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giovedì 18 agosto 2011

Il libro del giorno: Diario di una scrittrice di Virginia Woolf (Minimum Fax)












Nel 1941, dopo aver donato alla letteratura del Novecento alcune delle sue opere più memorabili, da La signora Dalloway a Gita al faro a Le onde, Virginia Woolf si toglie tragicamente la vita. Nel 1953, Leonard Woolf decide di raccogliere in volume una selezione tratta dai diari della moglie, incentrata sulla sua attività di romanziera e critico letterario. Ne esce un libro affascinante, in cui si intrecciano ricordi, aneddoti, riflessioni sulla scrittura, ma anche amare considerazione su un mondo lacerato dalla guerra, espressioni di sfiducia e di entusiasmo per il proprio lavoro, sfoghi, confessioni: a metà strada fra vita e letteratura, queste pagine ci offrono il ritratto più diretto e suggestivo di una grandissima scrittrice e della sua epoca.
“1918 . Lunedì, 4 agosto. In attesa di comprare un quaderno nel quale annotare le mie impressioni, prima su Christina Rossetti e poi su Byron, è meglio che io le scriva qui. Tanto per cominciare non ho quasi più soldi, avendo comprato Leconte de Lisle in quantità. Christina ha la grande qualità di essere una poetessa nata, come lei stessa sembrava sapere perfettamente. Ma se dovessi fare causa a Dio, questo è uno dei primi testimoni che citerei. È una lettura malinconica. Prima si privò dell’amore, cioè della vita, fino a consumarsi; poi fece lo stesso con la poesia, in omaggio a ciò che credeva un’ esigenza della sua religione. Aveva due ottimi pretendenti. Il primo, senza dubbio, aveva le sue stranezze. Una coscienza, per esempio. Lei poteva sposare solo un cristiano di una data sfumatura. E lui poteva assumere quella data sfumatura solo per qualche mese alla volta. Infine lui cominciò a tendere al cattolicesimo e fu perduto. Ancora peggio fu il caso del signor Collins: un delizioso umanista, un eremita distaccato dalle cose terrene, un devoto adoratore di Christina, che tuttavia non si lasciò in nessun modo assorbire nel gregge. Per questo motivo lei si limitava a fargli visite affettuose a casa, abitudine che durò sino alla fine dei suoi giorni. Anche la poesia venne castrata. Christina si dedicò a mettere in versi i salmi e ad asservire alla dottrina cristiana tutta la sua poesia. Di conseguenza, credo, mortificò sino all’austerità più emaciata un bellissimo dono originale, che chiedeva solo di assumere una forma assai più fine di quella, diciamo, della signora Browning.”

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