AMIANTO assassino. Fibronit, Materit, Fincantieri, Eternit, Ferrovie. Sono nomi colpevoli. Di morte. A volte addirittura parti dello Stato. L'Italia è una repubblica fondata sull'amianto, si deve nuovamente leggere e scrivere, riscrivere. Leggendo il libro d'inchiesta della giornalista Stefania Divertito, “Amianto”, alla mente non mi possono che tornare innanzitutto alcune immagini, riflessioni; prima d'entrare, ovviamente, nel documentato, di documenti e testimonianze, viaggio dell'autrice del volume. Focus utilissimo per sapere tantissime cose e avere molteplici quanto vari elmenti su quello che nel mondo è una delle più forti cause di tumore: l'amianto carnefice. Dolori individuali che sono però collettivi. Perché spesso spaccano quote di territorio e territori lasciando pochi superstiti, in ogni senso. Si diceva che non è possibile non pensare, cosa ricordata più volte dalla Divertito durante le pagine del libro, che il 10 dicembre è da non dimenticare più. Perché è data epocale. Il cominciamento del più grande processo della Storia che riguardi l'amianto: in questo caso proprio i danni dell'azienda Eternit. Una delle poche vittorie, per ora. E anche al di là dell'esito. Poi, ancora, dobbiamo ricordare che oltre a tanti siti ancora inquinati, esiste il passaggio – attraverso i porti italiani – non solo di navi già italiane (ancora almeno in parte vissute da amianto) ma anche di navi che lo trasportano, non solo per commerciarlo, che arrivano dalla Cina e da altri paesi del mondo. Per non dire, arrivando al locale che sa di globalizzazione dei mali, che in tanti piccoli e grandi centri abitati d'Italia, vedi la mia stessa Pomarico (MT) onduline d'amianto sono a volte depositate in zone di campagna. A tutt'oggi, Pomarico, in un tratto di landa agreste, custodisce amianto e la cosa è persino nota. In testa, inoltre, e non solo dopo aver scoperto che negli incontri di Stefania Divertito ovviamente c'è quello con Fulvio Aurora (Medicina democratica, associazione esposti amianto...), ritorna un incontro d'anni or sono svoltosi a Ferrandina (sempre provincia di Matera) posto vessato dalla presenza della Materit e non solo che lavora amianto. Diciamo questo, dopo aver visto anche il documentario di Andrea Spartaco, “Amara Lucania”, che è uno degli ultimi lavoro che toccano il tema anche questo in virtù di testimonianze. La Materit è una dei tanti nomi che sono subito da associare ai grani colpevoli di catastrofi. Dove morti e malati si registrano in continuazione. I dati citati e studiati, analizzati, ascoltati dalla Divertito sono impressionanti per grandezza e potenti quali simbolo di tutto il male del mondo. Alla base dell'atrocità, nella maggior parte dei casi, comportamenti consapevoli di tanti uomini che sapevano e non hanno informato. Una sola fibra d'amianto, un granello d'asbesto malvagio può provocare malattia. Con un'incubazione che può arrivare persino ai quarant'anni. Vittime, ovviamente, soprattutto i marinai che hanno lavorato su tante navi, i lavoratori di tante fabbriche che producevano prodotti con questo materiale killer. E persone che mai l'avevano sfiorato. Se non, per esempio, magari pulendo vestiti di mariti o carezzando i loro capelli. Oppure semplicemente limitrofi a zone contaminate o dentro queste. “Amianto. Storia di un serial killer” presenta la tragica realtà di persone che non ci sono più, la vita e le storie di parenti o malati che combattono e cercano di farlo spesso dovendosela vedere per ottenere riconoscimenti non facili da avere, la carte geografica del dolore delle presenze degli spazi maggiormente colpiti e quindi delle popolazioni di questi luoghi. In più, si potrebbe aggiungere, la giornalista è capace di tenere il filo con le dinamiche economiche internazionali dentro quali l'amianto può e ha potuto espandersi per ammalare e aspetti direttamente legati a una prospettiva, a tratti per mezzi dell'epidemiologia, d'attenzione medica se pur soprattutto rispetto alla prevenzione. I colpevoli, di ieri, d'oggi, di domani, sono e saranno tantissimi. Magari si facesse giustizia piena, e assoluta. Definita. Che poi sarebbe, in maniera più particolare, mettere al bando su tutto il Piante l'amianto. Senza dimenticarci che la bonifica, anzi, le tante bonifiche sono necessarie e parte necessaria pensando a tentare di risolvere almeno una porzione del gigante problema. “La fabbrica della morte si chiama Fibronit”, cantano i Suoni Mudù. Esattamente come il cantante Oscar fa rap con il bianco amianto del suo quartiere della periferia milanese. L'Italia è stata ammazzata. Tutte le vittime, sempre, hanno bisogno di verità e giustizia.
