, più ancora che da Ignazio Silone o da Ernesto De Martino. La Storia non arriva a Stimmate, dove le donne sono costrette a lavorare nei campi e i carcerati sono chiamati Presidenti e vivono come al Grand Hotel. Il tasso di mafiosità di questo Meridione allucinato e piovoso porta uomini e donne a pregare ogni giorno «liberaci dagli sbirri», mentre un cruento rito religioso chiamato la Piaga sembra tenere insieme la comunità. Finché Stefano, il prossore del Nord, non si innamora di Anorea, bellissima e intoccabile.
Gabriele Reggi è nato nel 1961 ad Atri (Te). Vive e lavora a Rieti. Liberaci dagli sbirri è il suo primo romanzo.
Puccetto: "La mia mano una radice disposta sull'orizzonte". Intervento di Mauro Marino
fonte iconografica by Cinesalento
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domenica 7 febbraio 2010
Il libro del giorno: Delfini di Banana Yoshimoto (Feltrinelli)
Le opere di Yoshimoto vengono spesso paragonate ai manga per le situazioni descritte e per i loro protagonisti. Tra le sue amicizie rientra Kyoko Okazaki, famosa autrice di Shojo manga di grande successo nei primi anni '90.
E' finita la controra (Manni editore) a cura di Filippo La Porta. Intervento di Dario Goffredo
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sabato 6 febbraio 2010
Il libro del giorno: Acciaio di Silvia Avallone (Rizzoli)
Attraverso gli occhi di due ragazzine che diventano grandi, Silvia Avallone ci racconta un’Italia in cerca d’identità e di voce, apre uno squarcio su un’inedita periferia operaia nel tempo in cui, si dice, la classe operaia non esiste più. E lo fa con un romanzo potente, che sorprende e non si dimentica.
AA.VV. - "La sposa barocca - sette saggi su Claudia Ruggeri" edito da LietoColle
Questi contributi e queste iniziative editoriali marcano a fuoco l’esigenza di approfondire il caso Ruggeri (perché di caso si tratta, finchè qualcuno non si accingerà a una sistemazione organica e critica della poetica dell’autrice), e aggiungono altro materiale, accanto a quanti precedentemente hanno parlato e scritto di lei: Walter Wergallo, Arrigo Colombo, Carlo Alberto Augieri, Michelangelo Zizzi, Donato Valli, Rossano Astremo, Luciano Pagano, Giuliana Coppola, Antonio Errico, Sergio Rotino, Franco Fortini, Mario Desiati, Rossano Astremo, Elio Scarciglia. Ora esce per i tipi di Lieto Colle "La sposa barocca - sette saggi su Claudia Ruggeri" un bellissimo volume prefato da Michelangelo Zizzi, a cura di Pasquale Vadalà con le testimonianze di Andrea Cassaro, Mario Desiati, Stelvio Di Spigno, Andrea Leone, Flavio Santi, Carla Saracino e Mary B. Tolusso. Un lavoro che attesta quanto ancora ci sia da dire e da fare su un personaggio di spessore e rilievo che merita di essere nelle più importanti antologie di poesia contemporanea italiana. Quello voluto dalla casa editrice comasca e dai curatori del volume, appare subito evidente come voglia essere un’opera che contribuisca a dare finalmente un approccio sistematico al verso, al respiro grandissimo di questa poetessa e al suo essere per
venerdì 5 febbraio 2010
Calpestare l'oblio. Cento poeti italiani contro la minaccia incostituzionale, per la resistenza della memoria repubblicana
Nei prossimi giorni sarà diffusa attraverso il web l'antologia "Calpestare l'oblio. Cento poeti italiani contro la minaccia incostituzionale, per la resistenza della memoria repubblicana" con cui si conclude questa prima operazione di rivolta poetica contro l'oblio nazionale.
Gli autori di "Calpestare l'oblio" sono:
Francesco Accattoli, Annelisa Addolorato, Nadia Agustoni, Fabiano Alborghetti, Augusto Amabili, Viola Amarelli, Antonella Anedda, Gian Maria Annovi, Danni Antonello, Luca Ariano, Roberto Bacchetta, Martino Baldi, Nanni Balestrini, Maria Carla Baroni, Vittoria Bartolucci, Alberto Bellocchio, Luca Benassi, Alberto Bertoni, Gabriella Bianchi, Marco Bini, Brunella Bruschi, Franco Buffoni, Michele Caccamo, Maria Grazia Calandrone, Carlo Carabba, Nadia Cavalera, Enrico Cerquiglini, Antonino Contiliano, Beppe Costa, Andrea Cramarossa, Walter Cremonte, Maurizio Cucchi, Gianluca D’Andrea, Roberto Dall’Olio, Gianni D’Elia, Daniele De Angelis, Francesco De Girolamo, Vera Lùcia De Oliveira, Eugenio De Signoribus, Nino De Vita, Luigi Di Ruscio, Marco Di Salvatore, Alba Donati, Stefano Donno, Fabrizio Falconi, Matteo Fantuzzi, Anna Maria Farabbi, Angelo Ferrante, Loris Ferri, Fabio Franzin, Tiziano Fratus, Andrea Garbin, Davide Gariti, Massimo Gezzi, Maria Elisa Giocondo, Marco Giovenale, Mariangela Guatteri, Raimondo Iemma, Andrea Inglese, Giulia Laurenzi, Maria Lenti, Bianca Madeccia, Maria Grazia Maiorino, Francesca Mannocchi, Giulio Marzaioli, Emiliano Michelini, Guido Monti, Silvia Monti, Davide Morelli, Renata Morresi, Giovanni Nadiani, Davide Nota, Opiemme (laboratorio), Fabio Orecchini, Claudio Orlandi, Natalia Paci, Adriano Padua, Susanna Parigi, Fabio Giovanni Pasquarella, Giovanni Peli, Enrico Piergallini, Antonio Porta, Alessandro Raveggi, Rossella Renzi, Roberto Roversi, Lina Salvi, Stefano Sanchini, Flavio Santi, Lucilio Santoni, Giuliano Scabia, Francesco Scarabicchi, Alessandro Seri, Marco Simonelli, Enrico Maria Simoniello, Giancarlo Sissa, Luigi Socci, Alfredo Sorani, Pietro Spataro, Roberta Tarquini, Rossella Tempesta, Enrico Testa, Fabio Teti, Emiliano Tolve, Adam Vaccaro, Antonella Ventura, Lello Voce, Matteo Zattoni
L'e-book conterrà una prefazione dello storico Luigi-Alberto Sanchi e una mia breve premessa alla nuova versione.
