Vi potrebbe costringer a farvi
male, l'ultimo romanzo di L. R. Carrino, "Esercizi sulla madre". E'
un romanzo che fa veramente male, l'ultima opera di Carrino. E per volerci un
po' bene cominciamo con tatto; parliamo infatti della scrittura, della lingua
del nostro Carrino: ché Carrino è 'nostro'. Autore, poeta di talento tra
l'altro, che ha imparato la segreta legge della letteratura: devi avere uno
"stile": esser riconoscibile. O la giustizia delle lettere alla lunga
ti toglie dall'archivio delle pagine da difendere (lo facciamo con le nostre
misere librerie - in fondo). Rompe i tempi verbali, l'autore. Ché Carrino deve
correre, lentamente, avanti e indietro nel tempo-storia. Ragionare con periodi
che san d'acqua limpida ma poggiata nelle bruciature d'un rogo di numeri di
scrittura. Una certa disaffezione alla lingua perfetta, si potrebbe facilmente
sintetizzare. Che però si trova nella lana d'un torrido inverno di spazientita
e, a spicchi lamentevole, voglia di parola. Due voci, anzi una e mezza usa oggi
lo scrittore. Ché la protagonista femminile della presenza/assenza deve aver
tutto il campo e insieme tutte le colpe. Quindi gli sfoghi della voce femminile
son prudenti, forse. Sicuramente meno tormentati, se possibile, degli editti
affermati dalla maschile. Il tono di Carrino è perentorio. Seppur siamo infine
in un romanzo. A mosaico, certo. Eppero senza dubbio in un testo pieno di se
stesso. La narrazione, è quella degli Impazziti. Seguiamo quest'autore
napoletano, classe '68, da "Acqua Storta" (Meridiano Zero). Da
allora, lo apprezziamo. Autore anche di versi e testi teatrali, Carrino ha
esordito nel 2006 con due racconti in "Men on Men 5" (antologia
mondadoriana del 2006). Poi son arrivati, tra le altre cose, il libro di poesie
"Certi ragazzi" (Liberodiscrivere) e "Pozzoromolo".
"Sei dietro le mie spalle, nel vialetto, con le buste della spesa, stai
andando nella direzione sbagliata. Non vedi che la casa è qui? Madre, sono
qui". Questo liquido infetto di Esercizi sulla madre, c'infetta. Il
quarantaduenne Giuseppe, adesso internato in un ospedale psichiatrico
giudiziario, ripercorre la sera interminabile di decenni prima, la sera del 23
febbraio 1976 quando suo madre l'abbandonerà con la scusa di normali compere.
Mentre il figlio attendeva, invano, il ritorno. Carrino ci fa male
costringendoci a ricordare intanto insieme a Giuseppe la ragione del suo
internamento - ha commesso un crimine che neppure ricorda -. Dieci ore d'attesa
del figlio diventano dieci esercizi di scrittura e memoria del Pazzo. Il
lettore più forse più attento e acuto di L. R. Carrino, Francesco Durante, ha
detto che questo romanzo è matrice di Pozzoromolo. L'esperimento di psichiatria
al quale è sottoposto il 'maturo' Giuseppe, inventa nel Giuseppe
"ragazzino" dieci diverse figure di Madre riprese dall'uomo. (Con
l'innesto d'una sorpresa: un racconto d'un'altra figura - tra l'altro
importantissima, seppur estemporanea in forma d'apparizione - per la storia).
Dalle Macchie rinasce l'innocente crimine.
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mercoledì 5 dicembre 2012
“Kurumuny” e “Il ritmo che cura” a Roma dal 7 al 9 dicembre 2012
A Roma un intero fine settimana dedicato al
Salento. Una rassegna che tocca 3 quartieri popolari e simbolici di Roma, per
trattare argomenti diversi, tutti legati al Salento, in cui l’approfondimento
culturale e sociale, la musica e il racconto, nei suoi molteplici aspetti, si
mescolano. La città di Roma ha
dimostrato negli ultimi anni un forte interesse per il Salento, e viceversa
moltissimi salentini hanno trovato la loro realizzazione lavorativa nella città
di Roma, portandosi dietro inevitabilmente le loro tradizioni. La rassegna è
organizzata dal cantautore Umberto Papadia e da Francesca Malerba, entrambi
salentini a Roma, dove si occupano proprio della diffusione della cultura
salentina nell’ambito del progetto da loro ideato “Il ritmo che cura”. Il tutto
è stato possibile grazie alla preziosa collaborazione con la casa editrice
Kurumuny nelle persone di Luigi e Giovanni Chiriatti: scrittore della cultura
orale e profondo conoscitore dell’antropologia salentina il primo, editore il
secondo.
Si parte Venerdì 7 Dicembre alle 21,30 al
Cantiere in via Gustavo Modena 92, tema della serata sarà: Taranto, il
cambiamento di una città di contadini e pescatori con l’avvento dell’industria
siderurgica, (Italsider prima, Ilva dopo). Le contraddizioni di una società di
“metal mezzadri”, del ricatto occupazionale di una popolazione divisa tra
necessità e rifiuto, tra lavoro e salute, tra vita e morte. Verrà presentato il
libro Invisibili. Vivere e morire all’Ilva di Taranto di Fulvio Colucci e Giuse
Alemanno, edizioni Kurumuny. Seguirà un dibattito, condotto dal giornalista
Sebastiano Gulisano, a cui è invitato a partecipare anche il pubblico.
La serata sarà chiusa dallo spettacolo
Venticinquemila Granelli di Sabbia di Alessandro Langiu. L’attore e regista ci
racconta Taranto negli anni Settanta, anni nei quali sono stati edificati i
rioni accanto all’Italsider. È la storia di tre ragazzi che crescono tra le
nuove palazzine del rione Tamburi, giocando tra la polvere di metallo che si
sparge nell’aria e ricopre strade, case e persone.
La serata centrale, sabato 8 dicembre dalle
19.30, presso HulaHoop Club via L.F.De Magistris 91/93, avrà come tema “il
racconto” dalla fiaba alla vita.
Il pre-serata sarà dedicato alla
presentazione del libro Come fece, come non fece, una raccolta di fiabe
salentine (Kurumuny), raccontate dall’autore Luigi Chiriatti.
Si passa dalla fiaba alla vita vissuta, con
la prima assoluta del nuovo spettacolo, il racconto musicale Mercati Generali
di Umberto Papadia, reduce del successo estivo con il tour “La Peronòspera”.
Mercati generali è la storia musicata delle
esperienze di vita di due ragazzi, ‘u Papadia e Guitarmando, divisi da
centinaia di Km, ma accomunati dalla passione per la musica e dalla loro
esperienza lavorativa ai mercati generali di Roma e di Lecce. Un viaggio
divertente che congiunge due mondi diversi, il Salento e Roma, guidato dai
sogni di due ragazzi alla fine degli anni ’70, ambientato nella notte che vive
e lavora, mentre le città dormono ignare. Sarà infatti proprio Sabato che la
“salentinità e la “romanità” si incontreranno… ai Mercati Generali
ortofrutticoli di Roma Ostiense!
