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sabato 21 luglio 2007

Alessandro Piperno. Con le peggiori intenzioni


Vs - Prima di leggere Piperno dovrete per lo meno esservi imbattutti in Mario Adinolfi con il suo "Email. Lettera dalla generazione invisibile"; Tommaso Pellizzari e l'ultima sua fatica "Trenta senza Lode"; l'interessante saggio di Marina Piazza in "Le Trentenni" sulla difficoltà ai nostri giorni di riuscire a conciliare, per una donna, la voglia di avere un figlio con la carriera; e dulcis in fundo l'indagine socio-antropologica di Pierfrancesco Majorino in "Giovani anno zero". Se non avete letto Proust, Dostoevskij, se non possedete quelle adeguate cognizioni di storia dell'arte e di estetica che vi possano dare i giusti strumenti di sopravvivenza anche per la più banale delle conversazioni tra gli amici, magari avendo diligentemente studiato (ma non troppo) Argan, Hauser, Anthony Julius, se non avete mai avuto l'ebrezza di possedere una Visa Oro credito illimitato, scegliendo senza remore e inibizioni i vostri "bersagli morbidi" da colonizzare tra le tante leccornie del mercato voluttuoso della moda, esposte nelle vetrine di Max Mara, Burberry's, o un Rolex Daytona al polso, se non vi siete mai posto il problema di come arredare la vostra casa seguendo i consigli di AD con l'autorevole ausilio di Alessandra Quattordio o Alessandra Valli, se non avete mai provato l'incandescente esperienza di vita di guidare una Porsche in estate lungo le vie di Positano assaporando l'odore e il colore dei soldi nei luoghi cult dell'establishment vacanziero radical chic da V. I. P. , se non avete mai vantato tra i vostri avi almeno un conte, un barone o un principe, insomma se queste significanti esperienze di vita non rientrano nel vostro background ontologico, allora sconsigliamo vivamente la lettura dell'ultimo lavoro di Alessando Piperno dal titolo "Con le peggiori intenzioni" per i tipi di Mondadori. Piperno racconta l'epopea dei Sonnino, ricca famiglia di ebrei romani, dai tempi memorabili dello pseudo super-uomo Bepy e del suo socio Nanni Cittadini tra gli anni sessanta e settanta, ai giorni più modesti dell'ipocrita e disperato adolescente Daniel Sonnino negli anni ottanta, in una Roma che vede i suoi protagonisti vivere in uno spazio vitale che va dal Caffè Parnaso zona Piazza delle Muse, al Tea For Two e al Jackie O' zona Piazza di Spagna. E la storia finisce entro gli angusti termini di questo striminsito intreccio... forse! La critica si è letteralmente spellate le mani a furia di applaudire al nuovo Proust della letteratura italiana, coniando termini come pipernismo, creando leggende metropolitane di folle oceaniche esultanti alle sue presentazioni. Ma si tratta semplicemente dell'ennesimo gigante massmediatico creato a tavolino, una macchina da guerra per fare soldi, come potrebbe essere benissimo un Dan Brown e il suo "Codice Da Vinci", ma anche come è accaduto nel 1996 con "Gioventù Cannibale" e i suoi araldi come Nove, Ammaniti, Caredda e company. Non per questo penso che la narrativa dovrebbe parlarci delle più recenti leggi approvate in Parlamento in materia di lavoro, o di altre tematiche inerenti al sociale, nè identifico Segrate con Berlusconi. Per trecentotrepagine non ci ho trovato nulla che possa definirsi nichilistico, nessun tentativo di ricerca nè stilistica nè linguistica, i personaggi sembrano uscire dalla voce di un eterno immaturo, viziato, figlio di papà, a cui non hanno regalato l'ultima vacanza studio in Inghilterra, o l'ultimo modello di macchina da sfoggiare nel branco, che non gliene frega niente se due aerei si schiantano sulle Twin Towers in una gigantesa catastrofe, come direbbe Sgalambro, psico-cosmica se non con la falsa costernazione di chi non ha tempo da perdere su sciagure che tanto sono capitate ad altri mentre c'è ancora tanto da fare per scegliere l'ultimo capo alla moda o l'ultima festa cool a cui partecipare, figuriamoci poi rivolgere lo sguardo ai più bisognosi (ricordiamo che per come stiamo messi in Italia oggi, non poche famiglie anche di impiegati statali non arrivano a fine mese). Ma cerchiamo di essere più franchi e precisi. Piperno sembra voler a tutti costi proporre la vecchia logica del "se hai, sei! " ( Ad es. leggiamo a pag. 285 queste poche righe: <>). Non importa quanto possa costare in termini di infelicità altrui, che se ne vadano a fare in culo anche i precetti di vita matrimoniale se trovi una neo-maggiorenne che voglia pisciarti in bocca durante un amplesso pur di fare carriera accontentandoti in tutto e per tutto, o le normali relazioni di coppia tra un ragazzo e una ragazza fondate sul romantico "ti amerò per sempre", o perchè no, di auto-lobotomizzazione a furia di dimostrarsi sempre in grado di avere i denti più affilati degli altri. Leggiamo a pag. 27 : <<>>. E per di più anche maschilista della serie " ... donna schiava, zitta e chiava". Ma non è ancora finita qui! Il novello Proust, il grande erede del Parini che si erge a pseudo-moralizzatore della società bene, come quello ne Il giorno, questo in "con le peggiori intenzioni", si abbandona in un'elegante elegia con argomento la sega, la pippa! A pag. 75 ad esempio, possiamo leggere : <<>>. Potremmo passare sopra anche su questo, potrebbe farlo anche la critica più severa, ma non dinanzi a espressioni di questo tipo, da far venire i brividi: <<>>. D'accordo, forse stiamo andando un pò sul pesante, forse si tratta di una zona d'ombra insignificante, nell'intero complesso della narrazione orchestrata da Piperno, nulla di cui preoccuparsi se in più di qualche occasione utilizza il termine ariano/a, che rievoca anche se solo flebilmente, le atroci kultur kampf sulla superiorità della razza fatte dai nazisti. No, non c'è nessun legame, assolutamente! Poi all'improvviso, così su due piedi, mentre tranquillo procedi nella lettura dell'opera di Piperno, strabuzzi gli occhi a pag. 203: <<>>. Peccato, per citare un modello bibliografico a caso, che Noam Chomsky nei Cortili dello Zio Sam, per i tipi della Gamberetti editrice, riveli come lo stesso Reagan e la sua amministrazione abbia avuto stretti legami con gerarchi come Gehelen e Barbie per questioni concernenti l'addestramento di eserciti segreti da mandare nell'America centrale. Come Umberto Eco con il suo " Il Nome della Rosa" aveva con la sua immensa erudizione e cultura colmato il vuoto delle succitate categorie, tra gli attenti lettori della medio-alta e piccola borghesia, desiderosi di sfoggiare qualche dotta citazione, così consiglio Alessandro Piperno, perchè grazie alla lettura delle sue pagine, possiamo per un momento scordarci e stordirci, da quanto in realtà stiamo attraversando, in un contesto storico-socio-economico italiano davvero triste! Anche se queste mie ultime considerazioni potrebbero in qualcuno far sorgere il sospetto di voler evocare per la letteratura contemporanea italiana il fantasma dell'irrealismo tendenzioso, con un sottofondo di socialismo reale o meglio di stalinismo critico letterario!

Pro - Come ci illumina Antonio D'Orrico sul Corriere della Sera Magazine del 10/03/05, " Con le peggiori intenzioni stava per essere pubblicato dalla casa editrice Quiritta. La cosa sfumò. E' stato rifiutato, e questa è una primizia assoluta, da Adelphi (con lettera firmata dalla signora Marchi che scriveva all'incirca <>. Alla fine c'è stato un testa a testa Rizzoli-Mondadori, che ha bruciato l'eterna rivale sul traguardo grazie a un colpo di reni della coppia Franchini-Colorni". Questo in parole povere, il backstage del romanzo di Piperno. Come sostiene Giuseppe Genna in suo intervento pubblicato on-line su "I Miserabili" l'11 aprile 2005, " va riconosciuto a Piperno il tentativo di storicizzare attraverso la narrazione, la merda degli anni Ottanta". Un corpo narrativo, quello di Piperno, dove campeggiano figure a tutto tondo come nonno Bepy, personaggio dalla vitalità e dal vitalismo sfrenato che sperpera e gode sino al parossismo nello sperperare, proprio come colui che è consapevole, accompagnato in ogni suo passo dall'ombra amica della Signora con la Falce, che ogni giorno in più è guadagnato e per tanto va succhiato sino al midollo. La sua monomania di liberarsi del denaro in maniera sado-masochistica lo porta a trascinare la ricchissima famiglia Sonnino, al collasso economico, dal quale non potrà più sollevarsi. Splendida la caratterizzazione di Daniel Sonnino, voce narrante per tutta l'opera delle intere vicende, che si ritrova a gestirsi maldestramente, tra i ricordi di famiglia risalenti agli anni '60 sino alla realtà dei giorni nostri: arco spazio-temporale di recupero o perlomeno di tentativo di recupero della perdita di senso e identità. Sfolgorante poi, l'immagine di Gaia, che potrebbe avere la stessa dignità di una Laura o di una Beatrice, in grado di attirare su di sè gli sguardi del mondo, di canalizzare le fantasie più sfrenate in ogni ambito, perchè possederla per Daniel equivarrebbe ad avere il Graal tra le mani! E poeta lo é sicuramente Alessandro Piperno, quando per bocca di Daniel lascia i suoi sentimenti fluire in un ode alla donna amata, che chiunque avrebbe voluto scrivere e offrire alla propria dolce metà. Mi riferisco al brano di pag. 229 : <<>

da www.musicaos.it
at luglio 21, 2007 Nessun commento:
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giovedì 19 luglio 2007