Il libro del giorno: L'invenzione di Palermo di Giuseppe Rizzo (Giulio Perrone editore)
Giuseppe Rizzo ha ventisei anni. Ha collaborato con il Giornale di Sicilia, Il Mucchio Selvaggio e Nazione Indiana. È stato finalista al Mondello Giovani e ha vinto il RomaEuropa Festival. Mangia la carne. Non ha un blog.
giovedì 4 febbraio 2010
Il libro del giorno: Walter Tevis, Il colore dei soldi, The Color of Money (Minimum Fax)
Publishers Weekly
«Tevis è uno dei più grandi scrittori americani del Ventesimo secolo. I suoi romanzi hanno cambiato l’immaginario collettivo».
Matteo Sacchi, Il Giornale
Pubblicato nel 1984, pochi giorni prima della morte di Walter Tevis, Il colore dei soldi nasce come seguito ideale del suo primo romanzo, Lo spaccone.
Vent’anni dopo l’epico incontro con Minnesota Fats, «Fast» Eddie Felson torna sui tavoli da biliardo per continuare la sua partita con la vita e con se stesso. Dopo aver tentato invano la carriera di imprenditore, Eddie capisce dolorosamente che il suo talento per la stecca è l’unico capitale di cui dispone per sopravvivere. Ma nel frattempo il mondo del biliardo professionistico è cambiato, e una nuova generazione di giocatori detta legge al panno verde. Alle prese con un ambiente del quale deve imparare a proprie spese le nuove regole, «Fast» Eddie si rimette in gioco, tornando a una vita fatta di competizioni, alberghi lussuosi e impersonali, sale fumose dove allenarsi e affrontare gli avversari. E vincere l’ultima sfida.
Questo romanzo ha ispirato il film omonimo diretto da Martin Scorsese, con Paul Newman (già protagonista di Lo spaccone nel 1961) e Tom Cruise.
Scassata dentro è la Luna (Ascoltando “Scassata dentro” di Enzo Mansueto). Intervento di Gianpaolo G. Mastropasqua
Dopo le performance epilettriche di Ian Curtis e l’ultimo estremo atto, l'uomo che r-esisteva si rifugiò nella notte, l'unica madre-vedova dark dove i lumi di punk antecedenti avrebbero abitato per essere ricordati eternamente, lottando e sputando contro-elettronica pensante contro i vampiri ultracorporei delle coscienze azzeranti. Ipnotico, ferale, ironico, disturbante e affilato come una costante lama dolce nelle tempie si muove il tessuto poetico nelle periferie perturbanti delle forme canoniche della metrica, scorporandosi al suo interno, nell'asse parallasse del testo o sulle ali di Pornography e Disintegration scassandosi nel rimare assolutamente moderno,metropolitano e global, nel remare nelle perdite corporali, scardinando lo scardinante nel continuum di una fusione musicale aderente come una pelle notturna, amplificante nel suo cono d'ombra, dove chitarre ritmano in verticale stridore "sul bagnasciuga elettrico del sonno" e i violini possono piangere la notte o giocare con le fisarmoniche clownesche de "l'estate barese" o proseguire nel turbine con-fuso "alla stazione" feroce dove "un branco di bambini/ azzanna un vecchio, lo morde sui gradini". Perfetta la recitazione tutt'altro mansueta dell’Autore che il nostro sommo Bene suppongo avrebbe amato, compiuta ed efficace la mappatura sonora che unisce l’inchiostro al bianco del foglio, collante all'horror vacui, riempimento d'atmosfere minimali e fraseggi ciclici compatti fino al dettaglio più remoto, un lavoro magistrale. Scassata dentro è la Luna, questa madre-terra degli ultimi poeti, scassata è la parola che resta, venduta e sottomessa agli ultracorpi pene(n)tranti, violentata fino all’osso, ipnotizzata, anestetizzata e incenerita dall’impero elettro-catodico. I nuovi mostri, questi ultracorpi instancabili, hanno nomi familiari e affidabili come padri (televisione, telegiornale, varietà, reality, rete, pubblicità), come padri di famiglia che dopo l’ultimo acquisto sessuale di minorenni in zone scolastiche (vedi Scassata), ritornano ai familiari spettatori col sorriso erettorale stampato sulle labbra, del tutto indifferenti, come una questione morale in questi marci tempi, riposizionandosi “al noto microclima./Con la minestra pronta per la figlia,/ la madre esatta e un ombra strana strana”. Non c’è scampo, quindi, forse l’unico, il definitivo e crudele antidoto rimasto per l’elettrica telecianosi, in grado di agire magari omeopaticamente o come un anticorpo anti-ultracorpo sarebbe un terapeutico, disperato, vecchio elettroshock di massa!Ma per Mansueto “Non c’è l’anticorpo. Farmaco./ Nessun sollievo al sintomo. La tarma/elettrica lavora nella piaga”. Scassata dentro, deformata è ormai la vita (“nel chiuso della notte,/nel chiuso in una capsula spaziale/col cruscotto spaziale/ di faro in faro a tondo”) fino al fondo di una notte fonda, che come fusa affonda girando in tondo in una tangenziale tonda nell’attesa disillusa e furibonda di una fondante alba profonda.
