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venerdì 21 luglio 2017
Divorziare con stile di Diego De Silva (Einaudi)
Ci sono personaggi che
continuano a camminarci in testa anche a libro chiuso, tanto vivi che sembra
d'incontrarli in giro. Vincenzo Malinconico è così, funziona per contagio.
Spara battute a mitraglia e ci costringe a pensare ridendo. «Le volte in cui mi
capita di avere ragione, sono sempre solo»
Mentre vive, Vincenzo
Malinconico cerca di capire come la pensa. Per questo discetta su tutto, benché
nessuno lo preghi di farlo. Abilissimo nell'analizzare i problemi ma incapace
di affrontarli, dotato di un'intelligenza inutile e di un umorismo autoimmune,
si abbandona alla divagazione filosofica illuminandoci nell'attimo in cui ci fa
saltare sulla sedia dal ridere. Malinconico, insomma, è la sua voce, che riduce
ogni avventura a un racconto infinito, ricco di battute fulminanti e di
digressioni pretestuose e sublimi. Puri gorgheggi dell'intelletto. Questa volta
Vincenzo e la sua voce sono alle prese con due ordini di eventi: il
risarcimento del naso di un suo quasi-zio, che in un pomeriggio piovoso è
andato a schiantarsi contro la porta a vetri di un tabaccaio; e la causa di
separazione di Veronica Starace Tarallo, sensualissima moglie del celebre (al
contrario di Malinconico) avvocato Ugo Maria Starace Tarallo, accusata di
tradimento virtuale commesso tramite messaggini, che Tarallo (cinico, ricco,
spregiudicato e cafone) vorrebbe liquidare con due spiccioli. La Guerra dei
Roses tra Veronica e Ugo coinvolgerà Vincenzo (appartenente da anni alla grande
famiglia dei divorziati) molto, molto piú del previsto. E una cena con i vecchi
compagni di scuola, quasi tutti divorziati, si trasformerà in uno psicodramma
collettivo assolutamente esilarante. Perché la vita è fatta anche di
separazioni ricorrenti, ma lo stile con cui ci separiamo dalle cose, il modo in
cui le lasciamo e riprendiamo a vivere, è - forse - la migliore occasione per
capire chi siamo. E non è detto che sia una bella scoperta.
La verità del male. Eichmann prima di Gerusalemme di Bettina Stangneth. Traduttore: A. Salzano (Luiss University Press)
Accolto con clamore in
tutto il mondo, e cinquant'anni dopo "La banalità del male", questo
libro capovolge l'immagine di Eichmann e del nazismo data da Hannah Arendt. Il
gerarca nazista Adolf Eichmann, dopo la fine della seconda guerra mondiale,
fuggì in Argentina e lì visse nascosto finché non venne catturato dai servizi
segreti israeliani e portato a Gerusalemme per il celebre processo. Bettina Stangneth,
filosofa tedesca esperta di inganno e manipolazione, ne ha seguito le tracce
lasciate durante la sua latitanza, rintracciando i suoi nascondigli e portando
alla luce documenti segreti e dettagli inediti, svelando così le abili
macchinazioni con cui uno dei principali architetti della Shoah, che egli
riteneva "il suo capolavoro", definì se stesso "funzionario
d'ordine" e "piccolo ingranaggio nella macchina di annientamento
nazista". Stangneth dimostra che l'immagine di grigio burocrate, inetto e
poco intelligente, della quale si convinse Hannah Arendt, che così lo raccontò
a milioni di lettori, fu in realtà studiata a tavolino dallo stesso Eichmann,
abile manipolatore sociale che sperava in questo modo di aver salva la vita.