Le particelle elementari di Houellebecq


Michel Houellebecq, classe 1958, si rivela nel panorama della letteratura contemporanea internazionale, un personaggio di indubbio valore, degno della massima considerazione, in grado nella sua opera di rendere il Nulla che serpeggia nell’odierna società e ci divora, con uno stile inconfondibile, riuscendo ad illustrare un ampio spettro di individui sguazzanti nel cosmo del post-umano all’interno delle categorie più prossime al post-moderno, attraverso pagine provocanti, a volte demoralizzanti, mai banali. Si è fatto conoscere al grande pubblico, a partire dal 1991 con un suo scritto teorico, Rester vivant, poi nel 1998 con l’opera poetica La porsuite du bonheur. Il suo primo contributo apparso in Italia è la poesia La Fessura in Panta n.18, rivista curata da Elisabetta Sgarbi. Per i fan di Lovecraft, nel 2001 ha pubblicato H. P. Lovecraft. Contro il mondo, contro la vita. Leggendo Le particelle elementari, si viene toccati da oscure sensazioni che giungono dalle profondità dell’essenza umana, desiderose di prendersi, tangersi, sfiorarsi, lungo l’inferno del Tempo che le spazza. Umori grumosi, amorfi, tendenti gli uni verso gli altri, senza mai però trovare un punto di contatto neppure per un attimo. Quello di Houellebecq è un inconoscibile alfabeto che trapassa la sapienza della specie. L’autore in quest’opera pare oscillare tra l’utilizzo di sintassi vicine alla pura Visione e la Puntualità Ragionativa dove spunta inesorabilmente il particolare, la cosa di estrema concretezza, corporea, carnale, tanto da esibire in tutta la sua crudezza il mondo così com’è, perché Houllebecq vuole essere “osceno”, al punto da divertirsi con il suo lettore, rompendo gli argini del piccolo, del ristretto, del meschino. Ci troviamo dinanzi alla palpabile mortificazione, mai senza insania critica, della condizione culturale babelica che ci avvolge, in cui tutte le epoche della Storia possono situarsi nella discronia della Compresenza, dove ogni livello viene sollecitato dal Rumore, dalla Perturbazione all’unisono con tutti gli altri, dimostrando come sia difficile la produzione e la ricezione, senza le quali non è possibile alcuna semiosi, di un segnale. La sua scrittura si piazza dentro una situazione di tal sorta, con tutta la forza della disperazione e dello sgretolamento in atto, guardandosi dal tracciare qualsivoglia tipologia di linee di fuga. Il titolo dell’opera in questione fa riferimento ai costituenti più semplici della materia, quelli che secondo Michel Djerzinski, biologo molecolare vicino al Nobel, sarebbero i rivelatori della meccanica propria della vita. Michel ha quarant’anni, è figlio di una hippy che l’aveva abbandonato per fuggire in California, ed è uno scienziato del tipo ice man, refrattario a qualunque emozione. Il suo sogno è clonare gli esseri umani, al fine di assicurare loro un’esistenza di perfezione ed immortalità. Lascerà, ai posteri, la più grande scoperta scientifica di tutta la storia della Scienza: “ La pubblicazione nel giugno del 2009, in un supplemento della rivista Nature, sotto il titolo Prolegomeni alla replicazione perfetta di ottanta pagine che sintetizzavano gli ultimi lavori di Djerzinski, era destinata a provocare nella comunità scientifica un’istantanea e immane onda d’urto. Dovunque nel mondo decine di ricercatori in biologia molecolare si precipitarono a ritentare gli esperimenti proposti da Djerzinski, a verificarne il dettaglio dei calcoli. Nel giro di pochi mesi cominciarono ad affluire i primi risultati, che poi continuarono ad accumularsi settimana dopo settimana, tutti e ciascuno a conferma della validità delle ipotesi di partenza. Alla fine del 2009 non poteva più sussistere alcun dubbio: i risultati di Djerzinski erano validi, si potevano considerare scientificamente dimostrati. Le conseguenze pratiche, evidentemente, erano vertiginose: qualsiasi codice genetico, di qualsivoglia complessità, poteva essere riscritto sotto una forma standard, strutturalmente stabile, inaccessibile alle perturbazioni e alle mutazioni. Ogni cellula poteva dunque essere dotata di una capacità infinita di replicazioni successive. Ogni specie animale, per quanto evoluta fosse, poteva venir trasformata in una specie affine, riproducibile per clonazione, e immortale…”(pp. 307,308). L’intreccio porta i lettori nella Francia tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70, in una parabola temporale discendente che culminerà il suo viaggio alle soglie del Terzo Millennio: “Ovunque sulla superficie del pianeta l’umanità stanca, stremata, diffidente di sé e della propria storia, si apprestava bene o male a entrare in un nuovo millennio” (pag. 294) . Una Francia aperta alla libertà sessuale, al potere di una Sinistra forte e libertaria, una Francia dove agli inizi degli anni ’70 si prendeva coscienza dell’esistenza di una classe, quella dei servi (ed ecco poi spiegata la virata simil-rivoluzionaria a sinistra anche di parte della borghesia illuminata seppur centrorsa), a tutto un mondo neo-hippy le cui icone sono Francesco Di Meola e Aldous Huxley, guru psichedelici delle nuove frontiere New Age, i padri ispiratori dei più contemporanei Stuart Wilde e Lee Coit. Poi c’è Bruno Clèment, il fratellastro di Michel, insegnante di lettere, razzista, morbosamente attratto dal sesso, in tutta la sua intera rosa fenomenologica, dal pompino a ingoio, alle orge, al semplice autoerotismo. Sono fratelli, nulla in comune, se non l’essere creature destinate all’infelicità, simboli del fallimento culturale dell’Occidente. Le particelle elementari, apoteosi scritturale della nascita e mutazione di una Metafisica che travolge i sistemi economici, politici, infinitamente procedente eccetto che per una nuova mutazione metafisica, oltre ad un opera di pura fantasia, deve essere considerata un vero e proprio manuale di fisica antropo-biologica … quella rientrante nella Fisica della Dominazione. Un animale Alfa per sopravvivere, domina e annichilisce l’animale Beta che a sua volta deve dominare e annichilire l’animale Gamma, e così via sino alle forme più elementari di virus. E’ una legge dinanzi alla quale non si può scappare. In essa troviamo non solo De Sade in tutta la sua filosofia del diritto naturale, ferino e bestiale, il cui maggior esempio lo si può facilmente individuare nella celeberrima Filosofia nel boudoir, ma anche in Darwin e la sua selezione eugeneticamente naturale, in Comte e il suo Positivismo infallibile, e in tutto quell’universo che spazia dal Dogmatismo al Fanatismo. Già…perché anche il fanatismo nella scienza, nell’amore per il sapere può generare dei mostri, nel senso più letterale del termine, ovvero di creature straordinarie, inarrestabili dinanzi all’idea del progresso, più che mai decise nel progetto di dominazione globale. Fenomeni riscontrabili anche nella prassi politica internazionale, di qualsiasi paese si parli, al di là di plausibili ovvietà. Houllebecq non usa mezzi termini, sapendo che solo la verità è scandalosa, e che senza di essa non c’è nulla che valga. Ma a quale costo e soprattutto fin dove può ci si può spingere… In fondo comunque lo sappiamo con certezza dove ci stiamo dirigendo, noi che su uno sfondo completamente nero, senza il benché minimo appiglio e senza vedere il fondo, giochiamo a fare i funamboli intellettuali, noi cresciuti a Vic 20, Commodore 64, Sega Mega Drive, Playstation, televisione e ipermarket, che abbiamo studiato Foscolo, D’Annunzio e Pasolini, e poi divorato per i fatti nostri, Colombati, Wu Ming, Lagioia, Mozzi, Evangelisti, noi esperimenti del liberissimo mercato. Ovvio che Houllebecq, doveva instillare nel libro sentimenti dominanti come vergogna, inadeguatezza, il maledetto vuoto, anche se si rischia di scivolare in una specie di autocompatimento narcisista. L’unica ricetta che l’autore pare darci ha quasi il sapore degli I-Ching. Aspetta sulle rive del fiume il cadavere del tuo nemico, poi in silenzio continua ad attendere finchè non diverrai anche tu cadavere!


Michel Houellebecq, Le particelle elementari, Bompiani, pp.324

da www.musicaos.it
at luglio 19, 2007 Nessun commento:
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martedì 17 luglio 2007

Io Lupo di Vincenzo Gabriele Tamborra



Torvo e fecondo
mi guarda riposare,
nero lupo di nero fumo
non mi lascia fuggire.

Tra alberi grigi e foglie rovine,
mi sveglia con basso ringhiare.
Morde il mio piede contrario
lasciandolo porsi secondo per primo.

Rabbia e fatica,
paura e languore.
Preda e caccia,
fuga e predatore.

Un grido nel buio,
un salto nel letto,
la fronte sudata
Ed il mio risveglio.

Torvo e fecondo
la guardo riposare,
Jack folle di Jolly di cuori
non ti lascia scappare.
Stasera muori.
fonte iconografica da www.elponeypisador.com
at luglio 17, 2007 3 commenti:
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domenica 15 luglio 2007

Ferdinando Boero, Stefano Donno, Piergiorgio Odifreddi: ritorno al futuro!

























Salendo sul palco in Piazza S. Benedetto a Polignano a Mare il 13 luglio 2007 alle 21,30, per il festival del Libro Possibile, con due T-Rex della cultura italiana come Ferdinando Boero autore per Besa di "Ecologia della Bellezza" e Piergiorgio Odifreddi autore di "Il Matematico Impertinenente" per Tea, e vedere una torma di gente (più di 300 persone) che seduta per oltre un'ora e mezza ha seguito attentamente le nostre divagazioni dalla linguistica, alla biologia, alla politica e chi più ne ha più ne metta, è stata un'esperienza alla S. Bonaventura da Bagnoreggio ... più che mistica... assoluta... da itinerarium mentis in deum ... per buona pace di Piergiorgio Odifreddi.