Collana: i miosotìs / n. 46
formato: cm 16 x 17 in brossura
copertina e interventi grafici: Studio Guida Napoli
cod. ISBN: 978.88.88413.80.8
pagine: 52 con cd
euro: € 16,00 – distribuzione NdA Librerie Feltrinelli
febbraio 2010
mercoledì 3 febbraio 2010
Il libro del giorno: American collage Il cinema di Emile de Antonio di Federico Rossin (a c. di) per Agenzia X
Emile de Antonio, Movies and Me, 1974
Emile de Antonio ha raccontato come nessun altro l’America della guerra fredda in una serie di affreschi cinematografici sui sogni, le delusioni, le violenze e i desideri di un paese ferito. La sua opera, influenzata dalla tecnica artistica del collage di Robert Rauschenberg e dalla sperimentazione musicale di John Cage, ha tracciato un vigoroso e ancora attuale quadro di una nazione oppressa da una dilagante paranoia ma nel contempo innervata da grandi energie creative e politiche. De Antonio ha insegnato a tutti i registi venuti dopo di lui a servirsi delle immagini d’archivio per combattere l’oblio imposto da un mondo ipertecnologico e ci ha lasciato in eredità una fede incrollabile nel cinema come strumento di lotta e di pensiero.
Emile de Antonio (1919-1989), è stato uno dei più importanti documentaristi degli Stati Uniti e un maestro del cinema di montaggio. Tra i suoi lavori ricordiamo: Point of Order (1963), Rush to Judgment (1966), In the Year of the Pig (1968), Millhouse: A White Comedy (1971), Painters Painting (1972), Underground (1976) e Mr. Hoover and I (1989).
Ed io parlo, scrivo e fumo. Giovanni Bernardini racconta tutto di sè per un libro di prossima uscita con Lupo editore
Estratto dell’intervista a Giovanni Bernardini per l’uscita del suo nuovo libro “ED IO PARLO, SCRIVO E FUMO” edito da Lupo Editore prossimamente in libreria. Intervista a cura mia e realizzata da ACMElab. www.acmelab.it
martedì 2 febbraio 2010
La libreria Gutenberg di Lecce e Lupo editore presentano: Il vizio di leggere con Elisabetta Liguori e Pierluigi Mele
"Leggere è un vizio, una conquista, una passione sfrontata, un tic, un bisogno, a volte un alibi. C'è chi lo fa la sera prima di addormentarsi, chi al mattino davanti ad un caffè bollente, chi in autobus, chi in attesa dal dentista, chi di nascosto in uno scantinato, taluni per protesta, molti per dovere, altri per indolenza. C'è pure chi non riesce a farlo e si sente in colpa o chi non ci tiene affatto e quando vede un romanzo brillare sul bancone di una libreria fa spalluce e non sa perchè. C'è chi legge solo quotidiani, chi solo romanzi gialli, chi preferisce i saggi e prende appunti, chi divora di tutto e poi sente la testa girare. C'è chi ha bisogno di solitaria concentrazione e chi legge solo a voce alta per un pubblico scelto. Chi legge per sè, chi legge per un amico o per un amore. Chi legge male, chi legge troppo, chi legge due volte. Ma esattamente quando e perchè nasce il bisogno di leggere? Come cresce nel tempo e in quali condizioni? Quali conseguenze porta con sè? Leggere è un gesto di ribellione che molto cela e molto svela di un uomo o di una donna. In tempi di crisi il libro, e tutto quello che ruota attorno allo stesso, continua ad essere oggetto di accesi dibattici e grossi quesiti. Non si può non chiedersi perchè. Poichè la lettura è un cammino attraverso la storia degli uomini è giusto che ciascuno compia il suo a suo modo. A volte può essere interessante condividere quel cammino con qualcuno."
Il libro del giorno: Metallo urlante di Valerio Evangelisti (Einaudi)
Da Prentice Mulford e il suo Il dono, a Genevieve Behrend con il suo Il potere invisibile della visualizzazione (Bis edizioni)
L'infinito potere che è in te ISBN: 9788862280693 Prezzo € 7,65 Compralo su Macrolibrarsi |
lunedì 1 febbraio 2010
L'era di New Page fondata da Francesco Saverio Dodaro
“NEW PAGE - narrativa in store. New Page ovvero: contestualizzazione della pagina letteraria gutenberghiana. Un tracciato capace di intercettare il know-how della comunicazione, i grovigli della fruizione e le dinamiche areali: narrativa del terzo millennio. Le centopagine – le jamesiane short story –, la new wave degli anni settanta non possono più interpretare l’ora. Bisogna tradurre adeguatamente il contesto: cento parole. Centoparole, non di più, per ben ossigenare il testo, per farlo respirare nelle turbolenze della quotidianità. Centoparole e un diverso apparato pausativo. Centoparole, non sul libro, ormai sott’attacco, ma sulla pagina reinventata. New page. New page per la nuova comunicazione narrativa. Comunicazione in store. Narrativa in store. Nelle vetrine. Nelle vetrine del nostro miroir indifférent, nelle vetrine delle nostre misere esistenze e delle nostre desolazioni e delle nostre solitudini e delle nostre mancanze e delle nostre perdite e dei nostri smembramenti e dei nostri disastri matricali, e dei nostri teneri boschi, profumati d’altrove”
Francesco Saverio Dòdaro
2009/2010
Il libro del giorno: Andrea Ferreri, Ultras, I ribelli del calcio. Quarant'anni di antagonismo e passione. (Bepress)
storia e le dinamiche dell'agire ultras, le influenze, le mode, le frustrazioni e tenta di tracciare lo sviluppo di un fenomeno in continua evoluzione. Infine passando in rassegna le esperienze di molti gruppi italiani e le oscure vicende che stanno attanagliando il mondo del calcio, questo libro si pone come una riflessione inside, un lavoro partecipato che analizza dall'interno le dinamiche e le espressioni di uno dei più contraddittori fenomeni riottosi contemporanei.
Andrea Ferreri, laureato in filosofia, esperto di "cultural studies", lavora da insider negli ambienti controculturali. Ha pubblicato alcuni saggi sul consumo degli stupefacenti all'interno degli ambienti giovanili e collabora con diverse riviste internazionali specializzate.