La serata conclusiva si svolgerà domenica 9
Dicembre alle ore 17.30 nel quartiere Quadraro, presso Officina Culturale Via
Libera in via dei Furi 25. Il tema trattato sarà l’ANTROPOLOGIA visiva, con la
proiezione di filmati inerenti al Tarantismo e ad altri riti nel Salento.
Saranno proiettati: La taranta, 1961, di Gianfranco Mingozzi; Morso d’amore,
1981, di Annabella Miscuglio (INEDITO); Stendalì, 1960, di Cecilia Mangini.
I filmati saranno introdotti e illustrati da
LUIGI CHIRIATTI. Il dibattito sarà condotto dallo stesso Chiriatti che ospiterà
la grande regista, fotografa e documentarista CECILIA MANGINI (che ha lavorato
più volte a fianco di Pasolini). Dopo l’aperitivo organizzato da “Via Libera”
ci sarà una… sorpresa musicale
martedì 4 dicembre 2012
BATMAN: NATALE di Lee Bermelo (DC comics/Rw edizioni)
Finalmente in Italia arriva l'inedita graphic
novel scritta e disegnata dal celebratissimo Lee Bermejo! Ispirata dal celebre
"Canto di natale" di Charles Dickens, "Batman: Natale" vede
il Cavaliere Oscuro confrontarsi con il passato, il presente e il futuro della
sua stessa esistenza. Dai più irriverenti e curiosi avversari provenienti dagli
anni '60 fino alle oscure e terribili minacce portate dai tempi moderni.
Fonte Mondi Sommersi (Lecce)
Comunicazione Cinematografica. Capire e scrivere il cinema di Marco Paracchini (Phasar Edizioni)
Un manuale per conoscere le
tecniche, il linguaggio e le dinamiche cinematografiche. Un compendio
interessante, moderno e destinato a tutti. Fondamentale per gli studenti di cinema,
comunicazione e marketing. Indispensabile per chi vuole scrivere una
sceneggiatura. Illuminante per tutti coloro che amano quest’Arte e non ne hanno
mai inteso a fondo i meccanismi. Capire il Cinema – La Fase Letteraria –
Il Paradigma Narrativo – Scrivere una sceneggiatura – La grammatica del film –
Le regole cinematografiche – La politica fiscale italiana in ambito
cinematografico.
Marco Paracchini lavora sui set
audiovisivi dal 2000. Ha
diretto spot, web format, cortometraggi e documentari. È docente di regia,
relatore di scrittura creativa e docente di pubblicità audiovisiva.
Al volume hanno partecipato Guido Michelone
(prefazione) e Dea Squillante (appendice finale).
"Comunicazione Cinematografica.
Capire e scrivere il cinema" di Marco Paracchini (Phasar Edizioni), 2012,
€18, ISBN: 978-88-6358-124-9
scarica l’anteprima in formato PDF qui:
http://www.phasar.net/docs/estratto_comunicazione.pdf
Maggiori informazioni disponibili su
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lunedì 3 dicembre 2012
Il racconto del padre in Guscio di noce di Vanni Schiavoni. Guscio di noce di Vanni Schiavoni (LietoColle) recensito da Alessandra Peluso
La sensibilità e il senso di protezione emergono imperiose
in Guscio di noce, di Vanni Schiavoni.È una raccolta di versi che esplode di
energia. Racchiude l’amore verso il padre e la sua assenza/essenza.
Un’introspezione di se stesso e della sua vita che appare straordinariamente
raccontata e musicata in versi.
Ricercato il lessico, uno stile autentico come autentici
sono i sentimenti provati dall’autore e vissuti intensamente nei versi: «(...)
Non mi riusciva da lontano / di leggere in te un’esistenza / scivolata nel
cantiere in disuso / dalle impressioni di un nulla perturbate / o nell’assenza
significativa di nubi / per mordere le nuove / e le vecchie stagioni». (p. 16).
Si legge ancora: «Per trovarmi sapevamo che la scusa / era solo uno schermo
dietro i graffi / e gli intagli lasciati a suggerire: la paura aveva impegni
più urgenti. (...)». (p. 17). Annaspa il passato e si impone un presente di
paura, malinconia, nostalgia per un padre che non vive costante la presenza del
figlio. C’è sofferenza, solitudine nei versi di Vanni Schiavoni che cerca di
comprimere in tono elegiaco i versi e adotta protezione, difesa - come in un guscio
di noce - verso un mondo circostante che lo spaventa, lo intimorisce e lo fa
sentire “inappartenente”: «Uno scrittoio di fogli in attesa / di verità già
nella mente / ma frammentate / rischiamo inoltre / lo scambio dei posti /
rimescolare nella fantasia / la tua inapparenza e la mia inappartenenza /
(...)». (p. 21).
Ricche di metafore ed enjambement le poesie di Schiavoni
come di respiro esistenziale, filosofico: « (...) i morsi canini dei giorni
estorti / cadono all’indietro in un mondo probabile / e lunga è l’attesa di
sentirne il fondo / il violento barrito della calura / l’interruzione della
cenere / deposta nel cucchiaio / che ci schianta». (p. 23) Shakespiriani i versi e non a caso è
riportato al principio del libro un passo dell’Amleto di Shakespeare, dalle
tragedie teatrali del grande letterato inglese alle composizioni poetiche in
tragedie, quelle della vita che in Guscio di noce sono rappresentate
magistralmente. Così si legge: «Lì dove sempre c’è una salita / o una discesa /
non questa lontana pianura bassa di terrazze / quelle diverse altane deserte
dove ogni affaccio / è un quarto di suicidio nonostante (...). Ma la forma dei
pianeti è fiamma / orfana dei fornelli, è sabbia / che corrode gli ingranaggi».
( p. 41). E ancora: «La tomba un pensiero appena percepito / che
andremo a inventare su altre violenze / o dove meglio funzioni la rimozione
delle catene (...). Pensare alla morte fa meno schifo / se ha l’odore di vigna
bagnata / se minaccia di muri a secco la contrada vecchia / se gonfiando
potessi allargare. La notte / distilla nei succhi e filtra gli abbagli / là
dove il lenzuolo coperto di liquidi / sfioriva e il dorso screpolava / un
tentativo radicale di imperfezione / scandiva la terra rugginosa / la
disciplina che ci compone». (p. 44).
Leggendo i versi di Vanni si ritrova il genio della
sregolatezza di Arthur Rimbaud. La poesia di Rimbaud cancella i tradizionali legami logici, le
categorie di spazio e tempo, causa ed effetto che per secoli avevano regolato
la poesia. La parola non è soltanto un mezzo di comunicazione - afferma Rimbaud
- ma ha il compito di evocare un mondo tutto fantastico, nel senso di nuovo,
diverso che va al di là del reale della superficie vitale. Così i componimenti
di Schiavoni appaiono nuovi, diversi, esplosivi di luci-ombre e di fantasiose
verità che riguardano il poeta.
