La coraggiosa e intraprendente
casa editrice Effigie inventa la collana “I Fiammiferi del Primo Amore”, che
s'assume il compito d'ospitare opere del soggetti attivo, appunto, Il Primo
Amore, spazio telematico e quindi luogo di confronto, persino, che a sua volta,
anzi ovviamente prima, s'assume il compito di coltivare il seme del dubbio e le
ragioni della criticità. Dunque “Sprofondo Nord” è il reportage del fotografo e
giornalista Giovanni Giovannetti, firma che sappiamo appunto per gli scatti di
grandissima esperienza e indubbio valore. Uno scritto che prende il
Settentrione sotto analisi. Ovvero, allora, e reagendo, quando le mosse della
magistratura si fanno ancora più recenti e soprattutto più palesi. A Pavia,
allora, dopo anni di sotterranee quanto plateali magagne dell'illecito, un giro
di manette afferra un giro di personcine: l'imprenditore, l'avvocato, il manager
della sanità. Come fossimo in un film. Alla stregua d'una pellicola
cinematografica d'un certo e preciso tipo. Tutti accusati d'associazione a
delinquere di stampo mafioso. Per giunta. Intrallazzi che però sanno,
essenzialmente, di 'ndrangheta. Con, appunto, l'avvocato di turno a tirare i
giochetti. Qui il disegno, puntuale, della contiguità, esemplare tra l'altro,
tra sistema politico-affaristico illegale e sistema politico criminale della
'ndrangheta a Nord. Un connubio che, se fossimo in un Paese davvero, come
dicono certi, 'serio', metterebbe per sempre a tacere le “mire” di superiorità
della Lega. Giovannetti ha il merito, diciamo, di descrivere il suo Nord
facendosi descrivere, cioè opponendo resistenza a una logica che vige negli
imperi del centro-sinistra e in quelli del centro-destra. Del Nord. Altro che
Meridione malato. E' l'Italia, sappiamo da tempo, a esser malata. L'altro
schiaffo ai leghisti tutti, continuiamo, senza comunque scordarci che la lega
non è soltanto la lega nord, l'assesta “Santi padroni padani” di Tiziano
Colombi, altra opera dei Fiammiferi, proprio, che in questo caso fa un piccolo
elenco narrativo, per così dire, dei santi nordisti che più dei definiti
“clandestini” oggi erano migranti. Per dire: “cos'hanno in comune una prostituta
tunisina e Santa Giulia di Brescia? Cos'hanno in comune un clandestino egiziano
e Sant'Alessandro di Bergamo? E un parcheggiatore abusivo e San Zeno di Verona?
E il naufragio di una giovane clandestina egiziana e Santa Fosca di Torcello? E
il Battesimo di Sant'Agostino nel Naviglio di Milano? E la vendita all'asta di
San Teonisto a Treviso? E la maratona di Santa Giustina a Padova? E Ario al
giuramento di Pontida? E un generale egiziano a St. Moritz?”. Una narrazione
per “riflettere sulle origini nordafricane della cristianità”. Alla faccia dei
razzisti. Perché si deve, ancora, in un certo senso aprire in Nord almeno
quant'è aperto il Sud.
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