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venerdì 8 giugno 2012

IL CASTELLO (e la taverna) DEI DESTINI INCROCIATI di Italo Calvino (Mondadori). Intervento di Vittoria Coppola


L’opera di Italo Calvino, scritta nel 1973, appartiene alla cosiddetta letteratura combinatoria, ovvero quella risultante il risultato di aggregazioni varie. In particolare, l’autore parte dalle carte dei tarocchi, riprodotte quasi ad ogni pagina, e da lì elabora dei racconti.  Lo straordinario modo in cui le vicende ed i personaggi  si sovrappongono ci offre un forte richiamo a testi letterari  e ad autori del passato  (dal Boccaccio all’Ariosto). È estremamente elegante, Calvino, nel suo essere narratore e protagonista del libro.  La storia inizia nel momento in cui l’uomo si smarrisce in un bosco e decide di ripararsi per la notte in un castello. All’interno di questa struttura sfarzosa quanto decadente, il protagonista perde l’uso della parola e si trova circondato da una moltitudine di gente. Viandanti e cavalieri si accomodano attorno ad un tavolo e, attraverso un mazzo di tarocchi, esprimono le proprie storie, interpretate dalla mente del muto ascoltatore. La seconda parte del libro, che vede il protagonista muoversi in una taverna, è espressa in uno stile linguistico disordinato che rispecchia persino i disegni sulle carte: molto approssimativi rispetto ai precedenti. Una costante è rappresentata, tuttavia, da ciò che simboleggia il tavolo su cui i tarocchi vengono disposti: l’inesorabile caos proprio del mondo reale. Il messaggio dell’opera di Calvino è forte ed induce alla riflessione:  il significato di ogni carta dipende dal posto che occupa all’interno del mazzo e la sua interpretazione è legata alle innumerevoli combinazioni che la vedono protagonista. Che si trovi in un castello o in una taverna, Italo Calvino vuole dimostrarci la differenza ed il sottile legame esistente (e persistente) tra realtà e letteratura: l’ordine schematico che quest’ultima può avere, di certo non può appartenere alla prima. Al contempo, la letteratura è legata alla realtà, in quanto rappresenta l’illusione di poter ordinare qualcosa che mai può assumere un senso assoluto, in quanto risultato dell’intreccio di una moltitudine di eventi.

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