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martedì 31 luglio 2007

Gian Carlo Fusco: Duri a Marsiglia


Il nero. In grado di assorbire tutte le radiazioni ottiche che riceve, tanto da non rimandarne alcuna che ecciti l’occhio. Proviamo su un altro piano. Simbolo del lutto, della disperazione, della separazione, di cattivo augurio, di pessimismo, di monotonia, di ostilità cupa, di grave preoccupazione, di paranoia, associato all’inferno o ad una coscienza macchiata dal peccato, o ancora dagli scheletri nell’armadio che tutti (chi più chi meno) ci portiamo dietro e che talvolta di notte fanno tirare tardi prima di lasciarci addormentare tranquilli. Il nero. È una dimensione del simbolico che non difficilmente si lascia trasportare su latitudini di senso che fanno riferimento al losco, al clandestino, al criminoso. Leggendo Duri a Marsiglia, di Gian Carlo Fusco, si rischia di camminare alla cieca lungo gli impervi sentieri dell’oscurità. In essa, come quando si è al buio, quando ovunque non c’è nemmeno un tenue barbaglio, quando non si ha nessun appiglio per rendere più sicuro il passaggio nell’ignoto, ovvero in tutto ciò che deve ancora accadere, e che non può essere previsto, che atterrisce quindi perché inevitabile, ogni cosa diventa condizione di una tensione verso il lecito e l’illecito, come tendenza appetitiva, vorace, assolutamente da soddisfare. Si può diventare facile preda dell’angoscia, è quasi ovvio. O si decide di proseguire il cammino, o ci si toglie di mezzo! A pag. 17 dell’introduzione a cura di Tommaso De Lorenzis, - a detta di Genna è un libro che vale la pena di acquistare non fosse altro che per il contributo introduttivo (non è questa a mio avviso la valenza parametrica che stabilisce il valore di vendibilità di un libro, semmai il pregio dell’introduzione di De Lorenzis è che ti fa venire l’acquolina in bocca spingendoti a scivolare, e con una certa impazienza anche, con gusto tra le pagine di Duri a Marsiglia), si può leggere: “ Il Nero non si esaurisce nella meccanica di un attacco allo stato di cose presenti, bensì si agita sopra e sotto la realtà, sviluppando in una riscrittura insaziabile i contenuti del surrealismo”. Sintesi fenomenologica di una piccola machine de guerre, dove gli ordigni delle traiettorie oniriche e delle maledette eccedenze portano un assedio feroce alla vita. Come controparte però questo meccanismo marziale, per inversione, può trasformarsi in uno scudo efficace contro la durezza della realtà, come antidoto alla perdita del proprio centro di gravità permanente mentre si è nell’occhio del ciclone, nella quiete assoluta prima della destinale soluzione distruttiva inevitabile, di un individuo che lotta contro la grande bonace. Ma quello che più mi ha impressionato è stata un’espressione, per me da qualche tempo quasi mantrica, sempre alla stessa pagina, sempre nel contributo introduttivo di Tommaso De Lorenzis, talvolta basta una parola per indicare quello che accade tra l’inferno e le nuvole … l’espressione è croque-soi-meme … mangiare se stessi … la follia dell’autodistruzione, l’apice di un’autofagia nichilistica, oppure la degna conclusione di una vita come opera d’arte. Proprio come alcuni personaggi di dannunziana memoria. Ma procediamo con ordine. Per chi volesse approfondire le sue conoscenze circa l’autore di Duri a Marsiglia, Gian Carlo Fusco, utili soprattutto per avere delle coordinate più puntuali sul retroterra non solo scritturale ma anche umano che sovrintendono a quest’opera, rimandiamo ad alcune considerazioni, splendide, eleganti, in punta di penna, di Giovanni Arpino, impossibili da non riportare, a pag. 183 e 184 : “ Italiano anomalo per destinazione, figlio di radici composite, ballerino di tip tap, quasi pugile e quasi cantante, Gian Carlo Fusco ci arriva direttamente dalle grandi cronache del Tre-Quattrocento, così come lo si potrebbe paragonare ai poeti e ai cronisti sulle strade dell’America di frontiera o ai personaggi spagnoli di Alemàn , per non citare Rabelais. La sua fedina letteraria e giornalistica lo comprova perfettamente, una rilettura ci riporta le dimensioni eroico farsesche ( e puntigliosissime, come capita al buon chronique) d’un mondo estraneo a ogni molle snobismo elitario. Amico di tanti ma anche nemico per eccessi umorali di troppi, Gian Carlo Fusco – il buono e il bilioso, il generoso e l’insolente, l’innamorato e il sognatore malavitoso – è sulla scacchiera delle testimonianze letterarie italiane , un pedone hors catègorie, non catalogabile”. Per la cronaca Fusco (1915-1984) ha collaborato a Kent, Abc, Playboy, e nel ’58 Einaudi ha pubblicato Le Rose del Ventennio. Duri a Marsiglia ( prima edizione nel 1974), è la storia di un anarchico di diciotto anni, nato da una famiglia borghese, che scappa dall’Italia fascista, siamo nel 1932, e scopre in Marsiglia, la città dalle mille avventure e della guerra dei clan, dove in un turbine di accadimenti si intrecciano storie dal sapore di brillantina, di ghette, di sparatorie, o regolamenti di conti come si preferisce, le prime ad avere come protagonisti i mitra di Al Capone, importati a Marsiglia dai trafficanti mafiosi italo-americani, degli amori impossibili per donne intoccabili, storie di avanzi di carriera e incontri con avanzi di galera, la lotta quotidiana con lo spleen maledetto e biforcuto, e nomi, soprannomi, come Pilù, Vincenzo Parasole, la Carpe, Don Raffaele Spirito, o Patatrac Tozza, che forse non ricorderai mai, perché tanta è la maestria di Fusco nel catturarti lungo le sue narrazioni, che non ci badi se la pellicola è un po’ graffiata in alcuni punti. Il protagonista di questa storia è Charles Fiorì, che così viene descritto mirabilmente, da Luigi Bernardi a pagina 189 e poi alla successiva : “ (…) e Charles Fiori, il destino se l’è scelto da solo, la sua ribellione l’ha portata a buon fine e, quanto alla noirceur, non sa neppure cosa sia. Non è neanche un duro tanto duro, a dire la verità. Qualche cazzotto quando serve, raramente. Una pistolettata se non se ne può fare a meno, e benedette quelle due ostriche infette che gli hanno sciolto gli intestini, altrimenti col cavolo che si sarebbe opposto al trio di rapinatori della bisca clandestina, guadagnandosi sul campo una promozione che altrimenti ben difficilmente sarebbe arrivata. E neppure è un tipo che si lascia infinocchiare dalle prime dark lady che incontra per strada. Se non fosse per Michèle, la trentottenne infermiera nativa di Sanremo con la quale sostiene di aver passato delle belle mezz’ore, il fascino femminile fa scarsa presa su Charles Fiori “. Insomma un individualista, uno che non crede in nessuna delle società che l’uomo ha creato, in nessuna delle consustanziali istituzioni, ipocrite, false, meschine. Tutte trappole per fregare i poveri e favorire i ricchi. Ma anche un poeta, di quelli atipici forse ma sempre un poeta, un tipo come questo che tra una sparatoria e l’altra, o tra l’accudire la carriera di qualche mignotta, prende un sospiro di sollievo leggendo i Fiori del Male di Baudelaire, un poeta di strada però, di vita, non militonto ovviamente, ma militante arguto nel sapersi destreggiare tra qualche scazzottata e un agguato, che conosce le dure leggi della giungla e che sa che anche la poesia ha i suoi limiti : “ I poeti, come si sa, passano, con un salto solo, dalla fraternità, all’inimicizia. Dall’abbraccio al morso”. Meraviglioso, non c’è che dire! Un libro che vale la pena leggere, perché ti da delle dritte su tutte quelle sintassi del corpo che appartengono a domini della società che sono fuori portata, lontani dagli occhi della brava gente, regole che istruiscono sul fatto magari che se accendi una sigaretta ad uno del milieu, tenendo l’accendino in orizzontale con la fiamma che disegna una traiettoria ellittica prima di fare il suo dovere, ti peseranno subito come un infame, o ancora che una tregua stipulata tra due clan di FAMIGLIE d’onore, va regolata in territorio neutrale, davanti a testimoni, con una stretta di mano della durata di più di dieci secondi, e così via. Vogliamo anche trovarci anche un piccolo compendio di come si veste uno del milieu per le grandi occasioni? Eccolo a pag. 122 ad es. : “ Aveva in dosso un completo grigio ferro a rigoline blu, giacca a doppio petto e gilè. Attraverso il gilè, messa a festone, gli brillava la catena dell’orologio mucho pesada. Le scarpe di camoscio grigio, con la mascherina blu, come le rigoline del vestito, dovevano essere nuovissime, perché crujivan a ogni passo”. Per chi ha amato ogni fotogramma di films come C’era una volta in America di Sergio Leone, o La Stangata, un libro come Duri a Marsiglia, non potrà non entrargli nel cuore, fosse anche con la stessa violenza di un colpo di pistola sparato a bruciapelo, da una distanza ravvicinata. Un libro che ti fa riflettere … conviene darsi alla macchia, conviene attraversare il bosco … forse sì … chi lo sa!!


