Palandri è l'autore, come molti sapranno, del sempre discusso e tempo fa molto gettonato, "Boccalone", romanzo che qualche anno fa e l'anno scorso, non a caso, è stato rimandato in stampa; dopo decenni d'assenza, appunto, dalle librerie. Enrico Palandri, inoltre, qualche anno fa ha fatto ragionare molto la critica per aver scritto un saggio su quello che fu il suo talent scout: Pier Vittorio Tondelli. Oggi, grazie al magnifico e 'giovane' catalogo dell'editore sienese Barbera, c'imbattiamo, invece, in "Flow". E troviamo un magna di scrittura e amore per la scrittura, sempre successivo, in un certo qual modo, a quello per la lettura, per l'ascolto. Lo scrittore veneziano decide di dedicare alla sua passione più grande, la scrittura? la lettura?, un flusso reale e liquido, un discorso a base d'acqua che s'immedesima nel passato più glorioso che abbiamo avuto, vedi i riferimenti insomma a Leopardi, ma anche quelli al nostro (?) Alessandro Manzoni. Aggiornando quell'idea di lettteratura, che non è il reggere lo scaffale del supermercato universale odierno, come un maestro d'altri tempi che si rivolge a un pubblico più vasto del solito "universitario" e perfino cercando la misura con la quale si dovrebbe entrare a contatto con piazze d'ascolto. L'idea, capiamo, che sta alla base del libro è d'esser puri, ragionare da intellettuale che in contemporanea non si pone barriere issate magari dal pudore o dalle smanie di presentarsi a tutti i costi con le vesti dell'artista. E dunque la voce dello scrittore confessa a se stesso e agli altri - alla fetta di popolazione interessata all'argomento - che cosa non va nella concezione moderna anzi modernista della letteratura, ma essenzialmente cos'è lo spirito della letteratura universale. Per questa ragione servono i versi di Giacomo Lepoardi, e persino, o forse maggiormente le sue tribolazioni sul Risorgimento. E' necessario rilegger Hegel e Marx e Freud e Wittgenstein. Senza atteggiamenti di posa. Non perché si debba entrare e uscire dai salotti delle lettere, aspirare a entrarci, mettere la coda del pavone.
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