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giovedì 2 maggio 2013

Due fettine di salame, poesie, di Giovanni Previdi (Quodlibet). Intervento di Nunzio Festa




Tra Baldini e Bukowski, il giovane autore carpitano (perché nato nell’- infuocato - anno ’77), Giovanni Previdi, esordisce con un libro di poesie chiesto e ottenuto, niente poco di me che, da Jean Talon ed Ermanno Cavazzoni, ovvero i curatori della selettiva collana Compagnia Extra dell’editore maceratese, e felicemente titolato “Due fettine di salame, poesie”; e, inutile ricordarlo, quando incontriamo un brillante e promettente esordio, tanto ne gioiamo. Specie in poesia. Ma detto ciò, entriamo nel testo. Che, occorre premettere, è diviso in due parti: ovvero inizialmente scritto nel dialetto della bassa mantovana s’apre con la “traduzione” in lingua dei versi – dalla quale onestamente abbiam davvero attinto. E’ evidente, quindi, che in un certo senso la lettura sarà ancora più ‘parziale’ del solito. Eppure soprattutto in componimenti come “Ti ricordi?”, “Intanto”, “Valeria”, “Ho notato” e qualche altra sentiamo il sorriso di Chinaski che si leva. Mentre, per dire, nei versi di: “Appena appena”, “La Dina” e qualche altra poesia vediamo il compianto Raffaello Baldini sospirar di piccolo piacere. Questo il retroterra. Eppure la forza dei versi non sta nell’attimo di piacere che ogni testo ci da, nonostante sia pure questo importante nella poesia di Previdi. L’energia, è proprio il caso di dire, sta stipata nella zona franca fra meraviglia dell’autore e facilità del suggestionare. Tramite, prima di tutto, quel metro libero saltato nella genuinità vera e nella purezza d’un canto propriamente anti-lirico. Per via, s’aggiunga, d’intercessione d’occasionali assonanze e rime. Ed è il momento d’analizzare, diciamo, la poesia che più m’è piaciuta (resa in italiano e non dunque in mantovano): “Morto”. “Al piano di sopra / girano gli zoccoli / e corrono di là / a spostare il divano. / Giù in cantina / è partita la centrifuga / e la finestrina / sbatte per il vento. / Io, disteso sul pavimento, / sto fermo immobile / e chiudo gli occhi / che sembro morto. / Faccio uno scherzo al gatto”. Dove, fregandosene altamente d’ogni regola, Previdi spia l’intimità d’alcune dimore associate al focolare non focolarino, facendo con la sua storia personale un atto di verità e affezione al fratello animale. Niente di meno, osiamo sottolineare, della penna d’un C.B. che sente il lato amichevole quanto rinfrancante della sua solitudine. Lo seguiremo, Giovanni Previdi.  
  

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