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giovedì 26 luglio 2007

Contattismi di massa

Non trovo parole per descrivere le inquietanti rivelazioni fatte da Stefano Breccia nel suo libro dal titolo Contattismi di Massa edito da Nexus. Ebbene ci troviamo dinanzi ad una splendida testimonianza, redatta in uno stile impeccabile e secondo tutti i parametri di una seria indagine scientifica, con tanto di appendice fotografica, sul caso di Amicizia (Amitiè in Francia e con altri nomi nel resto d'Europa) e della presenza in Italia (e ribadisco non solo) di una razza aliena chiamata W56. Vi imbatterete in uno degli attori principali Bruno Sammaciccia, attivo cooperatore con questa intelligente presenza eso-biologica, al quale hanno rivelato segreti non solo di carattere tecnologico, ma anche filosofico e spirituale da lasciare a bocca aperta. Rivelazioni che farebbero vivere il genere umano in una nuova età dell'oro. Uno di questi W56 è stato anche fotografato. Assolutamente da non perdere.
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Labels: Amicizia, Bruno Sammaciccia, Contattismi di Massa, Nexus, Stefano Breccia, W56

lunedì 23 luglio 2007

Vedute sul mondo reale di Gurdjieff


La Storia, come pluriverso di eventi, personaggi, intrecci mitopoietici complessi o meno, dispone sul suo palcoscenico ciclicamente personaggi che nel bene e nel male lasciano una loro impronta ... indelebile! In un'epoca come la nostra di incalzante relativismo etico, parafrasando Frankena, pare neccessario, oramai da copione per ogni cambio millennio, tentare di dare un equilibrio sempre più decisivo alla figura dell'uomo, che lentamente scompare ( scomparsa da intendersi nel senso di una perdita dei contorni categoriali di Soggettività), come giustamente rilevato da Franco Berardi (Bifo) nel suo Il Sapiente, il Mercante, il Guerriero per i tipi di DeriveApprodi, nel magma di società ipercomplesse dalla possente vettorialità caoide. Chiunque voglia capire qualcosa di se stesso, e voglia farlo lasciando tutto e inseguendosi attraverso le pagine di un libro, abbandoni definitivamente tutta quella produzione falso politically correct per lo spirito, da Coelho, a Bach, Bambaren, a Willy Pasini. Palliativi a buon mercato per chi soffre da stress per super-lavoro! George I. Gurdjeff, (1877-1949), nato nella Russia meridionale, da un ricco allevatore di pecore che godeva grande fama come narratore popolare, fu educato da prima alla grande tradizione orale propria delle regioni del Caucaso dove si incrociano culture diverse e antichissime, poi a rigorosi studi scientifici ed a una profonda educazione religiosa da sacerdoti armeni. Dopo aver viaggiato in Africa, Medio Oriente, Asia Centrale per raccogliere frammenti delle antiche tradizioni di saggezza, si dedicò a ricostruire organicamente la conoscenza della verità perduta e a trasmetterla agli occidentali attraverso l'insegnamento e più tardi, una serie di libri ancora oggi fondamentali per tutti coloro che sono interessati alla ricerca spirituale. Vedute sul mondo reale rappresenta un vero e proprio manuale di sopravvivenza per l'uomo contemporaneo. Gli insegnamenti di Gurdjieff si possono ritrovare "tra le righe" nella mistica musicale del grande cantautore italiano Franco Battiato, o nelle pagine del grande maestro Illuminato Osho. "Dove sei? chi sei? Cosa vuoi? Dove vuoi andare? Ti attende un viaggio lungo e difficile e non sai se ti potrai riposare. Ricordati dove sei e perchè sei lì. Non avere troppa cura di te, e rammenta che nessuno sforzo viene fatto mai invano". E ancora " ... se vuoi tutto devi sacrificare tutto, ma non per sempre!". Ogni parola, ogni sintagma, ogni proposizione di Gurdjieff nel suo Vedute sul mondo reale, ha la pesantezza di un macigno. Lo stile forse individuabile solo nella dimensione di un vocabolario proprio della Dogmatica, non appesantisce la lettura di questo sistema fondato sulla Legge dell'Ottava. Un percorso deduttivo e induttivo, quasi a circuito chiuso, che trova il suo principium individuationis nella Volontà dell'uomo. Parrebbe semplicistico, ma non lo é. Parliamo di un percorso ad ostacoli. Il lettore verrà catturato da strane tipologie di esercizi spirituali come quello dello STOP, o in dialoghi che hanno come oggetto la forza incommensurabile del cambiare le nostre abitudini. La Volontà di ciascuno di noi, può smuovere le montagne. Vedute sul mondo reale, é un libro particolare in quanto é il frutto di una serie di testimonianze di incontri tra Gurdjieff e i suoi allievi nei momenti più inattesi e nei luoghi più disparati. Il Lavoro sull'uomo comincia proprio attraverso questo libro!


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sabato 21 luglio 2007

Alessandro Piperno. Con le peggiori intenzioni


Vs - Prima di leggere Piperno dovrete per lo meno esservi imbattutti in Mario Adinolfi con il suo "Email. Lettera dalla generazione invisibile"; Tommaso Pellizzari e l'ultima sua fatica "Trenta senza Lode"; l'interessante saggio di Marina Piazza in "Le Trentenni" sulla difficoltà ai nostri giorni di riuscire a conciliare, per una donna, la voglia di avere un figlio con la carriera; e dulcis in fundo l'indagine socio-antropologica di Pierfrancesco Majorino in "Giovani anno zero". Se non avete letto Proust, Dostoevskij, se non possedete quelle adeguate cognizioni di storia dell'arte e di estetica che vi possano dare i giusti strumenti di sopravvivenza anche per la più banale delle conversazioni tra gli amici, magari avendo diligentemente studiato (ma non troppo) Argan, Hauser, Anthony Julius, se non avete mai avuto l'ebrezza di possedere una Visa Oro credito illimitato, scegliendo senza remore e inibizioni i vostri "bersagli morbidi" da colonizzare tra le tante leccornie del mercato voluttuoso della moda, esposte nelle vetrine di Max Mara, Burberry's, o un Rolex Daytona al polso, se non vi siete mai posto il problema di come arredare la vostra casa seguendo i consigli di AD con l'autorevole ausilio di Alessandra Quattordio o Alessandra Valli, se non avete mai provato l'incandescente esperienza di vita di guidare una Porsche in estate lungo le vie di Positano assaporando l'odore e il colore dei soldi nei luoghi cult dell'establishment vacanziero radical chic da V. I. P. , se non avete mai vantato tra i vostri avi almeno un conte, un barone o un principe, insomma se queste significanti esperienze di vita non rientrano nel vostro background ontologico, allora sconsigliamo vivamente la lettura dell'ultimo lavoro di Alessando Piperno dal titolo "Con le peggiori intenzioni" per i tipi di Mondadori. Piperno racconta l'epopea dei Sonnino, ricca famiglia di ebrei romani, dai tempi memorabili dello pseudo super-uomo Bepy e del suo socio Nanni Cittadini tra gli anni sessanta e settanta, ai giorni più modesti dell'ipocrita e disperato adolescente Daniel Sonnino negli anni ottanta, in una Roma che vede i suoi protagonisti vivere in uno spazio vitale che va dal Caffè Parnaso zona Piazza delle Muse, al Tea For Two e al Jackie O' zona Piazza di Spagna. E la storia finisce entro gli angusti termini di questo striminsito intreccio... forse! La critica si è letteralmente spellate le mani a furia di applaudire al nuovo Proust della letteratura italiana, coniando termini come pipernismo, creando leggende metropolitane di folle oceaniche esultanti alle sue presentazioni. Ma si tratta semplicemente dell'ennesimo gigante massmediatico creato a tavolino, una macchina da guerra per fare soldi, come potrebbe essere benissimo un Dan Brown e il suo "Codice Da Vinci", ma anche come è accaduto nel 1996 con "Gioventù Cannibale" e i suoi araldi come Nove, Ammaniti, Caredda e company. Non per questo penso che la narrativa dovrebbe parlarci delle più recenti leggi approvate in Parlamento in materia di lavoro, o di altre tematiche inerenti al sociale, nè identifico Segrate con Berlusconi. Per trecentotrepagine non ci ho trovato nulla che possa definirsi nichilistico, nessun tentativo di ricerca nè stilistica nè linguistica, i personaggi sembrano uscire dalla voce di un eterno immaturo, viziato, figlio di papà, a cui non hanno regalato l'ultima vacanza studio in Inghilterra, o l'ultimo modello di macchina da sfoggiare nel branco, che non gliene frega niente se due aerei si schiantano sulle Twin Towers in una gigantesa catastrofe, come direbbe Sgalambro, psico-cosmica se non con la falsa costernazione di chi non ha tempo da perdere su sciagure che tanto sono capitate ad altri mentre c'è ancora tanto da fare per scegliere l'ultimo capo alla moda o l'ultima festa cool a cui partecipare, figuriamoci poi rivolgere lo sguardo ai più bisognosi (ricordiamo che per come stiamo messi in Italia oggi, non poche famiglie anche di impiegati statali non arrivano a fine mese). Ma cerchiamo di essere più franchi e precisi. Piperno sembra voler a tutti costi proporre la vecchia logica del "se hai, sei! " ( Ad es. leggiamo a pag. 285 queste poche righe: <>). Non importa quanto possa costare in termini di infelicità altrui, che se ne vadano a fare in culo anche i precetti di vita matrimoniale se trovi una neo-maggiorenne che voglia pisciarti in bocca durante un amplesso pur di fare carriera accontentandoti in tutto e per tutto, o le normali relazioni di coppia tra un ragazzo e una ragazza fondate sul romantico "ti amerò per sempre", o perchè no, di auto-lobotomizzazione a furia di dimostrarsi sempre in grado di avere i denti più affilati degli altri. Leggiamo a pag. 27 : <<>>. E per di più anche maschilista della serie " ... donna schiava, zitta e chiava". Ma non è ancora finita qui! Il novello Proust, il grande erede del Parini che si erge a pseudo-moralizzatore della società bene, come quello ne Il giorno, questo in "con le peggiori intenzioni", si abbandona in un'elegante elegia con argomento la sega, la pippa! A pag. 75 ad esempio, possiamo leggere : <<>>. Potremmo passare sopra anche su questo, potrebbe farlo anche la critica più severa, ma non dinanzi a espressioni di questo tipo, da far venire i brividi: <<>>. D'accordo, forse stiamo andando un pò sul pesante, forse si tratta di una zona d'ombra insignificante, nell'intero complesso della narrazione orchestrata da Piperno, nulla di cui preoccuparsi se in più di qualche occasione utilizza il termine ariano/a, che rievoca anche se solo flebilmente, le atroci kultur kampf sulla superiorità della razza fatte dai nazisti. No, non c'è nessun legame, assolutamente! Poi all'improvviso, così su due piedi, mentre tranquillo procedi nella lettura dell'opera di Piperno, strabuzzi gli occhi a pag. 203: <<>>. Peccato, per citare un modello bibliografico a caso, che Noam Chomsky nei Cortili dello Zio Sam, per i tipi della Gamberetti editrice, riveli come lo stesso Reagan e la sua amministrazione abbia avuto stretti legami con gerarchi come Gehelen e Barbie per questioni concernenti l'addestramento di eserciti segreti da mandare nell'America centrale. Come Umberto Eco con il suo " Il Nome della Rosa" aveva con la sua immensa erudizione e cultura colmato il vuoto delle succitate categorie, tra gli attenti lettori della medio-alta e piccola borghesia, desiderosi di sfoggiare qualche dotta citazione, così consiglio Alessandro Piperno, perchè grazie alla lettura delle sue pagine, possiamo per un momento scordarci e stordirci, da quanto in realtà stiamo attraversando, in un contesto storico-socio-economico italiano davvero triste! Anche se queste mie ultime considerazioni potrebbero in qualcuno far sorgere il sospetto di voler evocare per la letteratura contemporanea italiana il fantasma dell'irrealismo tendenzioso, con un sottofondo di socialismo reale o meglio di stalinismo critico letterario!