Rimbaud afferma in una lettera del 1871 a Paul Demeny che il
poeta è un veggente. «Il poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa,
ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Tutte le forme d’amore, di sofferenza,
di follia; cerca se stesso, esaurisce in se stesso tutti i veleni per serbarne
la quintessenza. (...) Egli ha un
incarico dall’Umanità, dagli animali anche: dovrà far sentire, palpare, ascoltare
le sue scoperte. Se quel che ci riporta di laggiù ha una forma, dà una forma:
se è informe dà l’informe (...)». Ė questo Vanni Schiavoni, un poeta veggente
che vede: «quello sguardo nell’agrumeto che attendeva / la luce nuova tra i
filari accanto / come fossero i due mari in sovraimpressione / che
maldestramente apparivano intatti e malati di un mestiere senza la passione /
le grette negazioni filiformi nell’ombra / come obelischi eretti in tempi
magri». (p. 53). «Non è da questa riva
ordinata / questa incognita tumefatta dal Mediterraneo / che pieghi e riponi
con le vene / delle onde fatte combaciare (...)
sovraffollato di abbandoni e specchi deformanti / il ricordo di voi
sospesi sull’acqua a divincolare / illuminati nella stessa pesca».
Ricchezza di senso e significato abbonda nei versi
illuminanti e nostalgici, densi di amarezza che rispecchia l’animo dell’autore
in questo momento della sua vita: «Dalla ferita della bocca a fiotti /
irrompono le frasi e allattano / la curiosità nelle imposte / le orecchie a
buccia della parete (...). percorro la separazione delle tue certezze, di qua /
un quasi lutto arreca l’eresia». (p. 58).
L’eresia dei sentimenti negati e l’incapacità di
comunicarli come la drammaticità di un lutto, un abbandono improvviso, che può
diventare imperdonabile: «Il tuo pianto estraneo alla ruggine non è più /
(...) è come il buio arriva presto / e
già assale le apparenze, dal pulviscolo / emerge un cenno fossile che era /
dimestichezza una volta / e come nient’altro ci crocifigge». (p. 59)
Pertanto concludo - leggere le poesie di Vanni Schiavoni -
è davvero “sorprendente”, “abbagliante”, “eloquente”.
ELIO CORIANO AL NOTE DI VINO DI RUFFANO CON “DA H1 A IL LAMENTO DELL’INSONNE”.
Note di Vino e Agave
Comunicazione per la rassegna Sorsi di Cultura Di-Libri/Di-vini presentano il 5
dicembre 2012 alle ore 19,00 presso Note di Vino in via Vittorio Veneto 55 a Ruffano (Lecce), un
percorso lirico e visionario del poeta
Elio Coriano che va dal suo primo componimento all’ultima pubblicazione edita
da Lupo editore dal titolo “Il lamento dell’Insonne”. L’appuntamento in
questione è per l’appunto “DA H1 A IL LAMENTO DELL’INSONNE”. Dialoga con
l’autore Maurizio Nocera. Introduce Paolo Vincenti. Sono previsti gli
intermezzi musicali di Lucio Margotta e Simone Stefanelli.
Il lamento dell’insonne di Elio Coriano (Lupo editore) - “L’insonnia
come lusso silente, futuro, per chi vorrà sgambettare la catastrofe diffusa
attraverso un processo di consapevolezza che annienti quanto l’umano essere
abbia costruito sino ad ora. L’insonnia urlante quale scorciatoia per la corsa alla
condizione arcaica, primordiale. L’insonnia affinché si arrestino tutti quegli
escamotage buoni solo ad evidenziare una «deriva che travestiamo da viaggio»
(…) Elio Coriano crede nel futuro, nella sua sublime morte e lo fa
nell’incidente della poesia spigolosa e mai naufraga dell’ordire mieloso”.
(Giuseppe Cristaldi)
Elio CORIANO - Nato a Martignano (Salento) nel 1955. Poeta ed
operatore culturale, insegna italiano e storia presso l’Istituto Professionale
“Egidio Lanoce” di Maglie. Con Conte Editore ha pubblicato “A tre deserti
dall’ombra dell’ultimo sorriso” (Three deserts from the shadow of the last
mechhanical smile – Premio Venezia Poesia 1996), nella collana Internet Poetry,
fondata da Francesco Saverio Dodaro. Con le“Pianure del silenzio” tradotto in
cinque lingue, ha inaugurato sempre per Conte Editore E 800 – European
literature, collana diretta e ideata da Francesco Saverio Dodaro. Nel 2005 ha pubblicato per “I
Quaderni del Bardo”, “Dolorosa Impotenza” e “Il Mestiere delle Parole”con dieci
disegni di Maurizio Leo e la prefazione di Antonio Errico. Nel 2006 per Luca
Pensa Editore, nella collana Alfaomega, ha pubblicato “Scitture Randagie”con la
prefazione del filosofo cileno Sergio Vuskovic Rojo. Del 2007 è “H Letture
Pubbliche (poesie 1996-2001)” Icaro editore. Nel 2004 fonda assieme a Stella Grande e Francesco
Saverio Dodaro il gruppo di musica popolare Stella Grande e Anime Bianche di
cui è curatore dei testi e direttore artistico. Inoltre, negli ultimi due anni,
ha curato e messo in scena una sua orazione su Gramsci, chiamata FUR EWIG,
accompagnato dal pianista Vito Aloisi.
Ancora in corso sempre negli spazi di Note di Vino con successo di
pubblico e critica la mostra fotografica “Il Paesaggio salentino” di Roberto
Rocca. Il fotografo nasce e vive a Taurisano, in provincia di Lecce. Inizia
la sua carriera 'paparazzando' vip, ma durante gli appostamenti scopre l'amore
per il suo Salento e la passione per la fotografia paesaggistica. Un modo per
non poter mai smettere di immortalare sulla pellicola la sua modella più bella,
che ritrae di giorno, di notte, abbandonata sotto il sole, oppure nascosta
dietro un cielo gonfio di pioggia. Roberto Rocca, tra le sue pubblicazioni,
annovera ampi servizi per la
Rizzoli, nella rivista DOVE e I VIAGGI DEL SOLE; la GUIDA PUGLIA edita da
Giunti Editore; con l'editore Mondadori per la rivista DIVA E DONNA e CHI; e
con Hachette Rusconi per la rivista GENTE, oltre a numerose copertine di libri.
È prossima la pubblicazione di un suo volume fotografico interamente dedicato
al Salento.
«Le mie foto – racconta Rocca -
sono degli scatti molto semplici. Non vado alla ricerca di inquadrature
particolari. In compenso, però, sono molto pignolo con la luce e i colori, e
quindi cerco in ogni paesaggio di far uscire il meglio che può dare. ».
