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mercoledì 16 giugno 2010

Colonia alpina Ferranti Aporti Nava, di Marino Magliani, introduzione di Giulio Mozzi (Senzapatria Editore). Intervento di Nunzio Festa
















Il destino acattolico di Marino Magliani è d'essere un autore che vive di memoria e ricordi. Che scrive di memoria e ricordi; di cose andate, quando, sappiamo, vuole inventare la sua storia. Fatta, ogni volta, d'una trama che corre sempre indietro nel nostro piccolo spazio-tempo. Con quel tono soave e pacato. Con quella lingua che pare mettere il lettore attorno al camino. Magari a bordo di braccio d'un parente che narra. Visto che è il racconto l'idea forte, sia molto chiaro, dello scrittore Marino Magliani. Con “Colonia alpina Ferranti Aporti” il miracolo si ripete. Per un romanzo esile ma non smilzo. A favore d'una vicenda corta e non striminzita. Un miracolo ovviamente acattolico. Al di là della ricerca d'una religione o della religione. E persino della presenza delle chiese, appunto, cattoliche nel romanzo. Romanzo, tra l'altro, che apre la giovanissima collana “Sostengo Pereira”, primo titolo in pratica, del giovane editore Senzapatria. Cosa ci dice la storia che Magliani avrebbe per giunto potuto riportare servendosi di dosi d'oralità? Un cinquantenne, invece d'aver raggiunto il tormento della tranquillità, vuole con tutte le proprie forze rimettere la mente alle chiee che ha frequentato nella sua Liguria d'origine. Dove, si deve aggiungere, ha per esempio fatto il chierichetto. Senza contare, ovviamente, gli altri luoghi di culto incontrati camminando nel resto del mondo. Dunque, la memoria viaggia al mondo dei collegi, proprio partendo da Nava, e passando da Mondovì, Velletri. Fino a toccare Spagna e America Latina. Con termine, come per l'autore stesso, queste sono infatti le cifre che riportano alle frequentazioni dell'autobiografia, la residenza nel nord Europa. L'assillo dell'uomo è di ricordare un preciso dettaglio della sua permanenza al collegio Ferranti Aporti Nava. Del e nel '70-'71. Un dettaglio che non dovrebbe sfuggire. E che lo condurrà nello spazio del rivivere. Un mistero, laico, che è attanaglia l'uomo. Che il protagonista del romanzo deve spiegarsi. Marino Magliani, nuovamente, ripaga la stima che sta riscuotendo nei suoi confronti. Conferma d'essere, se ce ne fosse ormai bisogno, quello che si dice un narratore di razza. Ci addolcisce però usando l'arma del bene e del male. Privando il suo romanzo, e sempre i suoi romanzi, di vezzi e lazzi della giovine furbizia odierna.

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