Special Tank to Rosella Santoro.

at luglio 15, 2007 2 commenti:
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giovedì 12 luglio 2007

La Besa al Festival del Libro Possibile




Una ricca serie di appuntamenti coinvolge la casa editrice Besa al Festival del Libro Possibile 2007 a Polignano a mare. Si parte da venerdi 13 luglio 2007 con due appuntamenti: alle 20,00 a San Benedetto a Polignano Ferdinando Boero, autore del volume edito da Besa “Ecologia della Bellezza” (la scrittura vivace e irriverente di uno studioso del mare accompagna i lettori infrangendo luoghi comuni e regalandoci lo stupore della scoperta, perché la bellezza è dappertutto, anche se la sua rappresentazione (con l’arte) e la sua protezione (con i parchi) possono portarci a non vederla se non dove qualcuno ce la sta indicando), Piergiorgio Odifreddi autore di “Il Matematico Impertinente” per Longanesi (i saggi di questo volume, che toccano la politica, la religione, la letteratura, la filosofia, la matematica e la scienza, sono raccolti in sezioni che si aprono con interviste immaginarie a personaggi del passato - Hitler, Gesù, Dante, Aristotele, Archimede, Newton - e si chiudono con interviste reali a quelli del presente - Chomsky, il Dalai Lama, Saramago, Kripke, Nash e Watson -. Nel mezzo, il matematico impertinente dispiega l’arsenale della ragione per argomentare che non è affatto vero che non possiamo non dirci cristiani, o che siamo tutti americani, o che la cultura è solo quella mitologica e pseudo filosofica sulla quale vive l’informazione) e Stefano Donno si intratterranno con il pubblico affrontando il problema dei modi, del valore e dei tempi della divulgazione scientifica. Sempre venerdì 13 luglio alla balconata S. Stefano alle 20,00, Giulia D’Alesio autrice per Besa del romanzo “ L’anima sotto la pelle” (In un’epoca, il Medioevo, in cui le donne sono considerate poco più che carne del diavolo, inizia il cammino di Estelle e della madre Marie Claire attraverso le ostilità fatte norma da una società al maschile. Immerso in un Medioevo minimale, raccontato in un quotidiano che sfugge alle cronache dei manuali di storia. L’anima sotto la pelle racconta un viaggio di emancipazione che si fa metafora di un percorso comune a ogni donna e in ogni tempo) presentata da Lucia Schinzano, farà conoscere il suo lavoro al pubblico.
Il 14 luglio invece a San Benedetto sempre nel centro storico di Polignano alle 22,30 Eugenio Imbriani e Piero Fumarola curatori del volume “Danze di corteggiamento” (Nell’universo mobile e fluido della cultura si attuano processi di istituzionalizzazione e codificazione delle forme; ciò non avviene una volta per tutte, e non necessariamente in modo univoco. Il libro vuole indagare su queste dinamiche, riflettendo sui fenomeni della cultura popolare e, in particolare, sulla danza, e sui modi in cui agiscono le politiche nella determinazione dei percorsi e delle scelte destinati ad assumere rilevanza in una panorama che contempla varie possibilità.) con Rosella Santoro presenteranno il volume edito da Besa. Seguiranno le danze della Compagnia di Scherma Salentina
at luglio 12, 2007 Nessun commento:
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martedì 10 luglio 2007

Simone Giorgino e il suo Asilo di Mendicità


Rendez-vous

Ora vi rendo le postille i documenti

le poesie per matrimoni con le stelle cadenti

e tutte le poesie per cerimonie e per rosari.

E se elusero l’orecchio dei destinatari

è mia la colpa e il capo penitente

che reclino è zero, e meno che zero è il mittente.



Ora vi rendo il calamo e l’acquasantiera

le glosse sui quaderni e il moccolo della sera

a far luce allo scrittoio, alla goccia che rintrona

da un rubinetto malandato di Elicona

in calce al foglio. O da una penna attrice menzognera

di un sogno falso nella notte vera.

da Asilo di Mendicità, Besa editrice
at luglio 10, 2007 Nessun commento:
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lunedì 9 luglio 2007

Ancora una volta per non dimenticare... la precarietà


Non posso che ritenere un libro come questo, oggi più che mai, fondamentale, sia per le sue peculiarità strettamente contenutistiche, sia per lo scatto in avanti che fornisce a quanti si soffermano a riflettere in merito alle coordinate ermeneutiche date per comprendere la realtà del precariato. O forse sarebbe più opportuno dire dell’orizzonte della PRECARIETA’ in cui vengono ejectate le generazioni che lo subiscono. Al di là delle eventuali analisi semantiche del termine PRECARIETA’, emerge per tutto il volume un senso di non-compiuto, assolutamente da non riferirsi a delle mere valutazioni sullo stile della scrittura prodotta in questa sede, quanto ad una messa in scena a circuito chiuso di immagini, vicende di de-significazione totale, assoluta, selvaggia. Ci sarebbe insomma da spendere due parole in proposito… E’ talmente evidente che l’establishment glocale lavora indefessamente alla costruzione di una grammatica fenomenontologica dell’annichilazione del soggetto, della sua identità, dignità che si sprecherebbero riferimenti bibliografici, citazioni, aneddoti. E’ talmente evidente che le condizioni di esistenza abbiano raggiunto livelli quasi bestiali, che a qualcuno verrebbe in mente di rispolverare la categoria marxiana del lumpenproletariat (o sottoproletariato urbano) che in molti, in troppi forse, arriverebbero con forza a negare…La posta in gioco è veramente alta, e qualsiasi sforzo per far valere i propri diritti a 360°, per non essere un’immagine evanescente che fantasmaticamente si aggira per le vie della città, nei piccoli centri di periferia, sugli autobus, nei vagoni di un treno, giorno per giorno, può assumere la forza di una necessità impellente, inderogabile, categoricamente imperativa. Uno spettro si aggira per l’Europa (solo?). E’ lo spettro dell’uomo precario. “Tu quando scadi?” (Manni editore) passa in rassegna una serie di operazioni narrative piuttosto familiari a quanti hanno avuto o hanno tutt’ora una certa dimestichezza con CO.CO.CO. ( contratti di collaborazione coordinata e continuativa) ora contratti a progetto, contratti a tempo determinato, lavoro nero, sottopagato, voragine risucchia energia, buco nero del tempo e dello spazio dove scompare, inghiottita, ogni volontà del riappropriarsi di sé. Leggiamo ad esempio a pag. 24 : “ Contratto di collaborazione coordinata e continuativa, bella la dicitura, non c’è che dire, sostanziosa e pure un po’ rassicurante, letteralmente, quanto scarna contrattualmente. Tanto irrilevante che quando tentai un acquisto a rate di un impianto hi-fi e di un computer, il negoziante (per quanto amico) alla mia busta paga preferì la cedola della pensione minima di una vecchia zia novantenne”. Certamente come primo impatto questo libro potrebbe far sorgere l’impressione nel lettore, che si tratti di un pluriloquio di desaparecidos, dominati e stritolati dal sistema produttivo, frutto di una condensazione di sistemi, da quello fordista al post-fordista a quello ipercapitalistico della produzione-consumo-morte, in una ripetizione ossessiva di frames di origine controllata, provenienti dall’avant-pop mercato dello spettacolo. In verità “Tu quando scadi?” è un canto di lotta, ironico e autoironico, composto da vicende raccontate come se ogni singolo componente affidasse le sue esperienze, emozioni, aspettative (?), sensazioni ad un blog giornaliero, tanto da renderne gradevole la lettura. Un canto che possiede tutta la forza di un lavoro antroposemiotico dirompente, dove la lotta per la sopravvivenza è una questione da resistenza sovietica. E così vengono passate in rassegna le “voci di dentro” della precarietà dove si mescolano i tasselli di vite sospese e frammentate, dove vengono narrati i cortocircuiti crescenti tra presente e futuro, dove si sonda quell’ombra di inquietudine che ha modificato insieme al mercato del lavoro, l’antropologia delle giovani generazioni. Ed ecco le storie di precariato vissute da una cubista sulla riviera romagnola (“ 28 anni nel mio mestiere sono tanti. Per fortuna so ballare davvero. E poi faccio palestra. Sto attenta alla dieta. Non bevo più alcolici. Anche questo è lavoro. Come cercare lavoro. Come mantenere buoni contatti con le agenzie, i proprietari delle discoteche, i dj. Il cubo non l’ho lasciato. Ma ho imparato un altro mestiere. Così riempio il vuoto invernale e i buchi estivi”, pag. 41); di un portatore sano di pizza nel capoluogo emiliano (“ In genere mi piace osservare e prendere nota, godevo nell’intuire l’entità della mancia dallo stato dello stabile, dal numero e dal tipo dei cognomi sul campanello, e infine dall’arredamento delle case. Vivevo per le mance, che potevano valere fino alla metà del guadagno finale. Bestemmiavo quando vedevo sul foglietto il cognome di un cliente tradizionalmente tirchio, mentre godevo quando vedevo l’indirizzo di un filantropo manciofilo”, pag. 47); di uno steward dell’Alitalia alle prese con il cannibalico feed-back lavorativo (“ Qualche volta c’ho provato ad applicare l’Italian Difference: sorriso da spot, voce calda, sguardo premuroso. Ma dopo un po’ mi viene da ridere. Così faccio il mio lavoro tranquillamente, senza eccessi: come sempre. E come sempre il mio orario si aggira tra le 10 e le14 ore al giorno. Un arco di tempo che comprende le ore effettive di volo, i tempi di transito tra un volo e l’altro, ritardi per cattive condizioni meteorologiche o per problemi di natura tecnica. Dopo sette anni di questa solfa hai poco da essere empatico e coinvolgente. Ma bisogna ammettere che la compagnia qualcosa l’ha cambiata per davvero: la A iniziale del marchio Alitalia è stata inclinata”, pag. 68); sino alle lotte degli interinali Tim a Bologna, solo per citare alcuni esempi: L’impegno piuttosto gravoso che si assume questo libro sulle proprie spalle, sta nel voler indicare o meglio provare a tracciare una prima strada da percorrere, con la consapevolezza che si tratta di un libro: ripensare i paradigmi della produzione scritturale, poetica, letteraria aumentando l’impiego di risorse critiche. Quindi a partire proprio dall’aspetto culturale. Secondo elemento interessante è da valutare in termini più aderenti al lavoro politico, che lo stesso Nichi Vendola esprime nell’introduzione al volume, come si legge a pag. 7: “Ecco, la sinistra ha dieci anni di tempo per provare a usare la politica come la cosa più semplice a farsi: quella che cambia il destino, il percorso, il futuro di quel diciottenne e a un’intera generazione di precarizzati”. Certamente anziché lasciarsi impensierire da un lavoro come “Tu quando scadi?”si potrebbe dirigere l’attenzione su questioni, come dire più leggere, del tipo la sirena Partenope, il sangue di San Gennaro, la devozione, le anime del Purgatorio, il gioco del lotto, il munaciello, lo iettatore, Nicole Kidman nello spot della Chanel, le offerte Sky, il sudoku e chi più ne ha più ne metta. Ma compratelo, è una questione di coscienza, quella da avere, quella buona, quella civile.
Hanno aderito al volume:Dario Quarta, Mauro Scarpa, Valentina, Antonio Sansonetti, Massimo, Chiara Greco, Luca Monetti, Dario Goffredo, Laura, Patrizio Paolinelli.