Note di Vino – Nel cuore del Salento, a Ruffano (LE), dalla
passione per l’enogastronomia e per la musica nasce l’enoteca wine bar «Note di
Vino». Esperienza nella selezione e nella scelta delle bevande e dei cibi, il
tutto accompagnato da una ricercatissima selezione musicale: jazz, blues, rock…
dai concerti che settimanalmente vengono organizzati e dalle jam session dei
musicisti/ clienti a cui viene messo a disposizione il palco con tutta la
strumentazione (chitarra, batteria, pianoforte
Info:
http://www.note-di-vino.it/
Tel +39 340 33 86 316/ +39 340 90
98 835
Via Vittorio Veneto, 55 – 73049
Ruffano (LE) – Italia
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Come è nata la Bibbia. Introduzione generale alla sacra Scrittura di Fabio La Gioia (Phasar Edizioni)
Il libro tratta delle tematiche generali e
previe alla lettura della sacra Scrittura. Suddiviso in quattro parti, nella
prima – LA BIBBIA E
LE SUE PROPRIETÀ – si discutono argomenti quali la Rivelazione e la
parola di Dio, l’ispirazione, il contenuto e l’unità, la «verità» della Bibbia.
La seconda parte – IL CANONE BIBLICO – prende in esame la formazione del canone
(insieme dei libri sacri e normativi), riflettendo poi sul significato dello
stesso. La terza – IL TESTO BIBLICO E LA SUA TRASMISSIONE
– indaga il modo in cui i libri sacri sono arrivati fino a noi e, grazie ai
metodi di critica testuale, come si è risaliti a un testo il più vicino a
quello originario (di cui non possediamo copia per alcun libro biblico). La
quarta – ERMENEUTICA ED ESEGESI – è dedicata alla distinzione e investigazione
dei due campi di studio scientifico della sacra Scrittura.
Attraverso questo percorso si cerca di
rispondere a una domanda di fondo (da cui il titolo), sottesa a tutto il libro:
«Come è nata la Bibbia?».
Fabio La Gioia, sacerdote della Diocesi di Gorizia, tra le
sue pubblicazioni annovera: Comprendere il Nuovo Testamento, AdP 2007;
Apocalisse. Rivelazione di Gesù Cristo alla sua Chiesa, Aracne 2008. Per Phasar
Edizioni è uscito nel 2010: Introduzione al quarto vangelo e alle tre lettere
di Giovanni. Dal 2005 insegna sacra Scrittura nell’Istituto Superiore di
Scienze Religiose di Trieste.
Come è nata la Bibbia. Introduzione
generale alla sacra Scrittura di Fabio La Gioia, 2011, ISBN 978-88-6358-087-7, euro16,00, pp. 270
Scarica l'anteprima del libro in formato PDF
Phasar
Edizioni
domenica 2 dicembre 2012
LA LETTERA DI CARLO CHIRI (LUPO EDITORE)
Una brillante professione non risolve
l'inquietudine interiore di Joffrey, che da anni gira a vuoto in cerca di se
stesso e delle ragioni del proprio fallimento sentimentale. Seguendo il
consiglio di un collega francese appassionato di storia dei Templari e di miti,
va in cerca di un misterioso "precettore" che potrebbe aiutarlo a
risolvere il suo malessere esistenziale e finisce in una sperduta campagna
presso i ruderi di un'antica costruzione le cui mura recano traccia di oscuri
simboli....
Comincia così per lui un percorso magico e
rivelatore che, portandolo su piani temporali diversi, lo guiderà
nell'intricato puzzle dell'errore umano e delle fragilità che segnano da sempre
le anime sofferenti. Una serie di incontri straordinari e l'amicizia di due
generosi compagni di viaggio lo sostengono nel suo tormentato cammino, ma è
dagli occhi di una bambina che giungerà l'illuminazione.
L'appassionante storia di un'identità perduta
e ritrovata, della battaglia quotidiana di chi cerca la forza di "guardarsi
in faccia" e di perdonarsi. Un affascinante viaggio tra gli archetipi
della coscienza collettiva.
sabato 1 dicembre 2012
La congiura degli opposti di Maria Benedetta Cerro. Recensione di Alessandra Peluso su La congiura degli opposti, di Maria Benedetta Cerro, LietoColle 2012
La congiura degli opposti: un accordo segreto delle
contraddizioni. Meraviglioso, finalmente, sembrano aver raggiunto un equilibrio
le contraddizioni dell’anima nella poesia di Maria Benedetta Cerro. «Poi dalla
congiura degli opposti / guarì il poeta». (p. 25) È un tacito accordo, una
compresenza dove a volte prevale la vita, la passione, l’amore; altre volte la
morte, la sofferenza, l’abbandono. Così come un viandante - percorre l’anima
bramosa di Cerro - l’intera silloge. «Chi anche solo in una certa misura è
giunto alla libertà della ragione, non può poi sentirsi sulla terra nient’altro
che un viandante - per quanto non un viaggiatore diretto a una meta finale:
perchè questa non esiste». (F. Nietszche, Umano troppo umano).
«Sospesi avanti al suo respiro / intenerite sfide. /
- Portami oltre». (p. 41). E: «Non questo cielo / - non oggi - Il presente mi è estraneo / e
forse / non esiste» (p. 100). Sono profondi i versi di Maria Benedetta Cerro,
svettano alti come le sue “torri”: «Una torre così fiera, che guarda il cielo e
ugualmente la volgarità del suo abisso, che vuole assolutamente erigersi,
disperatamente sventolare il palio delle sue trombe». (p. 86). Eh già, perchè
salire la torre comporta il suo opposto scendere negli inferi, nell’abisso di
un’anima che si perde rapita da una passione e non può concordarsi ora che
l’amore l’ha travolta: «L’amore ha il cuore duro / spranga / sferza. / A volte
sul tamburo del sangue / richiama la dispersa mente. / L’amore spacca
l’interezza. / Dura / persino la tenerezza». (p. 67). Non si può non lasciarsi
rapire dalla Congiura degli opposti, «le parole sono come calamite / che
tolgono agli occhi la ragione del divergere» e si resta affascinati dallo stile
di Maria Benedetta Cerro che scrive il suo silenzio e lo fa ascoltare
chiaramente ad ogni orecchio attento che vuol percepire la poesia, sentire il
profumo di libertà dei “fiori di peonia” e assaporare l’esistenza con i suoi
opposti.
Si legge: «Hai messo al mio grido / un recinto di
spinose corde. / Cosa vuole da me / la tua dannata morte. / Che io canti la sua
allegria / senza lacci ai piedi / portandomi al braccio la sua cappa bruna.
(...) Per udirmi cantare / hai voluto il mio grido segregare / e un silenzio
allestire grave come la fine». (p. 69) Ed ancora: «Le coppe delle magnolie corrotte. / Era
questo l’odore della vita? Ma ancora / insubordinata e lieta / senza di me / in
altri da te / canta le sue vittorie». (p. 96) Ė un idillio che lascia il segno,
nutre l’anima del lettore, inquietandola - e non può essere altrimenti - come
un Dioniso che danza incessantemente, avvertendo il bisogno impellente di
condividere il genio folle di Cerro. Tuttavia, i versi raccolti nel libro La
congiura degli opposti fanno approdare la mia mente nell’incantevole mondo
baudelaireiano. «Avrei con ardore baciato il tuo nobile corpo e / passato il
tesoro di profonde carezze dai tuoi freschi / piedi alle tue trecce nere, / se
qualche sera, o regina crudele, con un pianto / ottenuto senza sforzo tu
potessi solamente / offuscare lo splendore delle tue fredde pupille». (C.
