Le parole di Irene Ester Leo, frammiste a passione immensa e universale con odore della terra di Sud, è molto semplice ma essenziale, almeno per alcune contemporaneità di contenuti, accomunarle fin da subito con i versi dell’indimenticabile ma sempre poco ricordata Claudia Ruggeri, non casualmente motore e ispirazione della Leo. Non basterà di certo, e non solo all’autrice, spiegare che le ciglia della Irene Ester Leo alimentano il Sud tutt’altro che melanconico o, come vorrebbero i critici oramai sempre più affermati, lagnoso. La Leo incontra l’intimità per dare una posizione d’immedesimazione, non di mediazione, tra il sentire che sfugge persino ai tanti aggettivi e alle aggettivazioni a questa intimità che deve sorreggere una perenne sfida, o quasi disfida, con il mondo geografico ben identificato; al di là dell’assenza delle contestualizzazioni. Il fiato della poetessa salentina, che s’era anche portata qualche tempo fa nel solco della narrativa, spiana un percorso – anzi il suo contario – che saluta, ovvero abbraccia riferimenti che vanno da Scotellaro a V. Curci. Per non sottolineare il sostegno palese, oltre che palesato, della più importante poesia statunitense. In definitiva la voglia di I. E. Leo è quella di spiare il fuori utilizzando il mezzo poco sicuro ma almeno ‘infaffidabile’ della propria interiorità. Spesso certamente vergata o a tratti vessata da un pessimismo che prova ad affacciarsi, però per comprendere che deve sparire alla vista d’un sole di cui un po’ s’ha forse paura. “Io innalzo fiammiferi” è una silloge che rompe il muricciolo della sperimentazione troppo condizionata dal manierismo, spiegandoci che è possibile non forzare i propri limiti quando si vuole sperimentare un mondo interiore che è semplicemente in linea, quindi contro la linea, di quello esterno. La raccolta di Irene Ester Leo manda versi fuori dalla bozza di società che si vive.
Ringrazio di cuore...
RispondiEliminaun caro saluto
Irene Ester Leo