Non c’è tregua per la polizia giudiziaria di Marsiglia e per il
comandante Henri Saint-Donat, un tempo in forza a Parigi e da anni in
servizio nella città del sole, del pastis e delle gang che trafficano
droga e vite umane. Nemmeno quando Saint-Donat si trova dall’altra parte
del mondo, in Québec, a un congresso internazionale delle forze
dell’ordine, dove lo raggiunge una breve, drammatica telefonata del suo
vice, il capitano Basile Urteguy, poliziotto con la musica nel sangue.
Musica e sangue, del resto, sono motivi conduttori di una delicata
indagine tra Marsiglia e Tolosa in cui la morte di una giovane
prostituta, gettata da una finestra, pare collegata all’esecuzione di
due uomini, uno dei quali, un musicista, torturato con un trapano
elettrico.
Saint-Donat, vedovo, stanco di affrontare il male
quotidiano, sarebbe pronto a lasciare, ma a riportarlo in patria e in
azione, rivita¬lizzato dalle nevi canadesi e con nuove endorfine in
circolo, è proprio la notizia che Basile è svanito nel nulla mentre
indagava sulla scomparsa di un’altra ragazza, ça va sans dire musicista.
Il grido di aiuto del suo vice, insomma, è arrivato forte e chiaro fino
a lui oltreoceano. Cosí, in pochi giorni, Saint-Do¬nat e gli altri
della Giudiziaria ingaggiano una lotta contro il tempo per evitare che
altro sangue venga versato, mentre a ogni passo risuonano alte e forti,
dietro le quinte, le magiche note di Chopin.
Dopo l’avvincente
Omicidio a Cap Canaille, insignito del Prix du Quai des Orfèvres, torna
in azione, in un poliziesco crudo e serrato, la squadra nata dalla penna
e dall’esperienza di Christophe Gavat.
«Il corpo gli urla di
fermarsi, rifiuta di produrre le endorfine necessarie per con¬trastare
il dolore. La mente lo supplica di non accanirsi. Come alla maratona,
dove ha mollato al trentasettesimo chilometro. Cosí vicino al traguardo,
cosí lontano dalla vittoria. Si è lasciato incastrare. Hanno vinto
loro. Lui ha perso».
Hanno detto di Omicidio a Cap Canaille:
«Un poliziesco classico ambientato in una Marsiglia oscura».
Sette – il Corriere della Sera
«Storie di sbirri che mostrano piú ancora che il volto del crimine, e
il contesto sociale nel quale si sviluppa, l’inquietudine di quanti,
uomini e donne, devono farvi fronte ogni giorno».
il manifesto

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