Pro - Come ci illumina Antonio D'Orrico sul Corriere della Sera Magazine del 10/03/05, " Con le peggiori intenzioni stava per essere pubblicato dalla casa editrice Quiritta. La cosa sfumò. E' stato rifiutato, e questa è una primizia assoluta, da Adelphi (con lettera firmata dalla signora Marchi che scriveva all'incirca <>. Alla fine c'è stato un testa a testa Rizzoli-Mondadori, che ha bruciato l'eterna rivale sul traguardo grazie a un colpo di reni della coppia Franchini-Colorni". Questo in parole povere, il backstage del romanzo di Piperno. Come sostiene Giuseppe Genna in suo intervento pubblicato on-line su "I Miserabili" l'11 aprile 2005, " va riconosciuto a Piperno il tentativo di storicizzare attraverso la narrazione, la merda degli anni Ottanta". Un corpo narrativo, quello di Piperno, dove campeggiano figure a tutto tondo come nonno Bepy, personaggio dalla vitalità e dal vitalismo sfrenato che sperpera e gode sino al parossismo nello sperperare, proprio come colui che è consapevole, accompagnato in ogni suo passo dall'ombra amica della Signora con la Falce, che ogni giorno in più è guadagnato e per tanto va succhiato sino al midollo. La sua monomania di liberarsi del denaro in maniera sado-masochistica lo porta a trascinare la ricchissima famiglia Sonnino, al collasso economico, dal quale non potrà più sollevarsi. Splendida la caratterizzazione di Daniel Sonnino, voce narrante per tutta l'opera delle intere vicende, che si ritrova a gestirsi maldestramente, tra i ricordi di famiglia risalenti agli anni '60 sino alla realtà dei giorni nostri: arco spazio-temporale di recupero o perlomeno di tentativo di recupero della perdita di senso e identità. Sfolgorante poi, l'immagine di Gaia, che potrebbe avere la stessa dignità di una Laura o di una Beatrice, in grado di attirare su di sè gli sguardi del mondo, di canalizzare le fantasie più sfrenate in ogni ambito, perchè possederla per Daniel equivarrebbe ad avere il Graal tra le mani! E poeta lo é sicuramente Alessandro Piperno, quando per bocca di Daniel lascia i suoi sentimenti fluire in un ode alla donna amata, che chiunque avrebbe voluto scrivere e offrire alla propria dolce metà. Mi riferisco al brano di pag. 229 : <<>

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at luglio 21, 2007 Nessun commento:
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giovedì 19 luglio 2007

Le particelle elementari di Houellebecq


Michel Houellebecq, classe 1958, si rivela nel panorama della letteratura contemporanea internazionale, un personaggio di indubbio valore, degno della massima considerazione, in grado nella sua opera di rendere il Nulla che serpeggia nell’odierna società e ci divora, con uno stile inconfondibile, riuscendo ad illustrare un ampio spettro di individui sguazzanti nel cosmo del post-umano all’interno delle categorie più prossime al post-moderno, attraverso pagine provocanti, a volte demoralizzanti, mai banali. Si è fatto conoscere al grande pubblico, a partire dal 1991 con un suo scritto teorico, Rester vivant, poi nel 1998 con l’opera poetica La porsuite du bonheur. Il suo primo contributo apparso in Italia è la poesia La Fessura in Panta n.18, rivista curata da Elisabetta Sgarbi. Per i fan di Lovecraft, nel 2001 ha pubblicato H. P. Lovecraft. Contro il mondo, contro la vita. Leggendo Le particelle elementari, si viene toccati da oscure sensazioni che giungono dalle profondità dell’essenza umana, desiderose di prendersi, tangersi, sfiorarsi, lungo l’inferno del Tempo che le spazza. Umori grumosi, amorfi, tendenti gli uni verso gli altri, senza mai però trovare un punto di contatto neppure per un attimo. Quello di Houellebecq è un inconoscibile alfabeto che trapassa la sapienza della specie. L’autore in quest’opera pare oscillare tra l’utilizzo di sintassi vicine alla pura Visione e la Puntualità Ragionativa dove spunta inesorabilmente il particolare, la cosa di estrema concretezza, corporea, carnale, tanto da esibire in tutta la sua crudezza il mondo così com’è, perché Houllebecq vuole essere “osceno”, al punto da divertirsi con il suo lettore, rompendo gli argini del piccolo, del ristretto, del meschino. Ci troviamo dinanzi alla palpabile mortificazione, mai senza insania critica, della condizione culturale babelica che ci avvolge, in cui tutte le epoche della Storia possono situarsi nella discronia della Compresenza, dove ogni livello viene sollecitato dal Rumore, dalla Perturbazione all’unisono con tutti gli altri, dimostrando come sia difficile la produzione e la ricezione, senza le quali non è possibile alcuna semiosi, di un segnale. La sua scrittura si piazza dentro una situazione di tal sorta, con tutta la forza della disperazione e dello sgretolamento in atto, guardandosi dal tracciare qualsivoglia tipologia di linee di fuga. Il titolo dell’opera in questione fa riferimento ai costituenti più semplici della materia, quelli che secondo Michel Djerzinski, biologo molecolare vicino al Nobel, sarebbero i rivelatori della meccanica propria della vita. Michel ha quarant’anni, è figlio di una hippy che l’aveva abbandonato per fuggire in California, ed è uno scienziato del tipo ice man, refrattario a qualunque emozione. Il suo sogno è clonare gli esseri umani, al fine di assicurare loro un’esistenza di perfezione ed immortalità. Lascerà, ai posteri, la più grande scoperta scientifica di tutta la storia della Scienza: “ La pubblicazione nel giugno del 2009, in un supplemento della rivista Nature, sotto il titolo Prolegomeni alla replicazione perfetta di ottanta pagine che sintetizzavano gli ultimi lavori di Djerzinski, era destinata a provocare nella comunità scientifica un’istantanea e immane onda d’urto. Dovunque nel mondo decine di ricercatori in biologia molecolare si precipitarono a ritentare gli esperimenti proposti da Djerzinski, a verificarne il dettaglio dei calcoli. Nel giro di pochi mesi cominciarono ad affluire i primi risultati, che poi continuarono ad accumularsi settimana dopo settimana, tutti e ciascuno a conferma della validità delle ipotesi di partenza. Alla fine del 2009 non poteva più sussistere alcun dubbio: i risultati di Djerzinski erano validi, si potevano considerare scientificamente dimostrati. Le conseguenze pratiche, evidentemente, erano vertiginose: qualsiasi codice genetico, di qualsivoglia complessità, poteva essere riscritto sotto una forma standard, strutturalmente stabile, inaccessibile alle perturbazioni e alle mutazioni. Ogni cellula poteva dunque essere dotata di una capacità infinita di replicazioni successive. Ogni specie animale, per quanto evoluta fosse, poteva venir trasformata in una specie affine, riproducibile per clonazione, e immortale…”(pp. 307,308). L’intreccio porta i lettori nella Francia tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70, in una parabola temporale discendente che culminerà il suo viaggio alle soglie del Terzo Millennio: “Ovunque sulla superficie del pianeta l’umanità stanca, stremata, diffidente di sé e della propria storia, si apprestava bene o male a entrare in un nuovo millennio” (pag. 294) . Una Francia aperta alla libertà sessuale, al potere di una Sinistra forte e libertaria, una Francia dove agli inizi degli anni ’70 si prendeva coscienza dell’esistenza di una classe, quella dei servi (ed ecco poi spiegata la virata simil-rivoluzionaria a sinistra anche di parte della borghesia illuminata seppur centrorsa), a tutto un mondo neo-hippy le cui icone sono Francesco Di Meola e Aldous Huxley, guru psichedelici delle nuove frontiere New Age, i padri ispiratori dei più contemporanei Stuart Wilde e Lee Coit. Poi c’è Bruno Clèment, il fratellastro di Michel, insegnante di lettere, razzista, morbosamente attratto dal sesso, in tutta la sua intera rosa fenomenologica, dal pompino a ingoio, alle orge, al semplice autoerotismo. Sono fratelli, nulla in comune, se non l’essere creature destinate all’infelicità, simboli del fallimento culturale dell’Occidente. Le particelle elementari, apoteosi scritturale della nascita e mutazione di una Metafisica che travolge i sistemi economici, politici, infinitamente procedente eccetto che per una nuova mutazione metafisica, oltre ad un opera di pura fantasia, deve essere considerata un vero e proprio manuale di fisica antropo-biologica … quella rientrante nella Fisica della Dominazione. Un animale Alfa per sopravvivere, domina e annichilisce l’animale Beta che a sua volta deve dominare e annichilire l’animale Gamma, e così via sino alle forme più elementari di virus. E’ una legge dinanzi alla quale non si può scappare. In essa troviamo non solo De Sade in tutta la sua filosofia del diritto naturale, ferino e bestiale, il cui maggior esempio lo si può facilmente individuare nella celeberrima Filosofia nel boudoir, ma anche in Darwin e la sua selezione eugeneticamente naturale, in Comte e il suo Positivismo infallibile, e in tutto quell’universo che spazia dal Dogmatismo al Fanatismo. Già…perché anche il fanatismo nella scienza, nell’amore per il sapere può generare dei mostri, nel senso più letterale del termine, ovvero di creature straordinarie, inarrestabili dinanzi all’idea del progresso, più che mai decise nel progetto di dominazione globale. Fenomeni riscontrabili anche nella prassi politica internazionale, di qualsiasi paese si parli, al di là di plausibili ovvietà. Houllebecq non usa mezzi termini, sapendo che solo la verità è scandalosa, e che senza di essa non c’è nulla che valga. Ma a quale costo e soprattutto fin dove può ci si può spingere… In fondo comunque lo sappiamo con certezza dove ci stiamo dirigendo, noi che su uno sfondo completamente nero, senza il benché minimo appiglio e senza vedere il fondo, giochiamo a fare i funamboli intellettuali, noi cresciuti a Vic 20, Commodore 64, Sega Mega Drive, Playstation, televisione e ipermarket, che abbiamo studiato Foscolo, D’Annunzio e Pasolini, e poi divorato per i fatti nostri, Colombati, Wu Ming, Lagioia, Mozzi, Evangelisti, noi esperimenti del liberissimo mercato. Ovvio che Houllebecq, doveva instillare nel libro sentimenti dominanti come vergogna, inadeguatezza, il maledetto vuoto, anche se si rischia di scivolare in una specie di autocompatimento narcisista. L’unica ricetta che l’autore pare darci ha quasi il sapore degli I-Ching. Aspetta sulle rive del fiume il cadavere del tuo nemico, poi in silenzio continua ad attendere finchè non diverrai anche tu cadavere!


