I nostri ormai
conosciuti ritratti di città (da New York a Atene, passando per Londra, Praga,
Istanbul, Vienna, Parigi etc.) hanno interpretato il bisogno di approfondimento
culturale che accompagna i turisti reali o dell’immaginario. Bruno Barba in
questo libro fa molto di più: suggerisce una meta. La megalopoli di cui si è
innamorato l’autore (ci vive da anni)
gode dei pregi e dei difetti delle grandi città industriali. Il flusso
continuo di culture, il meticciato urbano e fagocitante cultura carioca invogliano
gli appassionati della bellezza caotica a tuffarsi tra i grattacieli e le
avenidas. È una città-mondo, San Paolo:
900 chilometri quadrati urbanizzati, 39 municipi, chissà se 17 o 26 milioni di
abitanti, viene spesso paragonata a New York. Il suo motto è “grandeza è
beleza” e dopotutto di questa grande, grigia, umida, mastodontica e brulicante
città si sono innamorati in parecchi: da Levi-Strauss a Caetano Veloso, Stephen
Zweig a Jorge Amado a Vladimir Herzog, che fu qui assassinato dal regime fascista
nel 1975. Non dimenticando uno dei suoi cavalli di battaglia, ovvero il calcio
e l’imprescindibile storia di Pelé e Socrates, il calciatore comunista più
amato di tutti i tempi, Barba si addentra in una miriade di aspetti culturali
della città. Dall’architettura (Oscar Niemeyer e Ruy Ohtake), alla cucina con
quelle che sembrano storpiature dei nostri nomi come capeleci, radicci,
formaio, l’incredibile nhoqui pronunciato gnocchi, parmiggiana di melenzane,
maccarão al sugo; dalla storia del tropicalismo di Caetano Veloso (paulista
d’eccezione) fino a quella dei giornali e del traffico della megalopoli! Valore
aggiunto del volume la ricostruzione del rapporto tra San Paolo e gli italiani.
I nostri connazionali, soprattutto veneti, che vi giunsero soprattutto nel
XIX-XX secolo per lavorare nelle piantagioni di caffè (per poi cercare di
scappare verso la città e impiantare botteghe artigianali) si contano quasi
nell’ordine dei milioni. Non deve stupire se si pensa che tra caffè, canna da
zucchero e latte dagli allevamenti della vicina Minas Gerais, l’omonima regione
di Sao Paulo ha da secoli un tessuto produttivo agricolo/industriale
incredibilmente fertile. Lo scambio tra cultura locale e estro italiano ha
creato industrie, usanze e pietanze che sono oggi considerate propriamente
paulistas. “Ecco cos’è San Paolo: un’Italia rivisitata, contaminata, ibridata”.
L’antropologo paulista di origini italiane Reginaldo Prandi ammette che Bruno
Barba spesso gli svela aspetti e luoghi della città che lui stesso non conosce,
per questo amore di completezza, San Paolo ritratto di una città si legge con
molto piacere anche dalla poltrona di casa, ma funziona perfettamente anche
come guida turistica. Quante volte avremmo voluto che la “visita da 48 ore”
consigliata dalla nostra guida fosse un pochino più autentica ed approfondita?
Barba distilla i consigli che l’inserto culturale de la Folha de São Paulo ha
dato agli abitanti della città nell’Aprile 2017, per vivere in quarantott’ore
le più autentiche esperienze paulistas, cafezinho compreso. Un ritratto di
città poetico e illuminante, più intelligente di una guida, ma più ritmato di
un saggio di antropologia: insomma il libro che potrebbe farvi scegliere la
vostra prossima meta.
Bruno Barba è
ricercatore di Antropologia del Dipartimento di Scienze Politiche – Scuola di
Scienze Sociali – dell’Università di Genova. Studia da più di vent’anni il
meticciato culturale e il sincretismo religioso del Brasile. L’altra sua area
di ricerca è il calcio e i suoi significati antropologici. Tra le sue
pubblicazioni Bahia, la Roma negra di Jorge Amado (Unicopli 2004), La voce
degli dei. Il Brasile, il candomblé e la sua magia (cisu 2010); Dio Negro,
mondo meticcio (Seid 2013); Meticcio (Effequ 2015), Calciologia. Per
un’antropologia del football (Mimesis 2016). Per Odoya ha già pubblicato: Rio
de Janeiro. Ritratto di una città (2015).
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