Red Lab Gallery/Miele
Via Solari 46, Milano
6 febbraio – 4 aprile 2020
Ingresso libero
Opening: giovedì 6 febbraio dalle 18.30
Orari di apertura
da lunedì a venerdì 15.00-19.00
sabato 10.00-12.30; 15.00-19.00
Informazioni al pubblico | info@redlabgallery.com
Un dialogo inedito fra due autori di differenti generazioni attorno all'eredità di un approccio visivo innovativo.
Red Lab Gallery/Miele di via Solari 46 a Milano continua a porre l’accento sul concetto dell’abitare con la mostra “Fra noi e le cose” a cura di Gigliola Foschi che mette a confronto Mario Cresci, maestro riconosciuto della fotografia italiana, con la capacità di ascolto, rielaborazione e trasformazione della fotografa pugliese, nata a Trani nel 1978, Novella Oliana, che modula la fotografia in una ricerca senza punti d’arrivo, in un percorso di riflessione che si dilata nel tempo.
Un
confronto delicato e poetico fra due artisti che appaiono in profonda
sintonia nell’interpretare il mondo circostante, ognuno attraverso la
propria visione.
Un dialogo proficuo in circa venti fotografie che, nonostante tematiche in apparenza diverse, è evidente tra la ricerca Lo spazio necessario (2016-2020) di Novella Oliana e la serie La casa di Annita (2003) di Mario Cresci.
NOVELLA OLIANA: LO SPAZIO NECESSARIO
Artista,
docente e ricercatrice, per Novella Oliana, in perfetta sintonia con le
ricerche di Mario Cresci, la fotografia è una continua ricerca, uno strumento di riflessione che si dilata nel tempo,
che si approfondisce di gesto in gesto (come il tagliare, il cucire, il
raccogliere piccoli sassi...) senza avere una meta prestabilita, ma che
parte sempre da un punto che è profondamente radicato al suo essere,
alla sua vita, vicino ai luoghi da lei amati.
Scrive Gigliola Foschi: “La
meta è il suo continuo lavorio, dove il tagliare, il cucire, il
raccogliere piccoli sassi bianchi, e poi fotografie d’archivio, e poi
frammenti di immagini, si coniuga senza fratture con il fotografare, il
rifotografare, il comporre, il creare piccole installazioni magiche
fatte di un quasi niente: uno specchietto, un isolotto mignon, una
piccola immagine…”.
Novella
Oliana attraverso la fotografia ha sviluppato in maniera più vasta la
comprensione di mondi culturali differenti che interagiscono con il
nostro, in particolare quelli del Medio Oriente e del Mediterraneo.
Nelle
fotografie esposte a Milano tutto ragiona attorno al mare, dentro il
mare, la sua storia, i suoi miti. Il mare come una parte di sé, la
superfice acquatica come un testo da smontare e ricomporre, il
Mediterraneo come un universo denso di riflessi, di apparizioni e
scomparse, di isole che emergono e si inabissano nascondendosi alla
vista come nel trittico Hypothése d’île.
Le
immagini di Novella Oliana si offrono come narrazioni “aperte”. Le sue
microstorie vanno ascoltate con attenzione. Per renderle attive nel
nostro immaginario l’autrice sceglie di rimetterle in gioco sottovoce,
in modo sommesso ma tenace (non a caso le sue immagini sono spesso di
piccole/medie dimensioni e composte da dittici o trittici), si affida
agli incontri, ai ritrovamenti dove ogni pezzo che si aggiunge si
trasforma e si riscrive.
Gigliola Foschi: “Il
valore delle sue opere non è tanto nelle singole immagini, ma nel loro
insieme composto di frammenti che si connettono gli uni agli altri come
costellazioni. È nella rinuncia a ogni pretesa di completezza, nel
continuo fare e rifare in cui si mescolano storia e invenzione,
svelamento e occultamento, nel nome di un’idea di Mediterraneo che si
nutre di archivi immaginari e d’immaginazioni individuali e collettive”.
MARIO CRESCI: LA CASA DI ANNITA
È
il tentativo di preservare la memoria di una vita trascorsa in una
villetta degli anni Trenta attraverso le tracce sedimentate dagli
oggetti appartenuti alle persone scomparse che l’hanno abitata:
immagini-ricordo di una casa che andava svuotandosi, finito il tempo di
chi l’aveva vissuta.
Scrive Gigliola Foschi nel suo testo critico: “Mario
Cresci sente che il corpo vivo della casa sta cessando di esistere per
la perdita delle sue funzioni, avverte il dolore di chi è costretto ad
aprire e liberare vecchie scatole, armadi e cassetti pieni di cose
conservate con cura. Con discrezione usa la fotografia come una forma di
scrittura fredda, classificatoria, possibilmente priva di sentimenti
retorici. Eppure, nonostante il suo sguardo sia frontale e diretto,
qualcosa accade: una piccola differenza che cambia tutto, un leggero
scarto che rimescola le carte e le rimette in gioco.”
La
sua intende essere una rispettosa fotografia-prelievo ma, nel momento
in cui Cresci sposta gli oggetti, anche se di poco, entra in intimità
con essi. Le sue immagini diventano strumento di un confrontarsi
inedito con la realtà e con il senso dell’abitare spazi intesi come
depositi di memorie, storie, momenti di vita vissuta.
Mario
Cresci, classe 1942, mette in atto una personale “ricerca
antropologica” e le scene che egli fotografa acquistano una nuova vita
che ridà senso a quella passata.
Per
l’artista il valore della memoria delle cose non diviene mai sterile
nostalgia del passato, ma valorizzazione di atti creativi espressi da
persone che in essi hanno proiettato la loro storia e la loro identità.
La mostra “Fra noi e le cose” è la seconda del ciclo espositivo “Habitami” ed è stata realizzata grazie alla collaborazione con la galleria Matèria di Roma.
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Red Lab Gallery/Miele
è un laboratorio di sperimentazione, pensato per promuovere
innanzitutto la cultura delle immagini ma aperto a contaminazioni e
narrazioni di diverso tipo. Un luogo dove vengono individuati nuovi modi
di esporre, raccontare, far vivere l'arte visiva, intesa come
partecipazione interattiva e bidirezionale.
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