(...)"Non si è legata a nessuno
dei vari generi tardo-novecenteschi che testimoniano quanto sia ardua la
condizione di chi è venuto dopo (...), non ha imboccato la scorciatoia
frequentatissima della poesia del corpo e del dolore a tutti i costi (...), non
si appoggia nemmeno a un riferimento metrico definito e riconoscibile. (...) Ci
si trova invece spiazzati e piuttosto a disagio al cospetto di una voce
assolutamente non conciliante, ostica e addirittura ostile" (...). Le
sensazioni che Galaverni esprime per "Turbativa d'incanto" incontrano
quelle dateci da Bello Minciacchi: (...) "Il basso corporeo rende il tono
urticante ma non lo svilisce, gli dà carattere d'essenzialità, d'urgenza
primaria. La scanzione del verso è forte, tenuta con saldezza severa,
arroccata, e il tono sempre ostile (...)". La sfacciata ironia d'Insana,
la poetica e rurale sfacciataggine sua battono a dadi e non a scacchi le certe
sicureme della critica logicista, vivificando la compresione solamente,
appunto, delle penne citate in apertura. Jolanda Insana, fin dal titolo che
quindi deridendo le farneticazioni dei codici legali mette in difficoltà
lettrici e lettori meno curiosi, spezza la sua intimità nelle corde vocali del
portamento collettivo. Approfittando delle origini sicule, grazie alle due voci
- ed è qui che il dramma raggiunge il vertice della passione ideologica (vedi
il pometto La bestia clandestina) - che compongono la scrittura aggressiva e
quasi spiritata. Un magna certamente colto, ma, come sapremo, giustamente e con
dignità, di cadenza popolare. Gli anni agitati dalla poetessa sono quegli
vecchi del Settanta tramite spinta Lsd che si tuffano nei giovani e freschi dei
bombardamenti iracheni dell'ultima guerra. Il verso che frantuma il peso degli
interstizi maggiormente abitati è un verso aspro, come al solito, eppure
discorsivo alla massima potenza; una parola che non induce, ma appunto si pone
l'obiettivo, in natura raggiunto, di fare a poltiglia la congiunzione in più
che può esserci tra una battuta e l'altra. Ché in questa maniera si distrugge,
per fare ricrescita ancora naturale, la vitalità della vita vissuta. Seppur
malamente. In quanto la poetessa Jolanda Insana si prontende nelle tante
contese della Terra. A balzi dei simboli: mentre i conflitti citati non sono
che il simbolo del 'non arrendersi'. Quando la parolina "melancolia"
è più forte di come viene scritta.
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