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martedì 15 dicembre 2009
Amianto. Storia di un serial killer, di Stefania Divertito, prefazione di Alessandro Sortino, Edizioni Ambiente (2009). Recensione di Nunzio Festa
AMIANTO assassino. Fibronit, Materit, Fincantieri, Eternit, Ferrovie. Sono nomi colpevoli. Di morte. A volte addirittura parti dello Stato. L'Italia è una repubblica fondata sull'amianto, si deve nuovamente leggere e scrivere, riscrivere. Leggendo il libro d'inchiesta della giornalista Stefania Divertito, “Amianto”, alla mente non mi possono che tornare innanzitutto alcune immagini, riflessioni; prima d'entrare, ovviamente, nel documentato, di documenti e testimonianze, viaggio dell'autrice del volume. Focus utilissimo per sapere tantissime cose e avere molteplici quanto vari elmenti su quello che nel mondo è una delle più forti cause di tumore: l'amianto carnefice. Dolori individuali che sono però collettivi. Perché spesso spaccano quote di territorio e territori lasciando pochi superstiti, in ogni senso. Si diceva che non è possibile non pensare, cosa ricordata più volte dalla Divertito durante le pagine del libro, che il 10 dicembre è da non dimenticare più. Perché è data epocale. Il cominciamento del più grande processo della Storia che riguardi l'amianto: in questo caso proprio i danni dell'azienda Eternit. Una delle poche vittorie, per ora. E anche al di là dell'esito. Poi, ancora, dobbiamo ricordare che oltre a tanti siti ancora inquinati, esiste il passaggio – attraverso i porti italiani – non solo di navi già italiane (ancora almeno in parte vissute da amianto) ma anche di navi che lo trasportano, non solo per commerciarlo, che arrivano dalla Cina e da altri paesi del mondo. Per non dire, arrivando al locale che sa di globalizzazione dei mali, che in tanti piccoli e grandi centri abitati d'Italia, vedi la mia stessa Pomarico (MT) onduline d'amianto sono a volte depositate in zone di campagna. A tutt'oggi, Pomarico, in un tratto di landa agreste, custodisce amianto e la cosa è persino nota. In testa, inoltre, e non solo dopo aver scoperto che negli incontri di Stefania Divertito ovviamente c'è quello con Fulvio Aurora (Medicina democratica, associazione esposti amianto...), ritorna un incontro d'anni or sono svoltosi a Ferrandina (sempre provincia di Matera) posto vessato dalla presenza della Materit e non solo che lavora amianto. Diciamo questo, dopo aver visto anche il documentario di Andrea Spartaco, “Amara Lucania”, che è uno degli ultimi lavoro che toccano il tema anche questo in virtù di testimonianze. La Materit è una dei tanti nomi che sono subito da associare ai grani colpevoli di catastrofi. Dove morti e malati si registrano in continuazione. I dati citati e studiati, analizzati, ascoltati dalla Divertito sono impressionanti per grandezza e potenti quali simbolo di tutto il male del mondo. Alla base dell'atrocità, nella maggior parte dei casi, comportamenti consapevoli di tanti uomini che sapevano e non hanno informato. Una sola fibra d'amianto, un granello d'asbesto malvagio può provocare malattia. Con un'incubazione che può arrivare persino ai quarant'anni. Vittime, ovviamente, soprattutto i marinai che hanno lavorato su tante navi, i lavoratori di tante fabbriche che producevano prodotti con questo materiale killer. E persone che mai l'avevano sfiorato. Se non, per esempio, magari pulendo vestiti di mariti o carezzando i loro capelli. Oppure semplicemente limitrofi a zone contaminate o dentro queste. “Amianto. Storia di un serial killer” presenta la tragica realtà di persone che non ci sono più, la vita e le storie di parenti o malati che combattono e cercano di farlo spesso dovendosela vedere per ottenere riconoscimenti non facili da avere, la carte geografica del dolore delle presenze degli spazi maggiormente colpiti e quindi delle popolazioni di questi luoghi. In più, si potrebbe aggiungere, la giornalista è capace di tenere il filo con le dinamiche economiche internazionali dentro quali l'amianto può e ha potuto espandersi per ammalare e aspetti direttamente legati a una prospettiva, a tratti per mezzi dell'epidemiologia, d'attenzione medica se pur soprattutto rispetto alla prevenzione. I colpevoli, di ieri, d'oggi, di domani, sono e saranno tantissimi. Magari si facesse giustizia piena, e assoluta. Definita. Che poi sarebbe, in maniera più particolare, mettere al bando su tutto il Piante l'amianto. Senza dimenticarci che la bonifica, anzi, le tante bonifiche sono necessarie e parte necessaria pensando a tentare di risolvere almeno una porzione del gigante problema. “La fabbrica della morte si chiama Fibronit”, cantano i Suoni Mudù. Esattamente come il cantante Oscar fa rap con il bianco amianto del suo quartiere della periferia milanese. L'Italia è stata ammazzata. Tutte le vittime, sempre, hanno bisogno di verità e giustizia.
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