Michel Houellebecq, Le particelle elementari, Bompiani, pp.324

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martedì 17 luglio 2007

Io Lupo di Vincenzo Gabriele Tamborra



Torvo e fecondo
mi guarda riposare,
nero lupo di nero fumo
non mi lascia fuggire.

Tra alberi grigi e foglie rovine,
mi sveglia con basso ringhiare.
Morde il mio piede contrario
lasciandolo porsi secondo per primo.

Rabbia e fatica,
paura e languore.
Preda e caccia,
fuga e predatore.

Un grido nel buio,
un salto nel letto,
la fronte sudata
Ed il mio risveglio.

Torvo e fecondo
la guardo riposare,
Jack folle di Jolly di cuori
non ti lascia scappare.
Stasera muori.
fonte iconografica da www.elponeypisador.com
at luglio 17, 2007 3 commenti:
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domenica 15 luglio 2007

Ferdinando Boero, Stefano Donno, Piergiorgio Odifreddi: ritorno al futuro!

























Salendo sul palco in Piazza S. Benedetto a Polignano a Mare il 13 luglio 2007 alle 21,30, per il festival del Libro Possibile, con due T-Rex della cultura italiana come Ferdinando Boero autore per Besa di "Ecologia della Bellezza" e Piergiorgio Odifreddi autore di "Il Matematico Impertinenente" per Tea, e vedere una torma di gente (più di 300 persone) che seduta per oltre un'ora e mezza ha seguito attentamente le nostre divagazioni dalla linguistica, alla biologia, alla politica e chi più ne ha più ne metta, è stata un'esperienza alla S. Bonaventura da Bagnoreggio ... più che mistica... assoluta... da itinerarium mentis in deum ... per buona pace di Piergiorgio Odifreddi.

Special Tank to Rosella Santoro.

at luglio 15, 2007 2 commenti:
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giovedì 12 luglio 2007

La Besa al Festival del Libro Possibile




Una ricca serie di appuntamenti coinvolge la casa editrice Besa al Festival del Libro Possibile 2007 a Polignano a mare. Si parte da venerdi 13 luglio 2007 con due appuntamenti: alle 20,00 a San Benedetto a Polignano Ferdinando Boero, autore del volume edito da Besa “Ecologia della Bellezza” (la scrittura vivace e irriverente di uno studioso del mare accompagna i lettori infrangendo luoghi comuni e regalandoci lo stupore della scoperta, perché la bellezza è dappertutto, anche se la sua rappresentazione (con l’arte) e la sua protezione (con i parchi) possono portarci a non vederla se non dove qualcuno ce la sta indicando), Piergiorgio Odifreddi autore di “Il Matematico Impertinente” per Longanesi (i saggi di questo volume, che toccano la politica, la religione, la letteratura, la filosofia, la matematica e la scienza, sono raccolti in sezioni che si aprono con interviste immaginarie a personaggi del passato - Hitler, Gesù, Dante, Aristotele, Archimede, Newton - e si chiudono con interviste reali a quelli del presente - Chomsky, il Dalai Lama, Saramago, Kripke, Nash e Watson -. Nel mezzo, il matematico impertinente dispiega l’arsenale della ragione per argomentare che non è affatto vero che non possiamo non dirci cristiani, o che siamo tutti americani, o che la cultura è solo quella mitologica e pseudo filosofica sulla quale vive l’informazione) e Stefano Donno si intratterranno con il pubblico affrontando il problema dei modi, del valore e dei tempi della divulgazione scientifica. Sempre venerdì 13 luglio alla balconata S. Stefano alle 20,00, Giulia D’Alesio autrice per Besa del romanzo “ L’anima sotto la pelle” (In un’epoca, il Medioevo, in cui le donne sono considerate poco più che carne del diavolo, inizia il cammino di Estelle e della madre Marie Claire attraverso le ostilità fatte norma da una società al maschile. Immerso in un Medioevo minimale, raccontato in un quotidiano che sfugge alle cronache dei manuali di storia. L’anima sotto la pelle racconta un viaggio di emancipazione che si fa metafora di un percorso comune a ogni donna e in ogni tempo) presentata da Lucia Schinzano, farà conoscere il suo lavoro al pubblico.
Il 14 luglio invece a San Benedetto sempre nel centro storico di Polignano alle 22,30 Eugenio Imbriani e Piero Fumarola curatori del volume “Danze di corteggiamento” (Nell’universo mobile e fluido della cultura si attuano processi di istituzionalizzazione e codificazione delle forme; ciò non avviene una volta per tutte, e non necessariamente in modo univoco. Il libro vuole indagare su queste dinamiche, riflettendo sui fenomeni della cultura popolare e, in particolare, sulla danza, e sui modi in cui agiscono le politiche nella determinazione dei percorsi e delle scelte destinati ad assumere rilevanza in una panorama che contempla varie possibilità.) con Rosella Santoro presenteranno il volume edito da Besa. Seguiranno le danze della Compagnia di Scherma Salentina
at luglio 12, 2007 Nessun commento:
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martedì 10 luglio 2007

Simone Giorgino e il suo Asilo di Mendicità


Rendez-vous

Ora vi rendo le postille i documenti

le poesie per matrimoni con le stelle cadenti

e tutte le poesie per cerimonie e per rosari.

E se elusero l’orecchio dei destinatari

è mia la colpa e il capo penitente

che reclino è zero, e meno che zero è il mittente.



Ora vi rendo il calamo e l’acquasantiera

le glosse sui quaderni e il moccolo della sera

a far luce allo scrittoio, alla goccia che rintrona

da un rubinetto malandato di Elicona

in calce al foglio. O da una penna attrice menzognera

di un sogno falso nella notte vera.

da Asilo di Mendicità, Besa editrice
at luglio 10, 2007 Nessun commento:
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lunedì 9 luglio 2007