Non ci riuscì, ma riuscì - fino a oggi - a perpetrare un inganno ancora più
terribile: farci credere che il diavolo non esiste.
giovedì 20 luglio 2017
Due occhi azzurri di Thomas Hardy. Traduttore: M. F. Melchiorri (Fazi)
La bellissima e
volubile Elfride, orfana di madre e unica figlia del pastore Swancourt, si
innamora di Stephen Smith, giovane architetto di Londra erroneamente ritenuto
di nobili origini. Poi, quando questi per poterla sposare accetta un incarico
in India, Elfride conosce l’affascinante e maturo Henry Knight, antico mentore
di Stephen; ben presto Knight, come già era accaduto al suo pupillo, perde la
testa per la fanciulla. Elfride, divisa tra la promessa di fedeltà a Stephen e
la nuova passione per Knight, infine accetta la proposta di matrimonio di
quest’ultimo. Ma ancora una volta le cose non vanno come immaginato: una
presenza oscura dal passato di Elfride insinua in Knight il tarlo del sospetto
sull’onestà della sua futura sposa e il fidanzamento è sciolto. Smith e Knight
si incontreranno casualmente qualche anno più tardi, entrambi si scopriranno
ancora innamorati di Elfride, ma ormai sarà troppo tardi.
Senza licenza di uccidere. Operazioni segrete militari italiane 1935-1943 di Angelo Acampora – Casa ed. Odoya in libreria dal 13 luglio 2017)
Non solo James Bond, anche la nostra
corona aveva le sue spie. Con verve cinematografica, Angelo Acampora ci
racconta gli incredibili successi dei nostri agenti segreti all’epoca del
secondo conflitto mondiale. Noi oggi poco o nulla sappiamo delle cosiddette
“barbe finte” e del loro operato, forse perché i sopravvissuti, dopo la guerra,
continuarono a fornire il loro prezioso servizio allo stato, coperti dal
segreto militare. La cosa certa e che dopo l’armistizio con gli
anglo-americani, i tedeschi si ritrovarono contro gli specialisti che non
avevano aderito alla RSI. Fu una grave perdita per il loro servizio
informativo, anche perché gli italiani non solo non prestavano più una preziosa
collaborazione, ma adesso erano al corrente di buona parte dei loro segreti.
Eppure erano stati davvero utili gli uomini del colonnello Manfredi Talamo, a
capo della “Squadra P” ovvero “Prelevamento”. Come per esempio il maggiordomo –
moltissimi degli agenti su campo erano giornalisti, commercianti all’ingrosso,
commessi viaggiatori, spedizionieri, fotografi, impiegati e tecnici
industriali, personale di alberghi, ristoranti, bar, treni, navi mercantili e
passeggere e non militari di professione – dell’ambasciata inglese Francesco
Costantini che riuscì a trafugare la bellezza di 24 volumi del codice
britannico. Acampora non solo ricostruisce la fatidica notte in cui l’estate
romana (e alcune dolci signore) distrassero il personale della sede diplomatica
consentendo alla nostra spia di trafugare il cifrario, ma si addentra nelle
conseguenze. Mentre invece i carabinieri di Talamo della “P” riuscirono a
fotografare il Black-Code, il codice statunitense che l’ambasciatore usava da
Roma per informare Washington, che consentì agli italiani, che usavano Enigma in modo del tutto originale, di
informare il feldmaresciallo Rommel in Africa sulle mosse del nemico e a sbaragliarlo
in molte battaglie. La “volpe del deserto” iniziò a perdere proprio quando gli
inglesi decisero di cambiare codice! Dell’agente “Alos” conosciamo solo il
soprannome, ma anche l’impresa ai limiti dell’impossibile. Avendo frequentato
le lezioni di Fermi e seguito sia i nomi dei brevetti che le carriere di tutti
i fisici che avrebbero potuto sviluppare la bomba atomica, riuscì in un’impresa
unica. Spacciandosi per vagabondo e girando per tutti gli USA trovò la base del
progetto Manhattan e a relazionale al colonnello Amè, nel 1941 testuali parole:
≪Basterà una bomba non più grande di un arancia per distruggere Roma≫. Nessuno
ancora credeva fosse possibile una cosa del genere. L’Italia fu informata in anteprima della possibilità di