Baudelaire, Spleen e ideale) Anche Baudelaire contrappone nelle sue poesie il
bene e il male, la vita e la morte, l’amore, la bellezza, l’angoscia di vivere
privilegiando sensiblità, irrazionalità, malinconia. Si rifugia nella poesia,
prediligendo l’onirico e la propria solitudine. Così si legge: «Di sera le
angosce si chiamavano per nome / sulle soglie guardavano moltiplicarsi
l’assenza della luna. / Erano alti i cancelli / non si vedeva l’estremità di
niente / ma l’indice fissava nella verticalità una dimora prossima all’altezza.
(...) - La nenia in un angolo si cantilenava - / Gabriele dell’Addolorata contò
le sette spade / ripose il teschio / poi partì per trent’anni». (p. 111). È
chiara l’originalità della poesia di Benedetta Cerro, come è evidente la
capacità di rivelare le sue emozioni utilizzando un linguaggio aulico, «è colei
che se l’ignori sguaina lo strale». Non si può né si deve ignorare. La sua
poetica colpisce come frecce che lasciano il segno e si sente, lo si ascolta,
lo si riconosce come un pianoforte quando suona le sinfonie di Liszt. Così come
si vive anche l’impronta filosofica sempre in bilico tra poesia e prosa,
rifuggendo da ogni classificazione di genere e lo si comprende nel riferimento
che la poetessa fa nell’incipit della sua opera a Edmond Jabès. La conclusione
pertanto appare provvisoria, non si può mettere fine a riflessioni riguardo
l’esistenza, la filosofia cantata in versi e in prosa nell’opera poetica La
congiura degli opposti in siffatta maniera: «Gli uccelli cantavano / nei
pentagrammi. Gli alberi / si cercavano nella geografia dei tarli. / L’infanzia
si calò il silenzio / sugli occhi. E si distese. / Piansi in terza persona. /
Non avevo lacrime mie. / Ma si recitavano / attraverso la mia voce / tutte le
poesie (...)». (p. 119). E come far morire il viandante di Nietszche, lo
Zarathustra - è impossibile - poichè è eterno il suo cammino nell’eterno
ritorno.
ANCHE QUI
venerdì 30 novembre 2012
Educazione e contesti sociali di Frederic M. Thrasher. A cura di Maurizio Merico (Kurumuny)
Il volume raccoglie tre saggi di
Frederic M. Thrasher pubblicati nel «Journal of Educational Sociology» tra il
1927 e il 1934. Nel tentativo di coniugare la proposta teorica e metodologica
elaborata dalla Scuola di Chicago con l’approccio normativo proprio della
sociologia educativa statunitense, Thrasher individua nell’analisi sociologica
dei contesti sociali uno strumento decisivo per la comprensione delle
istituzioni educative e dello studente, la risoluzione dei problemi scolastici
e lo studio dei processi di educazione informale. Attorno a questo elemento,
che costituisce il suo contributo più significativo alla sociologia educativa,
nei saggi qui tradotti per la prima volta in italiano Thrasher sviluppa
un’analisi che attraversa i temi lungo i quali si è articolata la sua opera: le
bande giovanili, il rapporto tra educazione e prevenzione della delinquenza, i
caratteri dell’educazione informale, gli effetti del cinema sul comportamento
dei giovani e il coordinamento dei servizi comunitari. L’attenzione a questioni
che continuano ad attraversare il dibattito sociologico contemporaneo
unitamente al carattere innovativo di un approccio capace di coniugare, nello
studio dei processi educativi, analisi etnografica, ecologica e statistica, da
un lato, e la necessità di individuare le possibili applicazioni dei risultati
di ricerca ai problemi educativi, dall’altro, segnano gli estremi all’interno
dei quali riconoscere la contraddittoria ricchezza di un percorso che si è
costantemente mantenuto sul crinale tra «l’educazione come arte e la sociologia
come scienza».
"Cambiare con creatività", Autori Vari (Phasar Edizioni)
Le esperienze professionali e accademiche di
diversi autori, che fanno parte della community di www.psicolab.net, hanno dato
il via a un progetto sulla Formazione come strumento di cambiamento. Si tratta
di punti di vista diversi su un campo, quello della Formazione Outdoor, ancora
poco compreso e conosciuto. Uno sguardo creativo e al contempo rigoroso di
formatori, coach, professori e giornalisti sul mondo della Formazione
Esperienziale. Una Formazione vitale che si rinnova nei contenuti e nelle
modalità, una Formazione sempre più necessaria sia in campo aziendale che personale,
una Formazione che è percorso e stile di vita.
La decontestualizzazione dall’ambiente
abituale, per effettuare attività insolite e maggiormente creative, è una delle
chiavi per ottenere cambiamenti duraturi. Questo permette infatti di abbattere
le diffidenze e porre tutti i partecipanti allo stesso livello di partenza: su
un campo da rugby, su un palcoscenico o in un rifugio di montagna poco importa
il mio ruolo aziendale o sociale. Tutti devono mettersi in gioco per
contribuire al raggiungimento del risultato finale. In tali contesti diventa
importante collaborare per svolgere compiti elementari o difficili. Così i
partecipanti possono acquisire nuove capacità di relazionarsi, abbattere
precedenti schemi e diffidenze, scoprire aspetti nuovi nei propri compagni e in
se stessi.
Le organizzazioni si trovano continuamente a
dover fronteggiare cambiamenti di ogni tipo, adattando i propri obiettivi, la
propria struttura ed il modo in cui si pongono sul mercato. Per questo chiedono
uno sforzo costante di adattamento e di miglioramento ai propri membri. E le nozioni
teoriche e specialistiche, per quanto importanti nello svolgimento di qualsiasi
professione, non sono sufficienti perché le persone, in una qualsiasi realtà,
hanno bisogno di comunicare e di imparare continuamente per raggiungere il
duplice e fondamentale obiettivo che garantisce il successo: essere soddisfatti
soddisfando a nostra volta le aspettative dell’organizzazione.
Autori del libro: Fabio Croci, Laura Cioni,
Giovanna Coppini, Paolo Svegli, Silvia Corridoni, Valentina Ristori, Angela
Cardi, Stefania Ciani.
Curatore: Lapo Baglini.
Visita il sito dell’autore
"Cambiare con creatività", Autori
Vari (Phasar Edizioni), 2008, €12, ISBN: 978-88-6358-013-6, pp. 120
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giovedì 29 novembre 2012
La "magnitudine" delle Palafitte di Anna Bergna (Palafitte, di Anna Bergna, LietoColle 2012). Intervento di Alessandra Peluso
L’originalità del poetare di Anna Bergna si
nota immediatamente nei primi versi «incontro un profumo di fiori gialli, / ma
è inverno, indugio nelle mani del cielo / cariche di questo incanto»(p. 16) e
nel comporre il dipinto Palafitte in due differenti cornici quali La terra, il
cielo ed il cognome e Sfamavo avannotti in Engadina.