Ancora una volta per non dimenticare... la precarietà


Non posso che ritenere un libro come questo, oggi più che mai, fondamentale, sia per le sue peculiarità strettamente contenutistiche, sia per lo scatto in avanti che fornisce a quanti si soffermano a riflettere in merito alle coordinate ermeneutiche date per comprendere la realtà del precariato. O forse sarebbe più opportuno dire dell’orizzonte della PRECARIETA’ in cui vengono ejectate le generazioni che lo subiscono. Al di là delle eventuali analisi semantiche del termine PRECARIETA’, emerge per tutto il volume un senso di non-compiuto, assolutamente da non riferirsi a delle mere valutazioni sullo stile della scrittura prodotta in questa sede, quanto ad una messa in scena a circuito chiuso di immagini, vicende di de-significazione totale, assoluta, selvaggia. Ci sarebbe insomma da spendere due parole in proposito… E’ talmente evidente che l’establishment glocale lavora indefessamente alla costruzione di una grammatica fenomenontologica dell’annichilazione del soggetto, della sua identità, dignità che si sprecherebbero riferimenti bibliografici, citazioni, aneddoti. E’ talmente evidente che le condizioni di esistenza abbiano raggiunto livelli quasi bestiali, che a qualcuno verrebbe in mente di rispolverare la categoria marxiana del lumpenproletariat (o sottoproletariato urbano) che in molti, in troppi forse, arriverebbero con forza a negare…La posta in gioco è veramente alta, e qualsiasi sforzo per far valere i propri diritti a 360°, per non essere un’immagine evanescente che fantasmaticamente si aggira per le vie della città, nei piccoli centri di periferia, sugli autobus, nei vagoni di un treno, giorno per giorno, può assumere la forza di una necessità impellente, inderogabile, categoricamente imperativa. Uno spettro si aggira per l’Europa (solo?). E’ lo spettro dell’uomo precario. “Tu quando scadi?” (Manni editore) passa in rassegna una serie di operazioni narrative piuttosto familiari a quanti hanno avuto o hanno tutt’ora una certa dimestichezza con CO.CO.CO. ( contratti di collaborazione coordinata e continuativa) ora contratti a progetto, contratti a tempo determinato, lavoro nero, sottopagato, voragine risucchia energia, buco nero del tempo e dello spazio dove scompare, inghiottita, ogni volontà del riappropriarsi di sé. Leggiamo ad esempio a pag. 24 : “ Contratto di collaborazione coordinata e continuativa, bella la dicitura, non c’è che dire, sostanziosa e pure un po’ rassicurante, letteralmente, quanto scarna contrattualmente. Tanto irrilevante che quando tentai un acquisto a rate di un impianto hi-fi e di un computer, il negoziante (per quanto amico) alla mia busta paga preferì la cedola della pensione minima di una vecchia zia novantenne”. Certamente come primo impatto questo libro potrebbe far sorgere l’impressione nel lettore, che si tratti di un pluriloquio di desaparecidos, dominati e stritolati dal sistema produttivo, frutto di una condensazione di sistemi, da quello fordista al post-fordista a quello ipercapitalistico della produzione-consumo-morte, in una ripetizione ossessiva di frames di origine controllata, provenienti dall’avant-pop mercato dello spettacolo. In verità “Tu quando scadi?” è un canto di lotta, ironico e autoironico, composto da vicende raccontate come se ogni singolo componente affidasse le sue esperienze, emozioni, aspettative (?), sensazioni ad un blog giornaliero, tanto da renderne gradevole la lettura. Un canto che possiede tutta la forza di un lavoro antroposemiotico dirompente, dove la lotta per la sopravvivenza è una questione da resistenza sovietica. E così vengono passate in rassegna le “voci di dentro” della precarietà dove si mescolano i tasselli di vite sospese e frammentate, dove vengono narrati i cortocircuiti crescenti tra presente e futuro, dove si sonda quell’ombra di inquietudine che ha modificato insieme al mercato del lavoro, l’antropologia delle giovani generazioni. Ed ecco le storie di precariato vissute da una cubista sulla riviera romagnola (“ 28 anni nel mio mestiere sono tanti. Per fortuna so ballare davvero. E poi faccio palestra. Sto attenta alla dieta. Non bevo più alcolici. Anche questo è lavoro. Come cercare lavoro. Come mantenere buoni contatti con le agenzie, i proprietari delle discoteche, i dj. Il cubo non l’ho lasciato. Ma ho imparato un altro mestiere. Così riempio il vuoto invernale e i buchi estivi”, pag. 41); di un portatore sano di pizza nel capoluogo emiliano (“ In genere mi piace osservare e prendere nota, godevo nell’intuire l’entità della mancia dallo stato dello stabile, dal numero e dal tipo dei cognomi sul campanello, e infine dall’arredamento delle case. Vivevo per le mance, che potevano valere fino alla metà del guadagno finale. Bestemmiavo quando vedevo sul foglietto il cognome di un cliente tradizionalmente tirchio, mentre godevo quando vedevo l’indirizzo di un filantropo manciofilo”, pag. 47); di uno steward dell’Alitalia alle prese con il cannibalico feed-back lavorativo (“ Qualche volta c’ho provato ad applicare l’Italian Difference: sorriso da spot, voce calda, sguardo premuroso. Ma dopo un po’ mi viene da ridere. Così faccio il mio lavoro tranquillamente, senza eccessi: come sempre. E come sempre il mio orario si aggira tra le 10 e le14 ore al giorno. Un arco di tempo che comprende le ore effettive di volo, i tempi di transito tra un volo e l’altro, ritardi per cattive condizioni meteorologiche o per problemi di natura tecnica. Dopo sette anni di questa solfa hai poco da essere empatico e coinvolgente. Ma bisogna ammettere che la compagnia qualcosa l’ha cambiata per davvero: la A iniziale del marchio Alitalia è stata inclinata”, pag. 68); sino alle lotte degli interinali Tim a Bologna, solo per citare alcuni esempi: L’impegno piuttosto gravoso che si assume questo libro sulle proprie spalle, sta nel voler indicare o meglio provare a tracciare una prima strada da percorrere, con la consapevolezza che si tratta di un libro: ripensare i paradigmi della produzione scritturale, poetica, letteraria aumentando l’impiego di risorse critiche. Quindi a partire proprio dall’aspetto culturale. Secondo elemento interessante è da valutare in termini più aderenti al lavoro politico, che lo stesso Nichi Vendola esprime nell’introduzione al volume, come si legge a pag. 7: “Ecco, la sinistra ha dieci anni di tempo per provare a usare la politica come la cosa più semplice a farsi: quella che cambia il destino, il percorso, il futuro di quel diciottenne e a un’intera generazione di precarizzati”. Certamente anziché lasciarsi impensierire da un lavoro come “Tu quando scadi?”si potrebbe dirigere l’attenzione su questioni, come dire più leggere, del tipo la sirena Partenope, il sangue di San Gennaro, la devozione, le anime del Purgatorio, il gioco del lotto, il munaciello, lo iettatore, Nicole Kidman nello spot della Chanel, le offerte Sky, il sudoku e chi più ne ha più ne metta. Ma compratelo, è una questione di coscienza, quella da avere, quella buona, quella civile.
Hanno aderito al volume:Dario Quarta, Mauro Scarpa, Valentina, Antonio Sansonetti, Massimo, Chiara Greco, Luca Monetti, Dario Goffredo, Laura, Patrizio Paolinelli.


(da www.musicaos.it)
at luglio 09, 2007 Nessun commento:
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martedì 3 luglio 2007

Mozart di Atlantide: il romanzo di fantascienza di Simone M. Navarra











Mozart di Atlantide è il titolo del thriller fantascientifico scritto da Simone Maria Navarra.

Attraverso il sito Lulu.com chiunque lo desideri può richiedere la stampa di una singola copia del libro che gli verrà poi recapitata direttamente a casa (da qui appunto il termine Print on demand, stampa su richiesta). Grazie a questo sistema gli autori emergenti (questo il caso di Simone Maria Navarra) e anche i piccoli editori possono ridurre al minimo i costi di stampa e distribuzione così da pubblicare un libro a fronte di un investimento economico ridotto. Un metodo nuovo, insomma, per promuovere e diffondere nuovi autori in un settore difficile come quello dell'editoria.

Il romanzo Mozart di Atlantide ci racconta di un futuro ipotetico in cui le persone vivono all'interno di enormi città costruite nello spazio. Grazie alle tecnologie più moderne, inoltre, gli esseri umani possono essere memorizzati e duplicati come se si trattasse di semplici documenti digitali, ed eventualmente anche risvegliati (questo il termine usato nel libro) nel caso perdessero disgraziatamente la vita (magari in seguito a un omicidio, come accade al protagonista della storia). Partendo da queste premesse già di per sé originali, Navarra ne approfitta per descrivere un un futuro plausibile e per riflettere allo stesso tempo sugli interrogativi che l'uomo moderno si trova ad affrontare di fronte alle nuove possibilità offerte dalla scienza e dalla tecnologia.

Come già altri ebook di Simone Maria Navarra, Mozart di Atlantide è rilasciato sotto una licenza Creative Commons, ed è reperibile oltre che sul sito dell'autore anche attraverso le reti Peer to Peer o di file sharing normalmente utilizzate per la condivisione di documenti attraverso Internet.

Simone Maria Navarra gestisce inoltre un blog dedicato agli autori emergenti e attraverso il quale racconta la sua attività di scrittore all'indirizzo http://simonenavarra.blogspot.com

at luglio 03, 2007 Nessun commento:
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sabato 30 giugno 2007

Gianni Golfera nello spazio


Gianni è stato selezionato tra i membri dell'equipaggio che il prossimo ottobre 2007 decollerà dalla pista Landing Facility presso il Kennedy Space Center della NASA a Cape Canaveral, Florida, a bordo di un Boenig 727 appositamente modificato per riprodurre in volo l'assenza completa di gravità (Gravità Zero o Zero-G).

In collaborazione con la Me.Re.As. (Memory Research Association), associazione senza fini di lucro sorta per fare luce sul funzionamento, mantenimento e sviluppo della memoria, Gianni Golfera sarà sottoposto per la prima volta in condizioni di gravità zero a test mnemonici per verificare l'efficacia delle tecniche mnemoniche in condizioni di particolare stress psico-fisico.

L'esperimento, che è stato denominato Zero-G Memory, ha l'intento di comprendere meglio se e quanto le tecniche di memoria, che da anni Golfera utilizza ed insegna, siano la soluzione anche per addestrare i piloti e gli astronauti ad affrontare situazioni di forte tensione, stress ed emergenze, che proprio secondo uno studio della NASA sono la principale causa degli incidenti aerei.
at giugno 30, 2007 Nessun commento:
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martedì 26 giugno 2007

Shooting Silvio


Due serate di cinema di qualità a Palazzo Lanza
Si inizia con Shooting Silvio, ovvero come uccidere Silvio Berlusconi.

Due chicche del cinema italiano, due lungometraggi notevoli e interessanti, due circuiti di distribuzione alternativi a quelli gestiti dalle grandi major, in sintesi, alcuni ottimi motivi per sostenere il cinema indipendente di qualità.

