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venerdì 26 giugno 2009

Ben Harper. Arriverà una luce a cura di E. Labianca e P. De Rossi (Stampa Alternativa/ Nuovi Equilibri). Rec. di Vito Antonio Conte

Intorno alla fine del mese scorso, nel mentre ero in quel di Napoli, ricevevo la telefonata del rivenditore di materiale musicale dal quale, ogni tanto, acquisto... musica (sentendomi un po' “fuori moda” dal momento che -ormai- la musica si... scarica..., ma -da sempre- preferisco le cose originali!). Qualche settimana prima avevo ordinato l'ultimo lavoro di Ben Harper. La telefonata, che seguiva un sms, mi informava che il CD richiesto era arrivato! Io, invece, ero partito: per Napoli, appunto. Adesso ascolto quelle note, dopo aver concluso lì un'annosa vicenda legale legata a un mio vissuto che mi ha profondamente segnato, un incontro ravvicinato dell'ultimo tipo (con la signora di niente vestita), disvelandomi una vita nuova, epilogando una fase esistenziale già iniziata molto tempo prima, con archiviazione di un'altra vita. Sempre mia. Rientrato a Lecce, col ricordo di Napoli stretto tra le dita (come di pagina -di un libro in divenire- segnata con parole impresse indelebilmente a dire dell'amore che non si può dire...), trovo Ben Harper che m'aspetta. Adesso ascolto quelle note. Ma meglio procedere con ordine: prima del senso dell'udito c'è quello della vista: è un gran bel vedere la copertina del nuovo CD dell'artista di Claremont. Potrei scrivere un pezzo intero soltanto per dirvi della bellezza della copertina. Ma non lo farò ché, se vi verrà curiosità, potrete acquistare il CD originale e così saggiarne la consistenza con tutti i sensi, tatto compreso, ché si tratta di una vera opera d'arte, “giocata” sul paradosso evocato dal titolo del CD (White Lies For Dark Times), dove la parola White contiene (graficamente, in proiezione d'ombra) la parola Lies e insieme significano bianche bugie, bugie innocenti, come non ne esistono nella realtà! L'autore dell'artwork di White Lies For Dark Times è quel grande artista underground che risponde al nome di Winston Smith, eclettico collage-artist, grande amico di Ben, che, sin dagli anni settanta, ha -tra l'altro- creato le copertine di dischi di diversi gruppi musicali, contribuendo a renderli noti (ricordo i Dead Kennedys e i Green Day). E l'incontro tra grandi (quasi sempre) genera grandi cose. Adesso ascolto quelle note. Ben Harper, in questo ultimo lavoro, ha cambiato gruppo: la nuova band è quella dei Relentless7 (Jason Mozersky -chitarra-, Jesse Ingalls -tastiere e basso-, Jordan Richardson -batteria-). Ho letto su qualche rivista specializzata e sentito per radio che le canzoni di questo nuovo CD sarebbero più dure, più vorticose, dal ritmo più veloce, più rock (in una parola) rispetto ai precedenti lavori di Ben Harper. Qualcuno ha attribuito ciò alla vocazione musicale del nuovo gruppo. È vero, ma non del tutto. Per due ragioni essenzialmente: Ben Harper, anche in passato, ha dato pezzi di travolgente rock (hard, addirittura); sempre, Ben Harper, ha commistionato melodie stili e ritmi diversi, mai disdegnando di inserire oasi di pace-ascesi-incazzatura-leggerezza poetico-musicale nei brani e ciò pur avvalendosi della collaborazione di gruppi tra loro eterogenei (penso, tanto per fare qualche esempio, a Live From Mars, doppio CD in cui a accompagnarlo erano i The Innocent Criminals, e a There Will Be A Light, dove la band che suonava con lui era quella dei Blind Boys Of Alabama). Voglio dire che anche in questo CD, nonostante le note serrate e esplosive di gran parte dei pezzi, ci sono momenti di assoluta liricità, voli mistici e estasi di laica preghiera. Il tutto in una simbiosi di suono e pensiero (cui mai rinuncia Ben Harper). Forse, è vero che i pezzi di White Lies For Dark Times sono più graffianti, ma in tutti è riconoscibilissima la cifra musicale di Ben Harper e non ve n'è neppure uno in cui non vi siano tracce delle esperienze-conoscenze (non soltanto musicali: notevolissime, queste!) pregresse di Ben Harper: rock, certo, ma anche folk, soul, blues, reggae, funky e gospel. Stili che Ben Harper ha appreso da assoluto autodidatta, studiando col massimo rispetto la musica tradizionale e i grandi dei diversi generi, ascoltando gli originali e ricercando -poi- la fonte che aveva ispirato quei grandi e la loro tecnica, possedendo un talento straordinario che ha fatto dire al suo mentore, David Lindley, “Mi ha sempre sorpreso la facilità con cui Ben imparava, semplicemente guardando e ascoltando gli altri”. C'è, anche in quest'ultimo lavoro, la eco di quel suo originalissimo modo di creare il nuovo e ch'è frutto della sua capacità di contaminare il bleuegrass, il blues e il folk della tradizione musicale della sua Terra con le sonorità di altre aree del mondo (Africa, Mediorente, India). Poco prima dell'attuale primavera, mi portavo in macchina un CD e ogni Kilometro era scandito dalla chitarra del suo autore: il CD è Blues Is The Colour, l'autore John Lee Hooker: la citazione non è casuale: Ben Harper considera Hooker il “Budda del Blues”, la sua guida spirituale, il modello professionale per eccellenza e l'insegnante insostituibile. Di lui Ben Harper ha (tra l'altro) detto: “E' il gran maestro della tonalità in Mi, e tutto ciò che so sui riff di chitarra, sui toni e sulle inflessioni vocali lo devo a lui, mi ha insegnato come cantare una canzone e come modularla. Quando ci siamo conosciuti (1994) mi ha subito detto . E questo mi ha colpito molto, così come mi hanno sempre impressionato i suoi dischi acustici. Possiedono qualcosa di speciale, contengono quella vibrazione che arriva nel tuo io più profondo. A volte l'emozione è importante tanto quanto il suono”. Non aggiungerò altro su quel che è Ben Harper, una bella biografia (dalla quale ho attinto) è stata pubblicata per i tipi di StampaAlternativa/NuoviEquilibri da Ermanno Labianca e Patrizia De Rossi col titolo “Ben Harper Arriverà una luce” (in vendita con allegato il CD Roots Of Ben Harper, 2005, € 15,00), ma ci tengo a dire che ho incontrato la sua musica grazie al mio Editore Gianluca Pensa (si lavorava al mio primo romanzo!) e che quella LUCE (citata nel titolo del libro testè indicato) splende più che mai! Di più: questo lavoro contiene una mai doma voglia di lottare, una forza senza la quale niente è possibile e una sensibilità allenata in quell'angolo di California (Claremont, dove ancora c'è il negozio di strumenti musicali aperto dagli antenati di Ben Harper, il Folk Music Center, diventato anche centro culturale, nonché museo nazionale), dove radici voodo, sangue indiano, cultura afro, mistero e esoterismo e altro ancora hanno contribuito acché Ben Harper fosse quello che è: straordinariamente unico. Cambiano i musicisti, ma lui, pur nel nuovo, è inconfondibile: ascoltatevi Skin Thin... poi asciugate le lacrime nel più bello dei sorrisi.

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