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venerdì 20 maggio 2011

Pierre Fayard, Vincere senza combattere (Ponte alle Grazie)












Ormai i riferimenti a Sun Tzu, e nello specifico a L’arte della guerra, non si contano piu`, nonostante si tratti di un’opera scritta qualche secolo prima della nascita di Cristo. Come se non bastasse diversi esponenti del mondo politico, culturale, militare, economico, dichiarano di vaer scelto Sun Tzu come “personal trainer” di sopravvivenza. Naturalmente è da tenere in conto l’enorme forza seduttiva del testo oltre tutte le sue peculiarità “mistico/cavalleresche” che trasudano da ogni pagina. Basterebbe citare: «L’acqua che evita le alture e riempie le cavita` …». Noi occidentali dobbiamo semplicemente prendere consapevolezza che per far proprio il modo in cui opera il pensiero strategico cinese necessitiamo di un salto ermeneutico non indifferente.
“Come ben simboleggia il gioco di origine cinese wei chi, piu` noto con il nome giapponese di gioco del go, in Cina il controllo del territorio e` sinonimo di vita. La sicurezza della creazione, del mantenimento o dell’espansione dei territori dipende innanzitutto dalla solidita` e dall’affidabilita` delle comunicazioni interne tra i loro elementi costitutivi. In questo caso, le relazioni sono piu` importanti delle componenti stesse. Per Sun Tzu, contemporaneo del greco Tucidide, la qualita` dei legami tra il generale e le sue truppe o tra il principe e i suoi sudditi e` la migliore garanzia di invincibilita` . Gli intermediari svolgono un ruolo preponderante nella cultura strategica cinese poiche´ rappresentano delle articolazioni fondamentali, elementi cardine della stabilita` o del suo opposto, il disequilibrio. Per garantirsi l’invincibilita` , che per Sun Tzu e` l’obiettivo primario, lo stratega deve fare in modo di istituire un tessuto di relazioni eque e ritualizzate, in grado di articolare in un insieme coerente e reattivo un esercito, un’impresa o un paese. Per Sun Tzu, l’invincibilita` non deriva necessariamente dall’accumulo di strumenti di offesa e di difesa, bensı` dalla fiducia che lega un potere riconosciuto come giusto e legittimo a chi e` da esso comandato o governato.”

mercoledì 1 luglio 2009

Il segreto di piazza Fontana, Paolo Cucchiarelli (Ponte alle Grazie, 2009). Rec. di Manlio Castronuovo*