Il genio poetico è insito nei
versi di Anna Bergna. Si lascia ispirare dalla natura, dalla bellezza della
città di Como, dai suoi paesaggi: le montagne, il lago, i pesci, l’airone: «Un
airone stava sul legno ad ali chiuse, statua dal collo / cipressino, sazia di
vanagloria» (p. 39) e gli stati d’animo emergono su «Palafitte che non sanno
dove tenere i piedi quando la magnitudine si innalza» (p. 59).
La magnitudine dell’autrice è
chiara come «quel ramo del lago di Como, che volge a Mezzogiorno, tra due
catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello
sporgere e del rientrare di quelli» (Alessandro Manzoni). E si legge e si
ascolta la musicalità e la bellezza nelle lunghe descrizioni dei versi: «Sul
porfido disabitato del mattino, trascinavano pagine e / nervature
decalcificate; nuotavano mute a infrangersi contro il destino grigio di una
diga. / Eppure i cigni arcuando il bel collo beccavano il pane, i / gabbiani
scoccavano frecce di luce, i bambini correvano su / impossibili scale, le
polacche affiancavano anziani dispersi / dietro al bronzo di Mafalda». (p. 23).
La quotidianità è raccontata nelle poesie di Anna Bergna con particolare cura e
predilezione nel catturare immagini come il diaframma di una macchina
fotografica per fermarle e ricordarle in eterno.
Si legge: «Notte: le luci della
funicolare ormeggiano la città alla boa / lunare. / Il Gabbiano ha già lasciato
il porto, nel suo ventre trasparente / teste reclinate stanno a pelo d’acqua.
(...). La luna talvolta si specchia e talvolta annegando ritrova le ossa». (p.
31). E ancora: «all’alba, / dietro le quinte viola, / si distendono schiene
innevate / e tu contro le onde arranchi, / risalendo deserti pontili (...)».
(p. 32). Il lettore non può non rimanerne ammirato e attratto dai versi
dell’opera poetica Palafitte.
Inoltre, è evidente l’amore per
la libertà. Un’esigenza quasi che si manifesta nella presenza libera e
leggiadra dei gabbiani. Questi uccelli dolcissimi che ricorrono spesso nelle
poesie di Bergna. L’autrice ama la libertà, vogliosa di superare i confini
segnati dalle montagne - la libertà, la leggerezza - in contraddizione con la
finitezza del lago o l’imponenza che costringe alla finitudine delle montagne e
appare desiderosa di volare via, come un gabbiano, libera contro ogni
ristrettezza del pensiero umano, libera da ogni giudizio e pregiudizio.
Come Umberto Saba, l’autrice
adopera le parole dell’uso quotidiano e i temi, nei quali ritrae gli aspetti
della vita quotidiana, anche i più umili e dimessi: luoghi, persone come il
pescatore, paesaggi, animali, anzichè Trieste - la città di Saba - troviamo
Como con le sue strade, le montagne. Non a caso la raccolta poetica Palafitte
contiene una poesia di Umberto Saba. Lo stile di Anna Bergna però non è
semplice, come quello del poeta, ma ricercato, complesso a tratti, indice di
una personalità forte, sensibile, introversa.
Così si legge: «Tutto è
gradazione di vuoto, / edificato nel luogo di uno spostamento. / Onda che sale,
si appiana, / sale, si appiana / e correndo si illude / di aver lasciato il
mare. / Brividi coscienziosi dell’inanimato». (p. 68). E i versi nei quali
identifica non solo se stessa nella bellezza della sera, rassicurante e tenebrosa
nello stesso tempo, ma vede anche gli altri, nella generosità di condividere la
sua gioia, l’unicità, l’individualità con gli altri, con l’“ognuno”: « (...).
Tra tutti i nuotatori della sera, / l’universo guardava me ed io lo fissavo
dritta, dimentica di / tutto, ubriaca di grandezza. Folate ininterrotte di
riverberi / (...). Ora mi commuove sapere che la sera regala ad ognuno una /
strada ugualmente dorata, ad ognuno la stessa maestosa / illusione d’essere
Custode del Segreto». E questo segreto che non si dipana nemmeno nell’ultima
poesia, al contrario la generosità: «Generoso, e più in alto, dentro le
radiazioni azzurre di luce / rinfranta, e ancora più in alto, nel nero
intergalattico, rivedrei / tutti i ricordi nostri e segreti e unici. / Ma tu non
sei mortale, non nella mia esistenza, ed io posso / piegare il collo sui tuoi
passi». (p. 76).
L’autrice si congeda con questi
versi mistici, leopardiani, e un segreto che trascina con sé e che tenta di
condividere con i lettori amanti e amati, il segreto per un amore perduto, per
l’abbandono di una persona cara, per la sofferenza e l’amore per la sua terra
che desidera condividere generosamente con ognuno di noi.
POI QUI
Gli “Spacca il Silenzio” al Note di Vino
Evento Speciale al Note di Vino
di Ruffano. Domenica 2 dicembre 2012
alle ore 20.30 ci sarà il live di
“Spacca il Silenzio”. Trio campano
composto dai due fratelli napoletani Luigi e Feliciano Grella e dal batterista
Cristiano Delfino. La peculiarità del gruppo sta nel sound marcatamente
acustico (Luigi molto raramente imbraccia l'elettrica) ma non per questo
necessariamente soffice e delicato, anzi, la loro scommessa sta proprio nell'
esprimere forza ed energia senza abusare dell'elettrificazione e
dell'amplificazione. Luigi, autore dei testi e della musica, è scrittore e
poeta prima ancora che musicista e per questo le parole delle loro canzoni
hanno spessore letterario anche prese in se stesse. Nel 2012 è vincitore per la Sezione Testo
Canzone (Premio Leo Chiosso), dell’ XI edizione InediTO, premio Colline di
Torino, al Salone del Libro. Gli "Spacca il Silenzio!" affidano le
"cose da dire" ad un impianto musicale semplice ma suggestivo:
chitarra acustica, basso elettrico e batteria, che sanno dialogare fra loro
attraversando con naturalezza e trasversalmente i linguaggi del pop, del jazz,
del rap ma anche della canzone d’autore. Musica anche di forte impatto live,
come hanno avuto modo di constatare gli spettatori dei loro concerti... Nel
2006 firmano il loro primo contratto discografico con la "NOPOP music
development devices" di Guido Elmi, entrando così a far parte
dell’antologia "BANDS a new adventure in Rock", distribuita da EMI
Italia.
Nel 2009 promossi da Mei
Audiocoop coproducono, sempre affiancati da Guido Elmi, "Extended Play
2009", che vede la partecipazione di Lucio Dalla al clarinetto.
L’EP riscuote una notevole
approvazione dalla stampa di settore invogliando le molteplici radio a
trasmettere i 4 brani che lo compongono.
Nel 2012 producono l’LP LIVE
“Incisioni fonomeccaniche elaborate durante i concerti di”, un prodotto “vero e
vivo” che corrisponde alla loro identità, un’antologia di un percorso a tappe,
dove le tappe sono i concerti, ideato come un album fotografico dove ogni foto
racconta una diversa location italiana ed esperienze fatte di sacrifici, sogni,
gioie, sudore, vita, incontri e ovviamente musica.