L'Associazione Architempo, in collaborazione con l'Associazione Macchina da Presa, ha infatti deciso di sostenere le coraggiose iniziative delle piccole produzioni cinematografiche del nostro Paese, che molto spesso propongono film degni d’attenzione. È questo il caso di “Shooting Silvio” di Berardo Carbone e de “L'estate di mio fratello” di Pietro Reggiani, il primo verrà proiettato a Capua, nel magnifico Palazzo Lanza, giovedì 28 giugno alle 21, e si tratta al momento dell’unica proiezione nella nostra provincia.
“Shooting Silvio”, che sta girando la penisola grazie al sistema dell’autodistribuzione, annovera nel cast attori come Federico Rosati, Melanie Gerren, Sofia Vigliar, Alessandro Haber, e racconta la storia di Kurtz, un giovane scrittore, orfano, molto ricco, eccentrico e senza centri di gravità che si ispira al personaggio di Marlon Brando in Apocalypse Now, che dopo lunghe meditazioni decide di radunare nella sua villa tutti gli amici per proporre loro la stesura di un libro collettivo. Cento capitoli, scritti da altrettanti voci, per escogitare un modo che annienti lo strapotere di Silvio Berlusconi, reo di aver portato in Italia la decadenza dei costumi, il consumismo volgare delle pubblicità, simbolo di un paese ormai alla deriva. Dopo aver rimediato solo pacche sulle spalle e risatine, decide di persistere solitario nel suo progetto. Fino a portarlo a una drastica decisione: uccidere Silvio Berlusconi.
Alla proiezione capuana saranno presenti il regista Berardo Carbone e l'attore protagonista Federico Rosati, che, coordinati da Francesco Massarelli, responsabile area cinema dell’ass. Architempo, risponderanno alle domande del pubblico.
Il prossimo appuntamento con l’Estate Cinema a Palazzo Lanza è per giovedì 5 luglio, sempre alle 21, con “L'estate di mio fratello” di Pietro Reggiani, film premiato in numerosi festival internazionali, è che sarà a Palazzo Lanza di Capua in anteprima regionale. Il film, con gli attori Davide Veronese, Tommaso Ferro, Maria Paiato, Pietro Bontempo e Beatrice Panizzolo, ruota intorno alle paure e alle colpe che un problematico e fantasioso ragazzino deve affrontare dopo l'annuncio dell'arrivo di un fratellino. Alla proiezione interverranno il regista Pietro Reggiani e il responsabile per la Campania di Self Cinema Antonio Napoletano.
Per informazioni e prenotazioni è possibile rivolgersi alla Libreria Guida Capua, in corso Gran Priorato di Malta 25, tel/fax 0823.622924; oppure contattare il responsabile dell'area cinema dell'Associazione Architempo all'indirizzo mail frmassarelli@libero.it .
(fonte iconografica da www.shootingsilvio.com)
at giugno 26, 2007 2 commenti:
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domenica 24 giugno 2007

Il (fanculopensiero) di Maksim Cristan


























Per diverse volte, ma invano, ho tentato di tracciare un percorso critico, per poter parlare di un libro a me particolarmente caro: (fanculopensiero) di Maksim Cristan uscito per Feltrinelli nella serie bianca. Una difficoltà non strettamente legata a qualche particolare complessità del testo, quanto da un difetto personale di prospettiva nei confronti dell’autore, che ho frequentato, imparato a conoscere, e ad apprezzare. Con Maksim, ci siamo ritrovati nel dicembre 2006 a dover lottare per un piccolo spazio indipendente, una “fanculopensiero T.A.Z.”, alla fiera della piccola e media editoria Più Libri Più Liberi (ringrazio a posteriori Agra editrice produttrice della splendida rivista Leggere:Tutti che ci ha sostenuto nella lotta), l’ho intervistato nell’ambito della trasmissione Radio Days condotta da Silvia Famularo sull’emittente televisiva salentina RTS, ci siamo abbracciati fraternamente alla Fiera Internazionale del Libro di Torino 2007, quando acquistai nello stand Feltrinelli il libro uscito solo da qualche giorno. Oggi nell’odierna letteratura contemporanea ci sono molte menzogne, parecchi dei suoi odierni protagonisti si riempiono la bocca di impegno e roba simile. “ … io sono impegnato e che cazzo!!!”. A questi signori, come a tutti gli amanti delle buone letture, consiglierei di leggerlo, perché è un vero e proprio manuale di sopravvivenza dalle paranoie e psicosi urbane e metropolitane, un vademecum indispensabile per riconoscere e amare gli altri (una spiritualità da proto-cristianesimo), una lente d’ingrandimento per cogliere tutto un mondo che ci sfugge, perché troppo vicino ai bordi del marciapiede. Già perché Cristan è uno che mollato tutto (un diversamente adattato) nel suo paese, la Croazia, dove era un facoltoso manager, scopre attraverso la strada, come liberarsi dai fardelli di un ego ormai in cancrena e ritrovare la vita e la poesia in ogni sua bellezza e difficoltà . Maksim Cristan è un U.F.O, un guru come Osho, forse è il più grande “paraculo”della storia della letteratura contemporanea, ma state certi che non vi racconterà mai delle bugie. Vi ritroverete in (fanculopensiero) OnThe Road di Kerouac, Charles Bukowski, e naturalmente Maksim Cristan.








at giugno 24, 2007 5 commenti:
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venerdì 22 giugno 2007

Il Legame di Fabio Omar El Ariny a Lecce


In occasione del FESTIVAL NEGROAMARO, "L’Oriente del Pensiero, il 28 giugno 2007 alle ore 19,00 presso San Francesco della Scarpa a Lecce verrà presentato il romanzo IL LEGAME di Fabio Omar El Ariny della Besa editrice. Incontrerà l’autore Luciano Pagano

Esiste un collegamento, nascosto, forse volutamente occultato, tra l’attentato alle Torri Gemelle a New York l’11 settembre 2001 e l’incidente avvenuto all’aereoporto di Milano Linate poche settimane dopo. Silenzi, complotti e inganni si intersecano in questo thriller mozzafiato, il cui ritmo incalzante non ha nulla da invidiare a maestri del genere, come Robert Harris e Ken Follett.
Il Legame è il romanzo d'esordio dello scrittore italo-egiziano Fabio Omar El Ariny e presenta una tesi a dir poco audace: l’esistenza di un legame tra l’attentato alle Torri Gemelle e l’incidente avvenuto appena tre settimane dopo all’aeroporto di Milano-Linate.
Il protagonista, Adel Kawdry, un imprenditore in carriera , accusato di essere un terrorista, viene perseguitato da una cellula deviata della Cia, ed è costretto a iniziare un folle viaggio con diverse tappe da Milano, Viterbo e Il Cairo, nel tentativo di salvare se stesso e la propria reputazione.
Consigliato a tutti gli amanti di thriller.


FABIO OMAR EL ARINY, trentadue anni. Nato a Milano e cresciuto in Egitto a cavallo tra due culture, ha sempre considerato la sua doppia «identità» come un valore da cui trarre ispirazione.

at giugno 22, 2007 4 commenti:
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giovedì 21 giugno 2007

I milioni di luoghi di Carla Saracino





Venerdì 22 giugno alle ore 20.00, presso il Fondo Verri di Lecce in via S. Maria del Paradiso, Michelangelo Zizzi presenta “I milioni di luoghi” (Lieto Colle) raccolta di poesie di Carla Saracino, i suoni della serata saranno a cura di Sara De Giorgi. C’è una finestra aperta su di un cielo azzurro, in copertina, un fregio di quelli che fittamente scrivono la nostra pietra lo contorna, denso ed essenziale come la scrittura che il libro contiene.
Sospesa nel tempo, lieve e in cerca di una vita che non assomiglia a questa nostra, della consuetudine, “incastro di un ritmo indisciplinato, sottile, lungo a capirsi”, “il cui punto di inizio e di fine è ordinato fuori”: questa è la poesia. Il dono dell’interrogazione che inventa suoni con le parole e apre, sfonda, il senso, ogni significazione, in un “oltre” generativo, sempre in-cinta.

Carla Saracino è nata a Mareggio nel 1980, questa con Lieto Colle è la sua opera prima. Sue poesie sono apparse su Lo Specchio de la Stampa e L’immaginazione (Manni). E’ presente con sue sillogi in Poeti Circuì (Poiesis), Tabula rasa (Besa), Da Napoli, verso… (Kairòs).
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mercoledì 20 giugno 2007

Mihai Mircea Butcovan a Treviso


Lo scrittore rumeno Mihai Mircea Butcovan sarà ospite al "Caffè delle Lanterne", Giàvera del Montello (TV) , lo spazio letterario dedicato alla letteratura migrante ed interculturale all'interno della 12^ edizione di "Ritmi e danze dal mondo", sabato 23 dalle ore 17 fino alle 21 e domenica 24 dalle 16 alle 20; presenterà e leggerà alcuni brani delle sue opere ("Allunaggio di un immigrato innamorato" della Besa editrice e "Borgo farfalla") e si intratterrà con il pubblico. All'interno del Caffè delle Lanterne sarà presente domenica dalle 16 alle 20 anche la scrittrice eritrea Ribka Sibhatu ("Canto-poesia dell'Eritrea") e altri mediatori culturali migranti che, assieme ad amici italiani, a melodie d'altrove e sorseggiando kafa (caffè etiope) intrecceranno scambi di letteratura e di vita con le persone che visiteranno il Caffè.
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lunedì 18 giugno 2007