Il 12 dicembre 1969 alle 16.37, nel salone della Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano, una devastante esplosione causò la morte di 16 persone, per lo più agricoltori e commercianti che come ogni venerdì erano in banca per comprare e vendere i propri prodotti.
Quell’esplosione non fu la sola. Altri 3 ordigni deflagrarono contemporaneamente a Roma (due all’Altare della Patria ed uno alla Banca Commerciale provocando solo alcuni feriti) ed una bomba fu trovata inesplosa alla Banca Commerciale di piazza della Scala a Milano, e poi fatta brillare dagli artificieri nel cortile interno della banca prima che potesse fornire indicazioni utili sulla matrice degli attentati. Sono passati 40 anni e 11 gradi di giudizio non sono riusciti a stabilire né i colpevoli materiali né i mandanti degli attentati di quel giorno. Ci è riuscito Paolo Cucchiarelli, giornalista dell’agenzia ANSA, che ha realizzato un’inchiesta durata oltre 10 anni e che è stata pubblicata da “Ponte alle Grazie” nonostante altri editori, nel recente passato, si fossero tirati indietro dopo averne già annunciato l’uscita.
Il lavoro svolto da Cucchiarelli è molto complesso e rappresenta un passo in avanti molto consistente rispetto alla verità giudiziaria che, come sottolinea l’autore, è solo una parte della verità.
Il lavoro è diviso in quattro parti, molto corpose e documentate, nelle quali i dettagli portati a supporto delle ipotesi sono talmente tanti da lasciar trasparire tutta la serietà e l’importanza del lavoro. Nella prima parte Cucchiarelli parla degli oggetti mancanti, che sono stati dimenticati, dispersi o occultati e che hanno reso impossibile giungere alla verità giudiziaria e condannare i veri responsabili della strage. Ecco dunque riemergere altre due bombe inesplose, dei finti manifesti anarchici, delle borse diverse dalla “Mosbach & Gruber” che ufficialmente conteneva l’ordigno esploso nella BNA. Nella seconda parte vengono analizzate alcune “doppiezze” che sono state la chiave di volta per attuare la strategia che voleva far ricadere la colpa di tutto esclusivamente sugli anarchici. Così spuntano due taxi che avrebbero accompagnato due persone molto simili davanti all’entrata della banca pochi minuti prima dell’esplosione, alcuni sosia dell’anarchico Pietro Valpreda (il primo ad essere indiziato di aver messo la bomba), un secondo ferroviere anarchico che avrebbe dovuto “raddoppiare” il ruolo di Pino Pinelli. In questa parte Cucchiarelli riesamina tutta la vicenda di Pinelli e del suo tragico “volo” dalla finestra della Questura di Milano che lo stroncò la sera del 14 dicembre quando da oltre 48 ore era sotto interrogatorio da parte degli uomini della DIGOS che facevano capo al commissario Calabresi ed al dirigente Allegra. Cucchiarelli giunge ad un’ipotesi molto interessante e nuova sulla dinamica della caduta e, soprattutto, sulla sua causa.
Nella terza parte viene analizzata la strategia dell’infiltrazione e della provocazione che i gruppi dell’estrema destra facenti capo ad Ordine Nuovo effettuarono nei confronti degli anarchici e della sinistra marxista-leninista in generale. Questa tattica era iniziata già dal 1968 e si concretizzò in una serie di alleanze e commistioni che resero possibile attuare la logica della “seconda linea” che non vedeva più i fascisti come responsabili diretti degli attentati, ma come registi occulti (inconsapevoli per colui che ne veniva utilizzato) e braccio operativo determinante per realizzarli facendone ricadere le responsabilità su altri. Di questa logica di infiltrazione Cucchiarelli individua coloro che la supportarono e coloro che la coprirono. Nella quarta ed ultima parte l’autore esamina le responsabilità politiche ed internazionali, tutto ciò di cui ancora oggi nessuno vuol parlare, ricollocando le morti di Feltrinelli e Calabresi in un perverso intreccio di armi ed esplosivi.
“Il segreto di piazza Fontana” è un libro che non può mancare nella biblioteca di chiunque voglia conoscere quegli anni e di chi vuole sapere chi ebbe la responsabilità di sporcare di sangue quel pomeriggio prenatalizio nella speranza di scatenare una risposta autoritaria da parte dello Stato sul modello dei Colonnelli greci. Obiettivo, questo, che grazie al cielo fallì miseramente.

*Studioso degli anni ’70
www.vuotoperdere.org

giovedì 25 giugno 2009

Il libro del giorno: Una testa selvatica di Marie-Sabine Roger (Ponte alle Grazie)

Qui si racconta la storia di Germain, lo "scemo del villaggio". Centodieci chili di muscoli per sorreggere una testa selvatica, un passato di mancata educazione sentimentale e un presente di conta dei piccioni e pomeriggi spesi al bar. Qui si racconta di un incontro straordinario nel più ordinano dei luoghi, un parco pubblico. Si traccia il delicato resoconto della più improbabile delle complicità, quella tra un gigante semi analfabeta e una vecchina con i capelli viola e la passione per i libri. Si dimostra che l'intelligenza è altra cosa dalla cultura. Quando le vite di Germain e Margueritte si accomodano sulla medesima panchina, ogni cosa, dentro e fuori, comincia a cambiare. E così questa può anche essere una storia che parla di avventure o di amore... o di indiani. Perché no? I sentimenti, come le parole, non sono innati. Bisogna acquisirli, piano piano. E quando sbocciano non conta più il vuoto che c'è ancora da riempire, ma tutto il pieno che invade il cuore e la testa come gramigna che non si può più estirpare. Il mondo in cui pianta le sue radici un'altra selvatichezza, fatta di affetti, fatta di parole. Come quella di Germain e Margueritte, e del vocabolario che ne riscrive i destini.

"Il protagonista preferisce leggere Sepùlveda, Il vecchio che leggeva romanzi d'amore, che guardare una fighetta che passava facendo ballonzolare le tette. Meglio guardare la fighetta"

di Antonio D'Orrico tratto da In venticinque parole del Corriere della Sera Magazine n. 25, p. 106

Una testa selvatica di Marie-Sabine Roger
2009, Ponte alle Grazie (collana Romanzi)


casa editrice Ponte alle Grazie: http://www.ponteallegrazie.it/

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