Nel frattempo prosegue intensa
l’attività live, In Italia e sorprendentemente anche in Europa (dal 2007 racchiuse
in otto differenti tournèe, Inghilterra, Russia, Olanda, Germania, Svizzera,
Austria), dove il nome "Spacca il Silenzio!" comincia a circolare e
da dove sono sempre arrivate riconferme per tour futuri.
Hanno condiviso il palco con:
Vasco Rossi, 99 Posse, Niccolò Fabi, Black Friday, Riccardo Sinigallia, Gem
Boy, Skiantos, Pietra Montecorvino, Osdorp Posse, Nomadi, Andrea Mingardi,
Gianluca Grignani, Angelo Branduardi.
PRODUZIONE
2012. CD “Incisioni fonomeccaniche elaborate durante i concerti di”
2009. CD “Extended
Play 2009”
2007. CD “Bands a new
adventure in Rock” - Nopop music development devices / EMI
2012. AA.VV. “Libera Veramente Vol. 3” – XL / La Repubblica /
L’Altoparlante
2011. AA.VV. “La Musica
libera. Libera la Musica”
- MEI / Magazzini Sonori / RER
2010. AA.VV. “Pronto chi Kanta? Collection 2010” - RadiostarTv
DVD “Roxy Bar” n°15 a cura di Red Ronnie
DVD “Roxy Bar” n°20 a cura di Red Ronnie
DVD “Roxy Bar” n°24 a cura di Red Ronnie
2007/2012. Tour - 8 tour esteri (Inghilterra, Russia, Olanda, Germania,
Svizzera, Austria)
Note di Vino – Nel cuore del Salento, a Ruffano (LE), dalla
passione per l’enogastronomia e per la musica nasce l’enoteca wine bar «Note di
Vino». Esperienza nella selezione e nella scelta delle bevande e dei cibi, il
tutto accompagnato da una ricercatissima selezione musicale: jazz, blues, rock…
dai concerti che settimanalmente vengono organizzati e dalle jam session dei
musicisti/ clienti a cui viene messo a disposizione il palco con tutta la
strumentazione (chitarra, batteria, pianoforte
Info:
http://www.note-di-vino.it/
Tel +39 340 33 86 316/ +39 340 90
98 835
Via Vittorio Veneto, 55 – 73049
Ruffano (LE) – Italia
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Cittadini a 5 stelle. La partecipazione in rete che vince sui partiti di Matteo Incerti con Federico Pizzarotti (Aliberti). La consapevolezza del futuro. L'intervista sul 1984 con Ferdinando Adornato di Enrico Berlinguer (Aliberti). Gli indipendenti di sinistra. Una storia italiana dal Sessantotto a Tangentopoli di Giambattista Scirè (Ediesse ). Intervento di Nunzio Festa
Con enorme interesse e favore
abbiamo accolto e letto il libro-intervista di Matteo Incerti al
"nuovo" sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, "Cittadini a 5
stelle". Innanzitutto, evidentemente per l'adesione all'attualità della
pubblicazione; non recentissima, tra l'altro, se si considerano i tempi
dell'editoria 'moderna', ma - certamente - (almeno) recente. In seconda istanza
in quanto il "fenomeno Grillo" e, soprattutto, le azioni e la vita
del MoVimento 5 stelle ha sempre sortito in noi interesse: di segno positivo
come di segno negativo, d'altronde. In ultimo perché avevamo davvero la voglia
d'ascoltare la voce d'un primo cittadino che si concede in risposte d'ampio
respiro. Allora, a lavoro fatto, possiam dire una serie di cose. Intanto che
Incerti non lavora da giornalista puro, in questo caso. In quanto in primis
avrebbe dovuto dimostrare che l'intervista era finalizzata a esternare
solamente il lato, per così dire migliore, di Pizzarotti e degli 'stellati',
dei fan più accaniti di Beppe Grillo. Il libretto, dunque, appare utile. Più
che utile, anzi. Praticamente essenziale. Ma per dimostrarci, e ne avevamo un
po' bisogno, quanto e come un neo-amministratore del MoVimento risponde alla
prova dei tempi classi della politica. Dopo aver vinto elezioni garantite, in
un certo qual modo, dalla politica intesa in senso davvero classico. A nostro
modesto avviso, Pizzarotti cade. Più volte. La sua "prosa" è almeno
ripetitiva. Gli stessi concetti sono rimestati, allargati e rimpiccioli alla
bisogna. Senza dar giudizi politici, perché intanto siamo difronte alla grande
novità della partecipazione reale, provata, concreta e fattiva del
"cittadino", molte incognite sul futuro, già di Parma, ci rimangono.
Detto ciò, messa a confronto l'intervista d'Incerti a Pizzarotti con quella
d'Adornato al capo del Pci Enrico Berlinguer sul 1984, riproposta sempre da
Aliberti, col titolo "La consapevolezza del futuro", quest'ultima
c'appare un oggetto da studiare nelle università. Ché Ferdinando Adornato come
prima cosa si pone il problema di presentarsi. Poi senza timori porta il
segretario del Partito Comunista a ragionare su temi imprescindibili, per
rispondere a domande che mai sfiorano il terreno della banalità. L'intervista
originaria, va ricordato, uscì su uno speciale che l'Unità aveva dedicato
all'arrivo del 1984 (in connessione ideologica col romanzo d'Orwell - speciale
al quale aderino con loro testi decine d'intellettuali e artisti
internazionali). Il dialogo è intenso. L'attenzione di chi legge non può venir
meno. Enrico Berlinguer tra le altre cose, pe dire dei contenuti,
"rilegge" George Orwell e spiega che non si dovrebbe aver remore
nell'accettare l'innovazione tecnologica. Il pensiero di Berlinquer si potrebbe
sintetizzare anche con questa parole: nuovi mezzi a disposizione potranno far
avanzare l'umanità. Una certa affinità, forse, tra gli argomenti proposti da
Berlinguer nel'83 e a duemilaedieci inoltrato dagli stellati c'è. Epperò
Berlinguer non aveva dubbi sulla necessità d'uscire dal dominio del localismo.
Al contrario, tecnicamente, degli stellati. Magari persino per questa semplice
ragione Enrico Berlinguer è rimasto nella storia. Alla stregua d'altre
personalità che fecero parte d'un segmento parlamentare, diciamo pur sapendo di
semplificar troppo, che ruotava dalla parti sempre del Pci. L'aiuto, questa
volta, c'arriva dal saggio firmato dallo storico Giambattista Scirè, "Gli
indipendenti di sinistra". Scirè, attraverso materiali e analisi, descrive
cosa fu proprio questo gruppo parlamentare che, fra gli altri, vide l'adesione
di uomini che si chiamarono Carlo Levi e Altiero Spinelli, passando per persone
che ancora si muovono come Stefano Rodotà e Adriano Ossicini (nonostante
quest'ulimo sia tra i più anziani reduci di quell'esperienza). Lo studio di
Scirè, strutturato in maniera inattaccabile e felice nello svolgimento, ha il
grande merito di ragionare sulle correlazioni del lavoro di Parri e altri con i
fatti più importanti del secondo Novecento italiota. Se Pizzarotti e altri
dicono di venir dalla Resistenza, intendendo l'adesione a quei valori morali,
buona parte degli Indipendenti di Sinistra lottarano direttamente contro il
fascismo. E da sinistra rivendicavano: "come valori irrinunciabili la
libertà, la democrazia, il pluralismo, la laicità, rifiutando sia l'ideologismo
e il centralismo democratico del movimento operaio, sia la stretta dipendenza
dalla gerarchia ecclesiastica e l'interclassismo democristiano". Cattolici
e laici, erano. Senza compromessi di sorta agivano.
