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mercoledì 1 settembre 2010

De Bello Cibico di Antonio Vacca (Plectica Editrice). Intervento di Alessia e Michela Orlando











Da pagina 47 di De bello cibico:

Rovisto dentro la mia anoressia psicosociale, urto i fantasmi d’un passato cibico indefinito, sento ovunque il tanfo della produttività ad ogni costo,, vedo coorti di bimbi indottrinati a mangiar bene e subito dopo ne rivedo, a frotte, o magrissimi e già impomatati profeti d’una bellezza sinuosa che fa crudelmente tendenza oppure obesi già come si fossero mangiati il globo in una notte. Mi stupisce questa fase di educazione alimentare (?) che attraversa la popolazione col tramite di lodevoli tentativi volontaristici, embrionali progetti d’istituzione per finire alla summa del messaggio mediatico. Dove il cibo diventa tavola imbandita e assortita, sgargio patinato, luminescenza virtuale. È questa la situazione, Antonio Vacca la fotografa e ce la restituisce quasi in chiave poetica. E da ogni parola trasuda il senso di sconfitta. Dalle stesse parole, però, emerge una luce; indicano una strada; in filigrana ci fanno di nuovo sentire l’odore di pane appena sfornato; di olio extravergine di oliva che non ha fatto neppure in tempo a lasciare le fibre dell’oliva ed è già sul calore del grano ormai trasformato. Ed è nella tua bocca, nella tua anima. È un miracolo forse? È un mago Antonio Vacca? Non possiamo giurarci, ma di certo ha buone intenzioni, ha dentro di se la cultura eno-gastronomica tanto in voga e ci trasferisce sentori antichi. Se anche dicesse demonio o strega, riandremmo al medioevo, che non doveva certo essere epoca fortunata e profumata, ma almeno non si sentiva la puzza dello smog. E torneremmo a sentire i profumi delle minestre e di nuovo quello del pane e di nuovo quello del formaggio e di nuovo quello del rosolio e di nuovo quello delle patate arrostite sotto la cenere… Il sottotitolo, dai potenti sentori angustianti: Cronaca di una sconfitta gastrosofica, si trasforma ben presto in un paravento non capace di fermare totalmente la luce. Sembrerebbe un preludio al dramma, poi, però, funge da trampolino di lancio verso la consapevolezza, e conoscere un problema, sapere che esiste, significa poterlo risolvere. C’è la massificazione dei sapori; c’è il problema della mitizzazione di sapori, contadini o artigianali, che nascondono insidie; c’è il luogo comune che porta alla demonizzazione dei fast food; e c’è De bello cibico che ti apre la mente.

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