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mercoledì 12 ottobre 2011

L'assassinio lento di Pasolini, di Sergio Anelli (Nino Aragno Editore). Intervento di Nunzio Festa

















Il romanzo di Sergio Anelli, “L'assassino lento di Pasolini”, torna sulla vicenda che ha condizionato il percorso intellettuale dell'intellualità italiana, che ha perso pezzi, dalla morte del Poeta. Le immagini portate da Anelli sono dolorosamente composte di sangue, il nettare amaro perduto per sempre da Pier Paolo Pasolini. Quando, infatti, Anelli conduce i suoi personaggi all'Idroscalo tragicamente famoso, in un miscuglio d'Ostia e baracche, accanto alla brutalità dei nuovi e vecchi ragazzi di borgata che sostennero l'assassinio dello scrittore e saggista, polemista irraggiungibile, fa male sentire le urla morenti dell'uomo. Dove la commistione tra interessi occulti, ma poi per certi versi non più oramai tanto occultati, e la manovalanza delle periferie d'una Roma che diveniva e che sta diventando la Capitale della “banda della Magliana”, produce l'omicidio che ha trasformato per sempre la nazione Italia. L'ultimo romanzo di Sergio Anelli, quindi, dispiega, per spiegare, nelle pagine e sul corpo d'una delle storie praticamente sepolte, soggetti che sono il risultato della compravendita effettualmente puntualmente dal sottotraccia del Potere italiota. Agenti veri e giornalisti finti. Infiltrati certi e registi puri. L'assassinio lento di Pasolini è l'opera che fa da trasfigurazione letteraria d'un preciso momento storico del Paese. Se il fuoco del libro, di certo, può essere considerata la fine della vita di P.P.P., qui dobbiamo reagire alla nausea che ci fa l'accanimento alla falsità di tutto il resto garantito dagli attori delle scene. Perché l'Italia, dice senza mezzi termini il romanzo realtà dello scrittore Anelli, che già s'era occupato, per dire, di Pisacane e di Rosselli, è in mano una contr'Italia che manovra nell'ombra. E si gioca Pasolini nei comizi, vedi Almirante, e negli accordi privati, si ricordi in questo caso l'azione delle logge massoniche condite da servizi segreti più che deviati. Il risultato di quel processo è sotto gli occhi della popolazione. Dipartito il popolo. Embleticamente la storia ultima di Pasolini dobbiamo leggerla appunto quale simbolo della stravolgimento delle classi intellettuali, soprattutto, che da allora e ancora s'arrangeranno fino a farsi ingaggiare dai vari detentori della forza. Facendo da corollario agli oppressori. Ecco dunque che lo sguardo di Fiorella e lo sguardo di Gilles e le loro vicende sentiranno e subiranno il cambiamento. L'opera di Sergio Anelli ci serve oggi. Perché non dobbiamo dimenticari proprio mai quel che siamo e cosa pure siam stati. Il Moro che giudicò Pelosi, in questo, somiglia benissimo a tanti giudicanti degli anni in corso. Anelli, con coraggio e fludità espressiva, lo scrive e lo fa leggere.   

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