Le perfezioni provvisorie di Gianrico Carofiglio (Sellerio editore). Intervento di Vito Antonio Conte
domenica 31 gennaio 2010
Il libro del giorno: Piergiorgio Odifreddi, Hai vinto Galileo (Mondadori)
Millôr Fernandes, 100 Fábulas Fabulosas (Editora Record). Di Adriana Maria Leaci
A sua trajetória de trabalhos passa do jornalismo à literatura com muita naturalidade. O conteúdo dos seus escritos, sempre acompanhados por alguma charge, evidencia uma característica lúdica instintiva, que não se perdeu com os anos. E’ o seu espírito excencial e o que ainda lhe dá inspiração. Não importa qual o formato, qual envólucro Millôr invente para codificar a sua criatividade. O resultado será sempre muito intrigante, como ele mesmo se define. Como o mundo inteiro o conhece.
100 Fábulas Fabulosas, Millôr Fernandes – Editora Record
Literatura Brasileira – Contos e crônicas
sabato 30 gennaio 2010
Il libro del giorno: Olga Campofreda, La confraternita di Elvis (ARPANet)
Tutto questo silenzio di Elisabetta Liguori e Rossano Astremo (Besa) visto da Luisa Ruggio
Ci sono riusciti miscelando le imbastiture necessarie all’organizzazione interna di un romanzo scritto da due penne profondamente diverse. Una diversità che si può rintracciare smistando le voci di tutte le letterature e la musica precedenti a questa stesura del turbamento e della sua crudele dissimulazione. La non omogeneità è il punto di forza di questa scrittura doppia, androgina e che rivela moltissimo del maschile di Elisabetta e del femminile di Rossano.
Così, partendo da ciò che i protagonisti di questa storia d’amore sono diventati durante l’attraversamento cieco della corruzione del tempo, la strana coppia Liguori-Astremo, racconta l’assurdità esistenziale - penosa, delirante - e l’unica solidarietà possibile: riconoscerci in quanto esseri umani, all’improvviso - tarda epifania del rovescio - in tutto ciò che uccidiamo.
“Ognuno uccide la cosa che ama” scrisse Wilde nel confino del carcere, dov’era finito con l’accusa di pederastia - l’amore per Bosie, Alfred Douglas, l’uomo che lo portò alla rovina - ovvero l’aver violato le regole della sua classe sociale. La dissertazione è d’obbligo se si pensa che la password di questo romanzo etico è tutta nella citazione dell’inizio, firmata Albert Camus, sfilata via, spina di pesce, da “Lo straniero“: “In quel momento ho pensato che si poteva sparare oppure non sparare e che una cosa valeva l’altra“.
Il vero crimine, così come l’unico peccato possibile, è il difetto di sentimento.
Il backstage del romanzo è interessante almeno quanto il suo esito. E’ stato Astremo a proporre il soggetto a Liguori, da qui in poi il lavoro è sbocciato avvalendosi di un certo parallelismo condito da lunghe telefonate serali tra i due autori pugliesi che sono anche un frutto dell’utopia della scrittura ai tempi di Internet avendo dimostrato come dialogano, talvolta, le solitudini. Quelle degli scrittori specialmente. Torna il tema caro alla Liguori (che si è fatta amare con la maturità dei due romanzi “Il credito dell’imbianchino“, Argo, finalista al Carver 2005 e “Il correttore“, PeQuod), la violenza invisibile, che nuota nelle case, in quell’acquario chiamato famiglia, dove, come si legge a pagina 150: “La televisione riempie di sabbia le ore“. Oppure, ancora più forte, a pagina 138: “Tutto è acquatico, pure il rumore della tele sempre accesa nel languore domestico“. Viene in mente una versione terrestre, miserabile, di “Blade Runner“. Dopo “Corpo poetico irrisolto” (Besa) e “L’incanto delle macerie” (Icaro) Astremo, che macina da anni scrittura in rete e sui giornali, presta la sua poetica a un romanzo scritto per fotogrammi, per immagini, fratturando un po’ di generi e facendoci captare, di tanto in tanto, la musica che arriva dall’altra stanza.
Ciò che ne deriva non è solo un’analisi socio-psicologica precisa come un bisturi, netta. E’ letteratura di livello, entra negli spazi scomodi, vede quello che è complicato anche solo guardare. Questo libro riconcilia il talento con la militanza, è un sonar nel mare di carta dell’Italietta grafomane che piega l’ispirazione alle ricette del mercato editoriale. Liguori e Astremo dicono più di qualcosa, con la massima sincerità possibile, mettono il lettore in contatto con l’evidenza a tal punto ignorata da sembrare iperreale e surreale. E quella sincerità trasforma il lettore, lo scuote, lo mette in crisi. E’ molto, ed è ciò che si crede di meritare dopo l’acquisto di un libro. La ricerca dei protagonisti di questo romanzo, è nello sforzo immane di continuare a vivere nonostante “Tutto questo silenzio“, affidando quello che lo stesso Camus riteneva essere l’unico vero problema filosofico a un linguaggio credibile e sontuoso al contempo, pieno della forza comunicativa della più fragile adolescenza accanto all’autismo involontariamente lirico degli adulti.
Una famiglia apparentemente normale, di plastica (come annunciano i quattro pupazzi inquietanti della copertina) le due giovani figlie di una coppia che ha smesso di impegnarsi per far esistere il futuro. Il circuito minimo che ruota intorno a questo buco nero. E la violenza rapsodica che squarcia la routine cianotica dei Bordini, eroi del disgusto, anestetizzati da un dolore troppo grave che li vota al fallimento.
