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venerdì 9 aprile 2010

Richard Brautigan, IL GENERALE IMMAGINARIO. Traduzione: Enrico Monti (Isbn Edizioni). Intervento di Marco Montanaro




















Curioso il destino editoriale di Richard Gary Brautigan in Italia: proprio lui, capace di giocare sul culto dell’immagine quanto una popstar, viene riportato qui da qualche anno grazie alle copertine bianche di Isbn. E così, dopo American Dust, Una donna senza fortuna e Il mostro degli Hawkline, la casa editrice di Massimo Coppola ripropone Il generale immaginario, già approdato in Italia nel 1967 con traduzione di Luciano Bianciardi. 1967: Richard Brautigan non aveva ancora sfondato con lo psichedelico Pesca alla trota in America e il suo primo libro, quello di cui stiamo parlando, non aveva certo venduto milioni di copie. Dunque un oggetto misterioso nel Belpaese, e censurato: stando alle parole di Enrico Monti, attuale traduttore – e riscopritore – di Brautigan*. Ne Il generale immaginario, soprattutto nelle ultime pagine, c’è un bel po’ di materiale erotico che all’epoca dovette apparire troppo osé. O forse no: forse, come spiega lo stesso Monti nella nota finale, la stessa Rizzoli credeva poco in Richard. Tant’è che la traduzione non venne neppure firmata. Poi, negli anni successivi, con l’approdo di Brautigan alla Marcos y Marcos, nuovi traduttori, tra cui il fedelissimo di Carver, Riccardo Duranti (maledetto sarà Carver e il minimalismo, per Brautigan) e Pietro Grossi. Fino, appunto, a Enrico Monti, che ha adesso l’opportunità di metter mano a ciò che di Brautigan è ancora inedito in Italia. Partendo dalla fine, dagli ultimi romanzi, si è detto, e giungendo adesso all’esordio assoluto.

Lontano ancora dalla psichedelia di Pesca alla trota, questo Generale anticipa molti temi e soluzioni stilistiche che torneranno presto in Brautigan; lontano anche dalla disillusione decisamente poetica delle ultime prove, l’autore può permettersi di donare al protagonista Jesse una leggerezza che solo all’inizio degli anni della controcultura hippie riuscì ad apprezzare in pieno. E così viaggiamo col protagonista per Big Sur, luogo mitico dell’America beat e qui sogno di libertà ma anche posto desolatamente vuoto. In cui si dorme tra il deserto e le balene che nuotano nel Pacifico. In cui Jesse vivrà di niente («le parole sono fiori di niente» scriverà Brautigan anni dopo) insieme al folle Lee Mellon. Mellon, convinto di discendere da un generale dell’esercito confederato durante la Guerra di Secessione, è un vagabondo: con dei denti mobili in bocca. Un tipico personaggio alla Brautigan. Folle, sì, ma molto razionale di fronte alle assurdità della vita da strada. Con Mellon Jesse libererà uno stagno dalle rane accarezzando alligatori, per dirne una. Con lui conoscerà una bellissima donna – Brautigan si conferma maestro nel descrivere la bellezza femminile – e un assicuratore scemo che dorme legato a un tronco. Jesse stesso, di notte, nella capanna costruita da Mellon, si metterà a contare i bulloni dell’Ecclesiaste – cioè tutti i segni d’interpunzione del libro contenuto nel Vecchio Testamento.

Tra la follia, la leggerezza e la malinconia dei mille finali aperti, c’è già la sostanziale assenza di trama che caratterizzerà in un modo o nell’altro ogni lavoro di Brautigan. Che nei suoi romanzi è – appunto – procedere per lampi di poesia. Insieme all’ironia continua, spiazzante, che collega pianeti ed epoche lontanissime – del resto, cosa c’entra la Guerra di Secessione con Big Sur?

Marco Montanaro

www.malesangue.wordpress.com

un’intervista a Enrico Monti:

http://malesangue.wordpress.com/2009/05/12/enrico-monti-richard-brautigan-me/

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