una guerra nucleare. La notizia era senz’altro custodita nel carteggio
Mussolini - Churchill, come sostenne il figlio di Aristide Tabasso (prima spia
della Regia Marina in Eritrea e poi uomo della PS dopo l’8 Settembre). Il libro
che Tabasso junior tentò di dare alle stampe si intitolava Su Onda 31 Roma non
risponde e recava per sottotitolo: Avvenimenti inediti sull’ultimo conflitto
mondiale, eroi e traditori, sfileranno dinanzi agli occhi del lettore in una
ossessionante narrazione scritta dal figlio di un agente segreto, ma venne
sequestrato e distrutto prima dell’uscita, diventando un Santo Graal per tutti
i bibliofili. Il doppio gioco che Aristide Tabasso faceva a danno degli inglesi
fu foriero di notizie sorprendenti, come per esempio, aver saputo con un anno
di anticipo tutti i luoghi degli sbarchi Alleati in Italia. Certo la
ricostruzione dei fatti che Acampora intavola è dettagliata e convincente e si
avvale di documenti e cronache dell’epoca, cronache che testimoniano come Tabasso
fosse effettivamente nella posizione di custodire e comprendere lettere
genuine, che durante il secondo conflitto mondiale avrebbero cambiato le sorti
della Storia. E poi altri cifrari trafugati e rebus risolti, ambasciate violate
e imprese pericolosissime, morti sospette e ovuli contenenti notizie fatti
viaggiare all’interno di organi riproduttivi femminili, insomma il mondo
intrigante dei romanzi di spie. Certo
non tutte le vite di questi agenti finirono bene, per esempio Manfredi Talamo
finì fucilato alle fosse ardeatine per volere del colonnello Kappler delle SS al
quale aveva fatto fare una figuraccia scoprendo una spia tedesca che tradiva il
Reich proprio nella sua ambasciata a Roma.
Angelo
Acampora è ricercatore storico. Ha collaborato con diverse testate
giornalistiche e tenuto lezioni presso scuole medie inferiori e superiori. È
autore di diversi saggi storici, tra cui citiamo in particolare gli ultimi due:
Shakespeare. Agente segreto al servizio di Sua Maestà. La morte misteriosa
(Controcorrente 2015) e Nome in codice: Operazione Majorana. Misteri di
un’indagine a sorpresa (IBN).
mercoledì 19 luglio 2017
Il libro contro la morte di Elias Canetti. Traduttore: R. Colorni, G. Forti, F. Jesi. Curatore: A. Vigliani (Adelphi)
Il libro più importante
della sua vita, Canetti lo portò sempre dentro di sé ma non lo compose mai. Per
cinquant'anni procrastinò il momento di ordinare in un testo articolato i
numerosissimi appunti che, nel dialogo costante con i contemporanei, con i
grandi del passato e con i propri lutti familiari, andava prendendo giorno dopo
giorno su uno dei temi cardine della sua opera: la battaglia contro la morte,
contro la violenza del potere che afferma se stesso annientando gli altri,
contro Dio che ha inventato la morte, contro l'uomo che uccide e ama la guerra.
Una battaglia che era un costante tentativo di salvare i morti – almeno per
qualche tempo ancora – sotto le ali del ricordo: «noi viviamo davvero dei
morti. Non oso pensare che cosa saremmo senza di loro». Sospeso tra il
desiderio di veder concluso Il libro contro la morte – «È ancora il mio libro
per antonomasia. Riuscirò finalmente a scriverlo tutto d'un fiato?» – e la
certezza che solo i posteri avrebbero potuto intraprendere il compito
ordinatore a lui precluso, Canetti continuò a scrivere fino all'ultimo senza
imprigionare nella griglia prepotente di un sistema i suoi pensieri: frasi
brevi e icastiche, fabulae minimae, satire, invettive e fulminanti paradossi.
Quel compito ordinatore è assolto ora da questo libro, complemento fondamentale
e irrinunciabile di Massa e potere: ricostruito con sapienza filologica su
materiali in gran parte inediti, esso ci restituisce un mosaico prezioso,
collocandosi in posizione eminente fra le maggiori opere di Canetti.
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