E qui, proprio nei destini dei perdenti, si tocca la mano solidale dei due scrittori che mettono la parola al servizio della vergogna della verità, consentendo il beneficio di una confessione a personaggi che altrimenti non riuscirebbero a trovare il canale di scolo della parola per essere ancora umani, continuerebbero a guardare da un’altra parte credendo di collezionare una pazienza che calcifica in chi si condanna a sopportarla. Perché non è vero che non è mai troppo tardi. Alcuni libri stanno alla letteratura come l’esclamazione disarmante del bambino di Andersen alla folla della fiaba danese che occultava l’ovvietà: “Il re è nudo!“.
venerdì 29 gennaio 2010
Annalisa Fantini, L'innocenza indecente (Il Filo) vista da Maddalena Mongiò
Lo scrittore è un atleta solitario e singolare, un atleta che sottopone i suoi pensieri, la sua mente, a un duro allenamento. Lo scrittore è un atleta solitario e singolare, un atleta che forma la sua squadra con una scia di parole, con i tratteggi dei suoi personaggi, con i retaggi delle sue letture. Annalisa Fantini, giornalista romagnola trapiantata a Lecce, ha deciso di percorrere l’esaltante esperienza della staffetta letteraria in uno scambio virtuale che passa di racconto in racconto. “L’innocenza indecente” edizioni Il Filo, si dipana in sedici racconti: mete in cui si celebra la crudezza dell’innocenza, il femminile, l’abisso del dolore.”Ci sono donne che non conoscerò mai. Tante, invece, mi sono passate accanto, altre hanno fatto in modo, nascendo, che anche io potessi sperimentare l’avventura della vita. Ho taccuini pieni di nomi, di appunti, di date, di piccoli e grandi fatti che hanno cambiato il corso della loro esistenza e hanno plasmato il mio modo di pensare. Di loro conservo ricordi che a volte sono appena sbiaditi dal tempo, spesso vividi e ancora emozionanti per la grande forza che mi hanno trasmesso. Nel mio lavoro di giornalista ho dovuto raccontare episodi per lo più tristi, perché le protagoniste della cronaca sono in gran parte vittime di violenza anche estrema. Ho scritto di donne che hanno percorso migliaia di chilometri in cerca di salvezza, attraverso viaggi insostenibili. Ho conosciuto ragazze terribili che hanno saputo uccidere, depredare, mentire, vittime della loro stessa spavalderia e altre che hanno salvato il loro piccolo mondo. Sono donne nate più di cento anni fa, sono bambine che non hanno raggiunto l’età scolare. Vengono dall’Italia, dalla Bosnia, dal Kossovo, dall’Iraq, dalla Germania, dall’Albania, dalla Polonia.” Così, appassionatamente, Annalisi Fantini introduce la sua avventura narrativa, il testimone che corre tra storia e storia e qui si compie il miracolo o il mistero del linguaggio del cuore.
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giovedì 28 gennaio 2010
Giorgio Perlasca. Un italiano scomodo, di Dalbert Hallenstein e Carlotta Zavattiero (Chiarelettere)
Giorgio Perlasca, 1992
Giorgio Perlasca, lo Schindler italiano per troppo tempo dimenticato da tutti: dai fascisti (era contrario alle leggi razziali e non aveva aderito a Salò), dai democristiani (senza risposta una sua lettera a De Gasperi), dai comunisti (era di destra). E dalla Chiesa. Un uomo libero che mai rinnegò la sua storia, come racconta lui stesso in questa testimonianza inedita. Fingendosi diplomatico spagnolo, riuscì a salvare migliaia di ebrei del ghetto di Budapest. Un’avventura memorabile tutta da raccontare.
Giorgio Perlasca (31 gennaio 1910 - 15 agosto 1992) combatte prima in Etiopia e poi come volontario in Spagna con i falangisti di Franco. Per lavoro viaggia nell’Europa in guerra. A Zagabria e a Belgrado assiste ai primi massacri fatti dai nazisti. A Budapest si adopera con ogni mezzo in favore degli ebrei. Tornato in Italia, fa i mestieri più diversi (“Tutto tranne il ladro”). Ungheria, Israele, Spagna lo premiano per la sua attività, Washington lo festeggia. Finalmente, nel 1990, la tv pubblica italiana racconta la sua storia. Arrivano i primi riconoscimenti ufficiali. Ma è tardi. Muore con il rammarico di non aver ricevuto dallo Stato ciò che gli spettava. Nel 2002 la Rai manda in onda il film di Alberto Negrin: "Perlasca. Un eroe italiano", con Luca Zingaretti.
Dalbert Hallenstein, giornalista investigativo australiano, ha lavorato nel Sud-Est asiatico e in Europa, soprattutto in Italia. Ha scritto per The Melbourne Age, The Sunday Times di Londra, The European e The International Herald Tribune. È autore di diversi saggi, fra i quali "The Super Poison" con Tom Margerison e Marjorie Wallace (Macmillan, 1979) e "Doing Business in Italy" (BBC Books, 1990). Ha collaborato con Ferruccio Pinotti e Udo Gümpel al libro "Berlusconi Zampano. Die Karriere eines genialen Trickspielers" (Riemann Verlag, 2006). Attualmente abita in una sperduta contrada delle colline veronesi dove coltiva olivi e suona il flauto.
Carlotta Zavattiero, giornalista e scrittrice padovana, ha lavorato per diverse testate locali come Il Corriere di Verona, L’Arena, Il Verona e come corrispondente per Radio24. Ha pubblicato "Alessandro il Macedone. Il pensiero e il cuore di Alessandro Magno" (Bonaccorso, 2005) e ha collaborato con Ferruccio Pinotti al libro "Olocausto bianco" (Bur, 2008). Vive a Verona, dove insegna italiano, greco e latino. Appassionata di lingue straniere, collabora con l’agenzia Piccolo Moresco di Madrid. Al momento sta pianificando un trasferimento
definitivo a Parigi.
Giorgio Perlasca. Un italiano scomodo, di Dalbert Hallenstein e Carlotta Zavattiero
Collana Reverse, Pagine 220, Euro 14
...a pagina 199“Il mio è stato un atto umanitario che
non c’entrava niente con la politica.”
...a pagina 166-167
“Non ci sono parole per lodare la tenerezza
con cui ci avete sfamato e vi siete preso cura dei vecchi e degli ammalati. Che Dio onnipotente possa ricompensarvi.”
Biglietto consegnato a Giorgio Perlasca dagli inquilini di una casa protetta di Budapest, maggio 1945.