(da www.musicaos.it)
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martedì 3 luglio 2007

Mozart di Atlantide: il romanzo di fantascienza di Simone M. Navarra











Mozart di Atlantide è il titolo del thriller fantascientifico scritto da Simone Maria Navarra.

Attraverso il sito Lulu.com chiunque lo desideri può richiedere la stampa di una singola copia del libro che gli verrà poi recapitata direttamente a casa (da qui appunto il termine Print on demand, stampa su richiesta). Grazie a questo sistema gli autori emergenti (questo il caso di Simone Maria Navarra) e anche i piccoli editori possono ridurre al minimo i costi di stampa e distribuzione così da pubblicare un libro a fronte di un investimento economico ridotto. Un metodo nuovo, insomma, per promuovere e diffondere nuovi autori in un settore difficile come quello dell'editoria.

Il romanzo Mozart di Atlantide ci racconta di un futuro ipotetico in cui le persone vivono all'interno di enormi città costruite nello spazio. Grazie alle tecnologie più moderne, inoltre, gli esseri umani possono essere memorizzati e duplicati come se si trattasse di semplici documenti digitali, ed eventualmente anche risvegliati (questo il termine usato nel libro) nel caso perdessero disgraziatamente la vita (magari in seguito a un omicidio, come accade al protagonista della storia). Partendo da queste premesse già di per sé originali, Navarra ne approfitta per descrivere un un futuro plausibile e per riflettere allo stesso tempo sugli interrogativi che l'uomo moderno si trova ad affrontare di fronte alle nuove possibilità offerte dalla scienza e dalla tecnologia.

Come già altri ebook di Simone Maria Navarra, Mozart di Atlantide è rilasciato sotto una licenza Creative Commons, ed è reperibile oltre che sul sito dell'autore anche attraverso le reti Peer to Peer o di file sharing normalmente utilizzate per la condivisione di documenti attraverso Internet.

Simone Maria Navarra gestisce inoltre un blog dedicato agli autori emergenti e attraverso il quale racconta la sua attività di scrittore all'indirizzo http://simonenavarra.blogspot.com

at luglio 03, 2007 Nessun commento:
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sabato 30 giugno 2007

Gianni Golfera nello spazio


Gianni è stato selezionato tra i membri dell'equipaggio che il prossimo ottobre 2007 decollerà dalla pista Landing Facility presso il Kennedy Space Center della NASA a Cape Canaveral, Florida, a bordo di un Boenig 727 appositamente modificato per riprodurre in volo l'assenza completa di gravità (Gravità Zero o Zero-G).

In collaborazione con la Me.Re.As. (Memory Research Association), associazione senza fini di lucro sorta per fare luce sul funzionamento, mantenimento e sviluppo della memoria, Gianni Golfera sarà sottoposto per la prima volta in condizioni di gravità zero a test mnemonici per verificare l'efficacia delle tecniche mnemoniche in condizioni di particolare stress psico-fisico.

L'esperimento, che è stato denominato Zero-G Memory, ha l'intento di comprendere meglio se e quanto le tecniche di memoria, che da anni Golfera utilizza ed insegna, siano la soluzione anche per addestrare i piloti e gli astronauti ad affrontare situazioni di forte tensione, stress ed emergenze, che proprio secondo uno studio della NASA sono la principale causa degli incidenti aerei.
at giugno 30, 2007 Nessun commento:
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martedì 26 giugno 2007

Shooting Silvio


Due serate di cinema di qualità a Palazzo Lanza
Si inizia con Shooting Silvio, ovvero come uccidere Silvio Berlusconi.

Due chicche del cinema italiano, due lungometraggi notevoli e interessanti, due circuiti di distribuzione alternativi a quelli gestiti dalle grandi major, in sintesi, alcuni ottimi motivi per sostenere il cinema indipendente di qualità.

L'Associazione Architempo, in collaborazione con l'Associazione Macchina da Presa, ha infatti deciso di sostenere le coraggiose iniziative delle piccole produzioni cinematografiche del nostro Paese, che molto spesso propongono film degni d’attenzione. È questo il caso di “Shooting Silvio” di Berardo Carbone e de “L'estate di mio fratello” di Pietro Reggiani, il primo verrà proiettato a Capua, nel magnifico Palazzo Lanza, giovedì 28 giugno alle 21, e si tratta al momento dell’unica proiezione nella nostra provincia.
“Shooting Silvio”, che sta girando la penisola grazie al sistema dell’autodistribuzione, annovera nel cast attori come Federico Rosati, Melanie Gerren, Sofia Vigliar, Alessandro Haber, e racconta la storia di Kurtz, un giovane scrittore, orfano, molto ricco, eccentrico e senza centri di gravità che si ispira al personaggio di Marlon Brando in Apocalypse Now, che dopo lunghe meditazioni decide di radunare nella sua villa tutti gli amici per proporre loro la stesura di un libro collettivo. Cento capitoli, scritti da altrettanti voci, per escogitare un modo che annienti lo strapotere di Silvio Berlusconi, reo di aver portato in Italia la decadenza dei costumi, il consumismo volgare delle pubblicità, simbolo di un paese ormai alla deriva. Dopo aver rimediato solo pacche sulle spalle e risatine, decide di persistere solitario nel suo progetto. Fino a portarlo a una drastica decisione: uccidere Silvio Berlusconi.
Alla proiezione capuana saranno presenti il regista Berardo Carbone e l'attore protagonista Federico Rosati, che, coordinati da Francesco Massarelli, responsabile area cinema dell’ass. Architempo, risponderanno alle domande del pubblico.
Il prossimo appuntamento con l’Estate Cinema a Palazzo Lanza è per giovedì 5 luglio, sempre alle 21, con “L'estate di mio fratello” di Pietro Reggiani, film premiato in numerosi festival internazionali, è che sarà a Palazzo Lanza di Capua in anteprima regionale. Il film, con gli attori Davide Veronese, Tommaso Ferro, Maria Paiato, Pietro Bontempo e Beatrice Panizzolo, ruota intorno alle paure e alle colpe che un problematico e fantasioso ragazzino deve affrontare dopo l'annuncio dell'arrivo di un fratellino. Alla proiezione interverranno il regista Pietro Reggiani e il responsabile per la Campania di Self Cinema Antonio Napoletano.
Per informazioni e prenotazioni è possibile rivolgersi alla Libreria Guida Capua, in corso Gran Priorato di Malta 25, tel/fax 0823.622924; oppure contattare il responsabile dell'area cinema dell'Associazione Architempo all'indirizzo mail frmassarelli@libero.it .
(fonte iconografica da www.shootingsilvio.com)
at giugno 26, 2007 2 commenti:
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domenica 24 giugno 2007

Il (fanculopensiero) di Maksim Cristan


























Per diverse volte, ma invano, ho tentato di tracciare un percorso critico, per poter parlare di un libro a me particolarmente caro: (fanculopensiero) di Maksim Cristan uscito per Feltrinelli nella serie bianca. Una difficoltà non strettamente legata a qualche particolare complessità del testo, quanto da un difetto personale di prospettiva nei confronti dell’autore, che ho frequentato, imparato a conoscere, e ad apprezzare. Con Maksim, ci siamo ritrovati nel dicembre 2006 a dover lottare per un piccolo spazio indipendente, una “fanculopensiero T.A.Z.”, alla fiera della piccola e media editoria Più Libri Più Liberi (ringrazio a posteriori Agra editrice produttrice della splendida rivista Leggere:Tutti che ci ha sostenuto nella lotta), l’ho intervistato nell’ambito della trasmissione Radio Days condotta da Silvia Famularo sull’emittente televisiva salentina RTS, ci siamo abbracciati fraternamente alla Fiera Internazionale del Libro di Torino 2007, quando acquistai nello stand Feltrinelli il libro uscito solo da qualche giorno. Oggi nell’odierna letteratura contemporanea ci sono molte menzogne, parecchi dei suoi odierni protagonisti si riempiono la bocca di impegno e roba simile. “ … io sono impegnato e che cazzo!!!”. A questi signori, come a tutti gli amanti delle buone letture, consiglierei di leggerlo, perché è un vero e proprio manuale di sopravvivenza dalle paranoie e psicosi urbane e metropolitane, un vademecum indispensabile per riconoscere e amare gli altri (una spiritualità da proto-cristianesimo), una lente d’ingrandimento per cogliere tutto un mondo che ci sfugge, perché troppo vicino ai bordi del marciapiede. Già perché Cristan è uno che mollato tutto (un diversamente adattato) nel suo paese, la Croazia, dove era un facoltoso manager, scopre attraverso la strada, come liberarsi dai fardelli di un ego ormai in cancrena e ritrovare la vita e la poesia in ogni sua bellezza e difficoltà . Maksim Cristan è un U.F.O, un guru come Osho, forse è il più grande “paraculo”della storia della letteratura contemporanea, ma state certi che non vi racconterà mai delle bugie. Vi ritroverete in (fanculopensiero) OnThe Road di Kerouac, Charles Bukowski, e naturalmente Maksim Cristan.








at giugno 24, 2007 5 commenti:
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venerdì 22 giugno 2007

Il Legame di Fabio Omar El Ariny a Lecce


In occasione del FESTIVAL NEGROAMARO, "L’Oriente del Pensiero, il 28 giugno 2007 alle ore 19,00 presso San Francesco della Scarpa a Lecce verrà presentato il romanzo IL LEGAME di Fabio Omar El Ariny della Besa editrice. Incontrerà l’autore Luciano Pagano

Esiste un collegamento, nascosto, forse volutamente occultato, tra l’attentato alle Torri Gemelle a New York l’11 settembre 2001 e l’incidente avvenuto all’aereoporto di Milano Linate poche settimane dopo. Silenzi, complotti e inganni si intersecano in questo thriller mozzafiato, il cui ritmo incalzante non ha nulla da invidiare a maestri del genere, come Robert Harris e Ken Follett.
Il Legame è il romanzo d'esordio dello scrittore italo-egiziano Fabio Omar El Ariny e presenta una tesi a dir poco audace: l’esistenza di un legame tra l’attentato alle Torri Gemelle e l’incidente avvenuto appena tre settimane dopo all’aeroporto di Milano-Linate.
Il protagonista, Adel Kawdry, un imprenditore in carriera , accusato di essere un terrorista, viene perseguitato da una cellula deviata della Cia, ed è costretto a iniziare un folle viaggio con diverse tappe da Milano, Viterbo e Il Cairo, nel tentativo di salvare se stesso e la propria reputazione.
Consigliato a tutti gli amanti di thriller.