Il demone nero di Isabella Santacroce


















Abbiamo cercato di tratteggiare nello scorso numero della nostra rivista una piccola approssimazione di percorso critico circa lo stile, il linguaggio, la simbologia di una delle più discusse e discutibili scrittrici contemporanee italiane: Isabella Santacroce. A dire il vero impresa non del tutto facile, sia perchè il trend scritturale preso in considerazione è ancora troppo esiguo sia perchè appare arduo poter dare dei punti saldi di analisi ai lettori assidui o meno di quest'autrice, al fine di comprenderne l'estetica. E allora tutta quella produzione che va da Fluo a Destroye a Luminal, sino a Revolver e Dark Demonia, sarebbe oggetto o di critica superficiale o tutt'al più di effusioni psico-empatiche il cui contenuto non andrebbe oltre i giudizi di valore soggettivo. Sul numero 22 dell'agosto 2005 della celebre rivista Rolling Stones nella rubrica Review/ Cultura, leggiamo una simpatica dedica a Isabella Santacroce, a firma Kiara Zocchi: “ ( ...) Ma Isabella Santacroce, che ha un bellissimo nome, un bellissimo rossetto, una bellissima veletta, non ha ancora messo in atto - secondo il mio modestissimo ma estenuatissimo parere – la speranza che mi aveva innescato sin dalla sua prima editaparola. Manca d'ironia. Come si fa a essere così convinti? A parte ciò, le mando un grande bacio, prima che venga a calpestarmi, con takki a spillo Pulp.” Sarebbe stato più opportuno un riferimento colto alle Underscore Sister di 2005 D. C. della premiata ditta Babette Factory? Quando facciamo critica, o tentiamo di farla, proviamo innanzitutto a tener bene a mente che l'eccessiva sinteticità o di contro, la dirompente energia promanante da un acume critico, potrebbero risultare con un'equa distribuzione di pro e di contro, infastidente su qualsiasi testata che si occupi di letteratura e poesia. Ma ... esiste un Ma! Ora potrebbe anche darsi che Isabella Santacroce rientri nel genere lettarario del Pulp, o che sia perfettamente percepita come una cannibale, o addirittura una creatura nata dall'universo del Trash, che possa essere Pop, Avant-Pop, o Meta-Pop, ma di certo occorre avere tanta pazienza da dedicare alla lettura, non solo dei suoi libri, alla metabolizzazione testuale ed eventualmente grafica, al contesto dell'edizione insomma, alla redazione di una recensione, per chi vuole fare questo mestiere, soprattutto come rispetto verso i lettori. Come mai quindi tanta parsimonia quando si parla di libri? Alcune risposte potrebbero arrivare da taluni studi sulla percezione e acquisizione dei linguaggi e delle nuove grammatiche di qualche anno fa, alcuni nati all'interno delle cattedre di linguistica del M.I.T e in Italia (più recentemente) notevoli spunti di riflessione ci vengono da Stefano Cristante e Giuseppe Granieri, dove si sosteneva che l'eccessiva sovra-produzione di immagini nate dai mezzi di comunicazione di massa, produce una sorta di analfabetizzazione di ritorno tra i fruitori delle stesse. Per farla breve non riusciamo a concentrarci su più di tre quattro pagine di fila di un libro. Cosa resterebbe da fare al critico se non ridurre all'osso, un suo intervento a proposito di questo o quell'altro autore? Lo spettro dell'essere brevi, concisi e d'effetto si trasforma in una sorta di imperativo categorico. Andiamo oltre ... Dark Demonia, si presenta innanzitutto come un catalogo d'arte: il volume sprovvisto della consueta numerazione a piè di pagina, si costituisce di impianto testuale e iconografico, quest'ultimo a cura di Talexi. Prima novità: Isabella Santacroce abbandona qualsiasi legame scritturale che la colleghi in qualche modo alla realtà (metropolitana, paranoica) e sfocia nel gotico perlomeno sul piano della resa simbolica delle sfumature e atmosfere. Seconda novità: una singolare capacità di costruzione sintagmatica che la porta a sperimentare le forme di una prosa poetica. “Quest'ala d'uccello sul fianco all'altezza dell'altra diversa e più umana m'affligge da sempre. Un arto sinistro consueto a partir dalla spalla la mano conclude. All'opposto mancante di tutto s'installa il piumaggio dell'ala maestosa il cui peso mi piega. Dimoro in un luogo in cui m'hanno rinchiusa nel giorno del parto. In un cubo serrato posto al centro dell'ottogonale castello dei mostri. Mi ha portato qui dentro nascosta in un cesto la levatrice dalle dita di metallo. E' stata lei a condurmi nel bosco. E' stata lei ad estrarmi dal ventre”. Quest'ultima opera della Santacroce è un canto, proprio come i canti della Divina Commedia di Dante, quello di un angelo partorito nell'ombra e condannato a vivere negli oscuri gironi di un inferno, tra le anime di maledetti da Dio e dall' uomo, per l'eternità costretti a osservare atrocità, le cui sofferenze nemmeno potrebbero immaginarsi. “Nella terza stanza il custode s'inclina sul cazzo del signore in stoffa. Glielo prende in bocca e succhia. Recide il membro ingordo e sbocca. Trionfalmente aperto da tiranti in gomma l'uomo dal cotone in faccia sborra. M'appendo ai ganci infilando. Vagina stuprata da un braccio. E' stato il custode a donarla a me stessa. L'ha staccata dal busto di quel povero matto. L'ha gettata qui dentro. L'ha strappata gridando. E' un membro reciso di pezza rigata e mi fotte. E mi fotto. E mi fotto. Mi manco rimani. Alla coppia incestuosa ha decapitato la testa. E' arrivato con una lama lucente colpendo più volte quei crani piccini gridando. Sono a terra abbracciati nel sangue come due amanti sorpresi. Li amo”. Un canto di disperazione dove il lutto non conosce fondo e la separazione non troverà giammai una rimarginazione. Ma l'orrore comincia quando l'occhio si ferma sulle immagini del volume. L'autore è Alessandro “Talexi” Taini, nato a Genova nel 1973, illustratore, grafico e appassionato di cinema. Non so sinceramente da che parte cominiciare. Da riferimenti letterari? Se dovessimo dare dei rimandi a degli autori che hanno scandagliato le dimensioni dell'orrore, dovremmo escludere H. P. Lovecraft, Edgar Allan Poe e includere Stephen King e Clive Burker. Se dovessimo paragonare l'opera di Talexi alla produzione di qualche regista contemporaneo del genere, sicuramente non sbaglieremmo nel citare George Romero e Peter Jackson. Naturalmente per facilitare le cose. Se siete però deboli di cuore, allora allontanate l'idea di acquistare questo volume. La strabiliante abilità di Talexi, nel dare vita a mutilazioni, decapitazioni, aberrazioni di ogni tipo, dal necro-erotismo alla devastazione masochistica della carne, rende talvolta il tutto insopportabile. Tanta dedizione alla carne da macello, non l'avevo mai vista. Non è questione di morale o di cattivo gusto, ma senza dubbio ci troviamo di fronte ad un salto di paradigma nella percezione del limite narrativo dell'orrore, quello ancestrale, che proviene da altre dimensioni. In tutto il libro è uno scorrere senza mezzi termini di abominii, creature a cui è negata la luce, non solo perchè osceni nel corpo, ma perchè non più in grado di portarsi sula strada della redenzione, perchè non la vogliono, perchè non l'hanno mai conosciuta. Creature che hanno vissuto osservando in catene solo l'ombra della realtà, forse una sorta di condanna alla follia, alla demenza che Altri hanno deciso per loro. Ed ecco in rassegna la Levatrice, il Custode, la signora Corrosa, i Bambini Immortali, l'Uomo di Stoffa, la Coppia Incestuosa. “Stanca di un buio accecante immagina adesso che fuori che fuori c'è il mare. T'alzi svestita per bene e camminando ti immergi. Adesso mi taglio la gola e l'ascolto. Adesso mi taglio la lingua e la sputo. Se solo arrivassi mi girerei un momento e di scatto. Se solo arrivassi ti colpirei all'improvviso sul cuore. Stronzo merdoso del cazzo nessuno lo sa ma io ti ho sognato. Strappavi quest'ala coi denti e mi liberavi. Fanculo la quiete”. Non è un caso forse che questi due artisti si siano trovati bene nel collaborare a questo progetto. Da parte mia, ormai l'ho preso quasi come un obbligo morale, continuerò a esortare gli assidui frequentatori di librerie ad acquistare le opere di Isabella Santacroce, perchè nel bene e nel male vale la pena di tenerle in biblioteca. Forse però in questa specifica occasione dovrò essere ancora più fermo nel consigliarvi Dark Demonia. Non oso dire se ne vale o non ne vale la pena. Posso solo dire, e non era un film splatter, che dopo averlo letto e osservato con attenzione , alcuni conati di vomito non sono riuscito a trattenerli. Compratelo. Magari a qualcuno verrà spontaneo cercare il vero senso della vita. (da www.musicaos.it)
at giugno 18, 2007 1 commento:
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venerdì 15 giugno 2007