Krill 01 - consumo e verità (Lupo editore)
Brutta bestia il consumo, verrebbe da dire in tempi come questi. È chiaro che siamo sotto assedio, che è un sistema di controllo molto efficace ed estremamente pervasivo. Ed è un sistema che funziona, soprattutto. Funziona perché aggrega, perché ogni minuto conquista nuove terre e avanza con una potenza mirabile. È sotto gli occhi di tutti la spinta, e soprattutto la sentiamo tutti, la spinta. È anche vero che ogni minuto si liberano terre dal giogo del consumo, si organizzano comunità, si creano codici nuovi, si producono forme di resistenza. È vero, ma il conto è impari. Ci sono interi continenti che sono lì sulla soglia, milioni di persone pronte a lanciarsi verso i pochi varchi a disposizione e disposte e schiacciare e a farsi schiacciare pur di strappare il biglietto d’ingresso al nuovo miracolo globale. Il capitalismo sembra avere un appeal irresistibile, così come lo stile di vita e di consumi elaborato dalla cosiddetta società occidentale.
Un sintomo di questo, un simbolo tra tanti, le parabole sui balconi e sulle terrazze del centro, ma anche della periferia del pianeta. Anzi soprattutto delle periferie, a ben guardare. In fin dei conti, le parabole, protese in uguale direzione come ad ammirare un idolo invisibile, ci ricordano il flusso di rappresentazioni, visioni e messaggi che costituiscono un continuum etico ed immaginifico onnipresente. Esso ci “possiede”, non già quali semplici fruitori, ma ancor più quali membri attivi. Siamo calati in una forma di vita, quella del consumo, a cui contribuiamo ogni volta che sintonizziamo i monitor con le frequenze TV, oppure quando entriamo come gatti affamati nei nostri supermercati, o ci aggiriamo sornioni tra gli scaffali del media-store alla ricerca dell’ultimo modello di... Il consumo è una forma di vita anche e soprattutto perché siamo disposti (coscientemente o no) ad accettare l’inganno ideologico che si cela nelle merci che compriamo, l’idea di mondo che è sottesa alla réclame pubblicitaria. Quindi il consumo è innanzitutto una brutta bestia imperante e in salute. Ed è una bestia che si attacca a qualcosa che è radicato dentro di noi, che in qualche modo, ospita la bestia, le offre un riparo e la coccola anche. Perché consumare soddisfa desideri primordiali, aggrappati all’uomo fin dalla sua nascita. Colma vuoti, illumina anfratti bui, riscalda certe solitudini, soprattutto metropolitane, ma non solo. In questo numero abbiamo deciso di cercare una relazione tra il consumo e la verità, di provare a leggerne le implicazioni. In questo senso il consumo è un sistema di produzione della verità. È un modo potente di legare il soggetto a se stesso, di realizzare una vita. È per questo che funziona bene, perché promette orizzonti di gloria. Il rapporto tra consumo e verità si gioca dunque su un doppio binario: se il consumo della verità rimane il consumo di un oggetto che viene venduto e prodotto in quanto merce, allora la verità sarà sempre qualcosa di esterno rispetto al soggetto che se ne appropria e la “consuma”. Se invece la verità da oggetto-merce da consumare diventa prassi che muove la volontà di coloro che ne fanno esercizio, allora la verità può rompere il dispositivo legato al consumo che ci governa e a cui siamo consegnati nelle nostre attività quotidiane. L'esercizio etico della verità diviene il rovescio della medaglia, quel meccanismo che introduce un elemento di novità, scardinando lo stato di cose attuale in cui il consumo fa muovere il tutto, secondo le sue logiche, i suoi meccanismi e le sue merci. Per attuare una prassi che sia diversa è necessario dare voce a narrazioni che siano fuori da un dispositivo ormai consolidato: questo è l'obiettivo che ci proponiamo di portare avanti, con tutte le difficoltà che lo abitano. Krill vorrebbe essere un magma, un blob in cui i discorsi si intrecciano e dove un pugile della periferia di Napoli è parresiasta quanto un dissidente israeliano.
I contributi presenti in questo numero sono accomunati nella differenza dei linguaggi, dei registri narrativi, dei codici comunicativi da un unico filo rosso: interrogare l’attuale. Attuale come “l’adesso del nostro divenire” (Deleuze-Guattari). Le pagine che seguono rappresentano, dunque, il frutto di questi quattro mesi passati a masticare (a giocare con) i concetti di consumo e verità. I testi offrono una eco, a volte corposa e a volte molto flebile, di queste due parole. Come al solito non si trattava di saturare un tema, ma di lasciare il quesito irrisolto, provando semmai a suggerire dei percorsi possibili di svolgimento. Alcuni pezzi riflettono il tentativo, da cui eravamo partiti, di mettere in luce gli aspetti più curiosi o più grotteschi dello stile di vita che si suole definire “occidentale”, come il microcosmo della moda, o la retorica di certo etno-turismo, oppure i meccanismi perversi del marketing etc. In altri contributi viene fuori la questione della verità e del pronunciarla, quando questo può voler dire misurarsi con le menzogne di coloro che hanno in pugno un popolo, una città (poco importa se la città si chiama Gerusalemme o Taranto). Le narrazioni giocano con i paradossi legati al consumo, con le nostre ossessioni quotidiane, con le verità che ci aspettano sullo scaffale, che mettiamo in un carrello e che paghiamo alla cassa. Un discorso semi-serio percorre in modo invisibile una buona parte di questo Krill 01. È quello della sessualità, fattore vitale che ci portiamo sottopelle, e che riaffiora in modi scomposti nelle parole ipocrite sul pudore o nei gossip politici. In fin dei conti l’eros è questione capace, come poche, di mostrarci i tanti idola che si celano nei nostri discorsi e che fanno di noi “consumatori di verità”.
Hanno scritto per questo numero di Krill, tra gli altri: Louise Wallenberg, Federico Mello, Francesca Massai, Benedetta Barzini, Giso Amendola, Diego Cugia, Giuliano Foschini, Paola Aloisio, Elisabeth Bernstein.
Tra le prime date di presentazione della rivista, segnaliamo il 29 Gennaio a Matera presso la Libreria dell'Arco, il 5 Febbraio a Bologna presso la libreria Modo Infoshop e il 6 Febbraio a Ferrara presso la casa editrice la Carmelina.
La rivista (costo 10 euro) può essere acquistata presso le Manifatture Knos di Lecce, in libreria, su www.ibs.it e www.lupoeditore.it.