FABIO OMAR EL ARINY, trentadue anni. Nato a Milano e cresciuto in Egitto a cavallo tra due culture, ha sempre considerato la sua doppia «identità» come un valore da cui trarre ispirazione.

at giugno 22, 2007 4 commenti:
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giovedì 21 giugno 2007

I milioni di luoghi di Carla Saracino





Venerdì 22 giugno alle ore 20.00, presso il Fondo Verri di Lecce in via S. Maria del Paradiso, Michelangelo Zizzi presenta “I milioni di luoghi” (Lieto Colle) raccolta di poesie di Carla Saracino, i suoni della serata saranno a cura di Sara De Giorgi. C’è una finestra aperta su di un cielo azzurro, in copertina, un fregio di quelli che fittamente scrivono la nostra pietra lo contorna, denso ed essenziale come la scrittura che il libro contiene.
Sospesa nel tempo, lieve e in cerca di una vita che non assomiglia a questa nostra, della consuetudine, “incastro di un ritmo indisciplinato, sottile, lungo a capirsi”, “il cui punto di inizio e di fine è ordinato fuori”: questa è la poesia. Il dono dell’interrogazione che inventa suoni con le parole e apre, sfonda, il senso, ogni significazione, in un “oltre” generativo, sempre in-cinta.

Carla Saracino è nata a Mareggio nel 1980, questa con Lieto Colle è la sua opera prima. Sue poesie sono apparse su Lo Specchio de la Stampa e L’immaginazione (Manni). E’ presente con sue sillogi in Poeti Circuì (Poiesis), Tabula rasa (Besa), Da Napoli, verso… (Kairòs).
at giugno 21, 2007 Nessun commento:
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mercoledì 20 giugno 2007

Mihai Mircea Butcovan a Treviso


Lo scrittore rumeno Mihai Mircea Butcovan sarà ospite al "Caffè delle Lanterne", Giàvera del Montello (TV) , lo spazio letterario dedicato alla letteratura migrante ed interculturale all'interno della 12^ edizione di "Ritmi e danze dal mondo", sabato 23 dalle ore 17 fino alle 21 e domenica 24 dalle 16 alle 20; presenterà e leggerà alcuni brani delle sue opere ("Allunaggio di un immigrato innamorato" della Besa editrice e "Borgo farfalla") e si intratterrà con il pubblico. All'interno del Caffè delle Lanterne sarà presente domenica dalle 16 alle 20 anche la scrittrice eritrea Ribka Sibhatu ("Canto-poesia dell'Eritrea") e altri mediatori culturali migranti che, assieme ad amici italiani, a melodie d'altrove e sorseggiando kafa (caffè etiope) intrecceranno scambi di letteratura e di vita con le persone che visiteranno il Caffè.
at giugno 20, 2007 Nessun commento:
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lunedì 18 giugno 2007

Il demone nero di Isabella Santacroce


















Abbiamo cercato di tratteggiare nello scorso numero della nostra rivista una piccola approssimazione di percorso critico circa lo stile, il linguaggio, la simbologia di una delle più discusse e discutibili scrittrici contemporanee italiane: Isabella Santacroce. A dire il vero impresa non del tutto facile, sia perchè il trend scritturale preso in considerazione è ancora troppo esiguo sia perchè appare arduo poter dare dei punti saldi di analisi ai lettori assidui o meno di quest'autrice, al fine di comprenderne l'estetica. E allora tutta quella produzione che va da Fluo a Destroye a Luminal, sino a Revolver e Dark Demonia, sarebbe oggetto o di critica superficiale o tutt'al più di effusioni psico-empatiche il cui contenuto non andrebbe oltre i giudizi di valore soggettivo. Sul numero 22 dell'agosto 2005 della celebre rivista Rolling Stones nella rubrica Review/ Cultura, leggiamo una simpatica dedica a Isabella Santacroce, a firma Kiara Zocchi: “ ( ...) Ma Isabella Santacroce, che ha un bellissimo nome, un bellissimo rossetto, una bellissima veletta, non ha ancora messo in atto - secondo il mio modestissimo ma estenuatissimo parere – la speranza che mi aveva innescato sin dalla sua prima editaparola. Manca d'ironia. Come si fa a essere così convinti? A parte ciò, le mando un grande bacio, prima che venga a calpestarmi, con takki a spillo Pulp.” Sarebbe stato più opportuno un riferimento colto alle Underscore Sister di 2005 D. C. della premiata ditta Babette Factory? Quando facciamo critica, o tentiamo di farla, proviamo innanzitutto a tener bene a mente che l'eccessiva sinteticità o di contro, la dirompente energia promanante da un acume critico, potrebbero risultare con un'equa distribuzione di pro e di contro, infastidente su qualsiasi testata che si occupi di letteratura e poesia. Ma ... esiste un Ma! Ora potrebbe anche darsi che Isabella Santacroce rientri nel genere lettarario del Pulp, o che sia perfettamente percepita come una cannibale, o addirittura una creatura nata dall'universo del Trash, che possa essere Pop, Avant-Pop, o Meta-Pop, ma di certo occorre avere tanta pazienza da dedicare alla lettura, non solo dei suoi libri, alla metabolizzazione testuale ed eventualmente grafica, al contesto dell'edizione insomma, alla redazione di una recensione, per chi vuole fare questo mestiere, soprattutto come rispetto verso i lettori. Come mai quindi tanta parsimonia quando si parla di libri? Alcune risposte potrebbero arrivare da taluni studi sulla percezione e acquisizione dei linguaggi e delle nuove grammatiche di qualche anno fa, alcuni nati all'interno delle cattedre di linguistica del M.I.T e in Italia (più recentemente) notevoli spunti di riflessione ci vengono da Stefano Cristante e Giuseppe Granieri, dove si sosteneva che l'eccessiva sovra-produzione di immagini nate dai mezzi di comunicazione di massa, produce una sorta di analfabetizzazione di ritorno tra i fruitori delle stesse. Per farla breve non riusciamo a concentrarci su più di tre quattro pagine di fila di un libro. Cosa resterebbe da fare al critico se non ridurre all'osso, un suo intervento a proposito di questo o quell'altro autore? Lo spettro dell'essere brevi, concisi e d'effetto si trasforma in una sorta di imperativo categorico. Andiamo oltre ... Dark Demonia, si presenta innanzitutto come un catalogo d'arte: il volume sprovvisto della consueta numerazione a piè di pagina, si costituisce di impianto testuale e iconografico, quest'ultimo a cura di Talexi. Prima novità: Isabella Santacroce abbandona qualsiasi legame scritturale che la colleghi in qualche modo alla realtà (metropolitana, paranoica) e sfocia nel gotico perlomeno sul piano della resa simbolica delle sfumature e atmosfere. Seconda novità: una singolare capacità di costruzione sintagmatica che la porta a sperimentare le forme di una prosa poetica. “Quest'ala d'uccello sul fianco all'altezza dell'altra diversa e più umana m'affligge da sempre. Un arto sinistro consueto a partir dalla spalla la mano conclude. All'opposto mancante di tutto s'installa il piumaggio dell'ala maestosa il cui peso mi piega. Dimoro in un luogo in cui m'hanno rinchiusa nel giorno del parto. In un cubo serrato posto al centro dell'ottogonale castello dei mostri. Mi ha portato qui dentro nascosta in un cesto la levatrice dalle dita di metallo. E' stata lei a condurmi nel bosco. E' stata lei ad estrarmi dal ventre”. Quest'ultima opera della Santacroce è un canto, proprio come i canti della Divina Commedia di Dante, quello di un angelo partorito nell'ombra e condannato a vivere negli oscuri gironi di un inferno, tra le anime di maledetti da Dio e dall' uomo, per l'eternità costretti a osservare atrocità, le cui sofferenze nemmeno potrebbero immaginarsi. “Nella terza stanza il custode s'inclina sul cazzo del signore in stoffa. Glielo prende in bocca e succhia. Recide il membro ingordo e sbocca. Trionfalmente aperto da tiranti in gomma l'uomo dal cotone in faccia sborra. M'appendo ai ganci infilando. Vagina stuprata da un braccio. E' stato il custode a donarla a me stessa. L'ha staccata dal busto di quel povero matto. L'ha gettata qui dentro. L'ha strappata gridando. E' un membro reciso di pezza rigata e mi fotte. E mi fotto. E mi fotto. Mi manco rimani. Alla coppia incestuosa ha decapitato la testa. E' arrivato con una lama lucente colpendo più volte quei crani piccini gridando. Sono a terra abbracciati nel sangue come due amanti sorpresi. Li amo”. Un canto di disperazione dove il lutto non conosce fondo e la separazione non troverà giammai una rimarginazione. Ma l'orrore comincia quando l'occhio si ferma sulle immagini del volume. L'autore è Alessandro “Talexi” Taini, nato a Genova nel 1973, illustratore, grafico e appassionato di cinema. Non so sinceramente da che parte cominiciare. Da riferimenti letterari? Se dovessimo dare dei rimandi a degli autori che hanno scandagliato le dimensioni dell'orrore, dovremmo escludere H. P. Lovecraft, Edgar Allan Poe e includere Stephen King e Clive Burker. Se dovessimo paragonare l'opera di Talexi alla produzione di qualche regista contemporaneo del genere, sicuramente non sbaglieremmo nel citare George Romero e Peter Jackson. Naturalmente per facilitare le cose. Se siete però deboli di cuore, allora allontanate l'idea di acquistare questo volume. La strabiliante abilità di Talexi, nel dare vita a mutilazioni, decapitazioni, aberrazioni di ogni tipo, dal necro-erotismo alla devastazione masochistica della carne, rende talvolta il tutto insopportabile. Tanta dedizione alla carne da macello, non l'avevo mai vista. Non è questione di morale o di cattivo gusto, ma senza dubbio ci troviamo di fronte ad un salto di paradigma nella percezione del limite narrativo dell'orrore, quello ancestrale, che proviene da altre dimensioni. In tutto il libro è uno scorrere senza mezzi termini di abominii, creature a cui è negata la luce, non solo perchè osceni nel corpo, ma perchè non più in grado di portarsi sula strada della redenzione, perchè non la vogliono, perchè non l'hanno mai conosciuta. Creature che hanno vissuto osservando in catene solo l'ombra della realtà, forse una sorta di condanna alla follia, alla demenza che Altri hanno deciso per loro. Ed ecco in rassegna la Levatrice, il Custode, la signora Corrosa, i Bambini Immortali, l'Uomo di Stoffa, la Coppia Incestuosa. “Stanca di un buio accecante immagina adesso che fuori che fuori c'è il mare. T'alzi svestita per bene e camminando ti immergi. Adesso mi taglio la gola e l'ascolto. Adesso mi taglio la lingua e la sputo. Se solo arrivassi mi girerei un momento e di scatto. Se solo arrivassi ti colpirei all'improvviso sul cuore. Stronzo merdoso del cazzo nessuno lo sa ma io ti ho sognato. Strappavi quest'ala coi denti e mi liberavi. Fanculo la quiete”. Non è un caso forse che questi due artisti si siano trovati bene nel collaborare a questo progetto. Da parte mia, ormai l'ho preso quasi come un obbligo morale, continuerò a esortare gli assidui frequentatori di librerie ad acquistare le opere di Isabella Santacroce, perchè nel bene e nel male vale la pena di tenerle in biblioteca. Forse però in questa specifica occasione dovrò essere ancora più fermo nel consigliarvi Dark Demonia. Non oso dire se ne vale o non ne vale la pena. Posso solo dire, e non era un film splatter, che dopo averlo letto e osservato con attenzione , alcuni conati di vomito non sono riuscito a trattenerli. Compratelo. Magari a qualcuno verrà spontaneo cercare il vero senso della vita. (da www.musicaos.it)
at giugno 18, 2007 1 commento:
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venerdì 15 giugno 2007