30 Novembre 2012 – “Vane alla Svizzera”, Mino De Santis in concerto a Bellinzona. Intervista ad Alessandro Montefusco a cura di Luciano Pagano
Mino De Santis, ha percorso il Salento e la Puglia, in lungo e in
largo, portando la sua musica e le sue storie nelle piazze della sua terra.
Dopo essere già approdato in Trentino Alto Adige, in occasione dello Sky Wine
2012, accompagnato dagli Ululati di Lupo Editore, la nuova etichetta
musicaleditoriale della talentuosa casa editrice salentina, si prepara ad un
nuovo viaggio, un viaggio moderno e allo stesso tempo antico. È l’ora di una
nuova “storia”, alla maniera di quegli emigranti che, tanti anni fa, andavano
in Svizzera, con la speranza in tasca, questa volta per portare versi, musica,
e cultura. Una tradizione artistica, quella a cui si lega De Santis, che
costituisce un vero e proprio filone, e che in questi mesi è divenuta più che
mai attuale. Mino De Santis sarà a Bellinzona, il 30 novembre prossimo, ospite
proprio di una persona che, come racconta De Santis nelle sue canzoni, è
partita negli anni sessanta, lasciando la sua Galatone, per trovare fortuna.
Questo tipo di occasioni di solito sono il pretesto per parlare di un artista e
della sua arte, questa volta approfitterò per fare alcune domande al signor
Alessandro Montefusco, che lavora in Svizzera da più di quaranta anni e che si
è reso artefice di questa occasione di scambio tra il suo Salento e la sua
Svizzera.
Sig. Montefusco, il 30 novembre prossimo,
per festeggiare il 15° anno di attività dell’autocarrozzeria Isolabella, avete
deciso di invitare Mino De Santis per tenere un concerto, invitando tutti i
vostri amici e clienti più affezionati a quella che si prospetta essere una
vera e propria festa, le chiedo, da quanto tempo lavora in Svizzera, e quali
sono i ricordi a cui è più affezionato, sia in Italia che in Svizzera?
Sono in Svizzera dal 1966. Dopo il periodo
scolastico ho iniziato a lavorare, precisamente dal 1970, nel Canton Jura a
Delémont, dove la mia famiglia si era trasferita. I ricordi a cui sono più
affezionato di quel periodo è senz’altro il Salento della mia infanzia
trascorsa a Galatone in contrada “Inferno” (braghe corte e piedi scalzi). Della
Svizzera sicuramente ricordo di più gli amici della mia gioventù.
Le statistiche e i giornali ci raccontano
di giovani italiani che, sempre più numerosi, studiano e accumulano la propria
esperienza per partire e abbandonare il nostro paese; la sua esperienza è stata
simile? Ci può raccontare come sono stati i primi anni, anche per i più
giovani, come è stato avviare un’attività?
A 12 anni, al termine della prima media, raggiunsi
la mia famiglia. Mio padre lavorava assieme a tanti altri Salentini nel Canton
Jura (è il cantone di lingua francese). Lì completai i miei studi obbligatori e
trascorsi il mio periodo di apprendistato come carrozziere, per 4 anni.
L’attività in proprio la incominciai, per la prima volta, nel 1977, avevo 23 anni,
per altri quattro anni. In seguito provai altre strade professionali. Dopo
avere messo su famiglia e dopo avere scoperto il Canton Ticino, dove il clima
era sicuramente più favorevole rispetto alla Svizzera del nord, mi sono
trasferito con la mia famiglia. In questo splendido Cantone dopo un periodo di
lavoro come dipendente con mansioni di responsabilità presso una concessionaria
di autovetture ho colto l’opportunità di rilevare una carrozzeria già
esistente, spinto dal desiderio di lavorare in proprio. Ed è proprio questo
obiettivo di indipendenza che mi ha incoraggiato a creare e sviluppare la mia
impresa. La motivazione che mi ha spinto a fondare la mia impresa è stata la
fiducia nelle mie capacità di artigiano.
Dopo tanti anni, grazie al suo lavoro,
lei si sarà perfettamente integrato nella sua città; cosa si sente di suggerire
a qualcuno che volesse intraprendere il suo stesso percorso?
Se dovessi aggiungere ancora qualcosa a quanto
scritto più sopra suggerirei di sviluppare le proprie capacità e metterle al
servizio degli altri lavorando con professionalità, con lo spirito di servizio
nei confronti degli altri e non mettere per forza come primo scopo
l’arricchimento.
Mino De Santis, nelle sue canzoni,
affronta spesso il tema dell’emigrazione e del lavoro, mostrandone tutti gli
aspetti, può darci anche lei il suo augurio e invito al concerto del 30
novembre?
Mino De Santis nella sua canzone “Vane alla
Svizzera” tratta il tema dell’emigrato con molto sarcasmo, sarcasmo che
condivido in parte anche perché parallelamente esiste un’emigrazione salentina
che ha saputo integrarsi perfettamente nella società svizzera raggiungendo dei
traguardi tutto rispetto e arricchendosi di questa nuova realtà, senza per
questo rinnegare le proprie radici. Invito quindi tutti quelli che lo
desiderano a raggiungerci il 30 novembre per festeggiare con noi.
Anche qui
C’era una donna … di Monica Negri (Phasar Edizioni)
Un racconto autobiografico, una denuncia morale
sull'arroganza e l'indifferenza dei piccoli poteri. "Questa storia nasce
dalla necessità di esorcizzare quanto accaduto durante pochi anni che hanno
cambiato la nostra vita. Quando abbiamo assistito al disgregamento fisico e
morale di una persona a noi molto vicina e alla fine di un periodo
sostanzialmente sereno, quando abbiamo scoperto quanto si può essere soli in
mezzo agli altri e a quali livelli di meschinità possa giungere l'animo umano. Una
storia che non nasce come una denuncia, anche se moralmente deve essere
considerata tale, ed è solo questa la ragione per cui non vengono volutamente
fatti nomi. Una storia vera, una storia come mille altre che si consumano nel
quotidiano senza che quasi nessuno ne parli" (Monica Negri)
C’era una donna … di Monica Negri (Phasar Edizioni),
2000, 7,23 euro, ISBN: 88-87911-02-9, pp. 112
Scarica l’anteprima in pdf:
Info: http://www.phasar.net
Su twitter: http://twitter.com/phasar_edizioni
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