Info: 347.4021832, krillproject@libero.it
mercoledì 27 gennaio 2010
A single man di Tom Ford visto da Massimiliano Manieri
Io stasera sono entrato in un cinema… E non credo d’aver visto esattamente ciò che con comodità usiamo definire film… perché aveva un’energia al suo interno differente, in toto… Dallo schermo mi arrivavano un flusso di immagini, colori, suoni, sguardi, parole, silenzi che io, in tanti anni di fedele e felice capitolazione alla 7° arte, ora non saprei trovare facilmente similitudini e termini di paragoni per dirvi qui, ora, a cosa somigli questo caleidoscopio qui descritto. Il film racconta l’elaborazione di un lutto, all’interno di una coppia, e la storia potremmo anche chiuderla qui, ma il punto è nella delicatezza con cui questa viene tracciata, nell’equilibrio chirurgico di colore usato dal regista per trascrivere anche “cromaticamente” lo stato d’animo del protagonista. Ed io mi son bloccato dietro decine di inquadrature filmicamente perfette… Nel rallenty usato come cesello nei momenti di maggiore pathos… Nei silenzi che il regista direziona come pugnalate rumorosissime dritte al petto di chiunque abbia avuto un fremito per una persona amata, cercata, e poi svanita appena ci voltavamo….Vi sono momenti di assurda ilarità scavati all’interno di ritagli tragici che qui non racconto per non anticiparvi una singola briciola di questa sinfonia per occhi e cuore. E questo piccolo trafiletto nel quale mi pregio di indicarvi un qualcosa che mi ha emozionato non intende essere un consiglio nell’indirizzarvi verso questa pellicola. Perché occorre un cuore pronto e colmo, per vedere questo film…
Un’anima sporcata dalla vita fino nel profondo….Un respiro possente, ma silenzioso, capace di auto-ascoltare ogni singolo scricchiolio circostante…
A costoro, e solo a costoro, io dico: FORSE DOVRESTE VEDERLO
Il Film - E' il 1962 e la guerra nucleare sembra imminente. La paura pervade il mondo. I valori sociali sono rappresentati in termini eccessivamente semplicistici, in bianco e nero, ma le complessità delle relazioni umane sono aggrovigliate allora come oggi. Ambientato a Los Angeles all'apice della crisi missilistica di Cuba, A SINGLE MAN narra la storia di George Falconer, un professore universitario inglese di 52 anni [Colin Firth], che fatica a trovare un senso alla propria vita dopo la morte del compagno Jim [Matthew Goode]. George vive nel passato e non riesce a vedere il suo futuro. Nell'arco di una giornata, in cui una serie di eventi e incontri lo porta a decidere se la vita dopo Jim abbia un senso oppure no, George trova conforto nella sua più cara amica, Charley [Julianne Moore], una splendida 48enne, anche lei alle prese col suo futuro. Un giovane studente di George, Kenny [Nicholas Hoult], che sta iniziando ad accettare la propria omosessualità, perseguita George e lo considera l'anima gemella...
fonte scheda http://www.comingsoon.it/
martedì 26 gennaio 2010
Quattro chiacchiere al bar: rassegna letteraria analcolica!!!
Venerdi 12 febbraio, alle 19.00, saranno presentate tre opere poetiche, sempre edite da Lupo: “Divento” di Anna Maria De Luca, “Come fanno le serpi a primavera” di Patrizia Ricciardi, “Altri versi” di Elio Ria. Ne parleranno Stefano Donno, scrittore e poeta, direttore della collana “Ciribibi” nella quale sono pubblicati questi libri, e Pierluigi Mele, scrittore e attore. Letture a cura di Anna Maria Mangia. Sarà offerto un rinfresco dal Bar La Grotta. Alla fine delle serate, “Cena letteraria” presso il Ristorante Maturo di Ruffano, per quanti vorranno continuare ed approfondire la conoscenza degli autori e dei relatori dei due incontri letterari.
I libri:
1) Maravà di Gianni De Santis (Lupo editore)
“… ma noi cosa potevamo sapere, se guardavamo in alto immaginando di raggiungere il cielo per liberare il volo sulle ali della nostra fantasia? Correvamo nei campi spiccando salti incredibili, felici sui nostri piedi di gomma e ad ogni salto lasciavamo indietro un pezzo del nostro tempo, catapultati verso la strada del nostro destino…”. Devono essere sicuramente di gomma i piedi dei primi astronauti sbarcati sulla Luna, per consentire loro la lievità degli angeli. È quello che credono due ragazzini legati fin dalla prima infanzia da un ferreo vincolo di amicizia e dal sogno condiviso di volare: verso il futuro, verso la vita. Ma la vita a volte separa e dal sud semplice e agreste in cui è nato Antonio si trova quasi sperduto nelle solitudini e nelle fatiche di una precoce emigrazione. Decine di lettere mantengono vivo il rapporto con Raffaele, l’amico lontano. Al paese c’è anche Maria ad attenderlo, col suo amore sfuggente e possessivo, con i suoi sogni incapaci di venire a patti con la realtà. Antonio, Raffaele, Maria segnano tutti di “volare”, ciascuno a modo suo, andando incontro ad un destino che tradisce la loro giovane esistenza. Il romanzo parla di questa preziosa scoperta, dimostrando come dalla prigionia del corpo possano spuntare ali per lo spirito e grata consapevolezza degli affetti da cui si sono ricevuti gioia e nutrimento. Una intensa storia umana, un inno alla vita e all’amicizia.