Lovers















Qualche mese fa, gli assidui frequentatori del mensile patinato e macho-pop Max , hanno potuto fare la conoscenza semi-biblica della scrittrice Isabella Santacroce, apprezzandone di sicuro non solo la bellezza, ma l'eleganza e la decadenza di un portamento (chissà perchè viene spontaneo pensare a Patrizia Valduga) senza veli, da far accapponare la pelle. Ma l'interesse verso questa autrice sembra non estinguere mai il suo fuoco, tanto che sul numero dell'11 -24 ottobre 2005 del quindicinale Stilos, Gianni Bonina traccia con segno marcato in una splendida intervista, una mappa della produzione scritturale, dello stile, dei tratti distintivi della più discussa, ambigua, dolcissima, infernale, protagonista femminile nel variegato universo della letteratura contemporanea italiana. Prima cannibale, poi pulp, poi - a detta dello stesso Bonina - capostipite del genere nevroromanticismo, la Santacroce, nel maggio 2001, pubblica prima nella collana Strade Blu, poi nel maggio 2002 nella P.B. Mondadori, Lovers, (amanti). Affermare che si tratti di una scansione narrativa per paragrafi, sarebbe non esatto, dal momento che vuoi per l'imprinting formalmente vicino alla poesia, vuoi per un peculiare ritmo vicino alla prosa poetica ( una scelta che la Santacroce adotterà per il suo ultimo lavoro "Dark Demonia") riteniamo che l'esatta definizione dei 94 momenti in cui è divisa l'opera, sia di stanze. Vorremmo utilizzare, ci sembra più appropriato, il termine stanze non nell'accezione comune utilizzata nella metrica italiana di strofa come parte della canzone, ma come componimento autonomo. Non perchè esista in Lovers una schizofrenia congenita nello sviluppare l'intreccio, non perchè si tratti di singoli episodi autoconclusivi, ma perchè l'autonomia di ogni singola parte di quest'opera viene a trovarsi nelle condizioni di esprimere un dolore intenso, rinnovato e rinnovabile per ogni singolo momento, tanto da amplificarne la potenza simbolica pagina dopo pagina, episodio dopo episodio. Per fare un esempio: "Diventarono indivisibili vite. Dal niente al tutto con un battito d'ali. Nemmeno un istante da respirare lontane. Sincronizzando il pulsare del cuore "(pag.15). E troviamo senza dubbio, alquanto singolare, che dopo due scelte formali di questo tipo (sia per Lovers che per Dark Demonia), la Santacroce non abbia tentato di raccontarsi in poesia. Ovviamente che la poesia non entri nei modi espressivi della Santacroce, potrebbe risultare questione scontata, anche per sua stessa ammissione. Ma di certo se un giorno dovesse uscire una sua raccolta di versi, siamo certi che il risultato sarebbe più che positivo. In Lovers lo spazio della narrazione si divide tra Roma e Positano, in un arco di tempo di una sola stagione. Elena e Virginia, le protagoniste, amiche per la pelle, saranno vittime inconsapevoli di quello strano e caotico gioco che si chiama Amore, gioco in cui il ruolo delle parti, la categoria del Ruolo stesso che ciascuno di noi può inconsapevolmente trovarsi ad interpretare, gioco crudele, gioco delle lacrime il più delle volte, diviene un'incredibile partita a scacchi da Settimo Sigillo. Virginia si innamora del padre di Elena, la quale, tenuto a gran fatica il segreto, è a sua volta innamorata di Virginia. La storia, una delle tante da raccontare, magari come quelle che possono nascere nella più desolante provincia italiana, come in una qualsiasi capitale del mondo, si trova a essere costruita dalla Santacroce, al di là della scelta lessicale, del suo stile oramai inconfodibile, con un unico filo conduttore, il dolore, il dolore lancinante della scelta, del non sapere a chi affidare le proprie attenzioni, l'indecisione cronica nata dal turbinio adirezionale generato dai diversi detentori e gestori di potere relazionale (il padre di Elena ed Elena stessa), l'amarezza di sentirsi imbozzolata in storie di ordinaria follia quotidiana, asfittica nel 99% dei casi, dove anche un raggio di sole può tagliare come lama di un coltello, percependo sempre come appetito infinito la voglia di sentirsi amati, ed amare, e poi di nuovo voler fuggire via, da se stessi, da tutto, voler essere uomo e donna, o un ibrido, cambiare pelle come i serpenti sperando in un catartico perdono dei peccati: " Quando una nuova alba affilata le graffiò il viso si ricordò che il giorno prima aveva avuto voglia di morire. Era durato un istante. Palpebre che si abbassano per ritornare alla luce. Frazioni di secondo più profonde di un taglio. Elena le aveva raccontato di un furioso litigio. Genitori arrivati alle mani. eppure Virginia della madre conosceva solo il sorriso. Credeva non sapesse far altro quella donna all'apparenza serena. Credeva realmente che il padre di cui parlava non fosse più suo. Lei ne piangeva. Diceva ci sarà un'altra vita. Diceva tu ci sarai. Devi rimanere. Magari vivremo insieme. Nella stessa casa. Elena troppo sincera. Insopportabile. Durò un istante. Una porta che sbatte e non si riapre. Stesso rumore. Desiderò morire" (pag. 50). Che la Santacroce abbia diversi lati oscuri, o meglio che viva nell'ombra come creatura blasfema e demoniaca (è questo che fa più cool una scrittrice del suo calibro?), sembra in qualche modo aver indotto a travisare l'intero meccanismo della sua produzione. Al di là delle definizioni, o del voler ad ogni costo controllare in maniera ospedalizzante anche le diverse modalità della narrativa o della poesia, basterebbe non lasciarsi ingannare dall'alone pop che ruota intorno a Lei. E se poi si scoprisse che anche lei soggiace al ruolo ambiguo dell'opera d'arte nell'era della riproducibilità tecnica? Potrebbe essere assolutamente inattendibile chi definisce questa autrice come una nichilista passiva che distrugge per distruggere, o che vuole rimanere negli annali dei profeti letterari dello shock per lo shock? E se il suo fosse un eterno sì alla vita? Leggete Lovers, e ne riparleremo!

da www.musicaos.it


at giugno 15, 2007 Nessun commento:
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domenica 10 giugno 2007

Carte Segrete




















Tracciati di pelle e gola, e sudore, riempiono le pagine di quest’avventura editoriale perennemente in bilico tra il senso dell’oblio e la ricerca di un’identità corporea, sciolta e ricomposta incessantemente dalla parola, quasi in un’estasi orgasmica che brucia i ricordi, gli attimi, i non-detti, che solo il gesto orgasmico, per l’appunto, è in grado di realizzare, architettare. Carte Segrete, edito da Besa nella collana Lune Nuove, a cura di Alessandra Bianco, costruisce “more geometrico” un dialogo multi-sessuale che scavalca la dimensione del ruolo amplessico, nel senso prototipico dell’uomo penetrativo e della donna accuditrice/acclusiva, ma trans-avvalora un ulteriore spettro di interazione sessuale esponente una campionatura di binomie e polinomie dell’atto dermico-unitivo donna-donna, uomo-donna, alle quali si aggiungono sguardi e corpi Terzi, post-identificativi. L’Erotismo e la pornografia talvolta anche nel gesto meccanico- naturalmente non nel caso specifico di Carte Segrete - , narrativamente parlando, bilanciano la melancolia auto-distruttiva geneticamente insita nello struggersi ticchettante del m’ama non m’ama!!! Un’antologia quella creata e voluta dalla Bianco, che fa venire voglia di affermare perentoriamente la necessità di approfondire quelle che sono le nuove spinte della letteratura erotica contemporanea italiana. Acquistate questo libro, godetevelo e godete di tutta l’umoralità che trasuda da ogni rigo di quest’opera corale. Non troverete nulla che ha a che fare con quello che sino ad ora pensavate fosse letteratura erotica. E’ molto meglio e molto di più! Carte Segrete vi offre una seconda chance definitiva e assoluta: trasgredire o soccombere!