Lovers















Qualche mese fa, gli assidui frequentatori del mensile patinato e macho-pop Max , hanno potuto fare la conoscenza semi-biblica della scrittrice Isabella Santacroce, apprezzandone di sicuro non solo la bellezza, ma l'eleganza e la decadenza di un portamento (chissà perchè viene spontaneo pensare a Patrizia Valduga) senza veli, da far accapponare la pelle. Ma l'interesse verso questa autrice sembra non estinguere mai il suo fuoco, tanto che sul numero dell'11 -24 ottobre 2005 del quindicinale Stilos, Gianni Bonina traccia con segno marcato in una splendida intervista, una mappa della produzione scritturale, dello stile, dei tratti distintivi della più discussa, ambigua, dolcissima, infernale, protagonista femminile nel variegato universo della letteratura contemporanea italiana. Prima cannibale, poi pulp, poi - a detta dello stesso Bonina - capostipite del genere nevroromanticismo, la Santacroce, nel maggio 2001, pubblica prima nella collana Strade Blu, poi nel maggio 2002 nella P.B. Mondadori, Lovers, (amanti). Affermare che si tratti di una scansione narrativa per paragrafi, sarebbe non esatto, dal momento che vuoi per l'imprinting formalmente vicino alla poesia, vuoi per un peculiare ritmo vicino alla prosa poetica ( una scelta che la Santacroce adotterà per il suo ultimo lavoro "Dark Demonia") riteniamo che l'esatta definizione dei 94 momenti in cui è divisa l'opera, sia di stanze. Vorremmo utilizzare, ci sembra più appropriato, il termine stanze non nell'accezione comune utilizzata nella metrica italiana di strofa come parte della canzone, ma come componimento autonomo. Non perchè esista in Lovers una schizofrenia congenita nello sviluppare l'intreccio, non perchè si tratti di singoli episodi autoconclusivi, ma perchè l'autonomia di ogni singola parte di quest'opera viene a trovarsi nelle condizioni di esprimere un dolore intenso, rinnovato e rinnovabile per ogni singolo momento, tanto da amplificarne la potenza simbolica pagina dopo pagina, episodio dopo episodio. Per fare un esempio: "Diventarono indivisibili vite. Dal niente al tutto con un battito d'ali. Nemmeno un istante da respirare lontane. Sincronizzando il pulsare del cuore "(pag.15). E troviamo senza dubbio, alquanto singolare, che dopo due scelte formali di questo tipo (sia per Lovers che per Dark Demonia), la Santacroce non abbia tentato di raccontarsi in poesia. Ovviamente che la poesia non entri nei modi espressivi della Santacroce, potrebbe risultare questione scontata, anche per sua stessa ammissione. Ma di certo se un giorno dovesse uscire una sua raccolta di versi, siamo certi che il risultato sarebbe più che positivo. In Lovers lo spazio della narrazione si divide tra Roma e Positano, in un arco di tempo di una sola stagione. Elena e Virginia, le protagoniste, amiche per la pelle, saranno vittime inconsapevoli di quello strano e caotico gioco che si chiama Amore, gioco in cui il ruolo delle parti, la categoria del Ruolo stesso che ciascuno di noi può inconsapevolmente trovarsi ad interpretare, gioco crudele, gioco delle lacrime il più delle volte, diviene un'incredibile partita a scacchi da Settimo Sigillo. Virginia si innamora del padre di Elena, la quale, tenuto a gran fatica il segreto, è a sua volta innamorata di Virginia. La storia, una delle tante da raccontare, magari come quelle che possono nascere nella più desolante provincia italiana, come in una qualsiasi capitale del mondo, si trova a essere costruita dalla Santacroce, al di là della scelta lessicale, del suo stile oramai inconfodibile, con un unico filo conduttore, il dolore, il dolore lancinante della scelta, del non sapere a chi affidare le proprie attenzioni, l'indecisione cronica nata dal turbinio adirezionale generato dai diversi detentori e gestori di potere relazionale (il padre di Elena ed Elena stessa), l'amarezza di sentirsi imbozzolata in storie di ordinaria follia quotidiana, asfittica nel 99% dei casi, dove anche un raggio di sole può tagliare come lama di un coltello, percependo sempre come appetito infinito la voglia di sentirsi amati, ed amare, e poi di nuovo voler fuggire via, da se stessi, da tutto, voler essere uomo e donna, o un ibrido, cambiare pelle come i serpenti sperando in un catartico perdono dei peccati: " Quando una nuova alba affilata le graffiò il viso si ricordò che il giorno prima aveva avuto voglia di morire. Era durato un istante. Palpebre che si abbassano per ritornare alla luce. Frazioni di secondo più profonde di un taglio. Elena le aveva raccontato di un furioso litigio. Genitori arrivati alle mani. eppure Virginia della madre conosceva solo il sorriso. Credeva non sapesse far altro quella donna all'apparenza serena. Credeva realmente che il padre di cui parlava non fosse più suo. Lei ne piangeva. Diceva ci sarà un'altra vita. Diceva tu ci sarai. Devi rimanere. Magari vivremo insieme. Nella stessa casa. Elena troppo sincera. Insopportabile. Durò un istante. Una porta che sbatte e non si riapre. Stesso rumore. Desiderò morire" (pag. 50). Che la Santacroce abbia diversi lati oscuri, o meglio che viva nell'ombra come creatura blasfema e demoniaca (è questo che fa più cool una scrittrice del suo calibro?), sembra in qualche modo aver indotto a travisare l'intero meccanismo della sua produzione. Al di là delle definizioni, o del voler ad ogni costo controllare in maniera ospedalizzante anche le diverse modalità della narrativa o della poesia, basterebbe non lasciarsi ingannare dall'alone pop che ruota intorno a Lei. E se poi si scoprisse che anche lei soggiace al ruolo ambiguo dell'opera d'arte nell'era della riproducibilità tecnica? Potrebbe essere assolutamente inattendibile chi definisce questa autrice come una nichilista passiva che distrugge per distruggere, o che vuole rimanere negli annali dei profeti letterari dello shock per lo shock? E se il suo fosse un eterno sì alla vita? Leggete Lovers, e ne riparleremo!

da www.musicaos.it


at giugno 15, 2007 Nessun commento:
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domenica 10 giugno 2007

Carte Segrete




















Tracciati di pelle e gola, e sudore, riempiono le pagine di quest’avventura editoriale perennemente in bilico tra il senso dell’oblio e la ricerca di un’identità corporea, sciolta e ricomposta incessantemente dalla parola, quasi in un’estasi orgasmica che brucia i ricordi, gli attimi, i non-detti, che solo il gesto orgasmico, per l’appunto, è in grado di realizzare, architettare. Carte Segrete, edito da Besa nella collana Lune Nuove, a cura di Alessandra Bianco, costruisce “more geometrico” un dialogo multi-sessuale che scavalca la dimensione del ruolo amplessico, nel senso prototipico dell’uomo penetrativo e della donna accuditrice/acclusiva, ma trans-avvalora un ulteriore spettro di interazione sessuale esponente una campionatura di binomie e polinomie dell’atto dermico-unitivo donna-donna, uomo-donna, alle quali si aggiungono sguardi e corpi Terzi, post-identificativi. L’Erotismo e la pornografia talvolta anche nel gesto meccanico- naturalmente non nel caso specifico di Carte Segrete - , narrativamente parlando, bilanciano la melancolia auto-distruttiva geneticamente insita nello struggersi ticchettante del m’ama non m’ama!!! Un’antologia quella creata e voluta dalla Bianco, che fa venire voglia di affermare perentoriamente la necessità di approfondire quelle che sono le nuove spinte della letteratura erotica contemporanea italiana. Acquistate questo libro, godetevelo e godete di tutta l’umoralità che trasuda da ogni rigo di quest’opera corale. Non troverete nulla che ha a che fare con quello che sino ad ora pensavate fosse letteratura erotica. E’ molto meglio e molto di più! Carte Segrete vi offre una seconda chance definitiva e assoluta: trasgredire o soccombere!

Le autrici: Agata; Ersilia Cacace ; Maddalena Capalbi ; Cavalla golosa ; Cristina Contilli ; Demily ; Marianna De Lellis ; Anais De Nerey; Eliselle; Euridice; FFLuna ; Gabidolores; M. Maddalena Iovene; Antonella Lattanzi ; Cristina Leti; Marina Pasqualini; Marina Priorini ; Rosewood; Tinta .


fonte iconografica da www.clisse.splinder.com
at giugno 10, 2007 7 commenti:
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sabato 9 giugno 2007

Per una telepatia della comunicazione
















Io e Giuseppe Goffredo comunicavamo telepaticamente sullo stato della letteratura italiana in occasione della dichiarazione del vincitore della Biennale dei Giovani Artisti del Mediterraneo ad Alberobello il 7 giugno 2007 presso MiseriaeNobiltà. The winner is ... Agata Spinelli!
at giugno 09, 2007 Nessun commento:
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E se ...

E se...

Così doveva essere
quando silenzio era
quando luce era
senza suoni
e il volvere d’asfalto
scricchiava

allora

la ruota e il passo
stompavano pietrisco.

Luce d’umido brilla, schiara
viene incontro col farsi del giorno
odori e piccoli fumi
fanno l’ulivo al cogliere
e secca la vite.

Domani sarà festa.
Respira largo!
Domani avremo mani libere
già a gustare in un sorso
quel che della vita serve

solo quello
solo quello

ci sono parole
fresche… sai?

Soltanto! Il fresco di parole.
Rimani
provo il racconto, la tessitura di me,

e quel clima intorno che se sfuochi strugge
perde il tempo, il carico.
Luce soltanto…
Soltanto di luce, quella magnifica, di qui
col suo mutare…
...
Se
mi viene
voglio farlo lento questo gioco
un po’ per celebrare.
Un po’ per far doni allo sguardo
al mio e di chi viene

E se
è l’enigma, il non so
il disatteso.

E se
mi domando.
Continuamente interrogo il non so
il desiderio
la conferma delle mani
lo sguardo perso e la ferita
…

Mi sembra sempre
d’avere intorno
la vanità
che non coltiva
e disperde
senza economia
ogni fare
-
Sciatta è la scelta
provvisoria
sempre
nel bilico del nulla.
Non la regalità della leggerezza
che accoglie al dare.
Ma, “il tanto per”d’un fare
senza progetto
senza obiettivo
senza il calibro della bellezza.
Senza attenzione!
-
L’arte non è l’uno
il chi fa!
E’ il suo annullamento,
il suo non esserci,
il suo accompagnare ogni atto.
-
E se invece…
tutto si filtrasse in umiltà,
in gioco di scambio
in ardito osare
senza tema d’apparire e se…
rifuggissimo dalla banalità, dall’ammiccamento,
dal “guardate qui…”
…

Io guardo i millimetri del mondo!


…


Guardo la città
colgo immagini con lo sguardo
e i suoi riverberi di senso
le nostalgie mischiate alla consuetudine
ai ‘soliti’ ritmi.
E le stravaganze, i silenzi lunghi, dedicati ai morti
e quelli maturi che custodiscono le parole.
E, l’amore, poi
entra ed esce dai versi
nascosto, inquieto lo stupore per la bellezza
con gli incanti del sapersi vivi.

versi di Mauro Marino

at giugno 09, 2007 Nessun commento:
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