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mercoledì 9 marzo 2011

Nina dei lupi, di Alessandro Bertante (Marsilio). Intervento di Nunzio Festa












L'autore dell'omaggio alla libertà rintracciabile sotto il titolo “Al diavul” torna a dimostrare il suo talento. Con “Nina dei lupi”, nuovo romanzo di Alessandro Bertante, superiamo la fine della Storia per permetterci senza fatica di trovare una soluzione definitiva che porta davvero a un nuovo inizio. Grazie alla piccola e per tanto insignificante paesino di Piedimulo. Grazie alla Nina, bambina che cresce in un frangente di storia e di luoghi della Montagna Scura che sta a Occidente. Alla tenerella età di dodici anni, infatti, la Nina che diventerà dei lupi è stata costretta a terminare nelle braccia calde dei nonni, lui ultimo sindaco e capo di Piedimulo, perché i suoi genitori sono stati tramortiti dalla fine d'un'era che per caratteristiche somiglia a quella consumistica. Perché la famiglia viveva in città. Quando non era necessario – per salvarsi dalla 'Sciagura' – rintanarsi in un borgo volutamente tenuto fuori dal contatto col resto dei resti della civiltà. In una comunità che si sta ancora difendendo con la resistenza passiva quando arrivano i predoni ad ammazzare tutti. E Nina fugge. Grazie alla nonna. Per superare quel fiume che solamente con nonno aveva valicato senza problemi. Ad arrivare vicina vicina ai lupi del bosco. Anzi prossima ai miti e forti lupi d'Alessio, l'uomo dei Lupi. Che cambierà nuovamente la vita della giovanissima fuggitiva. Fino a vederla e sostenerla nel cammino che conduce alla nuovissima dimensione di donna. Come è ovvio, ovvero alla stregua dell'annuncio segnato nelle pagine precedenti, non si sarebbe potuto che assistere a un congiungimento che è infine un vero e proprio atto d'inizio d'un'altra epoca ancora. Da dove si deve cercare di riprendere fertilità. In terra. In cielo. Nei terreni e nelle pance. Le avventure e lotte della mitica Nina, trasformata dal dolore e dall'amore, solitaria ma non sola creano le condizioni eclatanti. Quelle che danno alle scosse d'emozione il frusciare della fiaba. Perché Bertante si serve, innanzitutto, delle abitudini ancestrali di natura e animale. Intorno ai quali ricominciare. La trama, che ha tratti si diceva è possibile persino sentire scorrere in anticipo, è di quelle mettono un intreccio di personaggi pieni e vivissimi in un'ambientazione che ricorda e ricorderà le prossime iniezioni di tridimensionale. La leggenda che Bertante ci narra è una leggenda capace però di stupire. Più che una semplice e collaudata via di fuga dalla realtà e da mondo che va realmente in rovina. La leggenda di Bertante è un mistero. Tutt'altro che religioso. Pienamente laico per essere a stretto contatto con un'attualità che prova a lasciare e/o tralasciare. Alessandro Bertante, dando sfogo a una scrittura evocativa e sentimentale, piena d'affetto e tormenti, avvinghiata al cambio delle stagioni con la calma e l'irresistibilità dello stesso procedere delle stagioni, traghetta i suoi eroi non eroi in un linguaggio che sa del bianco e nero dei lupi. E degli altri colori che il branco dei lupi della Montagna possono fare. Inventando il romanzo che cambia il presente assoluto delle piccole lettere.

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