Le autrici: Agata; Ersilia Cacace ; Maddalena Capalbi ; Cavalla golosa ; Cristina Contilli ; Demily ; Marianna De Lellis ; Anais De Nerey; Eliselle; Euridice; FFLuna ; Gabidolores; M. Maddalena Iovene; Antonella Lattanzi ; Cristina Leti; Marina Pasqualini; Marina Priorini ; Rosewood; Tinta .


fonte iconografica da www.clisse.splinder.com
at giugno 10, 2007 7 commenti:
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sabato 9 giugno 2007

Per una telepatia della comunicazione
















Io e Giuseppe Goffredo comunicavamo telepaticamente sullo stato della letteratura italiana in occasione della dichiarazione del vincitore della Biennale dei Giovani Artisti del Mediterraneo ad Alberobello il 7 giugno 2007 presso MiseriaeNobiltà. The winner is ... Agata Spinelli!
at giugno 09, 2007 Nessun commento:
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E se ...

E se...

Così doveva essere
quando silenzio era
quando luce era
senza suoni
e il volvere d’asfalto
scricchiava

allora

la ruota e il passo
stompavano pietrisco.

Luce d’umido brilla, schiara
viene incontro col farsi del giorno
odori e piccoli fumi
fanno l’ulivo al cogliere
e secca la vite.

Domani sarà festa.
Respira largo!
Domani avremo mani libere
già a gustare in un sorso
quel che della vita serve

solo quello
solo quello

ci sono parole
fresche… sai?

Soltanto! Il fresco di parole.
Rimani
provo il racconto, la tessitura di me,

e quel clima intorno che se sfuochi strugge
perde il tempo, il carico.
Luce soltanto…
Soltanto di luce, quella magnifica, di qui
col suo mutare…
...
Se
mi viene
voglio farlo lento questo gioco
un po’ per celebrare.
Un po’ per far doni allo sguardo
al mio e di chi viene

E se
è l’enigma, il non so
il disatteso.

E se
mi domando.
Continuamente interrogo il non so
il desiderio
la conferma delle mani
lo sguardo perso e la ferita
…

Mi sembra sempre
d’avere intorno
la vanità
che non coltiva
e disperde
senza economia
ogni fare
-
Sciatta è la scelta
provvisoria
sempre
nel bilico del nulla.
Non la regalità della leggerezza
che accoglie al dare.
Ma, “il tanto per”d’un fare
senza progetto
senza obiettivo
senza il calibro della bellezza.
Senza attenzione!
-
L’arte non è l’uno
il chi fa!
E’ il suo annullamento,
il suo non esserci,
il suo accompagnare ogni atto.
-
E se invece…
tutto si filtrasse in umiltà,
in gioco di scambio
in ardito osare
senza tema d’apparire e se…
rifuggissimo dalla banalità, dall’ammiccamento,
dal “guardate qui…”
…

Io guardo i millimetri del mondo!


…


Guardo la città
colgo immagini con lo sguardo
e i suoi riverberi di senso
le nostalgie mischiate alla consuetudine
ai ‘soliti’ ritmi.
E le stravaganze, i silenzi lunghi, dedicati ai morti
e quelli maturi che custodiscono le parole.
E, l’amore, poi
entra ed esce dai versi
nascosto, inquieto lo stupore per la bellezza
con gli incanti del sapersi vivi.

versi di Mauro Marino

at giugno 09, 2007 Nessun commento:
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giovedì 7 giugno 2007

La verità vi prego su Isabella Santacroce!