2) Elio Ria, Altri versi Lupo editore
Pubblicato dall’editore di Copertino “Lupo”, “Altri versi” di Elio Ria è un’interessante raccolta poetica. Il libro si apre con questi versi: “le mani sudano speranza oltre la ragione, e / gli occhi pietrificano nella clausura del dubbio / nella stanza ovattata della memoria” (p. 5). Partendo dalla “clausura del dubbio”, la poesia di Elio Ria percorre fino in fondo la strada dell'irrequietezza spirituale dell'uomo contemporaneo. Se possiamo definire questa una “poesia metafisica” e filosofeggiante, altrettanto semplice sarà comprenderne la motivazione più intima: attraverso l’invocazione e la preghiera, così come l’immaginario biblico propone con la figura del profeta Isaia (nel sogno di Isaia la preghiera è rappresentata da una scala tra terra e cielo) la realtà del vivere quotidiano diventa una continua ricerca di sé in senso morale, prerogativa tanto cara alla letteratura del secolo scorso e in aperta polemica con il nichilismo etico del mondo contemporaneo. Scrive Ria: “senz’anima in un cielo sciupato / incompleto e disadorno / arranco in controverse verità / Edulcoro la realtà / invento dogmi immateriali / disperdo nella follia il limite” (p. 12). Oppure: “ho messo piede nel bosco / il cuore strozzato dall’angoscia / rendeva il cammino incerto / ho provato con le mie mani lunghe / ad accarezzare i rami muscolosi / degli alberi fieri ma sonnambuli / in quel mondo di quiete / io sulla barella dell’urgenza / rinsavito dal profumo pungente / ho ceduto il sonno per la vita” (p. 26). Ora, sul piano tecnico, i versi proposti da Elio Ria non possono definirsi di certo originali, ma dimostrano di possedere la sufficiente solidità stilistica per essere letti e apprezzanti. Elio Ria è nato a Tuglie (Le) nel 1958. Ha in precedenza pubblicato altri lavori, tra cui ricordiamo la raccolta poetica “La mia solitudine” (Kimerik, 2007).
3) Patrizia Ricciardi, Come fanno le serpi a primavera (Lupo editore)
Ognuno di noi è un'isola. Anzi no. Ce lo dimostra Patrizia Ricciardi, con questa sua prima pubblicazione, una raccolta di poesia, che giunge ora, dopo un'intera vita a scrivere. Si intitola “Come fanno le serpi a primavera” la silloge edita da Lupo, che raccoglie le liriche di questa poetessa salentina, di argomento assai vario, anche se sono rintracciabili moltissimi topoi presenti nella poesia locale, dalla più classica di Vittorio Bodini a quella più postmoderna di Salvatore Toma, cui è dedicato un componimento, tra qualche rima e assonanza assolutamente non casuale e versi in vernacolo che fanno entrare nell'atmosfera. Si rintraccia un Salento fatto di colori e odori, case bianche di tufo e lune della notte di san Martino, fiori dai nomi apparentemente esotici, ma che “fanno casa”, tra animali, proprio come accade nella vita reale dell'autrice. Accanto all'intimismo dei sentimenti personali esiste un filone di lotta e di ideali, che esprime dissenso contro la guerra denunciandone gli orrori e si augura fiducioso un futuro migliore per l'intera umanità. Si legge nella prefazione di Donatella Neri: “La poetica di Patrizia Ricciardi è così, di totale adesione al dolore del vivere e alla continua rinascita che il dolore comporta, capace di sdegno e amarezza come accoglienza dolce al nuovo”. (Angela Leucci)
4) Anna Maria De Luca, Divento (Lupo editore)
Desiderio e assenza, libertà e perdita , eros e solitudine, confinano con il silenzio. Anna Maria De Luca fa della poesia la cifra che del silenzio scioglie i nodi e ne fa scaturire la voce. Parola che sembra plasmarsi dentro un gioco linguistico d’invenzione, nel linguaggio cifrato della fantasia, dove il tempo, non quello reale ma quello della scrittura e del racconto, è un lemma di alta frequenza nel tessuto verbale, in quell’attesa dell’epifania dei segni slegata dalla realtà.
Non si conosce la grammatica, tutto resta fuori e hanno forza solo le parole senza notizia che delineano una traccia nell’arrendersi all’altro mediante Verba, pensiero del tu. Parole coscienza-conoscenza-appartenenza a quel “In principio era il Verbo”, parole ripulite di tutto l’artefatto, maglie di una catena del sentire. Parole, gioco di parole, parole soffocate, graffiate, smaterializzate, scarne, essenziali. “Pa-ro-le, pa-ro-le, solo parole impastate di terra rossa e acqua di mare. Parole sempre acerbe, come l’Amore errabonde nel reticolo cangiante delle vene o imbrigliate nel cuore incastonato nei denti”. Parole, in cui affogare mille pensieri, sui mari d’inchiostro nell’attesa, scandita dal silenzio, del sole splendente di vita. Parole-rete per entrare in sintonia con la verità del mondo in un’atmosfera aurorale. Limpide, trasparenti, energiche. Parole-eros, palpitanti, pulsanti, in cui fluttuano i pensieri nei ritmi della materia. Materia e cuore sembrano coagularsi nei versi di Anna Maria De Luca: “ E la malinconia è una serpe lunga e sottile che si raggruma nello stomaco. E che porta lontano, come il treno dell’addio”. Parole che s’incarnano nell’eros, volto dell’anima, nella seduzione di certi gesti, nella magia sconcertante di certe esperienze, in cui l’io/altro diventa “rasoio tagliente… tra le socchiuse gelosie ardente”, nella musicalità seducente di quell’“ente-ente” dove l’io/tu è rappresentato da interminabili file di stanze incatenate in un noi. E’ la sacralità dell’amore che si consuma in quella della parola attraverso icone e immagini nelle quali sopravvivono fisicità e metafisicità. Catene, catene, cuore incatenato e parole che lasciano correre un battito prepotente, intermittente, a volte, spesso, bloccato in un pensiero fisso, in un tormento, “in una raffinata melodia sigillata in una conchiglia avvitata sul cuore”. Amore-prigione, chiuso nella bontà, bloccato nell’abitudine, nella fissità, nella tirannia, nella gelosia. Amore che non concede il lusso della fuga e “tuttavia qualcosa risplende nel silenzio”. Parole luce sulla carta, quelle dell’autrice, non parole-moneta né macchine remuneratrici. Parole apoftègma, frutto di germinazione nel silenzio, nel dolore, in cui il lettore gusta l’evento della donazione in un andare nella parola-scrittura, nella parola-dono. Ed è vero Poeta colui il quale ci fa gustare la forza delle parole.
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