E’ già accaduto in poesia nel 1976 con Il Pubblico della Poesia, per i tipi di Lerici ( Eros Alesi, Giuseppe Conte, Maurizio Cucchi, Cesare Viviani, Valentino Zeichen), poi nel 1979 con La Parola Innamorata a cura di Antonio Porta per i tipi di Feltrinelli nel 1979, e ancora nel 1983 con l’Io che brucia sempre per Lerici dove troviamo nomi come Valerio Magrelli oppure nel 1989 Poesia della contraddizione/L’Avanguardia dei nostri anni/ 43 poeti per i tipi di Newton Compton. Giorgio Manacorda nel suo Per la Poesia, Manifesto del pensiero Emotivo, edito per Editori Riuniti nel 1993, racconta uno spaccato della produzione poetica tra la fine degli anni ’70 e la fine degli anni ’80, esponendo un rigoroso percorso critico, individuando voci, simmetrie e asimmetrie della parola poetica, polisemie del raccontare e fare Poesia, come scandaglio di esigenze individuali o collettive, volte a offrire uno spettro quanto più esaustivo possibile dei cambiamenti e delle necessità di far luce su quanto realmente è accaduto in quegli anni. Nell’ambito della narrativa italiana, quella per intenderci più vicina ai nostri tempi, e per la precisione a partire dalla seconda metà degli anni ’90, sembra che ci sia stato un attacco frontale alla gestione del raccontare la quotidianità ai margini, quelli fittizi da nichilisti della porta accanto, dello spaesamento urbano, metropolitano, o meglio le licenze dell’andare oltre, di ragazzoni citrulli, e girls dal residuo bagaglio neuronale, gruppi di adolescenti ( lo si è sino a trent’anni ?!) neo radical chic della medio-alta borghesia che chiudono le loro seratine a base di sangue e merda : parliamo di Gioventù Cannibale a cura di Daniele Brolli per i tipi di Einaudi Stile Libero (1996), una raccolta di contributi in prosa di autori come Caredda, Nove, Ammaniti, Massaron, la cui vettorialità di senso si riduceva a ben poca cosa, pasto misero condito da elementari effetti la cui peculiarità rimaneva lo shock per lo shock. Un’operazione che comunque ha fatto scuola, anche se talvolta con risultati non sempre soddisfacenti, e non possiamo non fare riferimento ad altre esperienze similari come ad es. Joe Arden ( uno che ama i Ramones, Jim Thompson, Tim Barton e che odia il 70% della popolazione e ama il restante) nel 1997 per i tipi di Sperling e Kupfer, nella collana Serial, con il suo Tagli e Tatuaggi, del quale riportiamo un estratto: “ Sono rigida rigida rigida. La punta di un iceberg; un giro di basso di Jhonny Ramone; il tipo del Pavlov’s dopo la cura di piombo. Pronta al peggio. Non succede niente. Ma è questione di un attimo. Metallo contro metallo: le pastiglie dei dischi, a puttane. Puzza di fumo: cristo iddio, che non siano i miei anfibi. Idea di scintille. Il van che da mezzogiorno e mezzo segna di colpo le tre meno un quarto. Pioggia di confetti. Grandini di parole, confuse. Incomprensibili. Cranio sul volante. Crack accompagnato da fitta alla tempia. Pistola contro l’ombelico: altro dolore.” (pgg. 18, 19).
Ma come dopo una serie di esperimenti nel campo della bio-ingegneria letteraria, nella maggior parte riusciti male, ecco che sempre a partire dal 1996, dopo il mediocre Fluo, fa capo sul panorama dell’intellighenzia italiana, una scrittrice che darà tanto filo spinato da torcere: Isabella Santacroce. Nella prima edizione de “I Canguri” Feltrinelli, esce il suo Destroy, con tanto di manifesto programmatico-teorico sbattuto come un mostro in prima pagina, attraverso le parole di Ian Curtis, Billy Corgan, Friedrich Nietzsche: 1) Non so che cosa è giusto o sbagliato (l’anarchia vitalistica nel relativismo etico);2) The World is a Vampire ( consapevolezza dell’esistenza triadica capitalistica produzione, consumazione, morte del soggetto all’interno della circolazione dei beni di consumo di massa); 3) Io sono il primo immoralista: con ciò sono il distruttore par excellence ( il nichilismo passivo come machine de guerre). E Destroy rappresenta la sintesi in vitro di una cronaca di una morte annunciata: quella del linguaggio che soggiace dolente o nolente all’assuefazione iperconsumistica (dai musicali Massive Attack, agli Smashing Pumpkins a Nick Cave, alle cartacee Tank Girl e Vampirella, alla schizofrenia allucinata semantica, alle immagini dei manga e dei comics americani, dei vestiti post-atomici in latex, alla trance indotta tramite superalcolici: in altre parole la storia di Misty, venticinquenne che lascia l’Adriatico per Londra, dove si guadagna da vivere seguendo la sua discesa agli inferi tra voyeurismo, fetish esibizionismo hard-core e assistenza domiciliare a masochisti schizzati e solitari. Un'opera questa della Santacroce che vede l’autrice impegnata a giocare disinvoltamente coi fili dell’alta tensione, quella di una paranoia autodistruttiva, di chi si lascia scarnificare dal vortice della devastazione per la devastazione, usando spezzare i periodi in maniera sincopata, slangando l’inslangabile, e trasformando i dialoghi in monologhi da casa di cura manicomiale: “Amore, amore non sei in casa? Sono io amore, rispondi, lo so che ci sei farfallina mia! Cazzo Mary rispondi, porca troia non fare storie! Mary se non rispondi giuro che quando torno a casa ti ammazzo di botte … brutta stronza … cazzo ma che vuoi? Cosa vuoi dimostrare? Schifosa puttana, me la pagherai! Giuro che ti riempio di calci e ti ficco la testa nel water e ti sfiguro quella faccia di merda e ti sbatto giù dalla finestra troia di una troia … cazzo, rispondi …cazzoooooooo!”. (pag. 18). Isabella Santacroce poi continua con la sua operazione chirurgica senza alcuna anestesia, sul corpo della letteratura partorendo Luminal per i tipi di Feltrinelli nella collana “I Canguri”. Non basta aver mandato in tilt il sistema nervoso centrale dei suoi lettori con le sue due precedenti produzioni, deve procurare (in primis attraverso l’insulto reiterato del tipo “Leccatemi bastardi non talentuosi lecatemi”) una frattura esposta lobo-parietale, facendo friggere i neuroni con un desiderio ostentato di ripetizione mantrica delle esperienze ontologiche dei protagonisti, attraverso questo REW (Rewind ) quasi su ogni pagina, perché il dolore si sublimi in autocompiacimento da eterno ritorno. Luminal è la storia di due amiche diciottenni, Demon e Davi, tossicomani del sesso off-limits, che usano vaginalmente la loro energia come un abissale Si’ alla vita., lungo irradiazioni esistenziali che attraversano come in un sogno città come Zurigo, Berlino, Amburgo. “Esposte al suo furore piano piano si accende. In diverso modo vedo. Il mattino dominare. Capovolte nuovamente d’isterico possedute noi siamo. Pesci rossi volteggianti fuori dell’acqua. Guardami con rabbia. Non riesco a respirare. Battendo palpebra mi incendio di solare abbaglio. Lascio fare mentre si alza in ore che da tempo addormentata ho conosciuto. Rallentando consapevolezze di un esserci a metà. Ho cercato il sonno. Affascinata dalla magia dell’assenza nelle costellazioni sono entrata come una stella. Con Davi accanto. Ho annusato odori di luna sopra. Il nostro brillare nel buio allontanava l’impotenza. Guardaci con rabbia. Capovolte nuovamente non riusciamo a respirare da raggi trafitte. Baciamo saliva. Mangiando Luminal eccediamo attenuando il violento eccediamo”. (pag.100). Sia in Destroy che in Luminal pare che la Santacroce non riesca a rimarginare uno iato consistente tra la sua etero e introdiegesi narrativa. Il Dasein della o nella realtà tra le pagine di questa scrittrice, sembra trovare collocazione come un corpo estraneo in sé, non metabolizzabile, da espellere o attraverso la defecazione o la minzione. La realtà per la Santacroce va vissuta come in uno stato di ipnosi autoindotta, non perché ne venga percepita la bestialità, la crudezza, l’atrocità, ma più che altro perché non è controllabile il flusso degli eventi. Le scelte sono arbitrarie, non si può dare nessuna lezione di vita, è inutile, tutto accade perché deve accadere, anche la distruzione di se stessi. Nel 2004 la Santacroce, pare spingersi un pò più oltre i confini dell’abbandonico autocompiacimento nichilistico, quasi a sentire come un obbligo il desiderio di osservare quello che accade intorno a sé, a volerci vedere chiaro, a diradare la cortina di fumo nero che avvelena i polmoni nella vita di ogni giorno. Non è una rivolta prometeica. La Santacroce non è in grado di proporre alternative perché sa che non ci sono rivoluzioni da fare, che forse le rivoluzioni non sono mai esistite, se non nell’accettazione della sconfitta e del lutto. Revolver per la collana Strade Blu di Mondadori è un capolavoro. Abbandonate talune farneticazioni meta-pop da mercato spettacolare, lo stile della Santacroce si fa meno paranoico, più fluido, di un’intensità delirante che non conosce più confini. Revolver è la storia di Angelica, ventottenne, che nel mezzo del cammin della sua vita, comincia un viaggio attraverso i gironi della solitudine (eccola che incolla occhi di plastica sulle bambole) mentre accudisce una zia affetta da paralisi e lavora in una fabbrica, che conosce il volto possessivo dell’amicizia nella sua relazione con Angelica, una che è pronta a darla al primo che capita, pronta a farsi sbattere come un ovetto dentro la ciotola. Due solitudini che tentano il salto di paradigma nella stabilizzazione di una vita normale, ma che risulta insostenibile, ulcerante come l’acqua santa sul corpo di un indemoniato. Non c’è dolcezza che tenga, neanche l’anestetico della quotidianità di una vita a due, quella da pubblicità del Tegolino Mulino Bianco, perché il meccanismo perverso del male, dell’imprecazione, della richiesta d’ascolto puntualmente ignorata la fanno da padroni, in una vita veramente infernale: “Sei strana. Non lo sono. Sì lo sei. Perché dovrei esserlo. Perché lo sento. Da quando senti. Tu non senti. Sono stanca. Stanca di cosa. Di noi. Non mi avevi mai detto di esserlo. Non me l’avevi mai chiesto. Non mi chiedi mai niente. Perchè me lo hai chiesto oggi. Perchè stai male. Tu non stai bene. Io sto benissimo.No. Non è vero. Sei malata Angelica. Non sono malata. Siamo andati dal medico ricordi. Certo ricordo. Devo essere paziente. Chi lo ha detto. Lo psichiatra l'ha detto”.(pag.66). Senza alcun timore di possibili fraintendimenti, occorrerà dire che per tutti coloro che hanno seguito la Santacroce, sicuramente non ci sarà stata alcuna eventulità di sottrarsi al fascino della capacità di quest'autrice di architettare nei suoi intrecci, universi dall'alta consistenza nichilistica, quella passiva, della distruzione per la distruzione, come sopra abbiamo più o meno accennato. Ed è un modo abbastanza collaudato questo di sfruttare i malumori della gente, i lettori in fondo pagano tutti indistintamente le bollette del telefono, della luce, del gas, vanno al lavoro, si godono le ferie meritate, hanno i loro alti e bassi, tentando quindi di far vivere loro situazioni estreme che distraggono o perversamente inducono un senso di sollievo rispetto alle situazioni descritte nelle pagine di questa scrittrice, facendo sentire tutti un pò più fortunati, per non parlare del solletichìo indotto tra tutti gli adolescenti, ai quali viene indicata una via alternativa (o meno poco importa) alla normalizzazione, alla stabilizzazione emotiva, alle sollecitazioni ospedalizzanti che la società attorno utilizzerebbe per il Controllo di Massa ( pensando a Foucault). Il che talvolta potrebbe anche risultare positivo. Il vecchio gioco del frutto proibito! Ma al di là di queste cialtronesche delucidazioni pseudo-psicanalitiche da salotto, la Santacroce è riuscita a mantenere nel corso della sua esistenza editoriale uno stile che si è mantenuto nel tempo, una capacità di rendere, con spessore forse un pò pop o metapop, a tinte ben marcate, i profili dei protagonisti delle sue opere, studiando la modalità espressiva delle patologie perfino nella strutturazione dei dialoghi, a trattenere nel bene e nel male saldo il rapporto con gli oggetti del mercato, non solo procedendo ad una loro semplice elencazione, ma addirittura sfociando nella mistica del consumo, e nella bioingegneria capitalistica. Di una cosa però siamo certi ... Potrete non provare simpatia per un'autrice di questo tipo, odiare quello che scrive o come lo scrive, potrete cercare di mettere all'indice i suoi libri, ma non dovrete fare a meno di acquistare e leggere le sue opere, dal momento che uno spazio nella vostra biblioteca, per Lei, occorrerà per forza trovarlo!
(da www.musicaos.it)
at giugno 07, 2007 Nessun commento:
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mercoledì 6 giugno 2007

La mostra del fuoriluogo


"Avete pagato per partecipare ad un esperimento, appartenete a questoluogo per tutta la durata dell'esperimento, al termine del qualetornerete a professare una o più idee morali credendole universali... Buona visita"
Inizia così il secondo lavoro video-teatrale di Lorenzo Pietrosanti "Lamostra del fuoriluogo". In uno pseudo-laboratorio di sperimentazione sociale, due inservienti (Alessia d'Errigo e Stella Novari) partecipano alla messa in scena di un vero e proprio esperimento psico-sociale: unaspietata e sconvolgente messa in discussione del concetto di morale. La morale nel "fuoriluogo" non esiste, ed ogni fatto di cronaca, ogni immagine, oggi certezza mediatica, viene rimescolata e riformulataattraverso un nuovo significante.
La durata del lavoro è di un'oracirca, numerosi i video e le sequenze video firmate da Pierpaolo DeSanctis e dallo stesso Lorenzo Pietrosanti. Di forte impatto i materiali audio, totalmente improvvisati dalle due attrici e missati da SimoneMammucari. Gli eroi del fuoriluogo sono i bambini, vittime nel mondo reale, uniciesseri puri nella visione a-morale presentata dal giovane regista romano.
L'evento videoteatrale, dopo essere stato selezionato alla Mostra Mercato Teatri di Vetri di Roma, andrà in scena al CineTeatro( www.cineteatro.it ) il 9 e 10 giugno ed il 23 e 24 giugno alle ore 21.15.Prenotazione Obbligatoria, infoline 3478311350 - 068175275. Via Valsolda 177 Roma, costo 5 euro + tessera (2 €),
www.lamostradelfuoriluogo.it.L.P.
CINETEATROVia Valsolda 177 (P.za Sempione, Roma)06 8175275
www.cineteatro.it visionivisioni@gmail.com
at giugno 06, 2007 Nessun commento:
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sabato 2 giugno 2007

Slow

slow sex
slow art
slow emotion
slow money
slow kiss
slow truth
slow emotion
slow black
slow pink
slow travel
slow play
slow orgasm
slow
slow
slow in the word
slow in the world
slow in peace
slow in love ....

dedied to Carl Honorè (www.inpraiseofslow.com)
at giugno 02, 2007 1 commento:
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